Peccato, Maestro! Ma come,
Maestro!
Latino, gregoriano, musica sacra oggi
di Guido Milanese
In memoria di Laurence Feininger, a vent'anni dalla morte
1 Quadro primo
La scena si svolge in un auditorium, ove s'è appena terminato un concerto corale di musica sacra. Il programma comprendeva musica polifonica classica, canti gregoriani e alcune composizioni della tradizione italiana otto-novecentesca. Il direttore del coro viene avvicinato da un pensoso signore.
Pensoso signore - (un po' titubante) Mi
permetta, Maestro... posso farLe una domanda?
Maestro - Ma certo, dica pure.
P.S. - Vede, è stato un così bel concerto... un ascolto
così suggestivo...
M. - Grazie! ma che cosa voleva chiedermi? La vedo un po'...
come dire... un po' in imbarazzo...
P.S. - Peccato, Maestro... così bella musica, nata
per la liturgia... pensi che sono state le melodie che hanno
fatto convertire sant'Agostino, e che hanno ancora nel nostro
secolo avvicinato al cattolicesimo tante persone...
M. - È vero, e creda, anch'io quando le dirigo sono
sempre consapevole del grande compito che mi assumo. Non è come
eseguire musica qualunque, anche se di alto livello. Sono vere e
proprie icone della nostra fede, e per secoli sono state parte
integrante dell'azione liturgica.
P.S. - (rattristato) Peccato, Maestro, Le ripeto...
il Vaticano II ha eliminato tutto questo...
M. - Mah, guardi, c'è un articolo sulla Cartellina che
spiega questo problema. Teniamoci in contatto, La informerò. In
sostanza è stato tutto un grosso equivoco... c'è chi dice un
bell'imbroglio.
P.S. - (interessato) Davvero? E perché?
M. - Le manderò una copia della Cartellina. Poi mi
richiami ne parliamo insieme. Forse non tutto è perduto, sa...
un po' di chiarezza alle volte risolve tante cose...
2 Quadro secondo
La scena si svolge in una chiesa, ove si è appena terminata la Messa solenne in canto gregoriano. La gente sfolla lentamente; il maestro del coro sta suonando l'organo mentre i cantori salutano e si preparano ad uscire. Un signore, dall'aria un po' tesa e nervosa, appena terminato l'ultimo accordo del brano organistico si avvicina insistentemente al maestro.
Nervoso signore - Dovrei parlarle,
Maestro.
M. - Volentieri. Scusi solo un attimo, metto a posto i
registri, chiudo la consolle...
N.S. - Perché, vede, io volevo dirle...
M. - Dunque, la musica l'ho presa, le luci le ho spente... un
attimo, eh...
N.S. - (deciso) Ma come, Maestro!
M. - Ma come che cosa, scusi?
N.S. - Ma si rende conto? Una messa in gregoriano?
M. - Certo, la Messa era in latino, con le letture e altre
sezioni tradotte; tutto in canto gregoriano, con qualche pezzo
suonato all'organo. Abbiamo dato il libretto in chiesa, con i
testi, la musica e le traduzioni, ha notato? Ha sentito come la
gente ha cantato bene Kyrie, Sanctus eccetera? Il Proprium
l'ha eseguito il coro, naturalmente, e, come avrà...
N.S. - (interrompendolo) Ma come, Maestro! Tanti
anni dopo il Vaticano II, di nuovo una messa cantata in
gregoriano? Ma non sa che è proibito?
M. - Da chi, scusi?
N.S. - (stupito) Ma da chi, da chi! Dalla Chiesa,
no?
M. - Ah sì? E dov'è scritto, per favore?
N.S. - Ma insomma, lo sanno tutti che è proibito! Il
Gregoriano si può fare solo in concerto, ma senza esagerare...
sennò, sa, i nostalgici ne approfittano! Inoltre, meglio fare
quei concerti in teatro che non in chiesa, sa, altrimenti la
gente...
M. - Come la polifonia classica: proibita anche quella,
vero?
N.S. - Esatto! Proprio così: è in latino, e poi non è
musica adatta al popolo! E lei si ostina...
M. - Mi scusi ancora: da chi sarebbe proibito il
gregoriano?
N.S. - Ma dal Concilio! Non sa che il Concilio ha proibito
latino, gregoriano, polifonia classica, altari tradizionali...
tutto! È tutto cambiato! Ora il popolo par-te-ci-pa, la
musica è diventata popolare! Finalmente tutti capiscono! Mi
sente? Ca-pi-sco-no! Sia i testi, sia la musica sono
comprensibili! La musica di chiesa è diventata musica nor-ma-le!
Come quella di tutti i giorni, la televisione, il cinema...
Non una cosa strana, com'era prima, che si entrava in chiesa e
con quella liturgia e quella musica, accidenti, non ti sembrava
neanche più di essere nella stessa città, nella stessa vita..,
anche oggi qui in questa vostra messa...
M. - E questo è chiesto dal Concilio, Lei dice. Credo che
intenda il Vaticano II, vero?
N.S. - (ormai rabbioso) Certo, quando si dice «il
Concilio» è il Vaticano II, quale altro concilio vuole che sia!
Gli altri concili sono roba da libri di storia! Lo sanno tutti
che il Concilio ha proibito queste cose, e lei invece...
si permette di fare quello che vuole. E poi... sti preti,
complici di un simile abuso... parlerò a chi so io... e vedremo
se...
