Home Page    Opinioni di intellettuali e politici.

 

 

 Gli intellettuali.

  1. Arrigo Petacco.

  2. Gianni Oliva.

  3. Giuseppe Parlato.

  4. Ernesto Galli Della Loggia.

  5. Giano Accame.

  6. Massimo Cacciari.

 

 I politici.

  1. Silvia Ferretto Clementi (A.n.).

  2. Bruno Cazzaro (Deputato D.s.-Ulivo).

  3. Piero Fassino (D.S.).

  4. Fausto Bertinotti (Rif. Com.).

  5. Luciano Violante (D.S.).

  6. Maurizio Gasparri (A.n.).

  7. Lucio Toth (già senatore D.C.)

  8. Riccardo Illy (Ulivo).

  9. Walter Veltroni (D.S.).

  10. Giorgia Meloni (A.n.).

 

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 Gli intellettuali.

 

1) ARRIGO PETACCO. Ricordare i capitoli dolorosi delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata è un dovere a cui abbiamo mancato per oltre cinquant'anni. A questi poveri nostri fratelli che hanno pagato per tutta l'Italia la cambiale della Seconda Guerra Mondiale non abbiamo mostrato alcuna gratitudine, anzi, abbiamo cercato di cancellarli. 

Arrigo Petacco.

Scrissi il mio libro "L'esodo" qualche anno fa proprio perché, prendendo un enciclopedia, lessi che le foibe venavano definite una sorta di "doline carsiche molto diffuse in Istria". E Carlo Salinari fece ancora di peggio, scrivendo che dentro le foibe c'erano i cadaveri "delle vittime della rappresaglia nazista. Per tutto questo noi abbiamo un debito di riconoscenza verso di loro.

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2) GIANNI OLIVA. È necessario colmare il silenzio caduto su questo capitolo di storia. Un silenzio dovuto a una convergenza di interessi internazionali: con Tito ormai divenuto nostro interlocutore, era esplicita la subordinazione politica alle esigenze del comunismo internazionale e al nazionalismo titino. E poi c'era la contraddizione del Pci,che aveva una politica estera internazionalista in contrasto con quella nazionale. 

Gianni Oliva.

Il silenzio fu dovuto, in fondo, a un'elaborazione della memoria secondo la quale bisognava far finta che la guerra l'avessimo vinta noi. In realtà, la guerra l'abbiamo persa e la testimonianza della sconfitta sono proprio le foibe. Riconoscere che i morti delle foibe sano vittime di tutta l'Italia è premessa indispensabile per essere Nazione fino infondo.

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3) GIUSEPPE PARLATO. Commemorare le vittime delle foibe non significa solo ricordare un episodio drammatico della guerra civile in Italia. Si è cercato di far passare questo episodio come un "normale regolamento di conti tra antifascisti e fascisti". Non f u così. Anche perché tra le vittime non ci furono solo fascisti, ma italiani di tutte le fedi politiche che tentavano di sfuggire a una "slavizzazione forzata". Occorre capire che si è trattato di una delle manifestazioni più evidenti del totalitarismo comunista, che, in ossequio a un suo progetto e a una sua visione delle cose, decise pesantemente di intervenire sulla realtà per trasformarla. Far diventare slave terre da sempre italianissime, in un clima di terrore, staccando un'intera regione dalla madrepatria, considerando elemento "accessori" le vite e i destini delle persone, e l'emblema forte, non l'unico purtroppo, del totalitarismo.

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4) ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA. Le foibe, che tra il 1943 e l'immediato dopoguerra inghiottirono a migliaia gli italiani dell'Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia, sono state sistematicamente rimosse dal ricordo collettivo: è una pagina ancora bianca della storia. Lo è fino al punto che perfino i semplici dati di fatto sono ancora oggi ignorati da molti. 

Ernesto Galli Della Loggia.

La rimozione è stata il frutto dell'imbarazzo profondo che la Repubblica e le culture politiche che l' hanno tenuta a battesimo hanno provato per il tema della nazione. E' necessario elaborare un memoria condivisa del passato, essendo tale memoria premessa indispensabile di una vera, comune identità nazionale.

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5) GIANO ACCAME. È giusto istituire un giornata della memoria, ricordare che prezzi sono stati pagati per amore della Patria italiana, E' una guasta anche se tardiva riparazione per il modo infame con cui i 350 mila profughi italiani fuggiti dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia furono trattati. 

Giano Accame.

