il Rimino - Riministoria

Alighieri dottor Dante:
medico, mago ed alchimista
per l'Ordine dei Medici di Rimini

L'Ordine dei Medici di Rimini sponsorizza l'alchimia massonica.
Ne «Il Bollettino» a. IV, n. 1 («Annuario 2002») dell'Ordine dei Medici di Rimini, appare un breve resoconto di una conferenza di Angelo Chiaretti tenutasi nel febbraio dello scorso anno, ed organizzata dallo stesso Ordine dei Medici, su «Dante medico, mago ed alchimista».
Un dato è certo, si legge: Dante fu studente di Medicina. La certezza è autocertificata all'italiana: non si spiega da dove essa nasca.
Tale certezza, prosegue la nota, permette di fare chiarezza sulla genesi della sua opera. Che cosa significhi ciò, non è dato capirlo.
Poi, più avanti, apprendiamo che Commedia e Convivio contengono espliciti riferimenti all'Ars curandi.
Infine leggiamo questo passo che riportiamo integralmente:

«Gli studi medici ed alchemici fecero attribuire a Dante anche una certa fama di mago, negromante ed alchimista, che lo spinse a comporre il sonetto "Solvete i corpi in aqua" ed il canto XXIX dell'Inferno, tanto che alcuni documenti notarili testimoniano come egli, ad esempio, nel 1319 su richiesta di Matteo e Galeazzo Visconti, signori di Milano, sia stato coinvolto nel tentativo di uccidere con un sortilegio papa Giovanni XXII, che allora risiedeva ad Avignone».

Giovanni XXII fu eletto il 7 agosto 1316. Dante muore nella notte sul 14 settembre 1321. Dunque l'Alighieri avrebbe negli ultimi anni della propria vita, e dopo aver scritto il «Paradiso», tramato per commettere un omicidio. Come notizia 'gialla' non c'è male.

Vediamo i riferimenti agli studi medici ed alchemici.

1. Per non farla lunga, ricordiamo che Dante s'iscrisse all'arte dei medici e degli speziali perché esisteva un continuum didattico ed intellettuale fra Filosofia e Medicina (proseguirà sin tutto il Settecento: Iano Planco, 'protettore' dell'Ordine riminese si laureò in Medicina e Filosofia).

2.Canto XXIX dell'Inferno.
Le malattie di cui parla Dante servono per rendere allegoricamente il senso del contrappasso che punisce i peccatori della decima bolgia (falsatori di metalli).
Qui incontriamo un dannato, tal Griffolino, «per l'alchimia che nel mondo» usò (v. 119). Ovvero secondo quel conferenziere, la fama dantesca di mago, negromante e d'alchimista troverebbe conferma proprio in un passo in cui Dante stesso condanna l'alchimia.
Al v. 113 Dante ha deriso la magia e la negromanzia del personaggio che presenta, sempre il ricordato Griffolino.
Il quale s'era dichiarato capace di volare (v. 113) con Alberto da Siena. Costui gli disse: provaci. Ma Griffolino (saggiamente) rinunciò, non immaginando però il sèguito: prima si beccò l'accusa d'eresia e poi la condanna al rogo.
Come prova provata del Dante mago, negromante ed alchimista, dunque, siamo proprio fuori di ogni logica.

3. Circa il sonetto «Solvete i corpi in aqua», il cd della «Letteratura Einaudi» dedicato a Dante non lo contiene.
Fin qui la Scienza ufficiale. Proviamo allora con Internet. Dove, oltre alla Scienza ufficiale, c'è pure (ed in abbondanza) anche quella non ufficiale, ovvero inventata.
Prima ricerca: su Google (www.google.com).
Unico risultato: «Sonetto Alchemico - Di Frate Elia. Solvete i corpi in acqua e tutti dico. Voi che cercate di far Sole e Luna. Delle due acque ne prenderet'una.
www.montesion.it/_alchimia/elia1.htm.
Proviamo il collegamento: ma siamo rimandati a questo nuovo indirizzo:
http://www.montesion.it/index.htm.
Dove però non otteniamo con il motore di ricerca interno nessun risultato al riguardo con l'interrogazione «Solvete i corpi».
Seconda ricerca: su Vivisimo (http://vivisimo.com).
I risultati sono due:
1. Sonetto Alchemico - Di Frate Elia - Solvete i corpi in acqua e tutti dico. Voi che cercate di far Sole e Luna. Delle due acque ne prenderet'una. URL:
www.montesion.it/_alchimia/elia1.htm. Sources: Google 1, Google 101, Netscape 1.
2. sonetti ... Sonetto di Frate Elia, secondo la versione del Crescimbeni. V. Solvete i corpi in acqua (1) e tutti dico ...
URL:
space.tin.it/lettura/kbtbarto/sonetti.htm. Sources: MSN 1.

