Verità:

L’imprevisto è l’unica salvezza

L’altra marcia di due suore verso Baghdad


«Nella casa di Baghdad, che si trova sulle rive del Tigri, le Missionarie della Carità si prendono cura di 24 bambini disabili tra i due e i dodici anni. Sono tutti orfani, alcuni vittime della guerra del 1991. E ora aspettano l’arrivo delle due consorelle da Amman».

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di Anto Akkara,
Avvenire, 3 aprile 2003


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Verità: «L’altra marcia di due suore verso Baghdad», di Anto Akkara, Avvenire, 3 aprile 2003


 
Rassegnina  
  • Massimo Gramellini
    La preghiera del marine
    La Stampa, 2 aprile 2003
    «Tra le truppe americane in Iraq si va diffondendo un libretto di preghiere (…). L’Onnipotente si è invece preso una cotta clamorosa per George Bush e in queste settimane di guerra il suo primo pensiero al mattino non va alle vittime del macello, ma a lui. “O Signore, che il Presidente e i suoi consiglieri siano in buona salute, ben riposati, forti e coraggiosi e facciano la cosa giusta a dispetto delle critiche». 
     
  • Anto Akkara
    L’altra marcia di due suore verso Baghdad
    Avvenire, 3
    aprile 2003
    «Nella casa di Baghdad, che si trova sulle rive del Tigri, le Missionarie della Carità si prendono cura di 24 bambini disabili tra i due e i dodici anni. Sono tutti orfani, alcuni vittime della guerra del 1991. E ora aspettano l’arrivo delle due consorelle da Amman».
     
  • Alessandro Zaccuri
    «L’imprevisto ci salverà»
    Avvenire, 4 aprile 2003
    George Steiner, uno dei più grandi critici letterari viventi: «L’11 settembre, per esempio, è stato un fatto del tutto imprevisto e imprevedibile. Come imprevedibile era la caduta del muro di Berlino. Finora nessun grande artista è mai stato ateo. La bestemmia si trasforma nell’ammissione dell’esistenza dell’Essere che si vuole negare».

 

Commento:
 

 

L'imprevisto è l’unica salvezza. L’imprevisto è un fatto che non dipende da nessun antecedente, che non si potrebbe neanche immaginare a partire dal contesto in cui accade: come un’oasi in un deserto. Come le suore di Madre Teresa, che curano dei bambini handicappati sotto le bombe di Baghdad; come la caduta del muro di Berlino, spicconato dopo che il Papa consacrò la Russia al cuore immacolato di Maria. Della guerra in Iraq continuano a riferirci ciò che è prevedibile: le bombe, i morti, la devastazione generale. La descrizione di questi fatti - soprattutto dalle immagini della televisione - genera una profonda pietà, una profonda impotenza, spesso una disperazione profonda: che non ci sia più niente da fare. La speranza, invece, è il sentimento più umano che ci sia, perché dice dell’istinto dell’uomo alla sopravvivenza, non solo: alla sopravvivenza in una realtà amica, positiva.


A cosa serve pregare la Madonna? Perché è già accaduto che abbia fatto miracoli. A cosa serve che 4 suore rischino la propria vita e quella di coloro che stanno accudendo? Perché il piegarsi su chi ha bisogno commuove il cuore dell’uomo e può anche fermare la spada, per pietà. L’imprevisto, piuttosto che la lucidità dei comandanti della guerra, dovrebbe essere invocato dai soldati nelle loro preghiere. Un miracolo è quello che serve.


Giudicare questa guerra adesso non può più limitarsi a una critica - seppur giusta - sulla sua irragionevolezza, ma deve essere una mossa di pietà e di commozione verso coloro che vi stanno morendo. Come ha detto Monsignor Cordes sabato 29 marzo all’incontro promosso dalla CdO: «Noi stessi abbiamo un ruolo in questo evento. Lasciamoci smuovere dal dolore di quelle facce che la televisione ci porta in casa».


La fine di questo conflitto è prevedibilmente a favore degli anglo-americani; la pietà per la fine dei soldati anglo-americani e degli iracheni è ciò che, imprevedibilmente, può cambiare tutto.
 

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