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Corno Stella

Via De Cessole

Il Corno Stella: una splendida pala di roccia immersa in un ambiente incantevole, nel mezzo del parco dell'Argentera, a pochi passi dalla più alta cima delle Alpi Marittime; come osserva qualcuno: un piccolo "Badile"; paragone azzeccato, per l'idea trasmessa dalla montagna, per le qualità dell'ambiente e per l'arrampicata su una roccia molto simile a quella del suo fratello maggiore. La via De Cessole è tra le più semplici della sua imponente parete meridionale; circondata da decine di vie tra il TD e l'ED, con tutte le varianti del caso, permette anche a comuni mortali di raggiungerne la vetta senza farsi mancare il divertimento e il gusto dell'arrampicare in un vero ambiente alpino. La via, dall'andamento poco lineare, ricerca uno a uno i punti deboli della parete e li attraversa senza forzature. Un punto a favore dell'itinerario è la qualità della roccia, sempre ottima, con le rarissime eccezioni che in una via di questo sviluppo non possono mancare. Un punto a sfavore il fatto che l'esposizione della parete e la lunghezza della via non vanno d'accordo, e chi arrampica si deve adattare ad un compromesso: non attaccare troppo tardi e sopportare un po' di fresco nei primi tiri di corda. Degna di merito la recente opera di riattrezzatura della via: doppi spit per la maggior parte delle soste e qualche spit in via (in particolare nei tratti più tecnici) aumentano considerevolmente le possibilità di confidenza con la roccia ed aiutano non poco ad individuare la linea di salita attraverso una parete così articolata.

Difficoltà: D- (tratti di IV e IV+)
Sviluppo: 11 lunghezze, 400 m
Esposizione: SO
Chiodatura: discreta, da integrare
Materiale: 10 rinvii, dadi, friend, 2 corde
Salite: 09.08.06    Mirko, Andrea

AvvicinamentoDa Terme di Valdieri, in valle Gesso, si raggiunge in auto il Gias delle Mosche (1591 m) dove inizia il sentiero per il rifugio Bozano. Si sale inizialmente per il bosco di larici ed abeti, fino al vallone erboso che conduce al Gias della Mesa (2070 m). Da qui il sentiero prosegue per resti di morene e magri pascoli, supera un costone e infine porta per gande rocciose al rifugio Bozano (2453 m, ore 2-2.30), dove solitamente si pernotta.
Dal rifugio si seguono gli ometti e le rare tracce di sentiero che tra un macigno e l'altro portano in direzione del margine destro dell'imponente parete del Corno Stella. Dopo un primo tratto pianeggiante si sale per terreno ghiaioso più ripido lungo un sentiero più evidente, fino a raggiungere la base di un grande zoccolo roccioso abbattuto, perfettamente in verticale sotto alla cima del Corno: un canalino obliquo taglia profondamente l'avancorpo ed un grosso ometto segnala il punto in cui il sentiero deve piegare a sinistra per inoltrarsi fino alla base del canale. Chi è fortunato troverà ad aspettarlo anche una corda fissa, utilissima per la risalita del canale. Si deve salire lungo il canalino (in mancanza della corda fissa mettere in conto qualche passaggio di arrampicata non banale) fino in testa all'avancorpo, quindi si prosegue lungo una rampa di facili roccette fino ad un successivo terrazzo erboso; volendo, dal termine del canale, è possibile traversare verso sinistra per sentiero e risalire più avanti per elementari balze erbose; in ogni caso la progressione è elementare. L'attacco è alla sinistra del terrazzino più alto, in corrispondenza di un evidente canale-diedro obliquo (è ben visibile uno spit, in alto, a destra della fessura che segue il canale).

Diedrino iniziale (L1), dal punto di attacco

L1Al terrazzo di attacco non si trovano ancoraggi fissi: si dovrà ricorrere a mezzi propri, o ad un'assicurazione ventrale. Si inizia seguendo il diedrino che sale obliquo verso sinistra, molto semplice, sul terreno ancora abbattuto della rampa di sinistra (III). La rampa termina ad un terrazzino da cui parte una fessura più verticale, poco obliqua a destra; alla base della fessura si trova un primo chiodo; lo spit già individuato dall'attacco sarà l'ancoraggio successivo. Si segue semplicemente la fessura (IV), sfruttandone la spaccatura stessa e le tacchette della placchetta di destra. Dopo 6/7 metri la fessura piega a sinistra e si apre in un nuovo canale, molto profondo, di placchette compatte (III). Lo si risale per qualche metro, fino ad aggirare sulla sinistra una grande scaglia appoggiata. Appena dopo la scaglia, sulla parete di destra, si trovano i 2 spit di sosta. [35 m]

