Il Bene
ed il
male

Angoscia a San Pietro per la sorte dei luoghi Santi

«Sconsacriamo un simbolo della cristianità»

E gli ortodossi: i miliziani hanno fatto della chiesa un bivacco

 
«I monaci vengono chiamati nella Chiesa soltanto quando i guerriglieri hanno bisogno di qualcosa e per fare ciò devono passare nel cortile ed esporsi così ai tiratori scelti israeliani».

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di Giacomo Galeazzi



GLI israeliani sono accusati di aver sparato sulla Natività, i palestinesi ne hanno fatto il loro bivacco. Patti violati da entrambe le parti e nessun rispetto per i Luoghi Santi: è diventato carta straccia l´impegno assunto sia da Israele che dall´Anp alla firma dell´accordo per le relazioni bilaterali con il Vaticano.


Nella città in cui è nato Cristo, il più sacro degli edifici è ormai ridotto a una latrina, è interdetto ai religiosi per pregare e, se avverrà al suo interno un fatto di sangue, dovrà essere riconsacrato. Sarebbe un fatto drammatico, di enorme portata simbolica: la chiesa-sorgente della cristianità sconsacrata dalla guerra. All´ombra del Cupolone il diritto d´asilo viene ormai interpretato esclusivamente come garanzia di uscita incolume e disarmata dall´assedio: i palestinesi lasciano le armi all´interno e gli israeliani rinunciano a compiere l´eccidio. In queste ore una parola semina inquietudine e sconcerto nelle Sacre Stanze: profanazione. I francescani intrappolati nel loro convento, la Natività incendiata, i simboli religiosi distrutti, come gli antichissimi mosaici di Santa Caterina finiti nel mirino degli israeliani, ma anche il più sacro degli edifici violato e trasformato in accampamento dai guerriglieri palestinesi. Oltretevere cresce l´allarme per la situazione tragica e lo «scandaloso trattamento» riservato ai Luoghi Santi, teatro di «azioni e comportamenti aberranti» da parte di entrambi i contendenti. Intanto, aldilà delle posizioni estremistiche espresse nel suo «esilio» romano dall´arcivescovo Hilarion Capucci, secondo il quale sono martiri della libertà persino i kamikaze, aumentano i porporati solidali con i palestinesi.


Ieri nel presentare la raccolta dei documenti ufficiali sulla difesa dell´uomo (con Letta, Amato, Tettamanzi, Gantin e Crepaldi) il ministro del Papa per la Giustizia e la Pace, Van Thuan, ha deplorato il turbine di violenza che allontana ogni riconciliazione e ha indicato come primo punto nei negoziati il rispetto dei diritti del popolo palestinese «da troppo tempo in attesa del riconoscimento delle sue legittime aspirazioni». Una profonda indignazione accomuna la Santa Sede alle altre chiese cristiane presenti nella basilica, unite, oggi come non mai, nel reclamarne l´inviolabilità. «La Natività è stata degradata a bivacco - denuncia il Patriarcato greco ortodosso - duecento uomini armati la occupano in ogni suo angolo: vi dormono, mangiano, fumano, parlano al telefono ed espletano i propri bisogni». L´appello ecumenico a rispettare la sacralità dell´edificio è rivolto sia ai soldati israeliani che stazionano fuori dall´edificio con i tank sia ai miliziani palestinesi che si sono rifugiati sette giorni fa nel convento.


L´ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Josef Neville Lamdan, è stato chiamato, per la seconda volta in pochi giorni, in Segreteria di Stato a fornire spiegazioni. L´incendio e i danni provocati ai mosaici, alle vetrate, agli uffici parrocchiali sono stati condannati subito con fermezza dalla Chiesa e bollati come «risultato di un´intollerabile spirale di violenza». Mentre fuori i blindati e i cecchini d´Israele seminano il terrore e impediscono persino di aprire le finestre delle celle, all´interno, in uno scenario da razzia medievale, i religiosi ortodossi, che sono a stretto contatto con i miliziani, lanciano il loro grido disperato: «Siamo reclusi nel convento e non abbiamo libero accesso alla basilica neppure per pregare alla grotta di Cristo, com´è nostro diritto fare».


La porta di accesso al dormitorio greco ortodosso, infatti, è stata sbarrata con i lucchetti dai palestinesi intenzionati a impedire che i religiosi cristiani ascoltino le loro conversazioni in arabo con i propri capi a Ramallah, Gerico, Hebron e Nablus. Sequestrate con la forza le riserve di cibo e le cucine, i monaci vengono chiamati nella Chiesa soltanto quando i guerriglieri hanno bisogno di qualcosa e per farlo devono passare nel cortile, esponendosi ai tiratori scelti israeliani. Inoltre i greco ortodossi accusano i palestinesi di fare «un gioco molto sporco nei nostri Luoghi Santi: perché con tante moschee che ci sono a Betlemme si sono rifugiati proprio in una chiesa, anzi nella Chiesa cui guarda tutto il mondo cristiano?». A condurre le trattative a nome dei cristiani è di fatto la Santa Sede, in quanto il patriarca greco Irineos I non ha fatto ancora in tempo ad essere ufficialmente riconosciuto da Israele. Il basso profilo che sta tenendo l´uomo di Atene in Terrasanta è dettato dalla delicatezza internazionale della questione. Oltre a denunciare la profanazione compiuta dai guerriglieri, i cristiani orientali sono furiosi pure con gli israeliani.


