Erano i vecchi tempi.

Io e mio fratello di latte Beto, vivevamo in Texas a Breriland, un paese dimenticato da Dio, erano anni che eravamo scappati come balzeros qualsiasi dalla nostra terra natale: Cuba.
Io e Beto non avevamo la minima idea di chi fossimo figli, ci accomunava però il fatto di essere  stati cresciuti dalla maitresse del miglior bordello dell’Avana.
Arrivati nell’età della ragione c’eravamo messi in affari, ma il Governatore Spagnolo dell’Isola, non apprezzò la nostra attività di piccoli traffici d’armi con gli Indios, così per non finire appesi per la gola in Plaza de la Catedral, ci vedemmo costretti ad abbandonare in gran fretta quella miseria e c’imbarcammo clandestini su di un bastimento che ci avrebbe portati nella terra promessa: gli States.

In Texas la vita era più semplice, in poco tempo accumulammo una discreta fortuna grazie al commercio di bestiame. Degli altri.
L’unico problema era la taglia sulle nostre teste che cominciò a crescere cominciando a suscitare l’interesse dei Bounty Killer.

I Bounty Killer.
Per loro eravamo semplicemente i Cubani: Miguel Occhi di Ghiaccio e Beto Cuore Tenero, ma per noi erano solo dei cani rabbiosi da abbattere senza pietà.
Quegli schifosi non erano tutti uguali, alcuni si buttavano sulle tracce dei ricercati, solo quando la taglia sulle loro teste superava cifre importanti.

Poi c’erano Giusval Tanqueray e Barbie Mays.
In Texas erano diventati una leggenda.
Lui era della categoria peggiore: era un ex razziatore di cavalli, che un giorno si presentò con la sua banda in un ranch, ad ovest del Rio Grande, di proprietà di una famiglia di allevatori Italiani immigrati, tali Al e Bianca; come vide la figlia della coppia, Barbie, se ne innamorò a prima vista; ed invece di svuotare le stalle si prese la giovane giumenta e se ne andò lasciando in asso pure tutta la banda.

Giusval e Barbie lavoravano in coppia, e si mettevano alle calcagna di qualcuno, solo quando la taglia sulla sua testa era minimo cinquecento dollari d’oro.
Per loro non si poneva il problema vivo o morto; il malcapitato era sempre morto.
Tra le tante leggende che li inseguivano nel west, una era che lei avesse gusti sado/maso ed obbligasse i catturati a leccargli gli stivali, ovviamente prima di sparargli in mezzo agli occhi.
Si erano trasferiti a Santa Fè in New Mexico ed avevano investito i tanti soldi guadagnati in un saloon dal nome curioso: Pelouche; ed in una fabbrica di liquori, anzi di un liquore nauseabondo.
Giusval aveva avuto l’idea, quando si ferì accidentalmente con una scheggia di cranio schizzatagli in faccia dopo che Barbie aveva esploso una revolverata in piena fronte di un ricercato.
Niente di drammatico, un piccolo taglio su di uno zigomo, ma dovendosi disinfettare usò del whisky, con risultati disastrosi.
Fu allora che pensò ad un liquore che potesse essere utilizzato sia per sbronze colossali, che come disinfettante in caso di piccole ferite; così nacque il “Guarisce Infezioni Normali”, così nacque la fabbrica "GIN Tanqueray".

Ero impegnato in una partita di Hold’em nel saloon del paese, quando arrivò trafelato Beto.
-“vieni ti devo parlare…”-
Già questa era una stranezza, Beto non parlava mai, preferiva esprimersi o col coltello o con un revolver; poi erano quasi le nove di sera ed a quell’ora Beto era sempre impegnato con qualche baldracca, nella Posada di Mama Rosaria.
Mi alzai riluttante e lo guidai in un angolo del locale.
-“due notizie, una buona ed una cattiva. Quella buona è che la taglia sulle nostre teste è arrivata a seicento dollari, quella cattiva è che Giusval Tanqueray e Barbie Mays si vogliono mettere sulle nostre tracce…”-
-“come lo sai?”-
-“Alan il marito di Mama Rosaria. Hanno appena ingaggiato una baldracca che arriva dritta da Santa Fè; dal Saloon di Barbie Mays”-
-“Porca puttana!!!… sapevo che questo momento sarebbe arrivato… sai che ti dico Beto?… eliminiamo il problema, prima che il problema elimini noi: domattina si parte per Santa Fè”-
-“Soli io e te?”-
-“No, portiamo con noi anche i signori Smith & Wesson”-. Fu il mio commento caustico.

Ci volle una settimana di cavallo per arrivare a Santa Fè.
Strada facendo e giusto per non perdere le buone abitudini, ci facemmo la banca di San Carpoforo, un pueblo fetente a sud di Mesa Verde, abitato solo da negri e messicani; infatti il bottino fu misero: solo un centinaio di dollari, ma lo feci solo per liberarmi delle chiacchiere di Beto, che da uomo silenzioso; approfittava di quelle situazioni per inondarmi di cazzate sul suo amore disperato del momento.
Questo era l’unico difetto di Beto.
Si innamorava perdutamente di tutte le baldracche che frequentava.
Più erano baldracche, e più si innamorava: Amori violenti, struggenti e complicati, e per fortuna brevi; duravano fino a quando conosceva la baldracca seguente.
Da qui veniva il suo soprannome: Cuore Tenero.

