Nuova pagina 2
Home Su Nuova pagina 3

A  B  C  D  G  I  J  N  Q  R  S  T  U  V  Z Proverbi

IL DIALETTO E LA PRONUNZIA

Nella pronunzia del dialetto morrese esistono, come in francese, delle "e" mute, che si potrebbero eliminare mettendo al loro posto un apostrofo -'-, ma che non è opportuno fare, perché ciò potrebbe dare adito a malintesi. Per esempio: se prendiamo il cognome "Celetti", in morrese si pronunzia "C'lètti", scritto così, però, si potrebbe erroneamente pronunziare "Cletti", io mi sono, perciò, attenuto al modo più frequente di scrittura usato per il dialetto napoletano; vedi anche: "Il vocabolario Napoletano Italiano di Raffaele Andreoli EDIZIONI COOP, Il Libro in Piazza, dicembre 1993", oppure:"Grammatica di un dialetto irpino di Aniello Russo, edito nel 1988 dalla Poligrafica Irpina, Nusco, inserendo cioè una "e" muta e non l'apostrofo in mezzo ai vocaboli, per non mutilarli. La "e" muta comunque c'è, anzi a volte a fine parola c'è qualche "u" muta, che va scritta e non troncata, altrimenti cambia il significato del vocabolo. P. es. "ru casu" e "re case" da qualcuno vengono scritti -re cas'-. Il primo vocabolo però significa "il formaggio", il secondo significa "le case". Quindi nelle parole le "e" senza l'accento non si pronunziano,  Invece le "è" "é" con l'accento che si pronunziano, . Per. esempio la parola "cammenènne"  si pronunzia" camm'nenn'.

La pronuncia del gruppo di lettere "ddr" come in "quiddru", "quéddra", "vaddronu", è la stessa della pronuncia siciliana in "bèdda". Questa sillaba si pronuncia mettendo la punta della lingua tra le gengive e l'inizio del palato e pronunciando un leggera "d", quasi una "z", seguita da una sonora "r"; io le ho scritte con ddr. A volte il lettore troverà per una parola italiana due parole morresi con lo stesso significato. Specialmente nella coniugazione dei verbi ci sono delle desinenze tronche, che spesso vengono adoperate al posto delle desinenze normali lunghe, come "mangià" per "mangiane", "purtanne" al posto di "purtavene"; ecc. Ambedue sono esatte e vengono adoperate nel dialetto morrese.

Spesso nella frase, una parola che segue un'altra si rafforza con due consonanti iniziali, come  "è ddittu" che è uguale a "è dittu".

Di frequente la "v" al principio di parola al singolare cambia al plurale in "b", come in "lu varrilu", plur. "re barréle".

Le parole che al singolare incominciano con "j" spesso al plurale nella frase prendono una "gh", come "la janara" sing. che al plur. fa "re ghianare".

Esiste ancora in morrese un articolo neutro "ru" che si premette in specie ai generi alimentari primari come: ru granu, ru salu, ru casu, r'uogliu, ru pépu ecc. oppure ai verbi sostantivati come: "ru dine", "ru fane", "ru penzane", "ru lèggi", "ru coci", ecc. Tuttavia negli ultimi anni questo articolo sta cedendo il posto al più generico "re" (le), che erroneamente viene adoperato sia al femminile plurale come nella parola "re case" (le case), che nel maschile neutro singolare "re casu" (il formaggio). Io continuo ad usare l'articolo "ru" per il neutro e "re" per il femminile plurale, così come parlavano i nostri nonni.

Nel frattempo credo che bastino queste poche spiegazioni, visto che chi leggerà questo libro o sarà un morrese, al quale non ho bisogno di spiegare il suo dialetto, o un uomo di lettere che comprenderà certamente quello che ho scritto.