Storia

IL CSI NELLA REALTÀ SPORTIVA

La prima nascita: 1906 - La seconda nascita: 1944 - Principali tappe culturali - Il CSI nell'ambito internazionale 

Il Centro Sportivo Italiano si è sempre collocato nella realtà sportiva con una precisa convinzione e intenzione. Non si è mai accontentato di una presenza casuale né ha mai subito passivamente la cultura dominante nello sport. Ha fatto sempre una propria lettura del fenomeno sportivo, in cui si è sempre mosso in base a proprie idee, proposte ed esperienze. Ecco in brevissima sintesi un’esposizione dei principali atteggiamenti ideali e socio-culturali del CSI, tenendo conto dei suoi due periodi di vita: il primo dal 1906 al 1927, con la denominazione di Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane (F.A.S.C.I.), il secondo dal 1944 ad oggi come Centro Sportivo Italiano (C.S.I.). Nel 1927 la FASCI dovette sospendere le sue attività per imposizione del regime fascista.

 

La prima nascita: 1906

La FASCI, antesignana del CSI, fu costituita nel 1906 dalla Gioventù Cattolica come reazione all’organizzazione sportiva dell’epoca, imperniata attorno alla Federazione Ginnastica (il CONI non era stato costituito), che monopolizzava l’organizzazione e la cultura sportiva nazionale improntandole a laicismo e anticlericalismo.

In sostanza, la costituzione della FASCI volle rivendicare uno spazio di libertà anche nell’esperienza sportiva, affermando il diritto dei cittadini di assegnare alla pratica sportiva significati e valori di proprio gradimento.

 

Un’associazione cattolica per cattolici

L’intento della FASCI era di garantire una condotta sportiva conforme alla morale cattolica. La FASCI, infatti, era un’associazione dichiaratamente cattolica e come tale non si rivolgeva a tutti, ma per l’appunto ai cattolici, come appariva chiaro dalla sua stessa denominazione.

Si può dire che la FASCI fosse un’organizzazione sportiva "per cristiani" o "di cristiani", che però non per questo propugnava uno sport "cristiano", bensì una pratica sportiva che fosse rispettosa della morale cristiana, anche se la tentazione di affermare un certo qual cristianesimo dello sport era forte e, in certe occasioni, la FASCI probabilmente vi cedette.

 

Prime intuizioni educative

L’azione educativa della FASCI era essenzialmente a carattere morale, ma non mancarono, nel corso dei primi venti anni di vita della Federazione, delle intuizioni culturali, sociali ed educative molto simili a quelle che hanno caratterizzato in questi ultimi decenni l’impegno educativo del CSI:

- lo sport per la crescita armonica ed equilibrata della persona;

- lo sport come gioco;

- lo sport per tutti...

Ma restarono intuizioni, che non si tradussero in politica associativa concreta, se non in via occasionale.

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La seconda nascita: 1944

Nel 1944 la FASCI rinasce, sempre ad opera della Gioventù Italiana di Azione Cattolica ma cambiando nome e precisando le sue finalità in senso culturale, sociale, morale ed educativo.

C’era in quegli anni il desiderio di guardare avanti, di costruire l’Italia del dopo-fascismo e l’Azione Cattolica promuoveva tutta una serie di "opere", progettando che si dovesse, terminata la guerra, realizzare una nuova presenza dei cattolici nel sociale.

 

Associazione di ispirazione cristiana aperta a tutti

Il cambiamento di denominazione da FASCI a Centro Sportivo Italiano (CSI) vuol significare l’intenzione di indirizzare l’azione a tutti, non più soltanto ai cattolici.

Già in questa scelta sono impliciti un’intenzione sociale (la diffusione dello sport tra tutti i cittadini) e un impegno educativo in termini più specificamente culturali, la volontà cioè di formare personalità alla luce della fede e dell’antropologia cristiana.

In questa maniera il CSI si configura come un’Associazione che opera nel "temporale", un’Associazione di frontiera rispetto alla comunità ecclesiale, che dunque per prima cosa si propone l’"umanizzazione" dei soggetti prima della loro cristianizzazione o prima ancora, come avveniva con la FASCI, della salvaguardia dei principi cristiani nella pratica sportiva. ("Prima" e "poi" hanno un valore più logico e metodologico che temporale). Lo stesso pontefice Pio XII suggeriva in quegli anni l’impegno teso a far "passare dal selvatico all’umano e dall’umano al cristiano".