Addirittura venne fischiata la salma di Nazario Sauro che era stata riportata in Italia e un treno di profughi non poté ferrarsi a Bologna e fu mandato fino a La Spezia perché i ferrovieri comunisti protestavano e non lo accettavano. Gli italiani che sfuggivano dalla "pulizia etnica" vennero considerati automaticamente fascisti, mentre si trattava in gran parte di povera gente che fuggiva Perché voleva rimanere italiana e sottrarsi alle persecuzioni e alla morte orrenda cui erano destinati con le foibe.

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6) MASSIMO CACCIARI. (Da "Avvenire" del 10 febbraio '04). Il filosofo Massimo Cacciari di pazienza ne ha poca nei confronti dei "molti che temporibus illis erano nel vecchio Pci, sapevano tutto di ciò che succedeva in Istria ma tacevano". Così come ne ha poca nei confronti degli "odierni reiterati pentitismi. Di tutti i generi".

Come, professore, non apprezza le parole del centro-sinistra? 

Come no! Tutto questo va benissimo. Ora però questo Paese la vuole smettere di chiedere scusa e di "pentirsi" per iniziare finalmente a ragionare in modo serio e non ipocrita? Se no di questo passo ci pentiremo anche delle stragi dei Galli fatte da Giulio Cesare o dei genocidi degli Incas o del bagno di sangue in Vandea, ma senza mai far nulla perché non succedano più. Ormai lo sappiamo: qualunque ideologia vittoriosa nella storia è stata intollerante, la storia stessa è tutta una tragedia. Detto ciò, ora è tempo di passare da queste visioni moralistiche ad altre realistiche e disincantate: se noi commettiamo sempre sciagure e poi puntualmente ci pentiamo e celebriamo le Giornate non andiamo più avanti.

Massimo Cacciari.

Non solo il ricordo, insomma, ma la diagnosi chiara di ciò che è successo, affinché al di là di ogni retorica non avvenga più?

Assolutamente sì. La Giornata della memoria del 27 gennaio, quella per l'Olocausto degli ebrei, come funziona? Per due o tre giorni tutti ne parliamo, i giornali fanno la doverosa paginata, le tivù mandano in onda lo "Speciale" di rito, e così siamo a posto per tutto l'anno. E un pulirsi la coscienza collettiva che dura 24 ore o poco più. Ci vuole serietà.

Non pensa però che dopo decenni in cui gli scampati alle foibe si sono visti negare la giustizia, addirittura la verità, questa ammissione fosse doverosa proprio per ripartire? 

Questo sì: riconoscere una verità negata era un dovere, ma questo è di una scontatezza sconcertante! Stupisce che finora non si fosse fatto. Ero bambino io e nel Pci di Trieste si creavano spaccature tra i comunisti proprio perché già allora tutti sapevano ciò che era avvenuto a Pola, a Fiume... Che ora le ammissioni e il pentimento siano espressi dai vertici è molto bello e importante, esattamente come quando il Papa ha chiesto perdono per le Crociate. Purché mi si giuri che è l'ultimo pentimento che ancora mancava. Adesso andiamo avanti, voltiamo pagina ma sul serio. 

C'è chi sostiene, dall'estrema sinistra,che ricordare le vittime delle foibe sia fare un torto a quelle della Shoah.

E perché? Che c'entrano le due cose? Ho una sola spiegazione a questo: il grembo che partorisce l'idiozia è sempre fecondo.

Paolo Mieli, ebreo,sostiene l"'unicità" della Shoah nel senso della sua diversità da qualsiasi altra strage di massa, ma non nel senso che esiste solo quella.

Sono perfettamente d'accordo. L'olocausto degli ebrei è un unicum, è diverso da tutti gli altri omicidi di massa che hanno costellato la storia e ancora la costelleranno nei secoli futuri, visto che l'umanità è quella di sempre. La differenza tra la "Soluzione finale" ideata del nazismo e le altre eliminazioni di massa non è quantitativa ma ideologica, direi spirituale: la Shoah era dei tutto irrazionale, abissalmente irrazionale, non funzionale al redime anzi, è accettato da tutti storici di destra e di sinistra che gli stermini di Stalin servivano alla sua dittatura mentre quello degli ebrei fu solo un elemento di disorganizzazione e di freno per Hitler nella guerra.

Dopo il mea culpa della sinistra guardare avanti, insomma. Come?