M. - (cerca nella borsa) Senta, caro signore. Lei,
se è onesto, è semplicemente ignorante, e dovrebbe studiare,
prima di insultare il prossimo e di dire scempiaggini. Intanto,
si legga questo articolo della Cartellina. La aiuterà a
mettere un po' di ordine prima di tutto nelle Sue informazioni,
così sbagliate. Buongiorno, caro signore. E buona lettura!
3 Giustificazione
I due brevi "quadri" non sono forse estranei all'esperienza di tanti maestri di coro: Gregoriano e Polifonia confinati nel concerto, mentre la liturgia diventa un locus horridus dove si consumano le peggiori scorie musicali del nostro tempo. Non è tanto questione di messe rock o simili amenità, che costituiscono fatti quantitativamente marginali, ma dell'insulsa produzione musicale di consumo quotidiano nelle chiese, delle cosiddette "lagne" (come le chiamano molti organisti, che pure si prestano ad accompagnarle), cioè quelle "melodie", di solito zuccherose e sempre prevedibilmente monotone, che vengono inflitte nelle liturgie odierne come condimento "musicale" passe-partout durante qualunque celebrazione dell'anno. La giustificazione che viene data per questa situazione, e il rifiuto di utilizzare il canto gregoriano, la polifonia, la musica di sempre, insomma, della Chiesa, e comunque qualunque musica decens, è fondato su quell'insieme di affermazioni addotte dal Nervoso signore del Quadro secondo: tutti sanno che il Concilio (il Concilio!) ha proibito latino, gregoriano, polifonia... Ma è proprio vero? E se non fosse vero? Se fosse tutta una montatura ideologica incredibile, che ha buggerato ormai due generazioni di musicisti di chiesa?
4 Dati di fatto: i testi del Concilio Vaticano II
Il Nervoso signore del Quadro II, esattamente come il Pensoso signore del Quadro I, dà "per scontato" che il Vaticano II abbia proibito gregoriano, latino, ecc. Ma chi vada a leggere i testi del suddetto Concilio (Costituzione Sacrosanctum Concilium) troverà le seguenti affermazioni (le parti riassunte sono tra parentesi. I testi latini sono addotti nella nota in fondo all'articolo):
La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne.
L'uso della lingua latina (salvo diritti particolari) sia conservato nei riti latini. [L'uso della lingua nazionale si può concedere] specialmente nelle letture e nelle amnmonizioni [...]
[Nel caso in cui si conceda un uso della lingua nazionale nelle parti che spettano al popolo] si abbia cura però che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme anche in lingua latina le parti dell'ordinario della Messa che spettano ad essi. [ossia Kyrie, Gloria ecc.]
La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica.
Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell'ufficio divino la lingua latina. [Il permesso di usare la traduzione in lingua nazionale può essere concesso] in casi singoli, a quei chierici per i quali l'uso della lingua latina costituisce un grave impedimento alla recita dell'ufficio nel modo dovuto.
Qualche anno dopo uscì una Istruzione sulla musica sacra nella liturgia. La Congregazione dei Riti osservava che erano sorte alcune confusioni, e che era quindi necessario apportare chiarimenti: in particolare, la Istruzione Musicam Sacram ribadisce il ruolo eminente del canto gregoriano e della polifonia (n. 4b) e afferma che il canto gregoriano deve esser usato il più possibile (n. 30a). Nei seminari si deve insegnare il gregoriano (n. 52); e si danno precise disposizioni per la costituzione di cori e cappelle musicali almeno nelle cattedrali e nelle chiese principali (n. 19 sgg.). Il latino deve essere mantenuto per la celebrazione dell'Ufficio Divino (ossia Vespri ecc.) da parte del clero (n. 41).
Oh bella!, direbbe il Pensoso signore. La Messa tutta o quasi tutta in latino, il canto gregoriano che ha il "posto principale" nella liturgia, la gente che canta in latino le parti fisse della Messa, l'approvazione esplicita della polifonia, i preti che celebrano l'Ufficio in latino.., questa è la liturgia voluta dal Vaticano II! Nulla a che fare con l'attuale situazione, dunque. E allora? Dov'è l'imbroglio?
Di fronte a queste precise citazioni, i Nervosi signori rispondono di solito con alcune affermazioni tipiche, che discuteremo una per una, allo scopo di confortare i Pensosi signori che rischiano la depressione ecclesiastica, malattia assai grave soprattutto qualora presenti complicanze musicali.
4.1 Prima obiezione: la lettera e lo spirito
Si obietta: i testi del Vaticano II citati dicono questo, è vero: ma il loro spirito è diverso. E, benché dicano apparentemente che si deve conservare il latino, pur concedendo spazio alle lingue nazionali, in realtà "vogliono dire" che occorre abolire il latino e dare tutto lo spazio alle lingue moderne. Si dice che il grande onore che latino, polifonia e gregoriano hanno nei testi conciliari costituirebbe solo un fatto verbale, aggiunto tanto per dare un contentino formale ai "conservatori" presenti al Concilio. Secondo queste tesi lo "spirito del Concilio" direbbe cose diverse da quanto risulta dai testi scritti.
