Il progetto

IL PROGETTO ASSOCIATIVO E SPORTIVO DEL CSI

I fondamenti teorici dell'esperienza associativa - Dall'ispirazione cristiana alla proposta sportiva - Lo sport come esperienza formativa - L'organizzazione a servizio dell'Associazione

Le coordinate dottrinali e metodologiche della cultura associativa

A metà degli anni ’80 il CSI ha proceduto alla stesura sistematica delle proprie idee sullo sport e dei criteri ritenuti necessari e validi per fare dell’esperienza sportiva un’esperienza formativa. Ha elaborato, cioè, il proprio "Progetto associativo".

Dopo avere in precedenza ripercorso velocemente le tappe storiche, esperienziali del cammino culturale dell’Associazione dall’inizio del secolo ad oggi, è utile ora cambiare punto di vista e vedere in forma sistematica le idee cardine del "Progetto associativo".

Se prima si è seguito il metodo induttivo, partendo dall’esperienza storica, ora si seguirà quello deduttivo, partendo dalle matrici ideali per arrivare all’attività, all’organizzazione, all’azione educativa vera e propria.

Del resto è sempre così che si agisce in modo significativo: unendo assieme l’esperienza e le idee in un intreccio continuo e praticamente indistinguibile.

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I fondamenti teorici dell'esperienza associativa

Il CSI parte dalla convinzione profonda che lo sport costituisca un’attività potenzialmente di enorme valore ed efficacia per lo sviluppo completo dell’uomo.

Quale sia questo sviluppo completo della persona umana il CSI lo desume dalla fede cristiana a cui si ispira, che chiarisce la natura e il destino dell’uomo, il significato e lo scopo ultimo dell’esistenza terrena.

È pertanto alla luce della fede che il CSI valuta e riconosce il senso e il valore dello sport.

Ciò non vuol dire che la fede spieghi in che cosa consista lo sport, quale attività sportiva si debba praticare o in che modo, ma essa, offrendo riferimenti essenziali sul fine dell’uomo e sull’uso corretto delle attività umane per conseguire tale fine, fornisce strumenti di comprensione, di discernimento e di valutazione anche per l’attività sportiva.

È chiaro dunque che non si può propriamente parlare di "sport cristiano", cioè di uno sport desunto in linea diretta dalla fede, o dalla teologia e dalla morale cattolica. Ma la fede, la teologia e la morale forniscono la luce e le coordinate per definire, comprendere e ordinare rettamente e proficuamente l’attività sportiva, che ha il pregio di far compiere esperienze intense e di grande efficacia formativa. In tal senso nel CSI parliamo, più propriamente, di uno "sport cristianamente ispirato".

Un secondo convincimento profondo del CSI riguarda la bontà, o il valore intrinseco dell’attività sportiva.

Al contrario dell’opinione largamente diffusa, specie nel mondo dello sport "ufficiale" (agonistico e olimpico), il CSI non crede affatto che lo sport faccia bene sempre e comunque, che giovi, cioè, alla ‘salute’ fisica, psichica e morale delle persone. Lo abbiamo già visto percorrendo le tappe culturali della sua storia.

Come tutte le attività umane, anche lo sport può far bene o male a seconda del tipo di attività, dei motivi e delle modalità della pratica, dei soggetti praticanti e delle circostanze in cui si pratica.

Il giudizio quindi sullo sport non può essere generico e globale (massimalistico o demagogico, come spesso capita di sentire specialmente nei "discorsi ufficiali"), ma va indirizzato specificamente a una determinata tipologia di attività, nonché ai modi e alle circostanze in cui viene praticata.

Dall’affermazione precedente discende che lo sport non può essere considerato nemmeno un fatto neutro: un’attività umana fuori dalle categorie di bene e di male, che si può comunque affrontare a cuor leggero perché "tanto male non fa". Anche questa è una convinzione largamente diffusa nell’opinione pubblica, specie nelle famiglie, con riferimento all’attività sportiva dei figli.