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Principali tappe culturali

Anche se le finalità associative e le intenzioni educative erano all’incirca le stesse di oggi, il CSI all’indomani della seconda guerra mondiale non era certamente lo stesso di oggi. Era diverso il modo di perseguire praticamente gli stessi scopi perché legato alla cultura del tempo ed anche perché il bagaglio culturale ed educativo dell’Associazione si è andato formando un po’ per volta, attraverso le varie esperienze compiute.

 

Dal 1944 al 1955

Nella seconda metà degli anni Quaranta era tutto un fervore di opere: l’Azione Cattolica faceva decollare un’editrice come l’AVE, organizzava gli studenti medi in Gioventù Studentesca (GS), serviva la formazione professionale con il CNIOP, progettava un turismo giovanile con il CTG... Tutto con l’entusiasmo (a volte un po’ acritico) dell’urgenza della ricostruzione. Si pensava di potersi quasi sostituire alla società, di dover occupare spazi, di non dover andare tanto per il sottile nel fare concorrenza alle iniziative pubbliche e sociali.

Nel primo decennio il CSI si muove nelle più svariate direzioni, tenta ogni strada sportiva per realizzare un’esperienza sportiva significativa e per fare educazione attraverso lo sport. Svolge campionati e attività a carattere promozionale (allora si usava il termine "propagandistico"; del resto anche il CSI e gli altri Enti di promozione si chiamavano Enti di propaganda sportiva), si rivolge in prevalenza ai giovani, ma anche ai ragazzi attraverso leve sportive e manifestazioni ad hoc (Olimpiadi Vitt, Campanili Alpini), costruisce e cura perfino campioni e ospita esperienze professionistiche.

Per comprendere questa azione a vasto raggio, bisogna evidentemente tener conto che la neonata (meglio, rinata) Associazione ha bisogno di farsi conoscere e di affermarsi, ma soprattutto c’è la convinzione sincera che il tipo di sport praticato non sia determinante ai fini educativi e che conti, invece, l’intenzione con cui l’attività, praticamente qualsiasi tipo di attività, viene organizzata e praticata.

Andando avanti, però, ci si accorge, si prende coscienza che l’attività e i modi di praticarla sono tutt’altro che indifferenti: certi tipi di sport, infatti, e certi modi di praticarlo non favoriscono, come minimo, la maturazione umana dei praticanti: molto spesso, anzi, costituiscono in tale direzione un ostacolo insormontabile.

Ci si accorge, anche, che tra lo "sport agonistico" (praticato per vincere, per lo spettacolo, per la professione, per il prestigio...) e lo "sport sociale" (praticato per il divertimento, per la salute, per stare in compagnia...) c’è una grande differenza, o addirittura un vero e proprio contrasto quanto a valori manifestati e promossi.

Insieme a ciò si prende coscienza che l’educazione non può essere fatta solo di parole (di interpretazioni verbali, di esortazioni morali, o peggio moralistiche), ma che ci vogliono anche esperienze coerenti da compiere e da interiorizzare, un ambiente consono alla loro realizzazione nonché educatori competenti.

 

Dal 1956 al 1968

A tale presa di coscienza ha fatto riscontro un’attenta osservazione critica delle attività, del modo di praticarle, del modo di stare assieme nello sport e dei valori o disvalori in esso presenti.

Parallelamente all’analisi si sviluppava la ricerca dello "sport educativo", cioè degli "ingredienti" giusti e ottimali per rendere la pratica sportiva un’esperienza educante.

Si cerca, in altri termini, una "definizione" di sport congrua con le finalità dichiaratamente educative dell’Associazione. In passato la definizione di sport si dava per scontata, accettando quella tradizionale o quella imposta dalla cultura dominante.

Ora, invece, per scontato si comincia a non accettare più niente: nello sport si vuole vedere chiaro, scegliere ciò che si ritiene consono ai convincimenti e agli scopi associativi, anzi si vuole espressamente dar vita a un tipo di pratica sportiva con i requisiti desiderati.

Nel periodo considerato il CSI compie diversi passi in tale direzione, attrezzando il proprio bagaglio critico ed esperienziale ai profondi mutamenti che poi verranno realizzati nel periodo successivo.