Di fronte ad affermazioni come queste non si proprio che cosa dire. Il testo parla chiaro. Se qualcuno conosce una "interpretazione autentica" del testo conciliare, che vada oltre il testo scritto approvato e pubblicato, deve aver ricevuto una rivelazione privata specialissima, una specie di dono profetico che non è diffuso tra i poveri musicisti di chiesa, gente abituata a ragionare su evidenze scritte, come i neumi e il contrappunto. Ammettere che esista una specie di "versione non scritta" del Vaticano II è del resto cosa molto discutibile: i Concili valgono per la redazione scritta dei documenti che approvano, non per ipotetiche dottrine non scritte, e, fin dall'inizio, la Chiesa si è sempre fidata della Bibbia scritta, non dei doni profetici del primo venuto. L'obiezione è dunque respinta per manifesta infondatezza nonché per sospetto dottrinale grave. E anche - diciamo un po' scherzosamente - per mancanza di educazione: ritenere "puri verbalismi" parti del testo approvato da un Concilio Ecumenico è, per lo meno, una bella mancanza di rispetto; significa evidentemente accusare il Concilio di contenere autentici imbrogli e falsità. Un po' troppo, ci pare.
Il Cardinale Ratzinger, il cosiddetto "numero due" della Chiesa, a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede (Sant'Uffizio), cioè l'organismo che si occupa della dottrina cattolica, ha osservato molte volte come il Concilio non abbia mai richiesto lo stato di cose presente. L'analisi migliore della falsa opposizione "spirito del Concilio" - "lettera del Concilio" si deve appunto al Card. Ratzinger. In un suo studio di alcuni anni fa, dopo aver analizzato un caso esemplare di questi ideologisrni, Ratzinger osservava:
«Ancorché sia fuori dubbio che essi [i sostenitori di queste confusioni] non si possono appoggiare a nessun testo del Vaticano II, in alcuni uffici e organi liturgici si è consilidata l'opinione che lo spirito del Concilio orienta in tale direzione», cioè verso la convinzione dell'esistenza di un presunto "spirito conciliare" che sarebbe diverso dalla "lettera del Concilio". Centro vitale di queste errate convinzioni è l'idea della "creatività" a tutti i costi, cioè della presunta necessità di inventare ogni volta qualcosa. Nota ancora Ratzinger: «Non solo giovani preti, ma talvolta anche vescovi hanno la sensazione di non essere fedeli al Concilio, se pregano tutto così come sta nel Messale. Deve esserci almeno una formula "creativa", per banale che sia»: una posizione che richiama fortemente la mentalità di tipo protestante metodista, all'interno della quale certamente gregoriano e polifonia non possono trovare alcun posto. E la recentissima autobiografia del Card. Ratzinger (1997) presenta osservazioni ancor più dure su tutta la situazione liturgica attuale.
4.2 Seconda obiezione: l'insegnamento della Chiesa
Si dice: è vero, il Vaticano II parla così; però gli ultimi Papi e le autorità del Vaticano sono di altro avviso. Dunque vuol dire che essi ritengono l'insegnamento conciliare una sorta di "via aperta" verso ipotetiche conquiste più avanzate. Questa posizione non si basa su alcun dato di fatto: al contrario. Giovanni XXIII, il Papa buono e sorridente, dettò sul latino ecclesiastico un documento splendido ma dai toni a tratti estremamente duri, la Costituzione Apostolica Veterum Sapientia («La sapienza degli antichi»). In quel testo, il Papa comandava alla Chiesa di conservare e anzi di intensiflcare, l'uso del latino non solo nella liturgia, ma anche nell'insegnamento presso i seminari e le università pontificie, forrnulando prescrizioni molto chiare e a tratti severe. E si noti che la forma scelta dal Papa, la Costituzione Apostolica, è la forma più solenne e giuridicamente impegnativa che possa scegliere un Pontefice (una Enciclica, ad esempio, ha altre funzioni). La Veterum Sapientia non è mai stata abrogata: essa è ancora oggi (almeno teoricamente!) legge della Chiesa.
Durante l'attuale pontificato, per venire a tempi più recenti, non sono mancati interventi in merito alla questione del latino, della liturgia latina, della musica sacra: per esempio la Congregazione per l'Educazione Cattolica, in un documento assai ampio e importante, ha osservato quanto segue:
È più che sufficientemente provato che gli orientamenti conciliari osservati con fedeltà non urtano il popolo cristiano; esso non si ribella che alle innovazioni arbitrarie e agli eccessi. Per esempio, il concilio è ben lontano dall'aver bandito il latino, anzi il contrario: la sua esclusione sistematica è un abuso non meno condannabile della volontà sistematica di alcuni di mantenerlo esclusivamente. La sua scomparsa immediata e totale non può rimanere senza conseguenze pastorali [...]
Va inoltre osservato che una decina di anni fa il congresso della CISM (Consociatio Internationalis Musicae Sacrae) fu dedicato proprio al problema della reintroduzione del Canto Gregoriano nella pratica liturgica, e la Congregazione per il Culto Divino (l'organismo della Santa Sede deputato ad esprimersi ufficialmente su questi problemi) scrisse una lettera di caloroso appoggio all'iniziativa. Purtroppo restarono solo belle parole.
