Lizia Dagostino - Pubblicazioni

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ECCELLERE ED ECCEDERE

Recensione di Lizia D’Agostino

In un’epoca in cui il potere dei mass-media nei confronti dell’audience ci ha abituati all’apparire più che all’essere, alla rappresentazione delle cose e non alle cose in se stesse, il libro di Handy, “L’epoca della non-ragione” è un invito a ripensare il pensiero, a liberare l’intuizione, a chiederci “perché” invece di “che cosa” nel lavoro, nella scuola, nella vita.

Ancora oggi in alcune aziende la tendenza predominante è quella al consenso, alla tranquillità e all’assenza di problematizzazione; vengono confermati, all’interno dell’organizzazione, stereotipi e metodologie preesistenti nonostante si predispongano movimenti intorno alle bandiere del cambiamento e dell’innovazione. Le ricerche di mercato creano prodotti e creano i bisogni ancor prima che riusciamo a distinguere i segnali di tali esigenze dentro di noi. Abbiamo bisogno di riprenderci la nostra vita, la nostra autonomia, la nostra responsabilità di scegliere, di sbagliare e di vincere, legati per troppo tempo agli ideali della carriera predisposta da altri, dell’azienda burocratizzata, di una vita predestinata.

Il bisogno di ciascun essere umano è di vivere guardando al di là: questo significa accettare il rischio senza pensare al fallimento, sentirsi forti delle proprie incertezze, viversi senza la necessità di vivere un programma. Tutto questo è abitudine al successo. All’interno dell’azienda il cambiamento principale riguarda il management il quale, “cessa di essere una definizione di status, una classe all’interno di un ‘azienda, per diventare un‘attività che può essere definita e le cui skill possono essere insegnate, imparate e sviluppate”. Si passa, quindi, da una differenza strutturale del ruolo aziendale a una funzionale, dal rappresentare uno status all’operare all’interno di una cultura.

Dall’autore ci viene quasi riproposto un recupero della filosofia della vecchia bottega artigiana in cui si imparava a pensare al lavoro non solo ad operare, a creare oltre che a riprodurre.

L’imprenditore è il nuovo artigiano e lavora in transazione all’interno della gerarchia, puntando sul rischio dell’impresa e sull’innovazione. Questo da un lato comporta incertezze, dall’altro rappresenta una delle opzioni strategiche per l’organizzazione vincente.

Interessante la teoria dell’apprendimento che comprende, secondo Handy, quattro passaggi: la domanda, la teoria, la verifica, la riflessione. Fermarsi in uno stadio significa arrestare il ciclo e la crescita, significa pensare e sentire in modo sterile senza produrre un cambiamento.

Il nucleo dell’apprendimento non è riuscire a dare una risposta alle domande di qualcun altro, come negli esami, ma proporre altre domande, suscitare altri dubbi e curiosità pensando in maniera innovativa, vincendo con le idee. Così suggeriva una insegnante di liceo ai suoi studenti, di “aggredire” lo studio, nel senso latino di adgredior, cioè avvicinarsi alla conoscenza.

Handy capovolge le nostre filosofie parlandoci di sano egoismo. Questo concetto richiama la responsabilità e la libertà di ognuno di prendersi carico della propria vita, utilizzando la capacità negativa, permettendosi, cioè, di “sentire” la tristezza dell’errore e del fallimento vivendo in autonomia al di là dei propri limiti.

Proteggersi mentre ci si dà il permesso di esprimere la propria potenza.

Infine, dovremmo affinare la capacità di rielaborare, dandoci opzioni, offrendoci molteplici e nuove soluzioni, guardando la realtà con gli occhi di chi ne coglie il nucleo e non solo il guscio, senza la “paura di aver torto”.

Ma, seguendo una letteratura che oggi ci vuole sani, belli, e... manager a tutti i costi, il libro di Handy suggerisce ulteriori riflessioni. L’autore stimola, sbalordisce, scandalizza proponendo di progettare dubbi anziché certezze, violando gli schemi mentali prefissati, sostenendo l’uomo che trascende se stesso e fa della creazione un processo in continuo divenire.