«Li avevamo avvisati più volte che i palestinesi si sarebbero arroccati nella basilica - spiegano al Patriarcato -. Gli uomini armati sono entrati nel complesso della Natività dal cortile di Santa Caterina, ovvero dalla parte dei francescani. Perché gli israeliani non l´hanno impedito dall´esterno? Perché non ci hanno ascoltati? Perché sono caduti in questa trappola? Comunque vada a finire, i cristiani della Terra Santa rischiano di restare per sempre ostaggio dei musulmani».

di Giacomo Galeazzi
La Stampa, 9 aprile 2002, Esteri Pag. 2

Commento:

 

Galimberti non finisce di sorprenderci. Volendo sperare che la sua posizione sia più unica che rara, non possiamo non reagire.


Il male non è un dono, che sia comune agli uomini non ne fa un conforto.


Il senso del bene è come un sesto senso, cioè un principio di conoscenza e di azione positiva al pari degli altri cinque sensi: il male è una negazione di questo e infatti produce dolore, concreto e fisico, come si vede dagli articoli citati. Solo l’ostinazione nel cinismo può non far sentire questo dolore. Il Papa ci ha detto di pregare per i cuori “ostinati”: che ritornino dei cuori, cioè sensibili al bene, perché più passano i giorni - più si accumulano morti - e più si comprende la necessità di una tale preghiera.


È il bene che avvicina, non il male: riusciamo ad amare gli altri, a guardarli in modo comprensivo e accogliente, se ci sentiamo noi amati ed accolti. Tanto che nelle situazioni più estreme, può accadere l’impensabile: nel bellissimo libro di Antonio Socci, I nuovi perseguitati, è riportata questa frase di un monaco algerino ucciso nel 1996: «E anche tu, amico dell’ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, sì, anche per te voglia io dire questo “GRAZIE”, e questo “AD-DIO” (…) E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso (…)».


Per essere uomini, abbiamo bisogno di un bene capace di sottomettere anche il nostro male.

   
  • Giacomo Galeazzi
    Sconsacriamo un simbolo della cristianità
    La Stampa, 9 aprile 2002
    «I monaci vengono chiamati nella Chiesa soltanto quando i guerriglieri hanno bisogno di qualcosa e per fare ciò devono passare nel cortile ed esporsi così ai tiratori scelti israeliani».

  • Angelo Faletti
    Colombia, strage delle Farc. Un prete ucciso e due rapiti
    Avvenire, 9 aprile 2002
    Solo ad aprile, in Colombia: un attentato causa 14 morti e 70 feriti; un sacerdote viene ucciso mentre distribuisce la comunione nella sua parrocchia; due sacerdoti rapiti.

  • Maurizio Blondet
    Esecuzioni capitali: la Cina ha fatto boom.
    Avvenire, 11 aprile 2002
    Nel 2001 in Cina, le condanne a morte sono state più delle vittime dell’11 settembre.

  • Fiamma Nirenstein
    Jenin fra le pietre della morte
    La Stampa, 17 aprile 2002
    «Quando hanno fatto venire avanti due anziani a mano alzate, dietro di loro c’era un militante nascosto, che si è messo a sparare (…)».
  • Renato Farina
    Uno strano incidente
    Libero, 19 aprile 2002
    Pirellone: bilancio di 3 morti e 60 feriti.
  • Umberto Galimberti
    Il fiore del male
    D - Repubblica, 9 aprile 2002
    Ad una ragazza che dice di essersi sentita libera quando ha deciso di fare tutto quello che l’educazione e la religione le avevano insegnato come male («ho odiato, ho invidiato, ho desiderato la morte degli altri, ho mentito, ho rubato… non ho sofferto quando ho trovato il corpo senza vita di una ragazza che conoscevo bene ma non amavo»), Galimberti risponde: «Non le viene in mente che Adamo ed Eva sono diventati “uomini” solo dopo il peccato, perché prima erano due semplici imbecilli? (…) Solo chi ha incontrato il male, o come lei preferisce dire il peccato e la colpa, ha nei confronti degli altri uno sguardo buono, comprensivo e accogliente. Vogliamo rinunciare a questi valori che, per chi li accoglie, sono i doni del peccato?»

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