Dunque anche l'obiezione qui discussa è manifestamente infondata, in quanto anch'essa basata su dati di fatto erronei. Il Vaticano ha richiamato, eccome, la positività del latino e del Gregoriano nella Chiesa: e approvato il latino è già vinto il primo e più grave ostacolo anche a trarre quelle conseguenze di carattere musicale chiaramente esplicitate sia dal Card. Ratzinger sia dalla Congregazione per il Culto Divino.
4.3 Terza obiezione: dall'utilità dei fedeli
Si controbatte: e va bene, sia come volete! D'accordo, proibendo il Gregoriano e la Polifonia noi non seguiamo il Concilio; ma si è fatto così per il bene dei fedeli. Non era possibile - checché ne dica il Vaticano II - continuare a dire la messa in latino e a cantare il Gregoriano o Palestrina! Bisognava (Concilio o no) far qualcosa per avvicinare la gente alla liturgia: ché altrimenti essa sarebbe restata una cosa estranea alla vita normale, una evidente alienazione...
A suo modo una bella obiezione, molto caritatevole. Si ammette l'abuso perpetrato, ma si dice che lo si è fatto "a fin di bene". Ma ognuno sa che le statistiche mostrano un continuo calo della frequenza alla Messa; dunque non è stato certo un gran successo. Se si è distrutta la musica sacra per il bene dei fedeli, e questi hanno smesso di andare a Messa, cui prodest? Se io distruggo un patrimonio per un nobile fine, e ciononostante non conseguo tale pur nobile fine, che cosa dovrei concludere, se non che ho cancellato un patrimonio per nulla? I liturgisti che ribattono «se non si fosse fatto così sarebbe ancora peggio» utilizzano un argomento così sfacciatamente privo di validità logica che non varrebbe neppure la pena di discuterne (è il cosiddetto argomento della nonna con le ruote).
Ne' d'altra parte vale l'argomento che il calo di frequenza alla Messa sarebbe causato da un insieme di cause, e che la questione propriamente liturgico-musicale sarebbe solo una componente di questo insieme. Senza dubbio ciò è vero, anzi è ovvio: il tipo di liturgia è sempre legato a doppio filo al tipo di teologia e di antropologia. Ma resta quanto si osservava poc'anzi: si è distrutta la musica sacra per ottenere un risultato, e questo risultato non lo si è ottenuto. Non sarebbe saggio riconoscere l'errore commesso? Non sia mai! il vecchio trionfalismo ecclesiastico, che si sperava vinto, si è incarnato in forme nuove e inaspettate, e risorge arrogante quanto mai.
Sia inoltre consentito osservare che i più recenti dati statistici dagli USA (cioè dalla nazione che, nel bene o nel male, è sempre un po' più avanti nelle tendenze mondiali) mostrano una situazione gravissima: nel corso degli ultimi decenni i cattolici americani hanno semplicemente smesso di andare a Messa, essendo passata la frequenza alla Messa domenicale dal 75% (dato del 1958) al 25% (dato del 1993). Inoltre circa il 3/4 dei cattolici americani ha dichiarato che sarebbe contenta di una reintroduzione almeno parziale della Messa tradizionale in latino (una percentuale elevata, circa il 25%, afferma che se ci fosse questa possibilità la sceglierebbe esclusivamente o frequentemente). E va aggiunto che il numero dei seminaristi negli USA (segno chiaro della vitalità o meno della religione cattolica e in particolare del culto) è passato da 48.992 nel 1965 a 5.083 nel 1995, con un calo dell'80,13%. Ancor più impressionante la situazione in Olanda, la nazione in cui un tempo i cattolici erano orgogliosissimi della loro religione: secondo le statistiche ufficiali della chiesa cattolica olandese si è passati da un 81% di frequenza alla Messa nel 1961 all'attuale (1995) dato dell'11,7% di frequentanti. Il disastro è evidente: chi lo nega o è in malafede o è semplicemente cieco.
Si voleva ottenere l'utilità dei fedeli, ed essi hanno svuotato le chiese, sempre più prive anche di preti. Vogliamo trarne una onesta deduzione? Si è distrutto un patrimonio immenso per ottenere l'esatto opposto di quanto ci si riprometteva (ammessa, anche se solo per ipotesi, l'onestà intellettuale di chi ha operato tutto questo). Inoltre si è sistematicamente disatteso quanto richiesto dal Vaticano II e dai Papi. Dunque si è svolta un'operazione (1) di sistematica disobbedienza al Concilio Vaticano II (2) di carattere distruttivo e (3) dai risultati totalmente negativi. Bel bilancio, complimenti.
4.4 Quarta obiezione: le cose stanno così, basta
Questa è l'obiezione più semplice, ed è irrefutabile perché non si appella ad altro se non al potere dell'arbitrio e dell'autoritarismo. Si dice: «le cose stanno così, e basta!» Di fronte all'autoritarismo - che si appoggia sul conformismo ecclesiastico - non c'è nulla da fare sul piano dialettico. I Nervosi Signori a questo punto di solito diventano paonazzi e cominciano a gridare e a insultare «reazionari!» «conservatori!» «anticonciliari!», tutto fa brodo). Non resta altro che tenersi gli insulti, ricordandoci della parola del Signore Gesù: dobbiamo considerarci beati quando gli uomini ci odiano, ci mettono da parte, ci insultano, e fare invece attenzione a quando i conformisti ci apprezzano e ci portano ad esempio.
