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Scudetto 2006_1

Scudetto 2006
Real Camione d'Italia 2006: Cronaca di un'altra straordinaria impresa
Il "Tony Marzella pensiero": Ovvero come far conciliare tenacia, sportività, lealtà
A colloquio con  con Tony Marzella
Il Real, una favola fuori tempo per lo sport moderno
L'Organigramma societario
Real Statte: storia di donne normali
Le foto delle protagoniste


 

Il Real, storie di donne normali

Storie di donne normali, normalissime, con una passione in comune: il calcio a cinque, o futsal, per usare il linguaggio globalizzato. Sono le storie di cinque delle componenti del Real Statte bicampione d’Italia. Storie che abbiamo scelto per capire meglio come nasce la "Famiglia Real", il fenomeno tutto stattese, tutto tarantino, tutto meridionale dello sport italiano.

Se capiti a Statte per andare a fare una partita di calcetto allo Sporting Club, il punto più lontano della verdissima zona residenziale di Montetermiti, non puoi fare a meno di incontrare Patrizia Convertino. Perché lei è lì, la prima ad arrivare alle 15,30 e l’ultima ad andare via. È stato proprio il presidente-allenatore a sceglierla per affidarle i compiti di gestione operativa della struttura, dalla custodia alla segreteria, dalla pulizia alla gestione del bar. Un modo per vincere le "resistenze" dei genitori, che considerano il calcio sport da maschi. «Mi volevano a casa; con il calcetto mi sento realizzata ed ora anche mamma e papà lo hanno capito», dice con soddisfazione La 30enne di Montemesola. Convertino, nel frattempo divenuta vice capitana, ha saputo ripagare divenendo un punto di forza del Real.
 «L’anno scorso l’emozione è stata più bella - ammette - perché era la nostra prima volta. Questa volta eravamo abituate al successo, ma le urla si sono sentite ugualmente, tutta Ischia le ha sentite!».

Per Convertino le vittorie del Real «sono il frutto del sacrificio di tutte le settimane, degli allenamenti sotto la pioggia e il vento. E rappresentano la massima gratificazione.
 Noi non prendiamo soldi, giochiamo solo per passione. Dio ci ha dato questa dote di saper giocare a calcetto, Tony le ha sapute esaltare al meglio. Gli scudetti sono merito al 50 per cento di Marzella, al 50 per cento di noi ragazze e di tutti i collaboratori. Marzella padre di famiglia? Direi un fratello maggiore ».


L’altra "anima" del Real è Mina D’Ippolito, la giocatrice-copertina, la capitana 33enne dal sorriso grande e dalla grinta enorme. Anche lei ricorda con affetto lo scudetto del 2005:
 
«Era il primo titolo, dopo tanti vani tentativi, fu una liberazione. Ma questo è indimenticabile, perché stavolta eravamo la squadra da battere e tutti hanno giocato al 110 per cento contro di noi». E c’era da fare i conti con la tifoseria ostile: «Chi vince diventa sempre antipatico, stranamente anche le squadre eliminate hanno tifato contro di noi. Ma noi siamo scese in campo con la massima umiltà, senza spocchia. Ed è la prima caratteristica che Marzella ci chiede. A fine gara, i complimenti si sono sprecati, tutti si sono ricreduti nei nostri confronti».

Mina, che ha in squadra una delle sue sorelle, Monica, "allarga" la famiglia:
«Ci sentiamo tutte sorelle, in campo e fuori. Siamo una grande famiglia, che sta insieme per puro divertimento. Il premio pattuito quest’anno? Un viaggio, probabilmente in Romagna, per fare anche noi finalmente un po’ di vita notturna, dopo tanti sacrifici». Cosa ci vuole per riconfermarsi l’anno prossimo? Semplice per il capitano: «Tanto duro lavoro. ritroveremo squadre ancora più forti e determinate. Noi non faremo nulla di più: sono due anni che vinciamo con la stessa squadra e lo stesso metodo di lavoro. E l’anno prossimo avremo lo stimolo della Coppa Italia, un tabù da abbattere».