Il primo è lo stesso di Google. Il secondo è nuovo.
Apriamolo: ecco il sonetto «Solvete i corpi»di Frate Elia (e non di Dante), che riportiamo integralmente.


Sonetto di Frate Elia, secondo la versione del Crescimbeni

V.
Solvete i corpi in acqua (1) e tutti dico
Voi che cercate di far Sole e Luna
Delle due acque ne prenderet'una
Quel più vi piace e fate quel ch'io dico:
Datela a bere a quel vostro nemico (2)
Senza darli a mangiare di cos'alcuna
Morto lo troverete in veste bruna
Dentro del corpo del Leone antico (3)
Poi gli farete la sua sepoltura
Per intervallo tal, che si disfaccia
La polpa, e l'ossa e ogni sua giuntura (4)
Questo poi tanto fate che si faccia
Della terra acqua senza far dimora.
La pietra havrete e questo non vi spiaccia.
In un fornello si fa tutta l'arte (5)
Con lento fuoco si dissolve e stilla
In cera, putrefà, calcina, fissa,
Quivi s'uccide, e suscita te ipsum
Questa è la vera pietra, questa è essa.


Note.
(1) Sciogliete in Mercurio (quello dei filosofi).
(2) E' il nostro corpo.
(3) Nel nostro corpo.
(4) E' la morte "Iniziatica".
(5) Nell' "Atanòr".



Per completezza d'infomazione, riproduciamo anche gli altri testi citati nella pagina:
http://space.tin.it/lettura/kbtbarto/sonetti.htm

da "Sonetti alchemici di Cecco d'Ascoli e Frate Elia", a cura di Mario Mazzoni, Editrice Atanòr, 1955


Cecco d'Ascoli
Sonetto sulla Pietra Filosofale di Cecco d'Ascoli (1).

Chi solvere non sa, né assottigliare (2)
corpo non tocchi, né argento vivo (3)
per chi non può lo fisso el volativo
tenere chi non sa de duo un fare (4).
Fatelo dunque stretto abbracciare
con acqua viva e sal disolutivo,
tere bene e coque piane sì che sie privo
della terra mama la qual lo fa celare (5)
Allora vedrai fuggire la morte abscura
et ritornar lo Sole lucente e bello
con molti fiori ornato in sua figura (6).
Questa è la pietra, (7) questo è quello
delli filosofi l'antica scrittura
Che sull'incudine batte lo martello (8).

finis.


Note.
(1) Dal codice Magliab. 308.
(2) Cioè a dire che non sa sciogliere dal suo corpo. liberarsi dai e metalli.
(3) Non tocchi il suo corpo, né il Mercurio; cioè a dire, lasci stare l'Alchimia, perché non riuscirà a trasformare mai i metalli soli in « Oro ».
(4) Si tratta di trasformare il Mercurio e lo Zolfo in « uno », trasformarlo in Mercurio Igneo.
(5) Che sia ben cotto, triturato e privo di scorie della terra madre.
(6) Scomparirà il nero (la morte) e splenderà il Sole.
(7) Intendi la « Pietra Filosofale ».
(8) E' il soggetto, l'opera tanto dibattuta e trattata dai Filosofi.


Dal Codice Magliabechiano della R. Biblioteca Nazionale di Firenze segnato II - III - 308 a carte 406:

Tesaurum rerum di Frate Elia (1):

Colui che sa scoprire del sole e raggi
che il ventre della luna tiene ascosi
farà perfetti tutti i suoi viaggi.
Ma se vuoi fama aver fra i più famosi,
cominci a cimentar Saturno, (2) e faccia
che alcuna umidità più in lui si posi (3).
Col Zolfo fisso et minerale t'impacci,
né per nulla sprezzare di cipri il sale
et fa che ognuno de dua spirti [s'abbracci (4).
Del qual la terra assai minuta vale
per che nel fuoco calcina (5) la stella,
se l'arte tua fra noi niente vale.
Un simil peso fai di questa et quella
et poi riduci in corpo come mai, (6)
e vedrai cosa sopra all'altre bella.
Per che questo fia oro se tu farai
nell'acqua forte l'uno dall'altro torre,
et contento da me ti partirai (7).


Note.
(1) Questa poesia non è stata mai pubblicata, nemmeno dallo Zanatti.
(2) Comincia tu, o lettore e studioso, a cimentare (in contesa, in prova rischiosa), a mortificare Saturno che è simbolo del nostro corpo.
(3) Che si liberi dalle « Acque ».
(4) Cioè abbracci il Sole con la Luna.
(5) Si fa riferimento all'operazione Alchimica chiamata « Calcinazione ».
(6) Qui c'è il riferimento alle dosi ermetiche, al dosamento del Mercurio e del Solfo.
(7) Riuscirai a fare l'oro (quello filosofico).