Questa obiezione, proprio perché basata sull'autoritarismo e non sulla ragione, non è assolutamente confutabile su base razionale. Ha osservato il Cardinale Biffi:
Chi ha perso l'abitudine e il gusto di ragionare, è pronto per avere un padrone. Chi ha accolto come norma per la persuasione propria e altrui, in luogo del sillogismo, la ripetizione martellata delle sentenze, sta per entrare come attore nel teatro delle marionette. Chi non trova più la forza di sottoporre a critica i giudizi prefabbricati che gli risuonano senza tregua all'orecchio, si merita il burattinaio. [...] Te lo ripeto dieci volte, dunque è vero: pare sia questo uno dei fondamentali principi della logica contemporanea.
4.5 Quinta obiezione: siete lefebvriani!
Si dice: ah, volete il latino! Volete il gregoriano, la polifonia! Dunque siete lefebvriani! Ci si riferisce al noto movimento che rifiuta tutti i cambiamenti riconducibii al Vaticano II (non solo in campo musicale o liturgico). Risposta: e che cosa c'entra il lefebvrismo? Noi chiediamo semplicemente che si applichi alla musica sacra e alla liturgia in genere ciò che domanda il Vaticano II. Mica chiediamo di cancellare il Vaticano II, anzi ne chiediamo proprio l'applicazione: ma del Vaticano II, non di quello che salta in mente al capo dell'ufficio liturgico della diocesi di Vattelapesca. Si tratta dunque di una obiezione ridicola, anche se malevola ed efficace (a causa dell'horror che l'accusa produce) ma del tutto insostenibile. Per mia esperienza, inoltre, so che nulla irrita di più i lefebvriani che una messa "normale" celebrata bene, con buona musica e liturgia curata: essi hanno la prova che si può fare una bella e santa liturgia in assoluta conformità al volere reale della Chiesa (non delle mode conformiste). Altro che lefebvriani: piantiamola con queste sciocchezze.
4.6 Casistica pratica e conclusione
CASO (A) Nel caso il musicista di chiesa abbia a che fare con un clero intelligente, coraggioso, che vuol fare il bene della Chiesa contribuendo a salvarne il patrimonio musicale e liturgico, la lettura dei testi del Concilio Vaticano II e dei Papi servirà di conforto per continuare il proprio bonum opus. Ma è situazione rara.
CASO (B) Clero depresso, che ritiene che non resti altro se non il salto verso il lefebvrismo. Confortamini, et nolite peccare: il Vaticano II chiedeva ciò che ogni musicista ragionevole chiede anche oggi. Dunque per avere buona musica di chiesa basta che si applichino finalmente i testi del Vaticano II.
CASO (C) Clero titubante. Deve scegliere. Vuole stare con il Vaticano II, il Magistero della Chiesa, la Tradizione - o con la pigrizia e la moda? «Certo, Maestro, capisco... ma vede, il Vescovo.., e poi monsignor Tale dell'ufficio liturgico... monsignor Equale della musica sacra... come faccio? che cosa mi diranno? poi lo vengono a sapere... un mandano a chiamare... » Ahi ecco l'obiezione quarta! Si deve scegliere: neppure un vescovo ha il potere di ordinare al clero di andar contro ciò che comanda un Concilio, per non parlare dei burocrati di curia. Il problema è che chi non ha coraggio non se lo può dare: ma il diritto di opporsi ad ordini illegittimi esiste e va utilizzato.
CASO (D) Clero passivamente conformista, oppure conformista con tratti di ostinazione grave (peccato molto brutto, tra l'altro, secondo la dottrina morale) e con aggressività simile a quella del Nervoso signore. Con simili persone non c'è niente da fare, e dopo trent'anni di obbrobri non è più il tempo dei sissignore e dei compromessi umilianti. Anche San Paolo, ad Atene, visto che quella brava gente non voleva capire, decise di cambiare aria. Volete andare dal vescovo, quasi sempre del tutto privo di interesse per i problemi musicali e liturgici, giusto per essere spediti dal monsignore di turno, che vi farà una predicuccia sulla partecipazione, l'adattamento ai tempi e alle culture, la pastorale giovanile, il saper rinunciare alle proprie velleità e sciocchezze varie? Bah, non sprecate tempo. Mandateli al diavolo e indirizzate la vostra capacità musicale altrove: contro la malafede non c'è rimedio se non pragmatico. I morti seppelliscano i loro morti. Trovatevi un altra chiesa del tipo (a), e che gli altri si suonino le loro melenserie; mal che vada, fate concerti di protesta, documentando nel programma di sala gli abusi commessi dal clero in materia di musica sacra. Se poi conoscete qualche giornalista in vena di articoli di colore... a queste cose il clero (soprattutto di piccole diocesi) è assai sensibile. «Oh, i giornali... lo scandalo... Anche su Telenowhere? Su Radionothing? Domani il Tiggittré? Ohmmammammia! Se telefonano da Roma non ci sono... »
Questo articolo si proponeva solo di mostrare in modo stilisticamente "lieve" - ma documenti alla mano - che in campo musicale si sono attribuite al Vaticano II affermazioni che quel venerabile Concilio non si è mai sognato di formulare. E si è trattato di un'operazione condotta molto bene: persone che perseguivano un loro evidente progetto hanno attribuito al Vaticano II tutto ciò che loro garbava, costruendo una sorta di "concilio mitologico", mai esistito. Si è ormai ottenuto in pieno il risultato desiderato. La maggior parte delle chiese celebra una liturgia che non ha nulla a che vedere con la tradizione cattolica, con "musiche" che non hanno alcun contatto con la tradizione del Gregoriano e della Polifonia. classica; e le chiese si sono svuotate.