Il CSI è convinto che ogni attività sportiva, come ogni attività umana del resto, faccia sentire i suoi effetti sulla persona che la pratica, che induca delle modificazioni, più o meno profonde, sulla sua personalità, che sia, in definitiva, un’attività di tipo culturale. Per cui è giusto dire che lo sport è cultura: certamente lo è, dal momento che forgia comunque la personalità umana, ma bisogna vedere quale cultura veicola e che tipo di persona contribuisce a formare.

Secondo il CSI, quindi, è sempre necessario valutare con attenzione i contenuti e i significati possibili di una certa attività sportiva.

Si sente dire spesso, dai genitori, ma anche dagli educatori: "Con lo sport, almeno, non sta per strada". Vero: questo può essere un lato positivo, ma se l’attività praticata e l’ambiente che la ospita sono ispirati alla violenza, alla frode, all’interesse venale ecc. dove sta il vantaggio?

Un’altra convinzione del CSI riguarda la validità, l’efficacia formativa della pratica sportiva.

A parere del CSI lo sport che vale, cioè che vale veramente la pena di praticare per il proprio sviluppo personale, non può essere soltanto un’attività, ma dev’essere un’esperienza.

L’attività può essere affrontata in modo distratto, fugace e superficiale e, pur potendo avere lati positivi, non incide in profondità, non lascia tracce significative nel praticante.

L’esperienza, al contrario, si ha quando l’attività è ben strutturata, (in relazione ai valori e all’impegno), ed è affrontata in maniera consapevole, vale a dire con la chiara coscienza delle motivazioni, dei significati, delle implicazioni e degli effetti.

Il CSI, proponendosi scopi formativi, mira a rendere le attività che propone e organizza delle autentiche esperienze di vita, ed è convinto che per rendere valide tali esperienze non basti qualificare in un certo modo le attività - cosa ovviamente fondamentale -, ma occorra anche intervenire su almeno altri due fattori: gli operatori e l’ambiente.

Di questi tre elementi essenziali per fare della pratica sportiva un’esperienza educativa - l’attività, l’ambiente, l’operatore - si dirà più avanti.

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Dall'ispirazione cristiana alla proposta sportiva

L’idea e la proposta sportiva del CSI derivano dalla fede cristiana a cui l’Associazione ispira il proprio impegno e la propria azione. Il punto di riferimento per l’elaborazione della proposta è l’uomo, il suo significato e valore personale e sociale, il suo destino.

Dal punto di vista personale, il CSI si interroga quale sia l’attività sportiva in grado di promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo, sotto il profilo psico-fisico, culturale, morale, spirituale. Dal punto di vista sociale, il CSI si interroga sui diritti dei cittadini e sui doveri delle istituzioni pubbliche in ordine alla pratica sportiva.

Lo "sport per l’uomo" è stato sempre il punto focale per la riflessione, la ricerca e l’elaborazione della proposta sportiva del Centro Sportivo Italiano. Quale attività sportiva aiuta l’uomo a sviluppare meglio le sue doti, le sue possibilità, le sue aspirazioni? Un’attività sportiva centrata in modo esclusivo o predominante, su interessi egoistici - la vittoria, il prestigio, il primato, il guadagno, la carriera - certamente non promuove lo sviluppo personale. Come pure non può giovare più di tanto un’attività fatta in modo superficiale, senza impegno, per scopi unicamente di evasione. Altrettanto dicasi di uno sport e di un ambiente sportivo poveri di valori, in cui non vi siano occasioni e stimoli per arricchirsi culturalmente (il sapere e il saper fare), moralmente (il saper essere) e socialmente (i rapporti con gli altri).

Sotto il profilo sociale, il CSI ritiene che lo sport, proprio per le sue potenzialità educative, sia un diritto di tutti i cittadini e che sia un preciso dovere dello Stato e delle istituzioni pubbliche promuoverne e favorirne la pratica.