È il privilegio dell’età, quella di Handy, naturalmente. A lui lo concediamo. In caso contrario, dove non vi sia il conforto di una esperienza lungamente maturata ci si può abbandonare ad una pericolosa cultura dell’eccesso che propone di scioperare perché c’è la libertà dello sciopero, che licenzia la ragione perché c’è la libertà dei sentimenti. La libertà di cui Handy parla nel suo libro non è un bene assoluto ma una conquista personale relativa ad un ambiente, ad un gruppo, ad una cultura, ad un tempo, altrimenti è ribellione contro la struttura e per nessuna motivazione.

È la continuità che rende credibile la professionalità. L’immagine senza un contenuto adeguato è fumo. L’intuizione è solo fantasia se non supportata dal confronto con la realtà. La pianificazione della carriera è arrivismo senza che siano definiti i tempi e gli spazi di realizzazione.

Accettiamo di recuperare e valorizzare la fantasia, l’intuizione, di rinunciare all’adattamento, alle risposte scontate ma con il sostegno di una collaudata capacità di giudizio. Il rischio è una sorta di folie à tous, in un contesto in cui va bene e va male tutto e il contrario di tutto.

Crediamo che non sia il sistema a cambiare, ma sono i bisogni delle persone che cambiano il sistema. Questo significa centralizzare l’uomo e decentralizzare la struttura in un processo di “innamoramento” nei confronti del cambiamento. Processo che prevede, secondo l’autore, l’attenzione, l’incoraggiamento, l’interesse autentico e la libertà nei confronti delle persone.

Cambiare non è vincolante, è proporre un guadagno non tanto profetizzare una sconfitta o guidare una crociata rivoluzionaria. Si può anche decidere di non cambiare, di rimanere uguali variando, però, gli obiettivi ed essere ugualmente vincenti. Si può accettare di restare un sano ranocchio, se si è tormentati dal rischio di diventare un brutto principe. Molti giovani imprenditori si sentono obbligati ad inseguire il successo, a diventare leader e manager all’avanguardia contro tutti e, miseramente, contro se stessi.

Eccellere è dare il meglio di sé, è sentirsi liberi di “diventare se stessi”.

A questo proposito ha un senso l’idea di una carriera orizzontale che indica di rimanere allo stesso livello e operare meglio, offrendosi più marce, “investigando idee possibili”.

Se partiamo da un’idea astratta che la pubblicità offre del dirigente, non ritroviamo le persone che corrispondono a quell’immagine. Il manager e il leader non esistono come modello ideale.

Come la bellezza e l’amore, i leader li riconosciamo incontrandoli, ma non è facile definirli o produrli su richiesta”.
Insegnando ai giovani ad essere persone preparate, consapevoli e serene sicuramente ognuno sarà un professionista e forse, a suo modo, manager o leader.

Il lavoro non deve diventare una religione perchè le aziende hanno bisogno di idee e di uomini non di competizioni fra nuovi dei.

“Limiti assoluti “, “eccellenza”, “difetti zero”: la catechesi aziendale richiede tali caratteristiche e qualità ai suoi dipendenti e dirigenti dimenticando che l’onnipotenza e la svalutazione di sé sono entrambe contro l’uomo.

Ogni persona vale perché esiste e ha il diritto-dovere di essere riconosciuta e confermata per quello che è.

Di conseguenza, “se non impareremo a vedere nel cambiamento un‘opportunità per tutti, riusciremo a provocare cambiamenti violenti a opera degli esclusi”.

Ben venga, allora, l’epoca della non-ragione ma “con ragione”, utilizzando, cioè, il sentimento, il pensiero ed anche una critica adeguata.

IL LIBRO:
l’autore è Charles Handy; il titolo L’EPOCA DELLA NON-RAGIONE, ed è pubblicato da Primadonna Edizione Oliva res, Milano 1990.

Pag. 1
Pag. 2

in formato word

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