«Il fumo di Satana è entrato nel tempio», disse Paolo VI, terrorizzato da quanto stava succedendo. E in tutti questi anni quel fumo ha davvero impestato la Chiesa, tacitato la sua musica, soffocato la voce, nobile e potente, del latino della Chiesa, che per tanti secoli aveva ispirato i massimi musicisti della storia. Che gioia, per mediocri maestrucoli che possono dare sfogo ai loro escreti paramusicali glorificati da apposite edizioni «per la liturgia». E che gioia, per i mestieranti della musica sacra a gettone, che sono ben contenti del consolidarsi di un mercato che vive proprio sulla sete di bellezza spirituale espulsa dal tempio e che cerca (invano!) un precario rifugio nell'abbonamento alla stagione concertistica e nel consumo di dischi tutti uguali, fatti in fretta e furia e a getto continuo. Altro che i due soldi, quando ci sono, di una messa cantata: un concerto ne vale almeno dieci, di quelle messe. Nell'attuale situazione hanno grave responsabilità quei musicisti attivi nel campo della musica sacra che non hanno fatto e non fanno nulla per impedire l'espulsione del Gregoriano e della Polifonia dalle chiese: spesso una connivenza interessata, altre volte una impaurita pigrizia. Su tutto questo giudicherà la storia; ma chi è credente attende soprattutto il giudizio del tribunale di Dio.
Possano queste brevi considerazioni convincere almeno qualche persona intellettualmente onesta a ritrovare il coraggio, o almeno il rispetto per se stessi, la propria arte, la propria fede e la propria storia. Si tranquillizzi, Pensoso signore: «la verità vi farà liberi».
5 Breve appendice di fonti e bibliografia minima
Questo articolo, per il suo carattere "informativo" non ha note. Raccolgo qui solo le fonti primarie e qualche minima indicazione di lettura.
5.1 Quadro I
L'idea di un programma di concerto che accolga musica sacra italiana dell'800-900 deriva dalla lettura recente di un bel Kyrie di C. ECCHER, e dalle assai sensate considerazioni in merito di GIOVANNI ACCIAI («La Cartellina» 21, 1997, pp. 92-8). Il riferimento alla conversione di S. Agostino e di altri fino al nostro secolo non è casuale, anche se può apparire generico: mi riferisco a parole di Don Laurence Feininger, il grande musicista e musicologo americano-tedesco-italiano, convertitosi al Cattolicesimo e poi divenuto prete anche per la grande influenza spirituale della musica sacra (cfr. D. CURTI, La formazione di una biblioteca di musica liturgica, in La biblioteca musicale Laurence K.J. Feininger, catalogo a cura di DANILO CURTI e FABRIZIO LEONARDELLI, Trento 1985, p. 38, con riferimento ad una lettera di Feininger). Don Feininger non si piegò alla durissima persecuzione alla quale fu sottoposto dal clero modernista dopo il Vaticano II, e morì isolato e in preda ad una gravissima depressione. Debbo a Bonifacio G. Baroffio l'uso della parola «icona» riferita al Gregoriano; e del Baroffio conviene ricordare la felice sintesi Musicus et cantor. Il canto gregoriano e la tradizione monastica, Seregno, Abbazia S. Benedetto 1996.
5.2 Quadro II
Il tipo di liturgia qui prospettata (e che suscita le ire del Nervoso Signore) corrisponde in modo esatto a quanto in parte richiesto e in parte auspicato dal Concilio Vaticano II.
5.3 Giustificazione
Così descrive l'attuale situazione GIOVANNI ACCIAI nel citato contributo su «La Cartellina» 21, 1997, p. 98: «[...] quella tradizione di cui la Chiesa fu nei secoli Maestra e Guida, e che oggi, invece, è stata rinnegata per lasciare spazio a un'espressione che solo per eufemismo chiameremo musicale, e che è quanto di più squallido e di miserevole si possa trovare a livello estetico prima ancora che artistico»: questa recentissima e lapidaria sintesi rende inutile il ricorso ad altra bibliografia.
5.4 Dati di fatto
I testi conciliari in italiano sono tratti da I documenti del Concilio Vaticano II, Alba 1976: si tratta di citazioni tratte dalla Costituzione Sacrosantum Concilium, nn. 112, 36, 54, 116, 101. Ecco i testi latini principali: [36] «Linguae Latinae usus, salvo particulari iure, in ritibus Latinis servetur»; [101] «Iuxta saecularem traditionem ritus Latini, in Officio Divino lingua Latina clericis adhibenda est». Eccezioni possono esistere «singulis pro casibus»; [116] «Ecclesia cantum Gregorianum agnoscit ut liturgiae Romanae proprium, quia ideo in actionibus liturgicis, ceteris paribus, principem locum obtineat». Per quanto riguarda la musica sacra non gregoriana, viene raccomandata «praesertim polyphonia».