Il vero modo per rendere memoria alle vittime delle foibe sarà comprendere le cause, capire come mai si giunse all'orrore. Rendere loro l'onore dei fatti, non delle parole.
Lucia Bellaspiga 

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 I politici.

 

1) SILVIA FERRETTO CLEMENTI Consigliere Regionale A.n. Lombardia. Per seguire l'attività della Ferretto clicca sul seguente link: www.ferretto.it

Di seguito è riportata la "lettera aperta a Cossutta" dell' 8 marzo 2004.

Egregio Onorevole Cossutta,
mi chiamo Silvia Ferretto Clementi e sono quella militante missina che nel 1993, nel corso della trasmissione “Uno Contro Tutti” del Maurizio Costanzo Show, le chiese per quale motivo, dopo aver giustamente deposto un fiore alla Risiera di San Sabba a Trieste, luogo in cui tante persone furono barbaramente torturate e uccise dai nazisti, non fosse passato anche dalla Foiba di Basovizza, dove migliaia di italiani furono gettati, spesso ancora vivi, dai partigiani di Tito. In quell’occasione, lei mi rispose che quel fiore lei non l’avrebbe mai deposto perché nelle foibe finirono solo fascisti e nazisti.
Quelle sue parole mi tornano spesso in mente e mi chiedo: è possibile che Lei, Onorevole Cossutta, ancora oggi non sappia che nelle foibe finirono oltre 12 mila persone tra uomini, donne e perfino bambini, la cui unica colpa era di essere “etnodiversi”, come usava definirli l’ex ministro di Tito, Vasa Cubrilovic? Tra le vittime della famigerata O.Z.N.A. (polizia politica jugoslava) non ci furono solo Norma Cossetto, giovane studentessa universitaria, che fu violentata e torturata per giorni da 17 partigiani titini e trovò la pace solo sul fondo di una foiba; oppure don Angelo Tarticchio che, dopo aver subito la mutilazione dei genitali, fu lapidato e presentato nudo alla madre con in capo una corona di filo di ferro spinato; o come Giuseppe Cernecca, ferocemente trucidato, la cui testa mozzata per strappargli i denti d’oro, venne in seguito usata per una macabra partita di pallone. 
Nelle foibe trovarono una morte atroce anche molti civili, antifascisti, esponenti della Resistenza Italiana e membri del Comitato di Liberazione Nazionale.
E cosa dire, egregio Onorevole, di quei 2000 operai di Monfalcone che, animati da una sincera fede comunista, intrapresero, nel 1947, un controesodo trasferendosi nel “paradiso comunista” di Tito e trovarono invece la morte nell’inferno dell’isola di Goli Otok.
Sono passati ormai 11 anni da quando le feci quella domanda. 
Recentemente, attraverso gli organi di informazione, sono venuta a conoscenza, ed ho avuto modo di apprezzare, delle autocritiche in merito di Violante e Fassino e persino, seppur parzialmente, di Bertinotti. Lei invece, fermo nelle sue convinzioni, a quei poveri morti continua a negare un fiore e ne offende pervicacemente la memoria. 
Ci ripensi Onorevole, e se non vuole farlo per le migliaia di italiani, vittime innocenti della “pulizia etnica e politica”, nei confronti dei quali non prova evidentemente un briciolo di umana pietà, lo faccia almeno per quei suoi compagni di partito ai quali, oltre al sogno, il maresciallo Tito ha tolto anche la vita.
Silvia Ferretto Clementi - Consigliere Regionale di AN

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2) BRUNO CAZZARO (Deputato Ds-Ulivo): "Quando si discute di foibe, serietà e rigore sono un dovere". Tratto da "La Nuova Venezia" del 18 gennaio 2004. Articolo visibile in formato JPG. Clicca sulle immagini per ingrandirle.

          Articolo Cazzaro - Prima parte            Articolo Cazzaro - Seconda parte

 

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3) PIERO FASSINO (Ds). (Dall' "Unità" del 28 dicembre 2003). "... Non c'è in tutto ciò nessuna visione agiografica della Resistenza. Anzi, non dimenticare significa anche fare i conti con le pagine tragiche dell'immediato dopoguerra. Quando la vittoria agognata acceca la ragione dei vincitori e i vinti sono più vinti e indifesi che mai. Non abbiamo chiuso gli occhi - e dobbiamo continuare a non chiuderli - per restituire giustizia a quanti furono vittime di episodi di vendetta e di esecuzioni sommarie che solo la tremenda asprezza di quella stagione può spiegare, ma non giustificare. Così come non chiudiamo gli occhi di fronte al dramma delle foibe e dell'esodo degli italiani dell'Istria e della Dalmazia, una tragedia troppo a lungo rimossa nella coscienza civica degli italiani". 