Un’attività sportiva correttamente intesa e praticata costituisce un’indubbia ricchezza per la società sotto il profilo socio-culturale ed etico. Un aiuto enorme lo sport può darlo per promuovere lo sviluppo umano e l’integrazione sociale di categorie sociali svantaggiate, emarginate, a rischio. Il CSI però, che è stato sempre un propugnatore del dovere dello Stato di promuovere lo sport, si oppone con altrettanta forza ad ogni forma di statalismo, o comunque ad ogni eccesso di intervento pubblico nello sport. Uno stato che calchi eccessivamente la mano sullo sport ne uccide le potenzialità culturali ed etiche. Lo sport, per poter costituire un’esperienza significativa e incisiva, dev’essere praticato e organizzato in piena libertà in base alle motivazioni, alle idee e agli scopi propri delle persone e dei gruppi. Ciò che è imposto o comunque pilotato produce appiattimento, conformismo, disimpegno e non crescita, sviluppo, arricchimento.

Perciò, il compito dello Stato di promuovere lo sport va inteso come impegno per creare le condizioni (servizi per lo sport di tutti) che rendano possibile e favoriscano l’accesso alla pratica sportiva da parte di tutti i cittadini.

In sintesi, si può dire che la proposta sportiva del CSI, formulata alla luce della fede, mira alla promozione dell’uomo e all’animazione della società attraverso un’esperienza ricca di valori umani e cristiani.

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Lo sport come esperienza formativa

Per fare dello sport un’autentica esperienza educativa, il CSI punta su tre elementi che concorrono a costituire l’esperienza stessa: l’attività sportiva vera e propria, l’ambiente associativo in cui si colloca e l’azione educativa degli operatori (dirigenti e tecnici).

All’individuazione di questi tre punti di forza dell’esperienza sportiva si è giunti attraverso lo studio, la tradizione culturale cattolica e l’incessante sperimentazione condotta attraverso quasi un secolo di vita.

Si tratta pertanto non di una scelta teorica, dottrinale, cioè ipotetica o pregiudiziale, ma del punto di arrivo di un lungo e appassionato cammino, quindi di un punto solido di approdo per un’esperienza di sport che meriti d’essere compiuta.

L’attività (l’Itinerario sportivo-educativo)

È generalmente accettato che lo sport sia costituito da tre elementi costitutivi essenziali: il movimento (che si realizza attraverso la tecnica), il gioco (l’anima gratuita dello sport) e l’agonismo (la tensione costante al superamento di se stessi e degli altri).

Il CSI assegna un’importanza centrale e decisiva all’elemento gioco. Non soltanto per un motivo di ordine storico, per il fatto cioè che nella pratica sportiva corrente l’elemento gioco tende a scomparire o a passare in secondo piano, sopraffatto dall’agonismo e dalla tecnica, ma anche perché profondamente convinto che in esso risieda la chiave delle potenzialità educative dell’esperienza sportiva.

Senza la gratuità tipica del gioco l’esperienza sportiva perde la sua inconfondibile fisionomia di gioiosa, appassionata, ludica "recitazione" di un pezzo di vita per diventare un’altra cosa: un’esibizione di destrezza, qualora prevalga il movimento, il perseguimento di un interesse, qualora prevalga l’agonismo.

Quando la presenza dell’elemento ludico sia garantita, allora gli altri due elementi arricchiscono enormemente l’esperienza sportiva introducendovi le varianti infinite da una parte della destrezza, delle capacità e delle abilità psicofisiche, dall’altra dell’intelligenza, della volontà e dei sentimenti.

Ma non è sufficiente la presenza obbligatoria e sostanziale dell’elemento gioco. Il CSI richiede anche una seconda condizione per garantire che l’attività sportiva sia valida sotto il profilo formativo: che si adatti ai bisogni, alle possibilità e alle aspirazioni dei praticanti.