La Musicam sacram, che riprende in sostanza i testi conciliari, risale al 1967, ma già pochissimo tempo dopo il Concilio fu lo stesso papa Paolo VI ad avvertire che la situazione stava sfuggendo ad ogni controllo e che la confusione era ormai gravissima (cfr. già l'allarmata enciclica Mysterium Fidei, che risale addirittura al settembre 1965). Va detto per accidens che la conoscenza del latino da parte dei seminaristi è oggi quasi ovunque o un puro optional o è semplicemente ignorata, contro quanto richiesto dal Vaticano II (decreto Optatam totius, 13), dalla Inter Oecumenici (n. 86), dalla Veterum Sapientia di Giovanni XXIII e dalla Summi Dei Verbum di Paolo VI: il risultato è tragico non solo per la liturgia e la musica sacra, ma anche e forse primariamente per lo studio della teologia e della filosofia. L'uso del latino nella celebrazione dell'Ufficio da parte del clero viene ribadita dalla Inter Oecumenici (n. 85-86): ripetendo la possibilità di eccezioni «singulis pro casibus», si stabilisce che «nullo modo derogari intenditur obligationi qua sacerdos ritus Latini tenetur linguae Latinae discendi». Ma già prestissimo la "lettera" del Concilio venne opposta al suo "spirito", cioè alle interpretazioni arbitrarie, se già nel 1966 (Lettera apostolica Sacrificium Laudis) Paolo VI riaffermava le disposizioni del Concilio per il canto dell'Ufficio Divino: nonostante ciò, tali disposizioni caddero rapidamente in assoluto disprezzo e oblio, come si vede oggi (quasi tutto il clero recita o canta l'Ufficio in traduzione, ignorando bellamente gli ordini conciliari ribaditi da Paolo VI: e chi usa il latino viene ovviamente accusato di essere "anticonciliare").
5.5 Prima obiezione
La confusione tra ciò che vuole il Vaticano II e le sue balorde oltre che illegittime applicazioni apparve subito chiara a Feininger (cfr. La biblioteca musicale Lanrence K.J. Feininger, cit., p. 23). L'umoralità di Paolo VI e i suoi continui cambi di rotta potevano anche dare adito a facili quanto infondate speranze, come risulta ad es. dal resoconto di una udienza papale concessa nel 1965 a Mons. Anglès, il preside dell'istituto Pontificio di Musica Sacra; il povero Anglès scrisse assai fiducioso a Feininger, affermando di essere stato ampiamente rassicurato dal Papa in merito al futuro del latino e della musica sacra, (cfr. La biblioteca musicale Laurence K.J. Feininger, cit., p. 39).
Anche un grande della Chiesa di questo secolo, il Card. Siri, Arcivescovo di Genova, si era illuso in questa materia - caso raro, perché di solito Siri era molto lucido e prevedeva con esattezza gli sviluppi delle situazioni. Scriveva infatti in una lettera pastorale del 1965: «Sentirete declamare in italiano parti della Santa Messa o dei riti connessi che prima intendevate in latino: avvertirete qualche leggera modifica od innovazione che vi sarà a suo tempo spiegata. [...] Le parti fisse della Messa solenne continueranno da noi ad essere cantate in un latino che è ormai familiare a moltissimi di voi. Al di là di queste innovazioni, fatte per la utilità vostra, i sacri ministri continueranno ad usare il latino nella ufficiatura e nei riti sacri. La vecchia meravigliosa lingua non scomparirà affatto e come ha legato duemila anni di cultura e fatta la unità di Europa, continuerà a prestare il suo aiuto alla unità della Chiesa» (GIUSEPPE SIRI, Pastorali quaresimali, Genova 1978, pp. 119-20). Il testo di Siri corrisponde precisamente a quanto richiesto dal Vaticano iI, e a tratti quasi traduce la Sacrosanctum Concilium: il Cardinale evidentemente si fidava dell'altrui buona fede, ma le cose andarono diversamente (Siri si fece poi una robusta fama di essere "anticondiiare , una maligna falsità che lo fece soffrire molto). La citazione del Card. Joseph Ratzinger è tratta da Liturgia e musica sacra, in J. OVERATH [ed.], Christus in ecclesia cantat, Coloniae 1986, pp. 47-8, e p. 50, che riprende in parte quanto osservato in Das Fest des Glaubens, Einsiedeln 1981 (tr. it. La festa della fede, Milano 1981). Tutto l'articolo va meditato attentamente. Occasionale destinatario delle critiche di Ratzinger è Felice Rainoldi un autore attivo nel campo degli scritti liturgico-musicali: lo scritto cui si riferisce Ratzinger è la voce Canto e musica (del Rainoldi e di E. COSTA JR.) in D. SARTORE - A.M. TRIACCA (edd.), Nuovo dizionario di liturgia, Roma 1984, pp. 198-219: ivi si parla esplicitamente di "spirito del Concilio opposto alla sua "lettera". Anche in opere più recenti il Rainoldi segue e sviluppa la medesima e inaccettabile linea ideologica.
