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E IL DOLORE CON NOI
LIRICHE DI PASQUALE BALESTRIERE Annunciare un libro di poesia, o, più spesso, un primo libro di poesia,
non è certo un fatto infrequente al giorno d’oggi, a tal punto scrivere e pubblicare versi è diventata usanza diffusa, quasi moda: con (relativamente) modica spesa si danno alle stampe raccolte poetiche che sovente non
sono che riecheggiamenti generici di temi e motivi già noti, quando non garbugli incomprensibili di parole, modernamente definiti avanguardistiche sperimentazioni.
Questa raccolta di liriche (E IL DOLORE CON NOI) del Balestriere si stacca, invece, dall’uno e dall’altro modo di far poesia, sia “per la profonda capacità d’avvertire i palpiti
del mondo interiore”, sia, “per la chiarezza del linguaggio”, e perciò sono convinto che, anche se divulgata sommessamente, senza frastuoni presentatori, e per di più in un momento sfavorevole (in questo nostro
frenetico agosto ischitano, che tutto travolge che no sappia di vacanziero, di balneare, di edonistica spensieratezza), non passerà inosservata non solo, ma farà venire il desiderio a molti che a questo primo volumetto
tengano dietro anche degli altri. Pasquale Balestriere è nato nel 1945 a Buonopane (dove vive e lavora Giovanni Di Costanzo, scultore e pittore, cui degnamente si può affiancare), ed anche
se solo adesso si presenta ufficialmente al pubblico, ha alle spalle un profondo travaglio di formazione e di scelta critica, mentre alcune sue composizioni sono già incluse in diverse antologie.
Temi dominanti di quasi tutte le liriche di E il dolore con noi, che si dispongono nella raccolta come tappe successive di una ricognizione esistenziale sono il dolore, la morte.
Inizialmente c’è un’esperienza autobiografica segnata di pena, di sofferenza, di dolore: . . . Altri ha penna leggera e scorrevole che non fa storie per scrivere.
E sono invidioso dei facili canti che non conoscono il pianto, perché troppo spesso nella biblioteca della vita
ho sfogliato i volumi del dolore. Confessione oppure in Eccola nel palmo
eccola nel palmo della mano, la vitache ho vissuto, segnata dalle linee del dolore e della morte,
che ben presto il Balestriere eleva a condizione generale dell’uomo: …Anche tucalpesterai le erbe dei sentieri del dolore
fratello, oh, sì,
fratello! Fratello
accompagnata anche dal motivo della solitudine e della vanità della vita: Ascoltolo scoscio della pioggia e i lunghi singhiozzi del vento. E tutto è vano. Anche noi cellule umane che disperatamente soli nell’universo a poco a poco moriamo. Vanità Ne conseguono una concezione dell’esistenza umana intesa come un continuo rovinare, un continuo scivolare verso il nulla (“rotolar del giorno alla sera”
Lasciatemi cantare), ma anche un continuo ritorno alla vita, alla speranza: Abbandonarsi al sonnoper risorgere più forte
nel sole di domani. Ancora un giorno un pessimismo virile: Al mio ultimo giornonon griderò vuote disperazioni per non
essere nato Dio. Contenta di aver partecipato all’agape della vita, la mia umanità cadrà sulle selci roventi e nella polvere berrò il mio calice godendo di essere stato
uomo. Al mio ultimo giorno non
senza speranza di salvezza e sopravvivenza. Salvezza e sopravvivenza, però, non cristianamente intese e sperate in un paradiso ultraterreno, ma riposte nella certezza di aver vissuto, da uomo vero, tutta la propria
umanità; e, da poeta, orazianamente e foscolianamente, di essere riuscito, con la propria poesia, a trasformare la morte in vita, a vincere la morte: dai gelidi succhi della morte traendobrucianti motivi di vita. ……… Allora incrocerai le braccia sul petto e sazio aspetterai la Morte. E siederai, dio tra gli dei
signore dell’Eternità. Poeta Ancora pena, sofferenza, dolore pervadono le
poesie che hanno per argomento il mondo dei contadini e dei pescatori e alcune che si potrebbero definire di impegno civile (Vento del Sud, Al Sud). Il Balestriere si sente vicino a questa
gente, ne conosce la vita (per averla vissuta egli stesso) di lavoro, di dolore, di rassegnazione: Mi tacerete la vostra vita,
mi tacerete dunque la vostra vita che non vale un soldo, disperati del mare? E credete voi che io non sappia I vostri sogni di sale, le vostre disperazioni salate, i vostri pianti salati? Scrivete
col remo una storia incolore che l’onda veloce cancella. Pescatori ma semplice, naturale, vera, e ne lamenta la contraffazione:
Altra gente sulla tua barca sgombra di reti,occhi ridenti che non scrutano il mare e tuo nipote al timone che sorride della tua fatica. Pescatore d’Ischia la scomparsa irrimediabile: Si sta spogliando il paese
Della vecchia saggezza contadina. Troppo spesso il dolore con tocchi funerei cala dal campanile. In questa notte lunare fredda di ghiaccio un altro vecchio se n’è andato dolcemente
quasi dicesse: Buonanotte. Vado a riposare. Nelle enormi mani l’orma profonda della zappa, la fronte bagnata di gelido sudore. Si sta spogliando Liriche, dunque, queste del Balestriere. E della moderna poesia lirica, quella di Ungaretti, Montale, Quasimodo, Gatto, gli ermetici,
insomma, hanno tutte le qualità: la brevità, segno di immediatezza autobiografica, di folgorazione lirica dei sensi; la semplicità ed essenzialità del lessico, come mezzo per riuscire a rendere con immediatezza e
autenticità i momenti della propria vita interiore; l’assenza di qualsiasi finalità pratica: politica, morale, satirica; l’uso del verso libero, per mezzo del quale l’autore rende il proprio individuale respiro ritmico
sganciandolo da condizionamenti metrici predeterminati; e, con lo stesso fine, il ricorso talvolta all’allitterazione, più speso all’enjambement, che può essere senz’altro considerato una sua caratteristica stilistica.
In Ischia Oggi, anno X, n. 10-11, dicembre 1979-gennaio 1980. |