È evidente, infatti, che non può essere "formativa" un’attività impropria o impropriamente praticata, ad esempio un’attività il cui elemento "movimento" (carico fisico, tecniche...) sia eccessivo per soggetti giovanissimi o in cui l’elemento "agonismo" (posta in gioco, regole...) stravolga la natura ludica dell’attività propria dei ragazzi, o in cui il tecnicismo e il risultato tolgano all’attività ogni possibilità di sperimentare i valori dell’incontro e del confronto, del rispetto della solidarietà e dell’amicizia.

A questo fine il CSI ha elaborato un progetto originale di pratica sportiva denominato "Itinerario sportivo-educativo".

I concetti che lo informano sono due:

1) le attività sportive sono articolate per fasce di età (bambini, fanciulli, ragazzi, giovani, giovani-adulti, adulti, anziani) secondo programmi e formule di attività in cui viene dosato in maniera appropriata l’impegno psico-fisico, viene favorita e stimolata la circolazione di determinati valori, si indicano obiettivi da conseguire adatti alla personalità dei soggetti;

2) la pratica delle attività è vista e programmata come un "itinerario", cioè un percorso, un cammino che dura nel tempo e si affianca, sostenendolo, al processo di crescita proprio di ogni persona durante la vita.

L’Itinerario sportivo-educativo è stato elaborato a metà degli anni ’70, al termine di un lungo processo di sperimentazioni, intuizioni, approfondimenti. Da allora ha sempre guidato i programmi e le esperienze sportive del CSI rimanendo immutato nella sua impostazione concettuale, anche se è stato più d’una volta modificato in alcuni aspetti.

Una più approfondita riconsiderazione è stata fatta ultimamente, in occasione della nuova stesura del "Progetto associativo", dove il concetto di un unico "itinerario" distinto in più tappe è stato ridefinito come una pluralità di "itinerari" sportivo-educativi, disegnati in maniera elastica sulle esigenze e preferenze di singoli praticanti o gruppi caratterizzati non soltanto in base all’età, ma al sesso, all’ambiente sociale, alla condizione fisica, socio-culturale ecc.

La Società sportiva

Per essere vissuta in piena consapevolezza, dunque per diventare una vera esperienza, l’attività sportiva trova un aiuto formidabile nella condivisione di una forma di vita associativa che promuova, programmi e organizzi l’attività sportiva stessa.

Parliamo della "Società sportiva", che è tradizionalmente il "luogo" in cui nasce e si sviluppa lo sport italiano.

Ma nel CSI esso è considerato diversamente dal modo più diffuso e tradizionale in cui la Società sportiva è stata ed è tuttora intesa nell’organizzazione sportiva italiana.

In genere la Società sportiva è concepita come un "supporto" organizzativo, tecnico ed economico allo svolgimento dell’attività. Alcuni "soci" costituiscono la Società e la gestiscono, mentre gli "atleti" usufruiscono dei servizi offerti.

Per il CSI, invece, la Società sportiva è un’associazione di tutti coloro - atleti, dirigenti e tecnici - coinvolti nell’esperienza sportiva: un’Associazione in cui tutti sono soci alla pari, seppure con diversi ruoli, che si regge quindi sulla democrazia, la partecipazione e la corresponsabilità, con l’aspirazione e l’impegno ad acquisire i caratteri di una "comunità", un organismo cioè in cui i rapporti personali - di comprensione, collaborazione e amicizia - prevalgono su quelli di ruolo.

(Nella "comunità" le persone sono tenute insieme da legami naturali, gli affetti sono prevalenti, la solidarietà spontanea; nella "società" invece sono tenute insieme dagli interessi, dai rapporti di scambio).

Il CSI ha curato molto - a partire soprattutto dalla fine degli anni ’60 - questo modello associativo-comunitario di Società sportiva, sviluppando su di essa un complesso notevole di indicazioni e proposte teoriche, metodologiche e operative.