È un periodo segnato profondamente, almeno per tante aggregazioni di matrice cristiana, dal papato di Giovanni XXIII e dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

È un po’ per il CSI il tempo della maturità, che si traduce anche nell’autonomia istituzionale dall’Azione Cattolica (autonomia realizzata serenamente e di comune accordo: fino ad allora metà dei Consiglieri nazionali e provinciali era di nomina dell’ACI). Sotto la spinta della consapevolezza del valore e della legittima autonomia delle realtà temporali, lo sport viene annoverato nella Gaudium et Spes tra le attività culturali e si inizia a riflettere con maggiore assiduità sul rapporto tra pastorale e sport.

 

Dal 1969 al 1974

In questo periodo il CSI imprime una svolta radicale al suo modo di essere associazione, di fare sport e anche di far politica dello sport. Ciò anche in relazione e in concomitanza con i desideri, i progetti e le utopie di cambiamento che investono l’intera società e specialmente il mondo giovanile.

L’Associazione mette a frutto i suoi trent’anni di variegata esperienza, di studio, di riflessione e fa anche tesoro degli stimoli e orientamenti innovativi che provengono dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

È ormai matura per affrontare in modo originale e autonomo il fenomeno sportivo.

Sono gli anni in cui si progetta e si programma una nuova vita societaria (associativo-comunitaria) delle Società sportive, si realizza l’unificazione tra il CSI e la corrispondente Associazione sportiva femminile (la FARI - Federazione Attività Ricreative Italiane), si rinnova radicalmente lo Statuto (CSI come movimento sportivo-culturale, democrazia, partecipazione, corresponsabilità di uomini e donne insieme, decentramento...), si sviluppa un forte e chiaro impegno verso lo sport sociale (lo sport per tutti, di tutti), si progettano nuove attività per i bambini, i fanciulli, i preadolescenti e i giovani, ci si comincia a interessare anche delle età superiori, trascurate allora dall’organizzazione sportiva tradizionale.

L’accento educativo è posto sulla vita comunitaria della Società sportiva e sulla vita democratica e partecipata dell’Associazione, ma si fanno passi molto interessanti anche riguardo ai contenuti delle attività. In questo periodo si sviluppa nell’Associazione, ma di riflesso in tutto lo sport italiano, un grande dibattito-confronto su "agonismo sì, agonismo no", inteso non tanto come esclusione della componente agonistica dall’attività sportiva, quanto piuttosto come rifiuto del suo predominio assoluto, dell’esclusiva finalizzazione di ogni attività all’agonismo, a sua volta considerato come strumento di altri interessi individuali o di gruppo (prestigio, carriera, spettacolo, nazionalismo...).

 

Dal 1975 al 1981

Alla metà degli anni ’70 il CSI giunge al culmine della sua evoluzione culturale: compie il grande balzo verso un progetto di sport alternativo a quello esistente e modellato sulle esigenze e possibilità formative delle varie categorie di praticanti: giovanissimi, ragazzi, giovani, giovani-adulti, adulti, anziani.

Con l’Itinerario sportivo-educativo viene finalmente "definita" la pratica sportiva educativa. Prima se ne parlava, la si affermava, la si descriveva, gli si applicavano categorie etiche e culturali varie: ora si affronta la sostanza del discorso e si dice a chiare lettere quale e come deve essere una pratica sportiva che voglia e possa effettivamente formare la personalità dei praticanti sul piano psico-fisico più completo e armonico.

Questo importante passo culturale, pedagogico e metodologico ha portato effetti decisivi anche sulla politica della pratica sportiva associativa. L’aspetto più vistoso, ma anche più importante per il suo valore sostanziale e simbolico, fu l’abbandono della formula dei "campionati nazionali", che prevede l’eliminazione piramidale dei concorrenti partendo dai tornei di base fino alla finale nazionale e alla proclamazione di un unico vincitore. Ai campionati si sostituirono varie formule di attività (via via le varie formule approdarono alle Feste dello Sport, che sono ancora in uso e, anzi, per merito del CSI si sono estese a tutto lo sport italiano, dove prima non si usava il termine "festa"), sempre ispirate ai criteri fondanti dell’Itinerario sportivo-educativo:

- compresenza di tutti gli elementi costitutivi dell’attività sportiva - movimento, gioco, agonismo -, con predominanza dell’elemento gioco;

- flessibilità dei contenuti tecnici, delle regole e delle formule organizzative e loro adattabilità alle esigenze, alle possibilità e alle aspirazioni dei praticanti;

- partecipazione attiva e diretta dei praticanti alla progettazione, all’organizzazione e allo svolgimento delle attività, iniziative e manifestazioni così da diventare effettivi partecipanti e non soltanto destinatari dei programmi altrui.

