BOLLETTINI DI GUERRA- AGOSTO 1917 |
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LA CONQUISTA DELLA BAINSIZZA 19 agosto-1 settembre IL PRESAGIO DELLA CATASTROFE
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LA BATTAGLIA DELLA BAINSIZZA - LE PREMESSE DELLA X
OFFENSIVA PRIMAVERILE Tra il maggio e l' agosto 1917 furono combattute la X e l' XI Battaglia dell' Isonzo, le ultime due sanguinose offensive dirette da Cadorna. La vittoria della Bainsizza doveva costare all' Esercito Italiano di lì a poco la ritirata di Caporetto. All' inizio del 1917, l' esercito italiano si presentava come uno strumento bellico di ragguardevole consistenza, al quale poteva richiedersi un contributo determinante. Dopo quanto avvenuto nel maggio del '16, con gli austriaci padroni dell'altopiano di Asiago, Cadorna teneva d' occhio quello scacchiere e prestava orecchio alle voci che gli giungevano, da molte parti, della possibilità di una ripetizione dell' offensiva. In aprile, le insistenze di Nivelle (comando francese) perché gli italiani attaccassero sull' Isonzo divennero sempre più pressanti e Cadorna abbandonata la fisima dell'attacco dal Trentino, il 19 aprile diramò le direttive per quella che sarebbe stata la X Battaglia dell' Isonzo. Cadorna aveva portato alcuni rimaneggiamenti negli schieramenti lasciando alla II armata (del generale Piacentini, sulle cui qualità manovriere cominciava a nutrire forti dubbi) la parte montana dell' alto Isonzo, costituì la "zona di Gorizia", una vera e propria armata provvisoria, alle sue dirette dipendenze, con tre corpi d' armata, affidandone il comando al generale Capello, da lui definito - in una delle sue lettere familiari - "un lestofante, ma abile ed energico e che sa ispirare fiducia a tutti" e con buona intuizione psicologica aggiungeva che Capello gli sarebbe divenuto "devoto se non per gratitudine, per la speranza di diventare un giorno comandante d'armata" (dopo Caporetto cambierà idea). In maggio, la V armata di Boroevic aveva una consistenza fin allora mai raggiunta: sui 64 km. di fronte dall' alto Isonzo al mare disponeva di 126 battaglioni e 301 batterie oltre a una brigata e una divisione in seconda schiera (a Ternova e Idria), e a 4 divisioni nel triangolo Comen-Sesana-Trieste, con le batterie proiettate in avanti (328.000 soldati più le 5 divisioni in arrivo dalla Galizia dopo il parziale disarmo russo). Il 12 maggio 1917, l'artiglieria italiana aprì il fuoco su tutto il fronte d' attacco dando inizio alla decima Battaglia dell' Isonzo. Il 14, il fuoco divenne tambureggiante e i corpi d' armata della "zona di Gorizia" mossero contro l' allineamento M. Kuk-Vodice-M. Santo, che costituiva l' avanmuraglia dell' altipiano della Bainsizza. Il Kuk fu conquistato, il Vodice passò più volte di mano in mano, la vetta del Monte Santo fu raggiunta, ma subito abbandonata; ne risultò un ritardo ed un indebolimento nell' offensiva della III Armata a Sud, che iniziata il 23, con cinque giorni di ritardo sulla data prevista, si svolse fuori fase rispetto a quella precedente. Fu tentato un aggiramento da nord dell' Hermada controribattuto da un loro attacco (Austriaco) condotto in forze, di sorpresa il 4 giugno. Cadorna interruppe la battaglia il 6 giugno, le perdite erano state gravi: 36.000 morti, 96.000 feriti, 27.000 prigionieri. Sull' alto numero di prigionieri non venne fatta alcuna analisi che avrebbe potuto segnare il campanello d'allarme per la prolungata esposizione della truppe ai posti di combattimento. Gli austriaci denunciarono 7.300 morti, 45.000 feriti, 23.400 prigionieri (non pochi anche per loro). La controffensiva austriaca iniziò il 3 giugno 1917 alle ore 21, con una azione diversiva verso Dosso Fajti che attrasse le riserve italiane; all'alba del 4 giugno, dopo una preparazione di artiglieria di soli 40 minuti, le fanterie austro ungariche, sostenute da sezioni di mitragliatrici mobili, attaccarono con una manovra a tenaglia dall'Hermada verso Flondar ed il Fajti. Le direttrici d'attacco avevano come obiettivo due punti particolarmente pericolosi: la giunzione tra la 16° e la 20° divisione a nord e tra