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4) FAUSTO BERTINOTTI (dal TG1 del 13 dicembre 2003). "Le foibe sono un orrore della guerra, degli errori che non devono graffiare minimamente la grandezza della Resistenza". Scarica il file mp3 (854 kb) per ascoltare l'intervista cliccando qui. Per leggere (file doc) il comunicato stampa diffuso dal "Comitato politico e gruppo Prc della Regione Veneto", col quale si informa del convegno, clicca qui.

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5) LUCIANO VIOLANTE (dal "Corriere della Sera" del 29 gennaio 2004). Insultati, umiliati, dimenticati. L'esodo della vergogna. Fuggivano dalle loro città. Da Pola, dall'Istria, dalla Dalmazia. Cacciati dai fucili dell'esercito jugoslavo. Accolti con fischi e sputi dai comunisti italiani che li consideravano fascisti e traditori. Esuli in patria. Quanti sono stati? Trecentocinquantamila, dicono le stime più attendibili. Partirono per non più tornare. Con le lacrime agli occhi e le loro cose imballate. C’era penuria di chiodi e di listelli. Alcuni si portarono via i propri morti, compresa la salma di Nazario Sauro, l’eroe della prima guerra mondiale impiccato dagli austriaci. «L'Italia ha un debito con loro. E dobbiamo pagarlo». Luciano Violante, 62 anni, ex presidente della Camera, erede di quel Pci che nel proprio libro di storia le pagine dal 1945 al 1947 le ha scritte con tanti falsi ed omissioni, chiede che la storia del confine orientale non sia più rimossa dagli italiani. E, con Piero Fassino, ha presentato una proposta di legge per non dimenticare. Un giorno della memoria. Alleanza nazionale, che ha già un suo progetto, vorrebbe ricordare il 10 febbraio del ’47, firma del trattato di pace che consegnò quelle terre alla Jugoslavia, mentre i Ds preferirebbero il 20 marzo, giorno della partenza da Pola dell'ultimo piroscafo, il Toscana, carico di famiglie, di masserizie, di ricordi. Un’intesa non sembra difficile.

L'On. Luciano Violante.

Un altro giorno della memoria? Ma non c'è il rischio di una gara a chi ne propone di più?


«E' un’obiezione che capisco. Ma qui si tratta davvero di ricordare una storia dimenticata. Circa la data, discuteremo con i colleghi parlamentari e con le associazioni dei giuliano-dalmati».

Una pagina di storia occultata dal Partito comunista. Mi sembra che solo Umberto Terracini provò a parlarne ma fu messo subito a tacere.


«Il Pci ha concorso in modo determinante a sconfiggere il nazifascismo e a costruire la democrazia; ma ha sicuramente le sue gravi responsabilità. Le responsabilità furono anche dei governi italiani che non ritenevano conveniente attaccare Tito che si era staccato da Stalin. E responsabilità le ha avute anche la destra nell'usare questa tragedia contro la Liberazione e la rinascita della democrazia in Italia». Una "conventio ad excludendum" nei confronti dei profughi istriani? «Una conventio ad obliandum».

E perché ritiene che ora ci siano le condizioni per scacciare l'oblio? «Perché è giusto e perché va superato il problema della divisività italiana». Che cos'è la divisività?


«E' l'Italia sempre divisa in due nazioni. Guelfi e Ghibellini, Nord e Sud, clericali e laici, comunisti e anticomunisti. Il conflitto è il sale della democrazia. Ma da noi sembra trascinarsi una continua guerra civile, sotterranea, ma pronta ad esplodere nei momenti di crisi politica. E non è così nemmeno in Spagna, dove ogni famiglia ha un parente morto dall'una o dall'altra parte della barricata. Perché solo da noi non è possibile ricordare senza creare nuove divisioni? Spero che il riconoscimento di Fini sul fascismo come male assoluto aiuti in questo senso».

Ma la divisività, per usare la sua espressione, è stata brandita come un'arma proprio dal partito comunista. Voi con la verità in tasca e gli altri sempre dalla parte del torto...


«L'hanno brandita tutti; e qualcuno la brandisce ancora oggi».