Questa "rivoluzione" operata dal CSI a metà degli anni ’70 ha rappresentato anche un modo sostanzialmente nuovo di intendere e attuare l’ispirazione cristiana, che l’Associazione aveva sempre affermato come matrice del suo stesso essere associazione e del suo impegno educativo nello sport.

Adesso l’ispirazione cristiana, che era stata sempre una sorta di luce che pioveva dall’alto a illuminare in vario modo le attività dell’Associazione, si fa più vicina all’attività sportiva, anzi si inserisce in essa per modificarla dal di dentro, incontrandosi con la "promozione umana" insita nel nuovo progetto sportivo-educativo. Promuovendo l’uomo, attraverso una pratica sportiva fedele all’Itinerario sportivo-educativo, si promuove anche il cristiano, in quanto lo sviluppo umano perseguito correttamente e in senso completo, senza pregiudizi e censure, costituisce già un cammino sulla linea del cristianesimo. Sarà poi compito dell’evangelizzazione aiutare a compiere l’ultima parte del cammino.

Sport per tutti, promozione umana ed evangelizzazione costituiscono un trinomio, tre aspetti di un processo non più separato o giustapposto, ma unitario; non più teorico, dottrinale, ma concreto, pratico, esperienziale quindi, effettivamente culturale ed etico - dell’impegno del Centro Sportivo Italiano nella realtà sportiva.

Alla rivoluzione operata dal CSI al suo interno si aggiungono in questo periodo altri fatti importanti, esterni all’Associazione, che mutano ulteriormente il fenomeno dello sport italiano e il modo del CSI d’essere presente in esso.

Il CONI riconosce formalmente gli Enti di Promozione Sportiva come organizzazioni dedite alla diffusione dello sport nella società.

Contemporaneamente viene attuato il decentramento regionale e tra le competenze attribuite alle Regioni viene compresa anche la "promozione delle attività sportive e ricreative". La politica delle Regioni (con quella degli Enti Locali) a favore dello sport darà un impulso importante allo sviluppo della pratica sportiva in Italia.

In tal modo la linea sociale ed educativa del CSI si affianca con una analoga linea di politica sportiva attuata dalle istituzioni pubbliche territoriali.

Dalla metà degli anni ’70 alla seconda metà degli anni ’80 il numero dei praticanti sportivi in Italia cresce di circa tre volte (da meno di quattro milioni a oltre undici milioni), ma soprattutto nel Paese nasce una nuova coscienza sportiva, più attenta agli aspetti personali e sociali dell’esperienza sportiva.

A tutto questo il CSI ha dato un enorme contributo di idee, di proposte e di iniziative.

 

Dal 1982 al 1992

Nel decennio considerato il CSI si dedica al perfezionamento e alla realizzazione pratica del progetto sportivo-educativo messo a punto negli anni ’70, cercando di attuare esperienze di sport educativo sempre più qualificate, valide, efficaci. È tra l’altro in questo periodo che si introduce la nuova attività per i ragazzi (preadolescenti) denominata "Giocasport"; che si organizzano con una certa ampiezza attività e iniziative per adulti; che l’impegno promozionale si concretizza in maniera significativa nelle "campagne" dedicate a singole discipline o specifiche attività, sempre con un’impostazione culturale, sociale ed educativa coerente con l’Itinerario sportivo-educativo.

L’intento riesce in misura considerevole sul piano sia della qualità che della diffusione delle esperienze nell’Associazione, al punto che a metà degli anni Ottanta il CSI si sente ormai pronto per una codificazione globale della propria presenza e del proprio impegno nella realtà sportiva, particolarmente giovanile.

È così che nel 1984, nella ricorrenza quarantennale della rifondazione (1944), viene pubblicato il "Progetto associativo", l’esposizione sistematica della presenza e dell’impegno del CSI nella realtà sportiva.