Patrizia D’Andria è l’altra giocatrice del "gruppo storico" su cui Marzella punta ad occhi chiusi. Ha solo 24 anni ma gioca al calcetto da ben 11: praticamente è cresciuta a pane e pallone. Tutti dicono che è la pigra della compagnia: si sveglia solo in finale, lo scorso anno segnò tre gol (su quattro) alla Polaris Palermo, quest’anno i soli due gol della finale contro il Montevelino sono stati i suoi:
«Sì, mi hanno affibbiato questa nomina, ma in realtà scendo sempre in campo decisa a dare il meglio. Magari mi esalto nelle partite più importanti, perché sento di meno l’emozione».

Patrizia ha una storia personale particolare: decima di 13 figli (7 femmine e 6 maschi), vive ancora con la mamma ed altri 7 fratelli in un appartamento alle Case Bianche di Paolo VI.
«Solo io ho deciso di fare sport, è un modo per staccare dalla mia solita vita».
 
La vita, a Paolo VI, scorre monotona, in assenza di strutture di aggregazione, ad iniziare proprio da quelle sportive.
 «Ce ne vorrebbero di più, per togliere un po’ di giovani dalla strada», conviene. Per la sua comitiva è la "campionessa", la voglia di giocare non è ancora al capolinea, anzi: «Ho ancora tanta passione. Dopo questi scudetti, c’è più gusto a giocare. Ora vogliamo tutte vincere questa benedetta Coppa Italia. Il massimo sarebbe segnare qualche gol».


Non fa parte del gruppo storico, ma Roberta Buonfrate è una giocatrice che nel gioco di Marzella ha trovato il suo spazio preciso. Ventinove anni, gioca a calcio a cinque da una vita, e non potrebbe essere altrimenti, visto in famiglia il calcio è di casa: suo padre è Umberto Buonfrate, storico allenatore delle giovanili del Taranto (allora ancora A.S. Taranto), due fratelli hanno giocato proprio nelle giovanili. «Ho iniziato alla Polisportiva Ippodromo Publimedia di Donato Carelli, poi sono passata ai Delfini Taranto, quindi al Real Statte, dove ho conosciuto i campionati della Figc». La sua carriera sembrava terminata un anno e mezzo fa, a causa di un infortunio: «Il ginocchio mi dava noie, giocare sui terreni duri del calcetto è pesante. Avevo deciso di mollare anche perché facevo fatica a conciliare lo sport con il lavoro appena intrapreso (è impiegata presso un’azienda di servizi, ndr).

La voglia mi è tornata vedendo giocare le mie compagne di squadra: ho capito che non potevo fare a meno del calcetto. Anche mio padre ha avuto un ruolo importante. Quindi, ho saputo organizzare meglio le mie giornate, lo sport è diventato una valvola di sfogo contro gli stress quotidiani del lavoro». Del resto, in questo campo non c’è altro stimolo, se non la passione: «Ora che sono tornata, non mi sono posta un limite: giocherò fin quando mi divertirò. Se poi continuiamo a vincere, gli stimoli aumentano...».


Una delle ultime arrivate è Susy Nicoletti, 22 anni, da Parabita. Per lei, effettuare due volte la settimana, spesso tre, gli allenamenti a Statte è davvero un sacrificio. Ed è sinonimo di grande passione. «Ho fatto calcio, poi calcetto al Planet Sport Corsano e al Gallipoli - racconta - ed è lì che Marzella mi adocchiò quattro anni fa. Accettai sapendo che mi sarei dovuta accontentare soltanto del rimborso spese per la benzina. I 280 chilometri al giorno che faccio sono un sacrificio ripagato ampiamente dal fatto di giocare in una delle squadre più forti d’Italia, anzi la più forte. I soldi?

Non ci do peso, mi basta lavorare al bar di mio padre a Parabita». Eppure c’è chi si muoverebbe soltanto dietro compenso, in tanti sport, ad iniziare dal calcio, anche a livelli bassi. «Personalmente penso che girino troppi soldi in certe categorie dilettantistiche -dice convinta -. Anzi, dico che sono proprio soldi buttati. E magari ci sono discipline sportive che meriterebbero più attenzione. In questo momento, il calcio meriterebbe un grande ridimensionamento, ma siamo in Italia...». A Parabita, città di 10.000 abitanti, con due scudetti vinti potrebbe essere un esempio, eppure... «Non tengo molto alla notorietà. Mi basta avere la foto al bar di mio padre e sapere che i frequentatori sappiano che quella con lo scudetto in petto sono io».