la 20° e 45° a sud. Alle 6,20 due battaglioni del 71° reggimento furono accerchiati e costretti alla resa. Caddero così le quote 135 e 43, altre truppe italiane che si erano nascoste nella galleria ferroviaria presso Flondar, per sfuggire al bombardamento, dovettero arrendersi. Più a nord il 245° reggimento della Brigata Siracusa tenne duro, mentre il 246°, persa la quota 146, veniva sorpassato ed accerchiato. Un'altra colonna nemica operava lungo la strada adriatica da San Giovanni di Duino verso Monfalcone. Alle 8 del mattino i battaglioni dell'85° fanteria che erano in linea allo sbarramento stradale alle foci del Timavo si ritirarono combattendo, dopo aver lasciato morti, feriti e prigionieri lungo il percorso. Il VII° Corpo d'Armata italiano responsabile del settore investito dall'attacco reagì solo il giorno 5, ma gli Imperiali avevano già ripulito il terreno fino al Fajti. La Brigata Arezzo lanciata al contrattacco, arrestò in parte la spinta austriaca, la Brigata Granatieri di Sardegna, insieme a truppe della Bari e Siena, svenandosi in una lotta alla baionetta, tamponarono la falla al centro, sul fianco sinistro operarono la controffensiva le Brigate Murge, Arezzo e Barletta. Il 6 giugno i combattimenti si spensero ovunque: la linea italiana si era ritirata di circa un chilometro di fronte all'Hermada; in 72 ore (3 giorni) il contrattacco di Boroeviç aveva ripreso il paese di Flondar e buona parte delle zone conquistate sul basso Isonzo. Non solo, perché circa 22.000 soldati italiani erano stati messi fuori combattimento, di questi ben 10.000 erano i prigionieri. Il Comandante Supremo Italiano, Luigi Cadorna, sconvolto dall'alto numero di prigionieri, accusò di tradimento e diserzione i reggimenti delle Brigate Verona, Puglia e Ancona che, accerchiati o bloccati nelle gallerie ferroviarie, si erano arresi invece di farsi annientare. In una lettera inviata il 6 giugno al Presidente del Consiglio in carica, On. Boselli, Cadorna accusava: ".. Dalle informazioni che finora ho avuto dal comando della 3a Armata, risulterebbe che la massima parte dei catturati appartiene a tre reggimenti di fanteria, composti in prevalenza di siciliani…". Ancora la Sicilia, che nelle sue idee assieme a Toscana, Emilia, Romagna e Lombardia, erano un unico grande covo di socialisti sobillatori e propagatori di idee contro la guerra. Occorreva dunque che il Governo si facesse carico di "..Stroncare l'opera dei più pericolosi agitatori con misure energiche ed immediate alle sorgenti stesse da cui emana ". La terapia praticata dal Comando Supremo fu di inasprire le fucilazioni sommarie che, fra maggio e settembre del 1917, arrivarono a quasi un centinaio. Mancò quindi del tutto l'esame del perché poche truppe nemiche avessero ottenuto così grandi risultati; nessuna revisione fu fatta sui metodi di attacco delle truppe italiane, sullo schieramento a difesa del terreno conquistato, sullo scarso supporto della nostra artiglieria, che pur contava migliaia di cannoni. Nessuno dei nostri generali intuì che i nemici avevano applicato una nuova tecnica di combattimento. L'Hermada a giugno del 1917 fu una prima piccola Caporetto, purtroppo sottovalutata. Paolo Antolini dal sito certosa cineteca -
Bollettino del
5 giugno- Contro le nostre posizioni del Vodice e ad est di Gorizia,
sulle pendici nord del San Marco, nuovi tentativi d'irruzione, fatti dal
nemico nella notte sul 4 e durante la giornata, vennero respinti;
prendemmo 38 prigionieri, di cui un ufficiale. Sul Carso il nemico, dopo
aver portato alla massima intensità il tiro di artiglieria, con il quale
già da più giorni batteva violentemente le nostre linee avanzate, lanciò
nella notte sul 4 forti masse all'attacco dal Dosso Faiti al Mare. Le
posizioni del Dosso Faiti, per quanto completamente sconvolte, sono
state strenuamente difese dalle fanterie della brigata "Tevere" (215° e
216° reggimenti), che dopo lunga lotta, nonostante violentissimi tiri
d'interdizione, respingevano definitivamente l'avversario che era
riuscito in un primo momento mettere piede in qualche nostro elemento di
trincea. Furono catturati 62 prigionieri.