Dal manoscritto Magliabechiano della R. Biblioteca Nazionale di Firenze segnato II - III - 308 a carte 39:

Terzo sonetto di Frate Elia:

Spiritum volatem càpite
et in radium solis traite
ut fixum debite
et fixum fiat volatile.
Et ipsum suaviter coquite
et de parte terram facite
quam in humido ponite
ut humidetur optime.
Cito humidam coniungite
cum hamalgama terite
super durissimum lapide,
tunc in vase proprio ponite
ut calcinetur optime.
Post ipsum suo lacte imbibite,
ut moltiplicetur utime
quando assatum pro tempore
vestitur alba clamide
et multiplicato regimine
reducitur in cinerem
cui sudorem suum redite
donec regali diademate
rex coronetur debite
et disolutum facillime
ingrediantur in corpore.
Et si subtillius vis agere
fac fixum volatile
cum impetuoso flammine
deinde in terram reddite
cum ignis moderamine
e tali servato ordine
protraetur debite
donec flaut levissime.
Et sic lapidem habebitis
ex quo semper gaudebitis.

Amen.


Traduzione
Prendete lo spirito che vola e spingetelo verso il raggio del Sole (1) affinchè debitamente si fermi e si faccia fisso ciò che è volatile. Poi dolcemente cocetelo e in parte terra fatelo e in luogo umido tenetelo perché si inumidisca bene. Subito l'umido con l'amalgama unite sopra durissima pietra e battetelo e poi in un proprio vaso mettetelo perché completamente si calcini (2). Dopo col suo latte imbevetelo perché finalmente si moltiplichi. Quando sarà cotto a suo tempo si veste di bianco manto e col trattamento raddoppiato si riduce in polvere a cui rendete il proprio sudore finché con regale diadema sia incoronato il re (3). E così sciolto in modo facile entri nel corpo.
E se poi più sottilmente volete agire con spirito impetuoso rendete fisso ciò che vola; quindi con moderazione di fuoco in terra riducetelo e tale ordine osservando si continui finché scorra leggermente. Così la pietra avrete per la quale sempre godrete (4).


Note.
(1) E' bene ricordarsi sempre che tale linguaggio, come quello di tutte le poesie, è convenzionale e nel nostro caso il Sole è l'« oro ».
(2) Mettetelo nel « vaso o forno filosofico » cioè nell'Atanòr.
(3) Qui si accenna ai colori dell'Opera: si fa bianco (dal nero) quindi s'incorona il Re con regale diadema, con corona regale, cioè d'« oro ».
(4) Nell'ultima parte de la poesia si parla, evidentemente, delle « Acque forti » sistema energico per far venire in atto la forza profonda del Mercurio Solare.


Dal codice Riccardiano N. 946:

Primo Sonetto

Voi pellegrini che andate in romitaso
cercando la scientia excelente, (1)
la vostra serva va con lui in viaggio
monaco bianco pare a chi non sente;
Ma lo re dell'universo spatio
di sciamito d'oro veste la sua gente, (2)
chollui si contrò e folle e saggio;
colerico bianco fa el suo sergente.
Et è cosi benigno a chi l'uccide
che gli fa lume nella casa oscura
e di tristesa fallo ingiovanire. (3)
Chi fa questo è di grande ardire:
Non altro che colui dal quarto cerchio (4)
posto in lo inferno sotto il so martire.


Note
(1) E' necessaria la solitudine.
(2) Il "Sole".
(3) Si riferisce all'interna illuminazione.
(4) Pluto.


Dal codice Riccardiano N 946

Secondo sonetto

Io son la vera luce a diradare
del sommo archimia ogni rustico e sodo
animo, son colui che senza frodo
dell'arte mostro ciò che si può fare,
Io son colui che chi mi vuole usare
da povertà lo spicho e da suo nodo
co' l'arte, colla regola e col modo,
col suo bel fine, col suo coequare (1).
Corpo disfò e poi rifò un corpo
rimosso da (sua) materia, e dogli forma
sempre sguardando al velenoso scorpo.
Traggo da sua materia e metto in forma
(manca un verso)
coagolando con fuoco e con norma (2).
Giammai non si disforma
dal tuo intelletto, se ben hai inteso
per questi versi quel ch'io ti paleso. (3)


Note
(1) Cocere (filosoficamente, però).
(2) Cioè seguendo la regola dell'Arte e cocendo con Fuoco Filosofico.
(3) Si fissi bene, con precisione, nella tua mente, ciò che ti paleso.