È evidente che una vita societaria in cui l’attività sportiva viene pensata, programmata e realizzata insieme giova enormemente a rendere l’attività sportiva più qualificata sotto il profilo culturale e sociale e a viverla in modo più cosciente, impegnato e partecipato. Ciò concorre a fare della pratica sportiva quell’autentica esperienza di vita che il CSI ritiene indispensabile per attivare nello sport il processo formativo di crescita personale e sociale, ma arricchisce anche la pratica sportiva con una esperienza in più: quella della gestione democratica e partecipata di un organismo sociale, quale appunto è, nel suo ambito, la Società sportiva.

Nel CSI ci sono stati esempi numerosissimi di Società sportive che hanno realizzato un buon livello di vita associativa e di coesione comunitaria, dando vita a esperienze di sport ricche di valore, di significato e di efficacia educativa.

Purtroppo le condizioni di vita e ambientali delle Società sportive non sono sempre le migliori per favorire l’instaurarsi di effettivi rapporti associativi e comunitari, mancando soprattutto una sede e anche, a volte, un luogo di riunione. Tuttavia, vale la pena di compiere ogni sforzo per realizzare comunque un minimo di vita associativa, poiché l’attività sportiva ne risulta in ogni caso enormemente arricchita sul piano dei valori, dei rapporti, dell’interiorizzazione delle esperienze.

L’operatore educatore

È il terzo elemento su cui fa leva il CSI per fare dell’attività sportiva un’esperienza di vita.

Nello sport gli "operatori" sono sempre e comunque presenti come tecnici dell’attività sportiva e come dirigenti organizzativi. Essi sono in genere dei "volontari" mossi dalle più svariate motivazioni che vanno dalla tradizionale e non meglio definibile "passionaccia" ad altre ragioni di tipo personale e sociale. Quali che siano le motivazioni e le intenzioni, essi influiscono comunque in maniera notevole sull’esperienza sportiva-associativa dei praticanti, soprattutto se si tratta di soggetti giovanissimi o giovani, ma anche nel caso di persone più avanti nell’età.

La tradizione sportiva chiede agli operatori dell’associazionismo sportivo la competenza tecnica, vale a dire la capacità di svolgere bene il proprio ruolo tecnico o dirigenziale. Recentemente nella formazione degli operatori è stata introdotta anche la psicologia, ma restando pur sempre nel campo della competenza tecnica in quanto anche le cognizioni psicologiche sono finalizzate a rendere più agevoli ed efficaci le azioni del ruolo proprio di ciascuno.

Il CSI parte dal presupposto che ogni operatore - quale che sia il suo ruolo specifico e attraverso esso - è anche un "educatore", cioè un forgiatore non solo e non tanto di attività e risultati sportivi, ma di maturazione personale attraverso lo sport.

L’operatore svolge comunque un ruolo educativo all’interno della Società sportiva, ma lo fa in modo inconsapevole e incontrollato: il CSI propone che questo suo ruolo sia pienamente voluto, cosciente, impegnato, efficace. Per ottenere ciò chiede all’operatore non soltanto una competenza tecnica, limitata alle funzioni specifiche del ruolo, ma una preparazione più vasta la quale, partendo dalle motivazioni e dalla consapevolezza del ruolo educativo, tocchi poi gli ambiti del sapere, del saper fare e del saper essere.

L’operatore dev’essere anzitutto pienamente consapevole delle potenzialità formative (o de-formative) insite nel ruolo volontaristico che accetta di svolgere in seno al gruppo. Dalla consapevolezza discende la scelta motivata, quella cioè di impegnarsi per profonde ragioni e per validi scopi.

Il CSI ritiene che occorra lavorare su questi convincimenti e atteggiamenti interiori dell’operatore, non essendo in genere né adeguati né adeguatamente avvertiti quelli che si manifestano spontaneamente all’atto di dedicarsi a un ruolo operativo in una Società sportiva.

Bisogna aiutare l’operatore a rendere chiaro ciò che è oscuro o vago, esplicito ciò che è dato per scontato, espressamente voluto ciò che è istintivo, casuale od occasionale.