L2Si prosegue lungo il canale salendone i facili gradoni, sempre mantenendosi sul fondo o in prossimità del margine sinistro. A pochi metri dalla sosta ci si sposta sulla sinistra e si guadagna lo spigolino che delimita il canale. Lo si segue per qualche passo, quindi ci si volge di poco a destra e si sale con linea più verticale, in direzione del margine inferiore sinistro dell'imponente arco di strapiombi caratteristico di questo settore di parete. La salita è semplice (III), lungo una rampa abbattuta di roccette articolate. Si incontra uno spit ad una decina di metri dall'uscita del canale. A 4/5 metri di distanza dall'inizio degli strapiombi invece, alla base di un muretto verticale, si trovano gli spit accoppiati della sosta. [35 m]

Lungo traverso di L3 e L4

L3Dalla sosta si inizia con il superare il breve muretto, unico tratto verticale del tiro; a poca distanza si arriva a moschettonare un primo spit. Da qui si inizia un lunghissimo traverso a destra, quasi orizzontale, che porta sotto agli strapiombi. Il terreno è piuttosto abbattuto e la progressione semplice (III); si sfruttano le numerosissime manigliette e si segue la linea di minore difficoltà, che porta a tenere un andamento ascendente appena pronunciato. Verso la metà del tiro si trova il secondo e ultimo spit. Si arriva velocemente ai due spit di sosta, a una quindicina di metri dal punto più alto degli strapiombi. [30 m]

L4Si prosegue nel traverso fino oltre gli strapiombi, con la stessa direzione del tiro precedente. Si trova uno spit a pochi metri dalla sosta, poi - se se ne sente il bisogno - ci si dovrà adattare a sfruttare qualcuno degli spuntoncini presenti. Solo verso la fine del tiro, una volta superati gli strapiombi e raggiunta una zona di gobbette irregolari, si deve proseguire con diagonale più pronunciata verso l'alto; si deve puntare una pancetta al di sotto dell'evidente vena di quarzo che taglia l'intera parete del Corno. Si sale al terrazzino inclinato al di sopra della pancetta, a contatto con la fascia di quarzo, dove si trova la sosta, attrezzata da un chiodo e uno spit; il punto di sosta è reso riconoscibile dall'evidente roccione strapiombante che la sovrasta, ricoperto da licheni giallastri, appena oltre il quarzo, e che separa due spaccature-camino. [30 m]

Spaccatura "sbagliata", a sinistra dello strapiombino, dalla 4a sosta

L5Dalla sosta si deve piegare a destra per qualche metro di traverso, fino a superare il masso strapiombante e ad entrare nel caminetto alla sua destra; quindi per roccette ben appigliate si risale il caminetto e si torna in diagonale fin sopra allo strapiombo (III); è possibile anche salire direttamente il caminetto di sinistra, in perfetta verticale sopra alla sosta, ma il passaggio è ben più complicato del necessario (IV/IV+). Passato il camino si prosegue per qualche metro di facili roccette abbattute, quindi si segue una vaga fessurina che sale obliqua verso sinistra (III); verso la metà della fessura, tra le placchette sulla sua destra, si trova uno spit, unico ancoraggio fisso del tiro. Si arriva alla base di un evidente canalino che obliqua a destra; lo si segue per roccette spaccate molto facili, fin dove il canale si fa verticale e si trasforma in un breve profondo caminetto. Si risale facilmente il camino (III+) sfruttando i grossi blocchi staccati gradinati del suo profilo destro. Subito dopo il caminetto il terreno si abbatte; ci si trova su un terrazzino sovrastato da una placca inclinata. Alla placca segue un facile diedro obliquo inclinato verso destra. Nei primi metri, tra terrazzino e diedro - che presto si fa cengia - si trovano: un primo esile chiodino arrugginito; una successiva coppia di chiodini, pure arrugginiti; un ultimo chiodo dall'apparenza robusta e certamente meno datato, ma di una mobilità terrificante. Si dovrà scegliere l'ancoraggio da eleggere a sosta; la teoria vuole che la sosta classica sia quella al primo chiodo, sotto alla placchetta, ma il consiglio è quello di rinviare e di sostare sul primo spuntone buono che si incontra. [45 m]

L6Si prosegue lungo il diedro-cengia che sale in diagonale verso destra. La cengia si fa via via meno inclinata e porta fino alla base di un canalone costeggiato sulla destra da una enorme fascia verticale di rocce nere. In pochi metri si arriva all'imbocco del canale; sulla placca di destra si incontra la coppia di spit di sosta. [15 m]

Direzione di ingresso al "mauvais pas" (L7)