Dal codice Riccardiano N. 946

Terzo sonetto

Geber (1)

Quest'è la pietra magna benedetta
la qual tractò Ermete (2) et Gratiano,
Elit, Rosir, Pandolfo e Ortolano,
Pictagora con tutta la sua secta.
Questa non si concede a gentilesa
nè a bellesa, nè a essere humano,
di questo ogni pensiero torna vano
a chi per sua virtù la gratia aspetta(3).
Di gratia speciale, da Dio recetta
basse vivande, vivere mesano,
sua residensa sta in piccole tetta.
De' tu che miri la figura picta (4)
riman contento, e bastite sapere
quanto el balestro la saecta gitta.
E nello amore di Dio sta felice
e non voler saper quel che non lice! (5)

Note
(1) Forse è stato stampato in un'opera del Geber.
(2) Ermete Trimegisto, Maestro della Scienza Ermetica; seguono gli altri Trattatisti.
(3) Cioè non è manna, non è grazia, ma la « pietra magna benedetta» è dovuta al lavoro alchimico.
(4) Nel manoscritto non c'è nessuna figura picta; forse per una dimenticanza del copista.
(5) Finale molto bello e interessante!


Dal codice Riccardiano N. 946

Quarto sonetto

Questa è la pietra che si va cercando
dagli alchimisti per ogni sentiero
da color che hanno l'animo sincero,
ma non da quei che vanno sofisticando.
A tutti quanti loro vo' dare bando,
però che sono tutti ingannatori,
e non cognoscono e loro errori:
per tutto il mondo vanno trapolando. (1)
Di solfo e di mercurio (ti) farò, quando
io verrò, tutto l'arte a punto;
e co' l'arsenico imbeverando
farò di tutti quanti un congiunto,
putrefaciendo e poi lo calcinando: (2)
E fassi un corpo, et è Elisir perfetto; (3)
dicoti el vero, per Dio benedetto!


Note
(1) Si fa allusione ai falsi alchimisti.
(2) Putrefazione e Calcinazione che si ottiene per mezzo del Fuoco Filosofico; simbolo della Putref. è il Corvo, della Calcinazione la Salamandra, simboli notissimi nel frasario ermetico.
(3) E' 1a "Pietra Filosofale".



Dal codice Riccardiano N. 946

Quinto sonetto

O alchimisti ingrati, incredula gente
più che non fu Thomaso della fede,
andate sofisticando e nessuno crede
la verità mostrata a voi presente.
Al petto vostro recate la mente,
chè, come dice Cristo, più beato
sarà colui che non arà tocato
coi dito la ferita tanto ulenta (1).
Quest'è la pietra ch'è tanto lucente,
la quel trattò la gran Turba magna (2)
e dimostrasi a ciascuno intendente;
la bella Rosa (3) tratta certamente
delle scritture di quella compagna,
la qual parlò sì scuro a ogni gente.
El sole colla luna intendi il mio parlare (4)
E col nostro mercurio seguitare


Note
(1) Attento, lettore a questa quartina che accenna ad un segreto alchimico!
(2) Si riferisce alla «Turba Philosophorum » che è un testo alchimico molto antico.Vedi Il testo preciso nella Rivista «UR » (anno 1928, Roma) - Fascicoli 7, 8, 9, 10, 11, 12.
(3) Si rifersice al trattato alchemico «Rosarium de Lapide Philosophico » di cui ne daremo presto una traduzione.
(4) Finale magnifico, espressivo e chiaro.


Dal codice Riccardiano N. 946

Sesto sonetto

Intendi e nota ben quel ch'io ti dico;
l'anima non entra se non col suo corpo
là donde ell'è cavata, senza corpo;
questa è la verità o caro amico.
Se un altro congiungi al suo nimico,
lavori invano e perdi el tempo tuo,
però che l'altro non è fratello suo
E l'opera tua non varrà un fico.
Ma quando si congiunge col suo antico
e tutti due fanno conjuntione
nel ventre del lione a te saputo,
allora ti puoi tocare sotto al belico
e dire: i' son maestro certamente
e nessun altro non vale un lombrico.
Sarà Elisir perfetto (1) in fede mia,
e potrai combattere la Saracinia. (2)


Note
(1) Cioè avrai formato la "Pietra Filosofale".
(2) Sarai forte e potente.

Dossier sulla massoneria riminese



    Alle altre pagine:
      1. Recensione dantesca, di Pietro Corsi.
      2. Attacco a Pietro Corsi.
      3. Dossier sulla massoneria riminese.


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826/24.08.2003