Con lei, da quest’anno, viaggia Margarito, il portiere che ha risolto l’eterno "neo" del Real. E’ del tacco d’Italia, Patù, frazione di S. Maria di Leuca, un altro esempio di scrificio e passione. «Ha solo 16 anni ma è una promessa - dice Nicoletti - ed anche lei affronta i sacrifici con entusiasmo. Dalla sua parte c’è anche la giovane età».



Questo è il Real Statte. Una favola fuori tempo per lo sport moderno. Il Real Statte vincitore del 2° scudetto è una vera e propria "squadra-famiglia"

Statte, ex quartiere di Taranto, è ormai una città di oltre15.000 abitanti con una sua storia, le sue tradizioni. Ma lo sport continua ad avere poca considerazione. Lo dimostra il fatto che l’unico impianto pubblico è lo stadio comunale e che la palestra dell’istituto "Amaldi" per ora non sarà interessata ai necessari lavori di ristrutturazione, per mancanza di fondi da parte della Provincia.
A ventiquatt’ore dalla chiusura della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale, Marzella lancia il suo messaggio:
«La mia squadra finora ha avuto poca considerazione dall’ente locale. L’unico contributo per lo scudetto del 2005 è stata l’organizzazione della festa in piazza. Quest’anno la festa la faremo per conto nostro, domenica, allo Sporting Club Montetermiti. Dai nuovi amministratori mi aspetto una maggiore "cultura dello sport". Non pretendiamo soldi, ma maggiore considerazione. E non parlo solo per la mia società, ma anche per tutte le realtà sportive stattesi, dove sono impegnati quotidianamente tanti giovani, a costo di tanti sacrifici, personali e delle proprie famiglie, oltre che dei dirigenti e tecnici che sono dei veri e propri volontari. Dopo due scudetti che hanno proiettato il nome di Statte a livello nazionale, pretendere considerazione è il minimo. E ciò si rifletterebbe positivamente sulla prestazione della squadra».

Squadra che, anche quest’anno, si è distinta per il fair play:
 «Ci teniamo molto all’aspetto comportamentale. "Il nostro primo impegno è la correttezza» Viene prima del successo sul campo: abbiamo sempre dato un’immagine di squadra corretta, respingendo ogni provocazione". Le ultime sono arrivate proprio nella finale di domenica a Ischia: pur avendo battuto la squadra di casa, il Montevelino Pescara aveva le simpatie del pubblico. «Non ne abbiamo fatto un problema . Evidentemente, abbiamo "pagato" indirettamente la campagna contro la Lega Dilettanti montata dai dirigenti abruzzesi per le due espulsioni patite da due loro giocatrici in semifinale.»

Gianni Martucci (Corriere del Giorno)


L’ORGANIGRAMMMA SOCIETARIO

Presidente: Tony Marzella
Dirigenti:
Angelo Axo, Emilio D’Ippolito
Allenatore: Tony Marzella
Allenatori portieri: Luca Sardella
Medico sociale: Francesco Gigante
Osteopata: Michele Genga

IL ROSTER :

Anello Maria 1978 difensore
Buonfrate Roberta 1977 difensore centrale
Caporusso Mina 1976 portiere
Convertino Patrizia 1976 difensore centrale
D’Andria Patrizia 1981 universale
D’Ippolito Mina 1973 universale
D’Ippolito Monica 1978 difensore
Eletti M. Rosaria 1973 portiere
La Bonia Concetta 1975 attaccante laterale
Ludovico Mina 1978 attaccante. centrale
Margarito Va l e n t i n a 1989 portiere
Nicoletti Susanna 1983 attaccante laterale
Pagliarulo Maria 1983 portiere

 

Gianni Martucci (Corriere del Giorno)

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Il successo nelle imprese è assicurato dalla padronanza di sé con cui si compiono
(Baltasar Gracián y
Morales)

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Pagina
Aggiornata
19-07-2007
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