Su questi presupposti di ordine intellettuale, etico e psichico si costruisce la preparazione specifica allo svolgimento del ruolo, che deve abbracciare unitariamente, senza improprie e pericolose separazioni, l’aspetto tecnico e quello educativo insieme.

In questo il CSI si basa sullo schema tripartito del "sapere", "saper fare", "saper essere".

Il "sapere" si riferisce alle indispensabili conoscenze che l’operatore-educatore deve avere circa il fenomeno sportivo, le sue connessioni e implicazioni sociali, la storia e la cultura dell’Associazione, le cognizioni essenziali sulla fisiologia e psicologia dei praticanti nelle varie età.

Questo complesso di conoscenze consentono all’operatore di collocare all’interno di un orizzonte culturale la sua azione, che altrimenti si appiattirebbe sugli aspetti esclusivamente tecnico-pratici.

Il "saper fare" riguarda, invece, le conoscenze - tecniche e pratiche - necessarie all’operatore-educatore per svolgere in maniera corretta ed efficiente le funzioni proprie del ruolo. È ciò che si intende propriamente con il termine "competenza", senza della quale l’operatore, quali che siano le sue intenzioni e la sua buona volontà, non potrà mai ottenere risultati soddisfacenti, anche perché lo sport oggi ha sviluppato tecniche sportive e formule organizzative molto complesse e raffinate, che non possono essere assolutamente affrontate senza una preparazione specifica.

Il "saper essere" riguarda i modi che devono informare l’azione dell’operatore-educatore nel proprio ruolo. Se il "sapere" è la cultura e il "saper fare" la tecnica, il "saper essere" può considerarsi l’anima dell’intervento educativo dell’operatore.

Con questo terzo ordine di conoscenze l’operatore deve apprendere gli atteggiamenti, i metodi e i modi per svolgere efficacemente il proprio ruolo non semplicemente con il "fare", ma con l’"essere", cioè mettendo in gioco se stesso nell’esperienza educativa, che non può non influire sulla sua stessa formazione. Il "saper essere", allora, riguarda il metodo dell’animazione con cui l’educatore aiuta il gruppo, lui compreso, ad educare se stesso; lo spirito di volontariato che deve presiedere al servizio umano e sociale che si prefigge di svolgere nello sport e attraverso lo sport; la comunione e la solidarietà con l’Associazione, per non perdere il contatto con gli ideali, i principi e gli stimoli di un impegno associativo finalizzato alla promozione integrale delle persone.

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L'organizzazione a servizio dell'Associazione

Anche la filosofia organizzativa del Centro Sportivo Italiano è coerente e funzionale alla sua natura di movimento culturale nello sport e attraverso lo sport.

Sono principalmente tre i principi che presiedono alla strutturazione organizzativa dell’Associazione così che possa servire le sue finalità educative.

Il primo principio è la democrazia, con il quale si garantisce che le scelte siano compiute con la partecipazione di tutti i soci, attraverso i meccanismi assembleari e congressuali, e che le decisioni siano assunte dagli organismi a ciò deputati, in modo collegiale e secondo regole stabilite in maniera, per l’appunto, democratica.

Il secondo principio è il decentramento, con il quale si garantisce alle strutture sul territorio - a livello di regioni, province e associazioni sportive di base - la piena autonomia di orientarsi secondo le proprie esigenze e i propri obiettivi in modo da realizzare una vita associativa autentica, un movimento culturale e sociale vivo e dinamico.

Il terzo principio è la partecipazione alla vita di tutta l’Associazione nei suoi momenti più significativi sotto il profilo culturale, formativo e di impegno sociale.

Attraverso la partecipazione si mantiene vivo lo spirito di condivisione di quegli stessi ideali e finalità che hanno promosso la nascita del CSI agli inizi del secolo e continuano a ispirarne l’azione alle soglie ormai del Duemila.

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