Eppure nel caso dei profughi istriani le vittime sono solo loro. Furono insultati, boicottati, isolati perché non erano voluti restare nelle terre del comunismo realizzato. Durante l'esodo, nei porti e nelle stazioni, ci fu chi si rifiutò di dargli cibo e e acqua.


«Furono considerati traditori, ma erano italiani che volevano restare tali. Ma la propaganda dell'estrema destra che usò la tragedia giuliano-dalmata per delegittimare la neonata Repubblica non agevolò quegli esuli in patria. L'Italia fu costretta a firmare il trattato a causa della guerra e delle devastazioni che aveva provocato il fascismo. Nel 1920, a Pola, Mussolini aveva affermato che "di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara... io credo che si possono più facilmente sacrificare 500 mila slavi barbari a 50 mila italiani"».

Anche lei è uno di quelli che spiegano la mattanza delle foibe, le cavità carsiche dove i titini gettarono migliaia di italiani, come la reazione ai crimini dei fascisti e dei nazisti in terra slava?


«Respingo il bilanciamento tra orrori. Finché io cito la risiera di San Saba e gli altri replicano con le foibe ci chiudiamo in una gabbia. Abbiamo il dovere della storia e dobbiamo costruire un Paese moderno e normale».

E non sarebbe allora più giusto dire una volta per tutte che 350 mila italiani fecero bene a scegliere la democrazia invece del socialismo? E che i democristiani erano infinitamente meglio di Tito?


«Era la democrazia italiana infinitamente meglio. Lo disse già Enrico Berlinguer quando affermò di sentirsi più sicuro sotto la Nato. Intendiamo togliere questa storia dalla sua marginalità per farla entrare pienamente nella storia della Repubblica. E penso che sia giusto dedicare una strada alle vittime delle foibe».

Senta, lei sta facendo un tentativo di riconciliazione come quando invitò a capire le ragioni dei repubblichini?


«La repubblica di Salò fu una terribile vicenda di asservimento italiano al nazismo. Il giudizio storico su quella tragedia è netto. Chiesi di capire, senza revisionismi e parificazioni, perché, quando tutto era perduto, migliaia di ragazzi e di ragazze si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e della libertà. Ho negli occhi l'immagine di due adolescenti della RSI che fanno la guardia ad un vagone piombato diretto ad un campo di concentramento. Perché stavano lì? E perché dopo, con il terrorismo, altri giovani hanno scelto la violenza? Del tutto diverso il caso dei profughi istriani».

Quando lei parlò con comprensione dei volontari di Salò, i maligni dissero che voleva accattivarsi la simpatia della destra per un'eventuale candidatura al Quirinale. Questa volta che c'è dietro?


«Non ne parlai con comprensione. E comunque chi pensa che la contrattazione sia l'unico metro della vita non comprende il senso delle battaglie politiche e ideali».

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6) MAURIZIO GASPARRI - ''Ricordare tutti gli orrori della storia'' - (Adnkronos dell'8 febbraio 2004) - ''Oggi si parla di più delle Foibe perché quelle pagine di storia sono state strappate. L' Italia non soltanto subì la perdita di Fiume e della Dalmazia, ma assistemmo anche al massacro di tante persone che furono gettate nelle foibe. Milioni di italiani furono gettati vivi solo per essere italiani ''. E' quanto ha affermato il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri nel corso della trasmissione di Radio2 '3131'. Intervistato da Pierluigi Diaco, il ministro ha sottolineato come questa ''tragedia, che e' stata compiuta dai comunisti della Jugoslavia, con la complicità dei comunisti italiani, deve essere ricordata assieme a tutti gli altri orrori della storia ''. Dopo aver istituito la giornata in ricordo dell'olocausto, il 27 gennaio, ''l'orrore più grande dell'umanità'', Gasparri ha detto che ''e' giusto ricordare su tutte le televisioni anche la tragedia delle Foibe''. ''Inoltre martedì -ha spiegato il ministro- si discuterà la legge per istituire, a partire dall'anno prossimo, anche la giornata dedicata a quei martiri. La data dovrebbe essere il 10 febbraio, giorno della firma del trattato con il quale l'Italia fu mutilata territorialmente. Pare che possa andare bene anche al centro-sinistra''.
''Siamo stati spesso accusati di voler censurare la cultura sui libri, invece noi siamo portatori di una storia che è stata censurata '', ha poi detto Gasparri al '3131'. Il ministro delle Comunicazioni ha spiegato come ''sui libri di scuola ci sono scritte menzogne ''. ''Ad esempio - ha osservato Gasparri - c'era un libro in cui era scritto che le foibe erano dei fossili nella zona carsica. Invece e' importante capire cosa sia successo nelle foibe. La gente moriva e questo sui volumi di scuola non e' stato rappresentato. Si tratta -conclude il ministro - di aggiungere le pagine che non sono state scritte per censura, imposta dalla sinistra".