Nello stesso periodo il CSI porta anche avanti con grande impegno l’azione per lo sviluppo sportivo del Paese e per la riforma istituzionale dello sport, cioè per definire, attraverso una legge-quadro di riforma, un assetto sportivo più consono all’evoluzione del Paese, della società e della stessa realtà sportiva.

La riforma legislativa dello sport, negli intenti del CSI, come anche di vari altri Enti di promozione sportiva, doveva istituzionalizzare lo sport per tutti in Italia, ma il tentativo, che ha avuto importanti e interessanti sviluppi sul piano politico, non è arrivato in porto, per cui l’assetto sportivo italiano è ancora quello stabilito dalla legge istitutiva del CONI del 1942, salvo alcuni ritocchi settoriali, il più importante dei quali è indubbiamente l’attribuzione di competenze sportive (promozione delle attività sportive), avvenuta nel 1977, alle Regioni.

In questi anni la Conferenza Episcopale Italiana istituisce l’Ufficio per la Pastorale del Tempo Libero Turismo e Sport e poi anche una Commissione Ecclesiale di analoga denominazione. Questi organismi, che vedono la presenza e la partecipazione attiva del CSI, stimolano l’Associazione a ricercare in maniera più chiara e approfondita le ragioni del proprio impegno cristianamente ispirato nello sport e ad operare con più partecipazione e impegno nelle comunità cristiane e nelle strutture pastorali delle Chiese locali.

Dalla seconda metà degli anni ’80 si affievolisce in Italia l’ondata promozionale che aveva caratterizzato il decennio precedente: vengono meno la convinzione e lo slancio delle organizzazioni sportive e degli operatori, diminuisce sempre di più il supporto delle istituzioni pubbliche territoriali per ragioni sia economiche sia politiche; anche le conquiste fatte nel campo dello "sport per tutti" si inquinano e si appannano per il sopravvenire dell’abitudine, della moda e degli interessi (anche le attività amatoriali di massa si prestano al guadagno in forme attive e passive).

Il CSI risente anch’esso di queste situazioni e, pur non accusando riduzioni di iscritti e di attività, perde tuttavia un po’ del suo smalto culturale-educativo per stanchezza, cedimento alla moda e minor chiarezza di idee. Nel 1990 l'Associazione deve inoltre affrontare i traumi e le lacerazioni che le derivano da alcune gravi vicende di illeciti che coinvolgono i vertici nazionali, e che si concludono definitivamente solo dopo le sentenze chiarificatrici della magistratura. Il CSI esce più maturo dalla prova.

Intanto dal maturare della coscienza ecclesiale vengono spinte per un rapporto con il mondo più attento alle situazioni "difficili" e "povere", rapporto da vivere anche nel mondo dello sport come riconciliazione, solidarietà e testimonianza della carità. Sono particolarmente significative in proposito le esperienze di attività sportiva con i disabili, nelle carceri, sulla strada... Scelte che il CSI è andato maturando, attento alle preoccupazioni di una "nuova evangelizzazione", all’interno, quindi, di un’azione pastorale (specialmente con i ragazzi e con i giovani) sollecitata a percorrere i "cammini di evangelizzazione" più diversi.

 

Dal 1993 al 1996

La prima metà degli anni ’90 è stato un periodo di crisi e di transizione per la società italiana (e per quella europea).

Crisi di varia natura - politica, economica, istituzionale, ma anche etica, culturale e sociale - e transizione (delicata e faticosa) verso una nuova fase della vita del Paese sono due fenomeni in sé diversi, ma che finiscono per incontrarsi e sommarsi, generando sentimenti diffusi e profondi di incertezza, confusione, timori, sfiducia, ma anche volontà e impegno per uscire dalla crisi. Il CSI è consapevole che la società e il Paese sono sulla via di una svolta radicale, la quale impone a tutti un altrettanto radicale cambiamento dei modi di pensare, di fare e di comportarsi.

Il CSI è anche convinto che i principi fondanti della propria esperienza associativa conservino immutata la loro attualità, ma che vadano rivisti i modi di attuarli e in molti casi gli stessi contenuti programmatici.

È perciò che, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario della rifondazione, ha sottoposto a studio e revisione i principali strumenti della vita associativa: lo Statuto, il Progetto e l’Itinerario sportivo-educativo.

