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ROMAGNA PREROMANA

Celti contro Romani

PAGINA INIZIALE RAPPORTI CON ALTRI POPOLI
   
CHI VIVEVA IN EMILIA-ROMAGNA PRIMA DEI CELTI I CELTI CONTRO ROMA
   
LA CELTIZZAZIONE DELLA VALLE PADANA LA PROGRESSIVA COLONIZZAZIONE ROMANA


Nel IV secolo
Nel III secolo
Arriva Annibale
Fine dell'indipendenza
Date importanti

 

Il III° secolo: l'iniziativa militare passa ai romani
A partire dal III secolo a. C. (precisamente dal 295 a. C.) Roma cominciò ad erodere i dominii dei Galli. I romani sconfissero più volte i Celti finché, alla fine del secolo, li sottomisero militarmente. Le cause principali delle sconfitte degli eserciti celtici furono, da una parte, la migliore organizzazione dell'esercito romano e, dall'altra, l’assenza di vincoli di solidarietà tra Sénoni e Boi. I Celti si caratterizzavano infatti per la mancanza di un obiettivo strategico che indirizzasse la loro azione. I Celti alternavano gli attacchi alle popolazioni loro confinanti con un'azione di sostegno dei popoli dell’Italia centrale e meridionale in lotta contro Roma (Etruschi, Umbri, Sanniti), impiegandosi come mercenari al soldo dei loro eserciti. La strategia di Roma dopo il 295 era invece molto più mirata: l'obiettivo era conquistare uno sbocco al centro del mare Adriatico per separare i Galli (a Nord) dai Sanniti (a Sud), evitando così ulteriori pericolose coalizioni. Nel periodo 298-290 a.C. (Terza guerra sannitica) l'obiettivo venne raggiunto. Nel 295 a.C. esercito romano impedì agli alleati di formare la prima nazione italica. Vediamo dunque cosa successe di così importante nel 295. A quel tempo il confine tra Gallia e Italia era l'Esino (il fiume di Jesi, che sfocia in mare pochi km a nord di Ancona). A nord vivevano i Senoni ed a sud erano stanziati i Piceni.

La "Battaglia delle Nazioni" (295 a.C.) e l'inizio della fine dei Sénoni

L'Italia nel 400 a.C.
Fonte: Wikipedia.


Nel 295 a.C. i Sénoni, popolo-guida dei Celti d'Italia, si unirono alla coalizione antiromana formata da diverse popolazioni della penisola guidate dal sannita Gellio Egnazio. Fu l'unica volta nella loro storia in cui i Celti si inserirono a pieno titolo nella politica italiana. Le forze antiromane erano costituite di 50.000 soldati. L'esercito romano constava invece di 35.000 legionari. I romani furono abili a rompere il fronte avversario in due tronconi. Si combatterono infatti due distinte battaglie: la prima nell'Etruria meridionale e la seconda in territorio celtico, a Sentino (vicino all'odierna Sassoferrato, tra Ancona e Perugia). La coalizione panitalica vinse il primo scontro ma fu sconfitta a Sentino, nella battaglia decisiva. Roma, che era uscita rafforzata dalle prime due Guerre sannitiche, ottenne una vittoria completa anche in questo importante scontro della Terza Guerra sannitica (298-290 a.C.).
La brillante vittoria di Roma nei campi sentinati e la pace stipulata nel 291 coi Sanniti crearono le premesse per la campagna del 290 capeggiata dal console Mario Curio Dentato, il quale sottomise tutte le popolazioni dell'Italia centrale legate con i Sanniti: tale spedizione portò lo stato romano ad avvicinarsi alle coste sul mare Adriatico. Nel 289 venne fondata, all'estremità inferiore dei territori conquistati dal console, la colonia latina di Hatria (Atri, TE).
I Celti si erano comunque preparati per nuovi scontri con Roma. Le testimonianze archeologiche dimostrano che i loro insediamenti, al tempo della battaglia di Sentino, erano disposti in modo tale da creare uno sbarramento militare, ovvero una "linea gallica", posta a difesa del proprio territorio, in modo particolare per controbattere eventuali attacchi dai passi. I romani, peraltro, dopo la vittoria di Sentino non avevano invaso il territorio celtico, in quanto il loro scopo era stato quello di rompere l’alleanza panitalica - ed era stato pienamente raggiunto. Essi si ritirarono infatti ad ovest degli appennini.
Dopo pochi anni i Celti passarono di nuovo all'azione. Nel 284 i Sénoni, nuovamente coalizzati con gli Etruschi, sconfissero i romani ad Arezzo. Qui avvenne il famoso episodio dell'uccisione dell'ambasciatore romano, L. Cecilio Metello: ne derivò una reazione violenta da parte di Roma. Manio Curio Dentato, eletto console per l'ultima volta, dopo aver sconfitto i Senoni sul campo, ordinò la devastazione del loro territorio, la distruzione dei loro centri abitati e il compimento di una strage tra la popolazione adulta (uno dei primi genocidi della storia occidentale).