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7) LUCIO TOTH (dal "Secolo d'Italia del 18 febbraio 2003). E adesso che succederà? "Memoria condivisa", "conciliazione", "identità riscoperta", "italianità ricomposta": tante espressioni sono state usate per sottolineare la svolta bipolare sui crimini delle foibe e sulla tragedia dell'esodo di migliaia e migliaia di connazionali dall'Istria, Fiume e Dalmazia. Ma dopo il voto della Camera per dar vita all'anniversario dimenticato, che cosa può realmente cambiare per i profughi di una volta e per le loro famiglie di oggi? In che modo il ricordo del 10 febbraio, quando fu siglato il Trattato di pace che sancì il distacco di quelle terre dall'Italia, potrà influire sulla vita di tutti i giorni? Che cosa si deve fare, insomma, affinché il "giorno del ricordo" non s'esaurisca nel dolore degli esiliati né diventi soltanto e pur non vacua retorica della politica?
La parola a Lucio Toth, che da presidente dell'Associazione Nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia, oltre che da vicepresidente della Federazione di tutti gli esuli, ha seguito il "nuovo corso" e soprattutto conosce la "sua gente".

Lucio Toth

 "I prossimi obiettivi - dice -, dovranno essere il recupero della nostra storia nei libri di scuola e quello dei nostri beni abbandonati in Slovenia e Croazia. E poi sarà necessario assicurare la piena e duratura tutela per gli italiani che sono rimasti là e che rischiano, ancora e incredibilmente, di essere assimilati". La memoria non basta per dare un senso nuovo al presente: da qui si parte per cercare il filo di una storia così a lungo interrotta e ora finalmente ritrovata. Lucio Toth ha sessantanove anni ed è nato a Zara, Dalmazia, "allora provincia italiana".

In che modo l'istituendo "giorno dei ricordo" potrà avere un risvolto sul futuro?

Intanto il 10 febbraio diventerà una ricorrenza di tutti, una ricorrenza che ciascuno potrà commemorare. Finora invece l'impulso doveva venire da un'associazione di esuli. In pratica da scelta quasi privata e locale - Trieste e dintorni - essa si trasformerà in un momento pubblico e nazionale. Sarà, perciò, una buona "assicurazione" contro l'oblio, ecco. Di conseguenza i libri di scuola, le Università, i testi di storia non potranno più ignorare l'avvenimento. Senza obbligare nessuno a una versione particolare, finirà un silenzio "ufficiale" durato sessant'anni su decine di migliaia di italiani costretti ad abbandonare la terra natale sotto la spinta di una tragedia che può ben chiamarsi pulizia etnica.

Ma come si riempie di contenuto un anniversario che contiene in sé una così forte e dolorosa testimonianza?

L' enunciazione di principio, è vero, è fortissima di per sé. Ma tutte le enunciazioni devono avere un corpo. E il corpo glielo potranno dare soltanto il popolo italiano e l'opinione pubblica italiana, assumendo la coscienza di quest'evento e proiettandolo verso il domani Vede, noi teniamo molto al passato di tradizioni artistiche e culturali della nostra gente. Teniamo a che si ricordi il nostro legame antico con l' Italia. Non dico dalla Romanità - perché tutta l'Europa in fondo era romana -, ma dal Medioevo e durante tutto il Rinascimento. Sono legami così saldi che ci fanno sentire una parte integrante della Nazione italiana e non un accidente qualsiasi.

Provi a dare una definizione semplice e chiara di che cosa furono le foibe. E che cosa rappresentò l'esodo...

Le foibe sono state un'ondata di violenza a due riprese, ondata che si è scatenata su un territorio nazionale italiano di confine da parte di formazioni partigiane straniere e in particolare iugoslave di Tito. Quelle ondate travolsero persone che in un modo o nell'altro avrebbero potuto opporsi all'annessione di quei territori allo Stato iugoslavo comunista. Dunque, fu una strage di italiani che finì per colpire sia cittadini legati al regime passato sia persone che facevano parte del Comitato di Liberazione nazionale o che avevano preso parte alla Resistenza. Furono infoibati fascisti e antifascisti.

