Anche quest’anno Costalta ci ha accolto con un’ampia proposta
di iniziative: un’estate ricca di eventi, attenta all’arte,
alla cultura, alla musica e al teatro. Ecco
alcune delle diverse e interessanti proposte che il visitatore ha
trovato in questo minuscola ma splendida comunità, un “paese
di legno”, con tante originali casette di legno’ così
ben conservate e adornate di fiori su ogni davanzale, che mettono
allegria e regalano un senso profondo di festosa serenità.
Non mancando poi di ammirare lo spettacolo della natura che a Costalta,
e anche ‘da Costalta’, si può godere, sia che splenda
il sole sia che un temporale quasi improvviso salendo dal basso nasconda
allo sguardo i profili delle montagne all’orizzonte, per poi
sparire regalando man mano alla vista un paesaggio nuovamente inondato
dal sole e immerso in una quasi accecante luminosità. Come
accade, forse, soltanto a Costalta!
Tra le gustose iniziative...
- la nuova proposta intititolata LeggendAriaMente;
- il Concorso
di Poesia, seconda edizione, tema “ La mia Casa,
ricordi d’infanzia” in ladino e in italiano;
- il
‘fienile artistico’ di Giusto De Bettin con una Mostra
d’arte (icone, scultura, pittura e arte varia);
- la
personale di Chiani nel piano superiore del Museo Angiul
Sai.
Da non dimenticare, anzi da sottolineare, la Festa religiosa dedicata
alla locale Patrona Sant’Anna con le sante
Messe, il Coro e la processione serale lungo le vie di Costalta, addobbate
a festa (uno spettacolo !)
LeggendAriaMente si propone
di ricordare e valorizzare le molteplici leggende legate alla realtà
locale, delle Dolomiti e della montagna, con le storie e i tanti personaggi
meravigliosi e fantastici; manifestazione ideata da Martina Casanova
Fuga, organizzata da Silvano Eicher Clere presidente della Regola
e dell’Associazione CostaltArte, con la direzione artistica
dello scultore Avio , e con un’ampia esemplare presenza di collaboratori.
Tre
gli Artisti
invitati alla Manifestazione, che nel corso di una settimana ‘di
lavoro‘ hanno dato vita ad una personale interpretazione scultorea
raffigurando ciascuno quanto descritto dalla leggenda a loro assegnata:
tre le statue ( due di legno e una di marmo) che dopo la cerimonia
di ‘presentazione ufficiale‘ verranno collocate in maniera
visibile dalla strada, in prossimità di tre ‘fienili’.
Stefano Comelli - Allo scultore
triestino, che vive a Versa di Romans d’Isonzo, è stata
assegnata la leggenda dal titolo ‘La prima Stella Alpina’da
lui egregiamente interpretata con un’opera (di un metro e settanta
di altezza) scolpita in marmo, della varietà fior di pesco
del Monte Peralba, assai pregiato e apprezzato per le sue particolari
v enature e variazioni di tonalità; lo scultore ha saputo sapientemente
calarsi nella leggenda
proponendo e realizzando efficacemente l’abbraccio caldo del
cielo con la montagna ‘che piangeva in silenzio’ per la
solitudine.
Una scultura assai apprezzata dai visitatori per le sue modulazioni
dolci seppur aspre e vigorose, e per la sua indubbia ‘linea’
armoniosamente elegante e delicata, ponendo in cima alla ua opera
la stella discesa dal cielo, calàtasi sulla ‘montagna
malata di solitudine’ , e ricambiata poi durante il gelo della
notte dall’affettuosa premura della montagna stessa che con
le sue mani di roccia l’ha avvolta di una morbida peluria bianca:
nasceva così la prima Stella Alpina.
Un’antica e tenera leggenda, interpretata e risolta dall’artista
con fantasia, bravura e perché no, anche con commozione.
Hermann Plozzer - L’artista
di Sauris ha una innata passione per la scultura, in particolare quella
in legno, ma si applica anche con la pietra, e altri diversi materiali.
Non seguendo alcuna corrente artistica, intende restare
fedele ai suoi personali progetti, al proprio ‘sentire’
interiore, in una costante (anche se difficile) ricerca di nuove forme
espressive. Assai noto nel mondo dell’Arte, partecipa a diversi
incontri di scultura (anche di ghiaccio) in Italia e in diverse altre
realtà europee: impegnato anche a Mosca per il recupero degli
stucchi di gesso dei Palazzi imperiali del Cremlino. Diverse le sue
Mostre personali, più volte presente anche in varie Rassegne
collettive, in Friuli e nel Veneto. Inoltre è stato presente
più volte, anche su invito, in vari simposi nel Nord Europa,
in America Latina e negli Stati Uniti, ricuotendo ovunque positive
attestazioni di simpatia, di stima e di apprezzamento.