5.6 Seconda obiezione
Il testo della Veterum Sapientia è pubblicato in Discorsi messaggi colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, IV Quarto anno del pontificato, Città del Vaticano, Tipografia Poliglotta Vaticana 1963, pp. 965-973. ll passo della Congregazione per l'Educazione Cattolica è citato da Spiritual formation in Seminaries (1980), in Enchiridion Vaticanum 7, Bologna, Edizioni Dehoniane 1982, alle pp. 95-7; il documento è in inglese con traduzione italiana a fronte (nella citazione è stato corretto un errore di stampa). Il documento della Congregatio pro Cultu divino (Prot. 620/85, 31.3.1985) è riprodotto in J. OVERATH [ed.], Christus in ecclesia cantat, cit., pp. 19-20; nei convegno ora citato era presente un'ampia sezione su Il canto gregoriano e la pastorale (pp.115-265), il cui votum finale (pp. 264-5) sulla ripresa dell'uso del gregoriano particolarmente nelle parti fisse della Messa, giusta le disposizioni del Vaticano II, è rimasto, come si può constatare più di dieci anni dopo, assolutamente lettera morta. Qualche altro esempio di testi ufficiali vaticani: la notificazione della Congregatio pro Cultu divino 28.10.1974 comunica che, anche laddove le Conferenze Episcopali ammettano l'uso del vernacolo, la liceità della Messa in latino è fuori discussione: «sive Lingua Latina sive lingua vulgari Missam celebrari licere»; 1' Ordo lectionum Missae del 1981, n. 14, fornisce norme per la proclamazione in latino dei testi, quindi si ammette la possibilità di cantare tuttora anche le letture in lingua latina («Cum contingat eas [= lectiones] lingua latina proferri servetur modus in Ordine cantus missae notatus»). In sostanza: mentre le norme vaticane hanno abbastanza coerentemente rispettato il volere del Concilio, le pratiche "locali" si sono comportate quasi sempre altrimenti, con situazioni assai diversificate ma con prevalenza assoluta di un orientamento "conciliare" a parole e anticonciliare nei fatti.
5.7 Terza obiezione
I dati relativi ai cattolici americani derivano da sondaggi Gallup; in particolare i dati riportavano un 75% di "praticanti" (intesi come persone che dichiarano di avere ascoltato la Messa almeno una volta nell'ultima settimana) nel 1958; 65% nei 1968; nel 1969 63%; nel 1970 60%; nel 1971, 50%; nel 1993, 25%. Dunque un calo, molto deciso fin dagli inizi della "nuova liturgia" giunto ormai oltre ogni livello di guardia (ringrazio Fr. M. Morrison [California] per avermi fornito queste informazioni). Ampia raccolta di dati relativi a sondaggi ecc. in FRANCISCO e DOMINIC RADECKI, What Has Happened to the Catholic Church. I dati olandesi sono tratti da "1-2-1 Kerkelijke Documentatie 23, 9 (Dicembre 1995) e sono forniti dall'ufficio del Card. Simonis. Molti dati interessanti e testimonianze sulle discrepanze tra quanto effettivamente voluto dal Vaticano II e quanto poi di fatto avvenuto sono raccolti da M. DAVIES, Reform or Revolution: A Critique of Pope Paul's New Mass, "The Latin Mass", fascicolo del novembre-dicembre 1992. Occorrerebbe affrontare la questione (liturgicamente importante) della differenza tra Messa di Paolo VI in latino e Messa Latina Tradizionale: ma nel presente articolo l'interesse è di tipo musicale, e prescindo dal problema, il che ovviamente non vuol dire che tale questione non esista (la Messa Tradizionale, impropriamente detta "tridentina", è - per pura e banalizzante indicazione - quella con l'Introibo ad altare Dei all'inizio e il Canone recitato a bassa voce).
5.8 Quarta e quinta obiezione
Qui la bibliografia non è necessaria: si tratta, ahimé, di vita quotidiana. Il riferimento evangelico è al Vangelo di S. Luca, VI 22 e 26. Le citazioni del Card. Giacomo Biffi sono tratte da Contro Maestro Ciliegia. Commento teologico a "Le avventure di Pinocchio", Milano 199311, pp. 73 e 86.
5.9 Conclusione
L'espressione di Paolo VI sul «fumo di Satana» è tratta dall'omelia del 29 giugno 1972. La proposta fondamentale del presente articolo, cioè il ritorno al Vaticano II "vero" abbandonando ideologismi che con il Concilio non hanno nulla a che fare, è anche al centro di un recente intervento di Wolfgang Waldstein, professore all' Università Lateranense e incaricato dall' Arcivescovo di Vienna di presiedere un comitato di studio sul problemi della liturgia: cfr. «30 Giorni», dicembre 1996, pp. 50-2 («I1 Concilio non voleva tutto questo [...] Quella attuata alla fine non era la riforma voluta dai padri conciiari»: p. 52). L'articolo ha avuto ampia eco anche negli USA (sulla insostenibile situazione negli USA si veda comunque lo studio del Davies citato al par. 5.7). Ho cercato di affrontare i problemi specifici del rapporto tra canto gregoriano e liturgia nello studio Problemi attuali della semiologia gregoriana con alcune proposte liturgiche, in corso di pubblicazione sulla rivista "Studi Gregoriani" (Cremona); qualche nota anche in un mio breve intervento su Amadeus, numero speciale sul canto gregoriano, aprile 1996, e in Retorica, sensatezza, discorso: una proposta, «Nuovo Areopago» 14, 1 (1995), 43-56. Osservo infine che il concetto di "tradizione" usato nel testo è naturalmente il concetto cattolico di "tradizione" che non va confuso con quello banale del linguaggio ordinario.