Naturalmente non si tratta soltanto di un problema letterario o di linguaggio, cioè della nuova stesura materiale di alcuni documenti, ma di un ripensamento profondo degli stessi risultante da una vasta riflessione associativa. L’aggiornamento statutario ha apportato molte modifiche all’organizzazione e alla vita del CSI, ma quella più significativa è l’istituzione del Congresso regionale, che rende elettivo il Consiglio regionale prima formato dai presidenti dei Comitati.

Il Congresso regionale imprime un forte impulso al decentramento del CSI e modifica profondamente il profilo dell’organizzazione associativa sul territorio.

Con il Congresso elettivo la struttura regionale diviene l’epicentro della programmazione territoriale, lasciando ai Comitati più spazio e impegno per proiettarsi al servizio delle società sportive, che divengono ancor più la base, il punto di partenza e di arrivo di tutta l’attività associativa.

Nello stesso periodo si è proceduto al rinnovo del progetto associativo che nel suo contenuto sostanziale risaliva agli inizi degli anni ’70.

Da molti anni il CSI ha conosciuto un costante e intenso sviluppo sotto il profilo della consistenza organizzativa, delle attività e degli operatori nei vari ruoli. Ma allo sviluppo si è accompagnata una situazione di crescente complessità che ha messo in crisi i tradizionali modelli di intervento organizzativo e culturale-educativo.

L’impegno per lo "sport per l’uomo" e per lo "sport per tutti" ha modificato i cliché dell’organizzazione e della pratica sportiva introducendo una molteplicità di nuove forme di aggregazione accanto alle Società sportive di sempre, e di attività accanto ai tradizionali campionati e tornei.

La complessità è anche una caratteristica della società attuale alla quale il CSI, proprio per la sua caratterizzazione umana e sociale, è strettamente collegata rimanendone influenzata.

Emergeva il rischio che la situazione non si riuscisse più a governare e che l’Associazione non riuscisse più a perseguire le sue finalità culturali, assieme a quelle sportive promozionali, attraverso i tradizionali programmi e modelli forniti dal Centro nazionale.

La risposta è stata individuata in una "Nuova Progettualità" che decentra l’impegno organizzativo ed educativo, sollecitando le varie realtà associative sul territorio a operare in base ad autonomi progetti, formulati tenendo conto delle proprie esigenze, situazioni, risorse e possibilità. Il Centro nazionale assume le funzioni di orientamento, stimolo, coordinamento, supporto.

In tal modo non si è cercato di neutralizzare od omologare la molteplicità, che è una ricchezza oltre che una necessità, ma di valorizzarla conferendo qualità e intensità a tutte le espressioni associative, anche a quelle variamente strutturate o meno formalizzate che sono tipiche di molte attività che si muovono nell’orizzonte dello "sport per l’uomo" e dello "sport per tutti".

Tutta la materia è illustrata in un’apposita pubblicazione del CSI, intitolata "Guida per una Nuova Progettualità" che consta di tre parti:

1. il Patto Associativo, con il quale viene riconosciuta e riaffermata l’identità dell’Associazione come insieme di principi e di criteri generali di riferimento;

2. la strategia organizzativa: come progettare l’organizzazione;

3. la strategia educativa: come progettare l’educazione.

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Il CSI nell'ambito internazionale

Fin dalle primissime origini, nel 1906, l’Associazione ha esteso il suo interesse all’ambito internazionale, soprattutto europeo, ma non esclusivamente, con l’intento di stabilire collegamenti con altre organizzazioni sportive di comune ispirazione (l’organismo internazionale di cui il CSI fa parte di chiama FICEP: Fédération Internationale Catholique d’Education Physique et Sportive), di confronto e di messa in comune delle conoscenze e delle esperienze, di realizzazione di attività e iniziative unitarie in campo sportivo, sul piano sociale e nei confronti di organismi e istituzioni internazionali (CIO, ONU, vari organismi sportivi, culturali, sociali), di solidarietà sportiva, umana e sociale nei confronti di Paesi in stato di bisogno.

In sostanza il CSI è stato e continua ad essere presente e operante in campo internazionale con gli stessi principi, scopi e criteri con i quali opera da ormai un secolo in Italia.

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