Hermann Plozzer vive e opera a Sauris, dov’è nato nel
1966, nell’incanto e nella serena tranquillità della
sua ‘Carnia fidelis’, sobria e laboriosa. A Costalta gli
è stata assegnata la ‘Leggenda della Fata che ha dato
il nome al Monte Peralba’, una storia che lo ha particolarmente
impegnato nella realizzazione artistica, operando in un blocco di
legno, il profumato Cirmolo. Con fine intuizione, nella parte alta
del tronco ha saputo ricavare il corpo di una donna all’interno
di una grande foglia lanceolata, assecondandone le movenze e le sinuosità
nel suo agitarsi flessuoso, espressa nel suo ripiegarsi cullata da
ogni alito di vento: cogliendo il movimento plastico e sinuoso della
Fata e della foglia, nella cui parte più alta compare il suo
viso dolce e soddisfatto che pur guardando verso il cielo è
ormai parte integrante della montagna e delle sue amate cime, con
i suoi capelli raccolti in una lunga treccia ornata di fiori, che
scendono girando intorno al tronco come un carezzevole abbraccio fino
a lambire amorevolmente il paese sottostante e il suo bosco di pini.
Una delicata ‘storia d’amore’ (prosegue la leggenda)
e ora nelle cime delle rocce più alte si riflette il volto
della Fata finalmente appagata, radiosa e felice, immersa totalmente
immersa in quella natura nella quale desiderava ardentemente ‘immedesimarsi’:
realizzato il suo sogno “di fondersi con l’anima delle
alte cime, il candore della pelle si riflettè con un bagliore
sulla roccia della montagna (ancora senza nome) dandole il nome di
Pietra bianca, da cui Peralba”. E nei luoghi di questa leggenda
è nato il fiume Piave. Una leggenda struggente e dolce, e impegnativa,
materializzata e soavemente espressa da Plozzer in una figura (alta
m 1.70) ricavata da un tronco di legno di cirmolo.
E noi diamo atto allo scultore di aver saputo ri-cavare dal legno
‘l’anima’ di questa leggenda, non proprio facile
da rappresentare: eppur realizzata così delicatamente, con
arte esperta e commossa: una esecuzione felice, realizzata con mano
sapiente, delicata e incisiva, dove la sua tecnica matura si sposa
con l’immaginazione e la fantasia, per la rappresentazione di
questa leggenda; e la scultura (e l’Autore) , è bene
ricordarlo e sottolinearlo, hanno registrato ammirati consensi.
Roberto Merotto - Compito impegnativo anche per lo
scultore Merotto di Pieve di Soligo (con lo studio a Falzè
di Piave), ormai da tempo presente nel panorama artistico in Italia
e anche all’estero, in vari concorsi nazionali e internazionali;
noto artista ‘sensibile e preparato’, insegnante di discipline
plastiche, nella sua ricerca espressiva ha affrontato i materiali
più diversi (argilla, legno, gesso, pietra, ferro e bronzo)
dimostrando una notevole capacità di re-inventare e ‘una
personale elaborazione di tecniche e oggetti’ (G.M.) riscuotendo
ampi e positivi consensi dal pubblico e dalla critica più attenta.
Anche a Costalta ha egregiamente risolto il tema della leggenda delle
Dolomiti, ricavando dal grosso tronco di legno la figura della Principessa
della Luna, e in alto, una falce di Luna, sul retro del capo.
Ha incavato e scolpito il legno di cirmolo, per un’intera settimana
di ‘lavoro’ intenso e ispirato, operando in piazza, a
fianco dello struggente Monumento ai Caduti, di Augusto Murer, opera
scabra ed essenziale; e ne è ‘uscito’ un bel saggio
della sua arte.