Vi era un piccolo dettaglio.
Non avevamo la minima idea di come fosse l’aspetto fisico di Giusval e Barbie, mentre loro conoscevano le nostre facce che si vedevano disegnate sui “Wanted” che si trovavano negli uffici di tutti i dannati Sceriffi degli States.
Non era un dettaglio da poco.
Sapevo che Barbie aveva una sfrenata passione, ereditata dalla Madre, per il Texas Hold’em, allora  decidemmo che saremo entrati uno alla volta al Pelouche, Beto mi avrebbe coperto le spalle mentre io avrei chiesto al barman, del miglior tavolo da gioco sapendo che li l’avrei trovata, poi avremmo recitato a soggetto.

Entrammo al Pelouche.
Non feci in tempo a finire la domanda al barista, che sentii una voce venire dal tavolo di fronte al pianista.
-“cerchi forse la mia Giumenta?”-
mi girai lentamente dando un’occhiata d’intesa a Beto, e lo vidi.
Era Giusval Tanqueray.
Era solo ed era immerso in una immensa tazza di fagioli neri, che divorava avidamente.
All’improvviso si fece un silenzio irreale, anche Alejandro il pianista si tacque presagendo il peggio.
Mentre il locale si svuotava, mi avvicinai al tavolo di Giusval.
-“Vi ho riconosciuti appena siete entrati tu e Beto… siediti Miguel, assaggia il mio Gin e dimmi cosa ne pensi”-.
Lo disse riempiendo un bicchiere davanti a lui, e senza alzare gli occhi dai suoi fagioli.

Non dissi una parola, Beto si stava innervosendo; lo percepii da come si stava schiarendo la voce: lo faceva solo prima di dare la parola ai nostri soci in affari Smith & Wesson.
Mi sedetti e trangugiai quel liquido infame: aveva un sapore a metà tra quello di fogna e dello sterco di toro.
-“Giusval, fa schifo… ma non siamo venuti qui a fare i somellier… diciamo che ti abbiamo portato il lavoro a casa…”-.
Fu in quell’attimo che una donna si affacciò sulla porta del Peluche ormai deserto; aveva una voce suadente, era Barbie Mays, disse:
-“Bene, qualcuno è venuto a leccarmi gli stivali nuovi…”-
In una frazione di secondo si creò una situazione assurda, Beto aveva puntato una pistola su Barbie, che aveva puntato il suo fucile su di me, che miravo su Giusval, che a sua volta aveva messo nel mirino del suo ferro da sparo Beto.

Ne seguì un silenzio irreale, la tensione alle stelle.

-“Come se ne esce Giusval?”- ringhiai.
-“davvero fa schifo?”-
-“di cosa parli Giusval?”-
-“il mio Gin fa davvero così schifo?”-
-“magari le infezioni guariscono pure, ma come scalda budella non vale un fico secco, niente a che vedere col Rum del mio paese…”-
-“…ha ragione Giusval, lo sai che anche io preferisco il Rum; ti amo, ma quando voglio darmi una scaldata e tu non ci sei, preferisco il Rum”. Fu il commento inaspettato della Dolce Barbie che aggiunse:
-“Tesoro quel tuo liquido insulso è un vero disastro”-
-“Io un’idea l’avrei”- Irruppe Beto nella discussione, -“Io sono astemio… bevo solo acqua tonica…”-

La tensione si era sciolta e si era toccato uno dei pochi argomenti che mi stava a cuore oltre il gioco d’azzardo e le donne: l’alcool.

-“Ok, la discussione ha preso una piega interessante, abbassiamo i ferri e ne parliamo?”- fu la mia proposta.
Lentamente riponemmo le armi e ci trovammo tutti e quattro seduti al tavolo.
Beto cavò dal gilet in pelle, una borraccia di acqua tonica e ne versò nel bicchiere di Gin di Giusval, fino a riempirlo.
Giusval fissò Beto negli occhi:
-“Ho ucciso per molto meno…”- ma la tentazione fu troppo grande e non potè che assaggiare il risultato, prima con sospetto… poi con gusto.
-“…cazzo! Così è molto meglio!…”-.

Erano altri tempi.
Io e Beto aprimmo una distilleria di Gin e Rum a Breriland, Giusval cominciò, per la gioia di Barbie, a distillare anche il Rum; e diventammo soci d’affari.
Era finita l’era di Giusval Tanqueray e Barbie Mays, Bounty Killer.

Erano i vecchi tempi.
La Leggenda di
Giusval Tanqueray e Barbie
Mays

L'Appunto.
...fogli di carta sparsi per casa...
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Vivere è come girare un film, senza poter provare le scene prima.
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