Quanti, storicamente accertati?

Circa seimila persone sono "registrate" con certezza nell'arco di tempo che va dal '43 al '53. Non si dimentichi che nel Capodistriano ci furono massacri di famiglie ancora nei primi anni Cinquanta! E che l'ultimo esodo massiccia avvenne nel '54, dopo il memorandum di Londra: cinquantamila profughi della cosiddetta zona B. Perciò io mi riferisco non soltanto ai connazionali gettati nelle cavità carsiche, ma pure a quanti vennero ritrovati morti nelle fosse comuni, fucilati, affogati in mare oppure nei natanti fatti naufragare. Calcolando, quindi, tutte quelle persone che fra la Dalmazia e l'Istria non hanno purtroppo dato più notizie di sé, gli scomparsi, i "desaparecidos" dell'epoca, la cifra finale e complessiva arriva a ventimila vittime. Gente spesso prelevata con la violenza dalle proprie case e sparita per sempre.

L'esodo invece perché ha riguardato ben 350 mila connazionali?

L'esodo è stato il risultato di una serie di abbandoni di massa delle popolazione di città e di campagne di tradizione e di lingua italiana. L'esodo si ebbe per effetto delle persecuzioni in atto, delle foibe come causa principale. Ma anche come conseguenza del Trattato di Pace del '47 che con le sue clausole consentiva all'ex Jugoslavia di cacciare chi intendeva conservare la cittadinanza italiana. Pertanto quel drammatico fenomeno fu determinato da un insieme di ragioni, che vanno dal terrore psicologico per le foibe, alle deportazioni, alla chiusura delle scuole italiane decretate da Tito. Con ogni mezzo si voleva sradicare l'identità italiana. E per mantenerla, bisognava andarsene: non si poteva più vivere da italiani nella Jugoslavia comunista.

Perché gli abbandoni avvennero a più tappe?

Anche perché a un certo punto le stesse autorità iugoslave si spaventarono e cominciarono a ritardare le opzioni previste dal Trattato: chi voleva conservare la cittadinanza italiana, doveva deciderlo entro sei mesi. E la Jugoslavia aveva il diritto di chiedere a queste persone di abbandonare il territorio. "Opzione" significava, dunque, partire. Si svuotavano le fabbriche, gli ospedali, tanto massiccio era l'esodo. E paradossalmente quelli che volevano espellere gli italiani, furono indotti a rinviare le partenze...

La Camera ha approvato " il giorno del ricordo": prevalgono le speranze o le delusioni nel primo bilancio a caldo?

Per una volta non ci sono state delusioni. Soltanto una parte di Rifondazione comunista e i comunisti italiani si sono opposti al testo di legge, votato da 502 deputati. Neanche venti parlamentari fra contrari e astenuti. Quindi è un problema che riguarda loro, gli esclusi, non certo noi, gli esuli.

Che cosa vi lascia sperare nella svolta vera dopo decenni di censura e di cesura della memoria nazionale?

Il clima. S'è finalmente stabilito un clima "bipartisan"; come suol dirsi. C'è un'evidente volontà generale di trovare una composizione della memoria È un atto rilevante.

Si può dire che questa memoria condivisa sia stata soprattutto sostenuta dagli opposti, destra e sinistra, o sarebbe una lettura sbagliata?

Chi ha voluto questa ricomposizione sono stati i due partiti con passioni più forti, non c'è dubbio. Questo nulla toglie alle figure istituzionali, come Pera e Casini, che hanno sostenuto l'iniziativa, o a tanti esponenti di centro che l' hanno condivisa. Ma la "tenaglia" è stata fra destra e sinistra. Forse nel momento in cui si crea un' Europa nuova c'è un interesse a un'identità nazionale forte, e questo induce alla necessità di superare un passato tragico per riconciliarsi in nome dell' Italia, pur mantenendo ogni schieramento le sue caratteristiche.

Che ruolo può avere il Quirinale nella memoria ritrovata?

Il Quirinale è intervenuto il 9 febbraio mandando un messaggio al presidente della Regione Lazio e contemporaneamente alla Fondazione Perlasca di Padova. Il testo indicava con chiarezza il desiderio di vedere accolte le istanze degli esuli. Questo intervento fa ben sperare anche su un momento solenne per il conferimento della medaglia d'oro alla popolazione italiana di Zara, l'ultima popolazione italiana di Zara. Un conferimento che era stato sospeso.