Da Castagnevizza al ciglione a nord di Iamiano le nostre truppe
resistettero bravamente agli attacchi accaniti, e con contrattacchi e
violenti corpo a corpo riuscirono a tenere saldamente le proprie
posizioni e ad occupare anzi qualche nuovo tratto avanzato nei pressi di
Castagnevizza e di Versic. A Sud di Iamiano, mantenendo salde le
posizioni di ala, dovemmo smobilitare il centro della nostra nuova
linea, ed arretrare per sottrarla agli effetti micidiali del fuoco. Con
frequenti ritorni offensivi riuscimmo dapprima ad arrestare nettamente
la foga avversaria, poi con un energico contrattacco abbiamo ristabilito
quasi completamente la situazione primitiva". Il I° luglio 1917 Capello divenne comandante della II armata che si estendeva dal Vipacco al Rombon sull' alto Isonzo a Plezzo. Il suo dinamismo o forse ancora di più il desiderio di agire con un proprio disegno strategico lo portarono a falsare gli intendimenti del comando supremo. Capello, mosso da enorme fiducia in se stesso apportò sue modifiche alla offensiva (XI) che andava delineandosi al punto di considerare obiettivo principale la testa di ponte austriaca di Tolmino e non la marcia su Ternova, che era invece il compito fissato per la sua armata. All' alba del 19 agosto, i quattro corpi della III Armata attaccarono dal Vipacco al mare, sul Carso, in concomitanza con l' VIII corpo che agiva nella conca di Gorizia e combattendo strenuamente conseguirono notevoli progressi. Specialmente il XXIII Corpo (gen. Armando Diaz) penetrò in profondità verso Selo, nell' intendimento di raggiungere le posizioni di Brestovica e Lokva e poi volgersi a sud e concorrere all' attacco frontale del bastione dell' Hermada, attacco sostenuto dal XIII corpo. Dal 18 agosto ai primi di settembre (quando si cessò di combattere anche sul Monte Santo) gli austriaci avevano sparato 1.500.000 di colpi di piccolo calibro, 250.000 di medio calibro, 22.000 di mortai e non minore era stato il consumo da parte italiana. Le perdite furono gravissime da entrambe le parti ma ancora in modo rilevante da quella italiana: gli austriaci denunciarono 10.000 morti, 45.000 feriti, 58.000 fra dispersi e prigionieri oltre a 150 pezzi d' artiglieria; gli italiani lamentarono 40.000 morti, 108.000 feriti, 18.000 dispersi. Fu qui che gli austriaci decisero di chiedere aiuto ai tedeschi. brani e spunti da http://www.centroricerchearcheo.org/03gm1/battaglie/bainsizza_bat1.htm
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Faldella: “Accadde così che, mentre il generale Cadorna aveva ideato un’azione coordinata fra 2^ e 3^ armata per raggiungere l’obiettivo di Ternova, la battaglia fu combattuta in direzioni divergenti per raggiungere due obiettivi lontani fra loro: Comen e Tolmino. Nemmeno quando l’azione svolta dal XXVII Corpo di Badoglio contro i Lom, per giungere sul fianco e a tergo della testa di ponte di Tolmino, fallì (…) Capello ritornò al concetto originario e si preoccupò di concentrare le forze per sfruttare il successo che il XXIV Corpo (generale Caviglia) stava già ottenendo al centro”. |
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Il bollettino del 26 agosto ha reso onore al 2° e al 4° battaglione del 4° reggimento pontieri del genio e tutte le compagnie dei due battaglioni dovrebbero essere citate per l’ardimento e per la perizia con la quale portarono a termine le loro azioni. A dare un’idea di quello che i pontieri del genio hanno saputo fare giova il rapporto sulla costruzione di uno dei ponti nel tratto Bodrez-Canale da parte della 14a compagnia. “Alle 23.30 della notte del 18 agosto, gli arditi della 5a brigata bersaglieri (reggimenti 4° e 21°) erano traghettati in barca sulla sinistra del fiume per dar modo ai soldati del genio di gettare li ponte. Ma subito uno sfolgorio di razzi bianchi, rossi e verdi partiti dalle trincee austriache dava l’allarme. Due mitragliatrici incrociavano il fuoco sulla lunga fila di portatori del materiale che affluivano alla riva destra. Condurre a fine Il lavoro da questa riva era impossibile. Con felice intuito il comandante la 14a compagnia ordinava che parte dei suoi pontieri passasse il fiume in barca ed iniziasse il ponte anche sulla riva sinistra così da congiungere poi questa sezione con quella costruita sulla destra. Defilati al tiro delle mitragliatrici appostate sul terrazzo suaccennato, In 30 minuti i pontieri finivano la costruzione e il 23° e Il 21° battaglione zappatori del Genio, sfidando Il furore delle mitragliatrici e della fucileria nemica, passavano Immediatamente il fiume. All’alba del 19, orientatosi, il nemico concentrava sul ponte un violento tiro di