L7Si tratta del tiro chiave della via, quello del famoso "mauvais pas", passaggio delicato sulla liscia placchetta caratteristica di questo tiro. Dalla sosta si sale in diagonale verso sinistra, in direzione di un primo spit, ben evidente nel mezzo della placchetta di attacco del canale. Quindi non si risale lungo il canale, ma ci si porta sempre verso sinistra, prima ancora in diagonale poi in traverso più deciso, fino a doppiare lo spigolo di sinistra, sfruttandone le grosse scaglie; attenzione ad un paio di blocchi un po' instabili (IV). Superato lo spigolo si prosegue in verticale lungo la successiva placchetta, liscia e tecnica (IV costante e qualche passo di IV+). Si sale cercando le rare tacchette bombate a disposizione e puntando gli ancoraggi che via via si fanno evidenti; ci si trovano un primo chiodo, un po' sulla sinistra, un secondo chiodo (raddoppiato da un'altro chiodino a pochissima distanza), poi un solidissimo spit; un po' di equilibrio il passaggio tra il secondo chiodo e lo spit; attenzione ad una evidente lametta mobile. A poca distanza dallo spit, sulla destra, nascosto da una grossa scaglia verticale, un altro chiodo; certamente utile in passato, oggi rimane un po' fuori linea, evitabile grazie allo spit. Da qui si prosegue su terreno leggermente più manigliato fino al quinto ancoraggio utile del tiro: un altro buon chiodo. Dopo un ultimo muretto verticale a lamette si guadagna un terrazzino in testa ad un gradino bombato. Due spit fanno da sosta. [20 m]

Spacatura di uscita dalla placca del mauvais pas (L8), dalla sosta

L8Si prosegue sempre in verticale, per completare la placca del mauvais pas. Dopo i primi metri di un muretto a tacchette si attacca una bella fessura, originata da una enorme lama staccata dal profilo irregolare; si sale sfruttando la fessura, i blocchetti della scaglia e alcune comode manigliette rovesce sulla destra. Le difficoltà si mantengono nell'ordine del IV; salgono di poco in corrispondenza di un passaggino un po' strapiombante, prossimo al termine della scaglia. Sulla placchetta di destra si moschettona uno spit, già ben visibile dalla sosta. Passata la fessura si prosegue per alcuni metri sulle facili roccette di una rampa più abbattuta, sempre in linea retta, fino a raggiungere una nuova fascia verticale. Qui è possibile scegliere un paio di soluzioni alternative: è possibile traversare decisamente a sinistra per un lungo tratto (III/III+), sempre in orizzontale, con qualche passo in discesa, sfruttando la cengetta che costeggia in basso l'intera fascia verticale; durante il traverso si incrocia un chiodino; dopo una decina di metri o poco più, oltrepassati i muri verticali, si arriva in prossimità dell'imbocco di un canalino spaccato, una sorta di rampetta un po' erbosa, che risale in diagonale verso destra; se si segue la rampetta per qualche metro si raggiunge uno spit; un metro più a sinistra dello spit un enorme clessidrona ospita un robusto cordino: si tratta del punto di sosta.
La salita alternativa consiste (una volta raggiunta la fascia di rocce verticali) nel superare direttamente il muretto: un buon punto di salita si trova un paio di metri più a sinistra dell'uscita dalla fessurona iniziale; si sale con passaggi un po' faticosi (IV+) tra roccette che in uscita si aggettano in un leggero strapiombo; oltre il muro si arriva ad una placchetta appoggiata sovrastata da una pronunciata fascia strpiombante; se si sale in linea retta fin quasi allo strapiombo si raggiunge un chiodino, quindi si deve piegare totalmente verso sinistra, in orizzontale, per attraversare l'intera placca; il terreno è abbastanza appoggiato, ma la placchetta è piuttosto compatta e non offre altro che le solite tacchette bombate (IV). Si arriva direttamente nel canale-rampa, più o meno all'altazza dello spit di sosta (più facilmente un metro più in alto). [40 m]

L9Si continua seguendo interamente la rampetta del canalino della sosta, per gradini molto facili, sempre in obliquo verso destra. Si ragiunge la base di una fascia nera strapiombante che taglia il canale a una quindicina di metri dalla sosta. In basso, appena oltre lo spigolino del profilo dello strapiombo, si trova un chiodo. E' necessario scavalcare lo strapiombo; è facile superarlo tenendosi un metro più in alto del chiodo ed aggirandolo in leggera diagonale; le scaglie dello spigolo dello strapiombino aiutano nel compito (III+). Si raggiunge una rampa di roccette facili e abbattute, da seguire prima ancora un po' in diagonale a destra, poi più direttamente in verticale. Si deve raggiungere l'ingresso di un ampio canalone che incide profondamente la parete. Non ci si trovano ancoraggi di sosta: si dovrà seguire il canale fino a trovare uno spuntone adatto. [50 m]

Canalone terminale (L10)