La conciliazione nella politica nazionale che riflesso può avere sul confine orientale? 

Rimette in primo piano d problema irrisolto della restituzione dei beni e degli indennizzi equi agli esuli. Il giorno del ricordo rappresenta una bellissima, ancorché tardiva, vittoria morale. Ma il riconoscimento delle proprietà non è meno importante.

E nel rapporti con la Slovenia e la Croazia?

Adesso i governi di quei Paesi devono fare dei passi in questa direzione. Drago Kraljevic, l'ambasciatore croato a Roma, ha sottolineato non a caso che, dato il risalto che in Italia è stato dato al giorno del ricordo degli esuli, è impensabile che il governo italiano accetti l'ingresso della Croazia nell'Unione europea se non si risolve il problema della restituzione dei beni.

Proviamo a quantificare i beni reclamati: centinaia o migliaia?

Sono state presentate circa tremila domande di italiani alle autorità croate, che le stanno respingendo, perché non c'è ancora una legge che preveda la restituzione a un cittadino non croato. Poi sono dodicimila le richieste di indennizzo presentate non da singoli ma da nuclei familiari al governo italiano, perché l'Italia ha pagato con i nostri beni i danni di guerra. Finora sono stati concessi soltanto degli acconti, che non arrivano al venti per cento del totale. Complessivamente, non meno di cinquantamila cittadini sono interessati ad ottenere pur tanto tardiva giustizia.

L'accordo De Gasperi-Gruber che già nel '46 decretava la restituzione del beni per gli altoatesini optanti per la Germania, può essere un modello per risolvere il contenzioso?

Per gli altoatesini è stato un fatto reale: ritorno e riacquisto dei beni. Per noi niente di tutto questo. Come se ci fossero due confini, uno di serie A e l'altro di serie B. Ma oltre al tema della restituzione resta aperta la questione della tutela per gli italiani rimasti al di là del confine orientale. Le recenti dimissioni di Roberto Battelli, presidente della commissione per le minoranze a Lubiana, sono un atto di protesta contro il processo di assimilazione forzata che si sta verificando nell'Istria slovena.
Mentre aumentano quelli che dichiarano di usare in famiglia la lingua italiana, diminuiscono quanti si dichiarano di nazionalità italiana. Quest'assurdo dimostra che c'è un timore in atto di dirsi italiani.

Quanti sono i riconducibili all'identità italiana oltre confine? 

Non meno di quarantamila persone fra Slovenia e Croazia. Bisogna dire che le comunità italiane sono molto floride. Se n'è costituita una di recente persino a Veglia. E la possibilità di una collaborazione positiva con croati e sloveni è sotto gli occhi di tutti. Bisogna che i due governi superino i propri timori nei confronti degli estremisti nazionalisti e già comunisti. Se danno retta all'opinione della maggioranza della popolazione delle zone di confine, cioè alla "loro" opinione pubblica, essi dovrebbero venire incontro alle richieste degli esuli. Se invece si fanno influenzare dagli estremisti e dai nostalgici di rito, tutto si complica.

A proposito di Tito: e il ruolo di Togliatti?

Sulle nostre questioni ha avuto enormi responsabilità. Noi esuli lo associamo a Tito. La cosa più "bipartisan" che posso dire per non rovinare il nuovo clima che si è finalmente creato, è questa: per l'Italia forse Togliatti ha avuto un atteggiamento responsabile impedendo la guerra civile di tipo greco nel nostro Paese. Ha fermato i suoi in momenti molto delicati. Però sulla questione nostra, no, non a può essere alcuna indulgenza: ha avuto colpe molto gravi.

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8) RICCARDO ILLY - (Ulivo). Trattasi di una video-intervista rilasciata ad "Enigma" trasmissione di RAI 3 andata in onda il 13 febbraio 2004. Per scaricarla clicca qui

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9) WALTER VELTRONI - (D.S.). Trattasi delle dichiarazioni rilasciate al "Corriere della Sera" (del 01/02/'05) (file PDF di 632kb) e di un articolo, a firma dello stesso Veltroni, pubblicato su "l'Unità" (del 01/02/'05) (file PDF di 722kb).

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Walter Veltroni

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10) GIORGIA MELONI - (A.n.). Intervista rilasciata a RaiNews il 10/03/'07 intitolata ''Il ricordo delle foibe per ricostituire una memoria nazionale condivisa e sincera'' (file PDF di 64kb)

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