L'anno dopo, il 283, Dentato ordinò la costruzione delle prime colonie romane sul mare Adriatico: Sena e Castrum Novum (Giulianova, TE), l'una in territorio senonico e l'altra nel piceno. La colonia di Sena (poi rinominata Sena Gallica, l'odierna Senigallia, AN), riveste anche un altro primato: fu la prima colonia che i Romani dedussero nella Gallia Cisalpina. Le prime colonie di diritto romano dovevano apparire come semplici presidi militari, popolati da poche centinaia di cittadini romani immerse nell'ager Gallicus, ossia in territorio celtico. La vera svolta per la conquista romana della Pianura padana avverrà con la fondazione di una colonia ad Ariminum nel 268.
Intanto la disfatta dei Sénoni aveva procurato un grave allarme presso i Boi, popolo loro confinante. I Boi costituivano la più popolosa etnia di tutta la Gallia Cisalpina: forti di ben 112 tribù, non avevano ancora subito alcuna invasione da parte dei romani, ma si resero presto conto che ciò sarebbe prima o poi successo. Per questo, nel tentativo di contrastare Roma, i Boi si unirono agli Etruschi in guerra. Ma andarono subito incontro a due sconfitte, nel 283 e nel 282, e furono quindi costretti a chiedere la pace. Il trattato durò quasi cinquant'anni, fino al 238. In questo periodo i romani continuarono la loro politica di penetrazione nel territorio celtico fondando nuove colonie: Forum Sempronii (Fossombrone), Suasa (oggi scomparsa), Ostra (Ostra), Aesis (Jesi), Fanum Fortunae (Fano), Pisaurum (Pesaro) e Ariminum (Rimini), quella situata più a nord. Secondo l'usanza latina, molte di queste città hanno preso il nome dal fiume presso cui sono sorte: Pisaurum dal fiume Isaurum, Ariminum dal fiume Ariminus (che però ha origine etrusca), Suasa dal fiume Suasano, Aesis dal fiume Esis.

I Boi guidano più grande invasione celtica di tutto il III secolo
La colonia di diritto latino di Ariminum fu dedotta nel 268 sulla punta settentrionale dell'Ager Gallicus, tra le foci dell'Ariminus (Marecchia) e dell'Aprus (Ausa). Oggi si può dire che questo evento rappresenti il primo atto della conquista romana dell’Italia settentrionale. Una ventina di anni prima Manio Curio Dentato aveva fondato, all'estremità inferiore dei territori conquistati dal console, la colonia latina di Hatria. Ora il cerchio si chiudeva: Rimini a nord e Atri a sud salvaguardavano l'ager Romanus dall'ostilità dei Galli e dei Sanniti. In mezzo c'era il territorio dei Piceni, con cui i romani avevano già concluso un patto di federazione. Due anni dopo la fondazione di Ariminum i romani conquistarono Sassina (Sarsina), appartenente alla tribù umbra dei Sapini. Roma ora controllava i due principali passaggi dalla valle del Tevere alla Romagna: la valle del Savio (con Sarsina) e la Valmarecchia (con Rimini). I due centri vennero rivestiti di un'influente funzione strategica: proteggere l'Italia centrale da nuove calate celtiche e fare da cardini della penetrazione romana nella Padania orientale. Ad occidente, nel 238 i romani avviarono una campagna per il possesso dei valichi sulle Alpi Apuane, che servivano all'esercito per arrivare in Liguria.
Roma cominciava quindi ad attuare una politica espansionistica verso l'intera pianura padana, mentre per i Celti la fase espansiva si era ormai conclusa.
Roma, a differenza che con gli altri popoli italici, non cercava un accordo con la classe dirigente celtica, ma puntava decisamente a sottrarle i suoi territori. Nel 236 i Boi, con l'aiuto di rinforzi provenienti d'oltralpe, decisero pertanto di attaccare Rimini. L'assedio della colonia si protrasse a lungo. Poi, sopravvenuti dei contrasti tra Boi e contingenti transalpini, scoppiò una rivolta interna all'esercito gallico e l'assedio si concluse con un nulla di fatto.
Nel 232 (accogliendo la proposta del tribuno Gaio Flaminio) il Senato emanò la lex de agro Gallico et Piceno viritim dividundo ("Legge sul territorio gallico e piceno da dividersi individualmente"), con la quale le terre dei Sénoni, cioè le alte Marche, passavano ad essere Ager publicus populi Romani. La decisione ebbe conseguenze dirette anche sui Boi: con questa legge, infatti, il territorio dei Romani diventava confinante con il loro. Ma la distribuzione viritana delle terre ai coloni, subito avviata, fu interrotta dopo pochi anni a causa della guerra annibalica e riprese solamente con il nuovo secolo. Di questa prima centuriazione è rimasta traccia nell'area riminese-cesenate.
Intanto, nel 230 i Romani avevano vietato ai propri alleati di pagare con monete d’oro gli scambi con i Celti, per impedire loro di acquistare mercenari e di riarmarsi. Apparve però chiaro ai romani che solo una permanente conquista del nord poteva porre riparo alla situazione di crisi ricorrente. La guerra era di nuovo vicina: Roma dovette fronteggiare la più grande invasione gallica di tutto il III secolo, in cui furono impegnate tutte le etnie celtiche superstiti. Ma Roma uscì vittoriosa anche da questo confronto (anno 225). L'anno successivo i romani invasero per la prima volta il territorio dei Boi e nel 223 si spinsero per la prima volta al di là del Po. Gaio Flaminio, in qualità di console, costrinse Boi e Insubri ad accettare sia lo status di ausiliari dei Romani sia l'insediamento nel loro territorio delle colonie di Placentia (Piacenza) e Cremona (vedi), poste a controllo del guado sul fiume Po.

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La fine dell'indipendenza dei Celti