L10Ci si avvia verso la conclusione della via e tutte le maggiori difficoltà ormai sono state superate. Da qui si deve proseguire lungo il canalone, dapprima molto aperto e abbattuto, poi via via più chiuso e verticale, lungo placchette e grossi blocchi. La salita è molto facile (II) e volendo ci si può anche adattare ad una progressione in conserva. Più semplice è mantenersi un po' sulla sinistra del fondo. Si segue il canale quasi interamente, fino ad uscirne in alto, sulla sinistra, su una bella spalla erbosa. Anche qui niente ancoraggi: se necessario si sosta sul primo spuntone adatto. [40 m]

L11Si conclude la salita continuando direttamente o in diagonale verso sinistra, attraverso facili placche appoggiate di roccia articolata (III). Si raggiunge in breve il profilo del plateau sommitale. [50 m]
Da qui si sale alla croce per elementari tracce di sentiero e grossi detriti. La vetta è poco più avanti, oltre un'ultima ventina di metri di cresta di saltini e placchette, facili ma aeree.

A titolo informativo, esiste la possibilità di un'uscita in vetta alternativa, utile ad esempio se dovesse capitare di sbagliare strada all'uscita del canale del 10° tiro e se dovesse mancare la voglia di tornare sui propri passi......
Nella parte alta del canale sono molto semplici le roccette di destra e possono portare ad un'uscita alternativa, verso i facili e irregolari pendii erbosi di destra. In questa zona la parete è piuttosto abbattuta e strutturata in grossi facili roccioni; è facile scovare una linea di passaggio alternativa tra queste facili rocce (II/III) e elementari balze erbose. Tra una roccia e l'altra può anche capitare di incrociare qualcuno dei chiodi delle numerose vie che attraversano questo settore. Una linea sicura consiste nel tenere una diagonale verso destra ben marcata, alla ricerca delle minori difficoltà; non si sbaglia se si tiene come riferimento la cima del Corno: è facile puntare a una cinquantina di metri al di sotto di questa, per poi volgersi in verticale verso l'alto, in direzione di un evidente canalino che piega in diagonale a sinistra; si raggiunge il canalino, lo si segue in verticale (III), e infine si aggirano sulla sinistra gli strapiombini di uscita (spit). Si esce sulla cresta sommitale a una trentina di metri dalla croce (in totale un centinaio di metri di arrampicata per lo più elementare).

Linea di discesa delle doppie

DiscesaSi scende inizialmente lungo l'insospettabile plateau di detriti sommitale, per roccioni e facili tracce di sentiero, in direzione dello spigolo inferiore. Nella parte bassa del plateau, dove il terreno inizia a spianare, sulla sinistra, si trova un gruppo di ometti, tra cui uno molto evidente: segnalano il punto in cui ci si deve abbassare verso la parete per iniziare una succesione di doppie. Dall'ometto più grande ci si abassa di qualche passo, quindi si torna verso sinistra (faccia a valle) lungo una comoda cengia, si aggira un masso e in una decina di metri si raggiunge la prima catena di calata. Da qui ha inizio la successione di calate che permette di scendere l'intera parete: è possibile scegliere tra una serie di 3 calate lunghe (50 m) o 6 calate corte (25 m); attenzione perchè in tutti i casi le lunghezze delle corde sono appena sufficienti. Tutti i punti di calata sono attrezzati con catene spittate e i punti di arresto, con l'eccezione di quello mediano (4° calata corta), sono abbastanza comodi. Ci si cala nella prima metà in perfetta verticale, poi con una leggera predilezione per la sinistra (faccia a valle): si deve mirare il punto più alto di un crinale roccioso che si stacca deciso dalla parete. Approdati sulla testa del crinale si possono ritirare le corde. Si procede scendendo per sentiero lungo il crinale stesso, fino all'imbocco di un canalino che scende verso sinistra. E' possibile scendere nel canale semplicemente arrampicando (II), oppure si può attrezzare un'altra doppia corta: una maglia metallica spittata fa da ancoraggio, ma attenzione alla caduta di sassolini durante il recupero. Dopo un altro breve tratto di discesa più facile si arriva ad un ultimo salto verticale, un po' più complicato del primo; anche qui si può scegliere tra l'arrampicare e il calarsi lungo gli ultimi 5 metri che separano dal termine del canalino (anche qui si può attrezzare una doppia su una maglia metallica spittata). Si arriva ad un facile sentierino che attraversa un ampio terrazzo erboso; una trentina di metri più in alto si trova il punto di attacco della De Cessole. Continuando lungo il sentierino si arriva all'imbocco dell'ultimo canale: i più fortunati troveranno ad aspettarli una comoda corda fissa; gli altri si dovranno adattare ad arrampicare in discesa, lungo la stessa linea seguita in salita per raggiungere l'attacco.

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