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Valore
psicologico e valore educativo del gruppo
Un
ulteriore elemento che caratterizza il periodo adolescenziale è l’importanza
del gruppo dei pari. Il gruppo a questa età non è un optional ma è
obbligatorio. È parte integrante dei dinamismi di crescita e di sviluppo
dell’essere umano. Ed è per questo che aggregazioni più o meno profonde, più
o meno costruttive, sono comunque praticate dagli adolescenti. Quei
passaggi verso l’autonomia e la responsabilità personali, di cui abbiamo
parlato, implicano, per così dire, un provvisorio, naturale abbandono dei
riferimenti relazionali vissuti fino a quel momento. Le immagini e i valori
familiari vengono messi alla prova e confrontati con altri mondi e con altri
valori in un ambiente di coetanei. Vengono a mancare le protezioni e i controlli
consueti, vengono rilevati gusti e abitudini diversi, si sperimentano nuove
dimensioni della libertà e della trasgressione, scattano processi di
identificazione nuovi. Il gruppo diventa un riferimento in più, e molto
seducente, per quanto riguarda i comportamenti, gli interessi, i valori. Il
gruppo è allora una grande opportunità di crescita ma può diventare un altro
comodo luogo di dipendenza (un sostituto, per così dire, della dipendenza
familiare). Vivendo una certa sicurezza di rapporti, il calore della simpatia,
il fascino della condivisione, la sensazione di appartenere, i ragazzi possono
essere indotti a rilevanti fenomeni di conformismo (mode, linguaggio, gusti
musicali, ecc.) e ad aderire a stereotipie di pensiero (qualche slogan condiviso
e ripetuto può diventare la guida del proprio modo di ragionare e delle proprie
scelte morali) che risparmiano la fatica di pensare e di decidere in proprio. Non
è raro che a portare un ragazzo alla pratica sportiva, o alla scelta di un
determinato sport piuttosto che un altro, sia proprio la presenza di amici o il
desiderio di frequentare un certo gruppo o l’adeguamento a una moda indotta
dal gruppo dei pari. L’associazionismo è una risposta a queste problematiche. L’aggregazione
diventa gruppo
Uno
dei problemi di un animatore è proprio quello di trasformare un aggregato di
persone, di varia provenienza e di varia mentalità, in un gruppo che persegue
obiettivi comuni. Questo sembrerebbe ovvio per uno sport di squadra ma il clima
e il respiro del gruppo sono fondamentali anche quando si propongano sport
individuali o in qualunque situazione associativa. È
esperienza comune che una squadra non è la somma casuale degli individui che la
compongono. Una squadra è il risultato di una complessa dinamica di rapporti in
cui le doti fisiche e temperamentali dei giocatori diventano una unità
sinergica. È ancora esperienza comune che una squadra, anche ad alto livello
professionistico, può rendere molto meno del suo potenziale teorico quando
l’integrazione e l’intesa psicologica fra i giocatori è problematica. Il
gioco di squadra presuppone una distinzione e una complementarietà di ruoli
nella esecuzione di strategie comuni. Ma l’interpretazione dei ruoli e la
messa in atto di strategie richiedono apprendimenti graduali e molti tentativi.
Il gioco di squadra per bambini molto piccoli, poniamo di 6/7 anni, è un
problema particolarmente difficile poiché non è alla loro portata psicologica.
In una partita di calcio, per esempio, i bambini di questa età tendono a
rincorrere tutti la palla, poiché ognuno vorrebbe realizzare il goal. Non
riescono ancora a vedere la strategia di gioco come collaborazione di compiti
diversi. Fra i
14 e i 18 anni è già intervenuta una maturazione (ma dobbiamo tener presente
che fra quattordicenni e diciottenni c’è parecchia differenza). Non è raro
comunque trovare adolescenti che si intestardiscono - a volte anche per
influenze esterne - a praticare sport non adatti alle loro caratteristiche o a
ritenere confacenti a sé ruoli fissi non sempre corrispondenti a reali capacità.
Anche il ruolo di squadra è un problema di apprendimento. E può emergere solo
dopo che si sia sollecitata la disponibilità a provarne diversi. E proprio
ancora la strategia della squadra può implicare una flessibilità di ruoli che
deve essere preparata e costruita nei soggetti promuovendone in tutti la
consapevolezza. Il problema del ruolo tecnico da rivestire spesso nasconde per
il soggetto, problemi di ruoli relazionali (e cioè la paura, ad esempio, che un
certo ruolo non lo ponga in quella posizione di centralità o di attenzione che
desidererebbe, oppure la paura che un certo ruolo tecnico non valorizzi a
sufficienza le sue qualità). Quello che in gergo si chiama oramai
"spogliatoio" è in realtà uno dei momenti in cui si può educare al
gruppo, alle sue dinamiche, alle sue evoluzioni. Gruppo
e dinamiche di relazione
Un
elemento determinante della dinamica di gruppo è, ancora, il problema della
leadership. Ogni ragazzo anche nel gruppo cerca una valorizzazione di sé. I
meccanismi adottati per contare, per essere qualcuno, per attirare
l’attenzione, all’interno del gruppo, sono molteplici. E sono tutti,
comunque, strategie di adattamento per non essere dei drop-out, dei tagliati
fuori. Nessuno frequenta a lungo un gruppo in cui verifichi sempre marginalità
o scarsa considerazione, in cui, insomma non si senta qualcuno. (Si rifletta a
questo proposito sulle "panchine".) In un gruppo c’è sempre chi
trova una sua valorizzazione perché ha doti, capacità riconosciute, simpatia,
e c’è chi la trova interpretando il ruolo del clown e chi, ancora,
eventualmente contando sul suo coraggio trasgressivo o sulla disponibilità di
denaro. In ogni caso anche nelle squadre c’è sempre qualcuno che costituisce
un riferimento centrale per tutti, che ha più ascendente sul campo ma spesso
anche per quanto riguarda le opinioni e le decisioni. È quello che interpreta
il ruolo del leader. Molti gruppi si trovano in difficoltà perché esistono
conflitti più o meno scoperti fra due o più persone che tendono alla
leadership del gruppo. Anche una squadra ha spesso questi problemi. I
compiti dell’educatore nel gruppo
Compito
dell’educatore è, intanto, rendersi conto dell’esistenza di queste
dinamiche e di inserirsi come membro equilibratore in esse. L’educatore, per
certi versi, appartiene al gruppo e, per certi altri, ne è fuori. Ha un ruolo
dato, non deciso dal gruppo, che lo rende esterno, ma si inserisce anche nelle
dinamiche interne modificando, correggendo, equilibrando posizioni ed andamenti
di esse. Un
educatore perciò dovrà sforzarsi: - di
distribuire a tutti attenzione e riconoscimento; - di
valorizzare le persone per le loro doti, cercando di impedire che
l’adattamento nel gruppo avvenga per riduttivi e difensivi meccanismi; - di
comporre i conflitti anche facendoli emergere e interpretandoli (la presa di
coscienza delle reali ragioni dei conflitti, spesso relazionali, rappresenta già
di per sé un allentamento delle tensioni); |
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