distruzione che durava per tutta la giornata e per tutta la notte del 20. Parecchie volte Il ponte fu colpito e danneggiato, altrettante volte, noncuranti delle perdite che l’artiglieria austriaca loro cagionava, I pontieri accorrevano Intrepidi a riparare i danni. Fu per loro orgoglio e una grande ricompensa morale, vedere che mai sul loro ponte il transito poté essere interrotto dal fuoco nemico. Battaglioni e battaglioni sfilarono Ininterrottamente su quel ponte preceduti dal 36° battaglione del 12° bersaglieri, che passò rapidissimo e ordinatissimo all’alba sotto raffiche furiose dl mitragliatrici, incitato dai bravi pontieri padani; erano in gran parte dei distretti di Mantova e di Piacenza, i quali gridavano: Viva l’Italia ! Viva il 12° bersaglieri !. Il favorevole svolgimento del passaggio del fiume consentì alla 1° e 5a brigata bersaglieri la celere ardita avanzata sulla linea Fratta Semmer che sorprese il nemico, e la mossa iniziale e fondamentale della manovra con la quale fu conquistata la maggior parte dell’altopiano di Bainsizza”. |
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“All’alba del 19 agosto, su quasi tutto il
fronte del XXIV e del Il Corpo, le fanterie italiane iniziarono Il
passaggio dell’Isonzo e alle 9 cominciarono ovunque a prender piede
stabilmente sulla sponda opposta, impadronendosi delle linee avanzate del
nemico. I progressi maggiori nel primo impeto dell’avanzata furono fatti
dalle truppe del XXIV Corpo d’Armata, al centro dello schieramento, e
specialmente dalla 5a e dalla la brigata bersaglieri che in poco tempo
investirono e travolsero le difese nemiche, de Fratta e del Semmer. Più
dura e più lunga fu la resistenza nemica a Canale, ridotta a fortezza
inespugnabile, che i nostri alla fine riuscirono a espugnare al prezzo di
gravi perdite. …..Il 23 agosto
il XXIV Corpo d’Armata spinse la 53a divisione che formava la sua destra
ad avviluppare da nord il Kobilek per agevolarne la conquista al II Corpo.
E il Kobilk fu preso. Perduti i suoi capisaldi, il nemico incapace di
contenere la nostra irruzione, cominciò la sua ritirata, che i nostri
aviatori segnalarono e le nostre squadriglie da bombardamento resero
penosa e difficile. Il nemico lasciava cannoni, armi d’ogni specie,
munizioni, viveri, magazzini pieni, e in lunghe colonne, portandosi dietro
carri e quadrupedi, scendeva dalla Bainsizza nel Vallone di Chiapovano e
risaliva sull’altipiano di Ternova. “Il 24 agosto, per effetto della manovra che portava le nostre truppe a Slemo e permetteva, loro di affacciarsi dal Ma-Kobil sul Vallone di Chiapovano; cadeva nelle mani nostre il Monte Santo e le truppe dell’8a divisione, comandata dal valoroso generale CASCINO, vi piantavano la bandiera Italiana sull’estrema quota (682). Sulla Sella di Dol si stabiliva il collegamento tra il II e il VI Corpo d’Armata. Verso le nostre retrovie affluivano i prigionieri che in quei giorni di battaglia, sul fronte soltanto della II Armata superavano i 10.000. Parecchie diecine erano i cannoni sottratti al nemico e innumerevoli le mitragliatrici e i fucili”. I progressi maggiori furono fatti al centro. Il Comando supremo che fino allora aveva, specie su questo fronte, circondato di mistero l’azione, nel suo bollettino di guerra del 26 agosto, riassumeva brevemente la battaglia e faceva nomi dl località e dl brigate: “Le valorose truppe - diceva - della II Armata, gettati 14 ponti sotto il fuoco nemico, varcavano l’Isonzo nella notte sul 19 e procedevano all’attacco dell’altopiano della Bainsizza, puntando decisamente sul fronte Jelenik Vhr, aggiravano le tre linee difensive nemiche del Semmer, del Kobilek e di Madoni, poi riunitisi contemporaneamente attaccavano le stesse linee anche di fronte e le rompevano, nonostante l’ostinatissima difesa del nemico; conseguenza dell’ardita manovra la caduta dl Monte Santo. “Le truppe dell’Armata continuano ad avanzare verso il margine orientale dell’altopiano della Bainsizza, incalzando il nemico che oppone vivacissima resistenza con forti nuclei di mitragliatrici e di artiglierie leggere. Nel combattimenti dal 19 al 23 si sono fra tutti distinti per valore ed ardire: le brigate Livorno (reggimenti 33° e 34°), Udine (95° e 96°), Firenze (127° e 128°), Tortona (257° e 258°), Elba (261° e 262°), il 279° fanteria (brigata Vicenza), la la e la 5a brigata bersaglieri (reggimenti 6° e 12°, 4° e 21°), Il 9° e il 13° raggruppamento bombardieri, il 2° e il 4° battaglione pontieri del genio. Galleria di immagini dal fronte di Ottone Costantini: Sue 2 immagini di questa pagina http://www.quaderni.net/WebOttoneAlbum/01 AlbumIndex.htm#_indiceimmagini |