Un ‘lavoro’ che nasce da una bella leggenda sulle Dolomiti
(per un incantesimo, chiamate anche Monti Pallidi) dove in un regno
di boschi lussureggianti, di laghi e di prati fioriti regnava sovrana
l’armonia e la serenità: solo due giovani amanti vivevano
tristi perché eternamente separati: un Principe infelice e
la Principessa della Luna: un ben triste destino il loro: ma un bel
giorno il Principe (figlio del re) incontrò il re dei Silvani,
un simpatico gnomo, in cercas di una terra per il suo popolo: il quale,
proposto al Principe uno scambio, con un felice patto gli fu concesso
di vivere con la sua gente in quella terra fiorita e meravigliosa,
mentre i suoi gnomi per un’intera notte hanno tessuto la luce
della Luna ricoprendone tutte le rocce. Così la Principessa
potè ritornare sulla terra e vivere felicemente per sempre
con il suo amato sposo: e per le rocce inondate dalla luce della Luna,
le Dolomiti presero il nome di ‘Monti Pallidi’. Qui termina
la leggenda, tenera e dolce, delle Dolomiti: con il Principe e la
sua amata Principessa, e con l’intero popolo degli gnomi, finalmente
‘tutti felici e contenti’.
Una fiaba non facile da materializzare, che Merotto ha ‘risolto’
egregiamente realizzando una scultura semplice all’apparenza,
alta e longilinea, ben tornita e modellata, essenziale e priva di
inutili dettagli:
un’opera di grande pregio e di grande eleganza ‘spirituale’.
Abbiamo poi visitato il “Fienile
in arte", poco fuori l’abitato di Costalta,
in località Preda, sulla strada tra Costalta e Forcella Zovo.
Un ‘locale’ antico, il fienile di un tempo, accuratamente
rimesso a nuovo, con tanto amore, gusto e impegno (lavorativo) da
Giusto Bettin, appassionato pittore ‘costautese’ accogliendo
amici artisti nel suo ‘fienile d’arte’ che “ha
ristrutturato con le sue mani”, su tre piani: locali ‘rustici’
e accoglienti “valorizzando il territorio”; in questa
Rassegna d’arte, esposte opere di pittura ( di Giusto De Bettin
e di Alfonso De Martin Pinter), di scultura (di Marco De Lorenzo e
di Luciano Barba) e icone ( di Carmen De Bettin). L’iniziativa
artistica che già si preannuncia ancor più ‘partecipata’
in futuro, ha visto una lunga sequenza di visitatori interessati e
attenti a questa Rassegna d’arte, apponendo poi la loro firma
sul ‘libro’ posto sul tavolo, con l’ammirato e positivo
giudizio per la felice e artistica occasione.
Obbligatori i ‘complimenti’ all’amico pittore Giusto
che tanto si è prodigato per questa sua bella e interessante
iniziativa, in collaborazione con CostaltArte e Associazione ArteComelico.
Il Concorso di poesia ‘ la mia Casa, ricordi d’infanzia’
Già alla sua seconda edizione il Concorso ha registrato un
bel numero di partecipanti, tutti simbolicamente e variamente premiati
in maniera ufficiale: tre in particolare hanno anche declamato la
loro composizione scritta in ladino ‘la Ceda, la casa…’
con grande e visibile partecipazione emotiva, che ha commosso il pubblico
presente.
Una bella e significativa ‘iniziativa poetica’ che ha
visto la partecipazione anche di ‘Costautani’ ormai residenti
da molti anni in varie parti d’Italia: il ‘tema’
ha evidentemente catalizzato la loro attenzione e le loro emozioni
per il paese natale, suscitando emozioni mai sopite, anzi, con un
misto di sempre innamorata nostalgia.
Insomma un ‘Concorso’ indubbiamente importante, e che
sin d’ora si preannuncia ancor più ‘affollato’
per la terza edizione nel 2013, con profonda soddisfazione da parte
degli Organizzatori.
In
Mostra i dipinti di Chiani
Una Mostra interessante per tanti aspetti, apparentemente semplice
nella descrizione delle ‘scene’ ma altrettanto difficile:
nel senso che ti cattura e ti impegna, ti suggerisce e ti propone,
e ti coinvolge in un dialogo serrato ‘a tu per tu’ (però
bisogna leggerla bene e saperne ascoltare i suoni e la musica di ‘questa’
pittura), ponendoti anche molteplici “perché”:
il Sacro, per l’appunto, e ti invita a riflettere … oltre
la pittura, oltre la bravura, coinvolgendoti in ogni ‘scena’
per cui ti viene spontaneo sostare e domandarti ‘cosa c’è
dietro, nella e oltre questa sua pittura e che cosa vuole dire’:
il ‘Sacro’ per l’appunto, il tema dell’esposizione.
Dipinti di grandi dimensioni, dai colori vivi, vigorosi e forti che
colpiscono mente e cuore… e non riesci a staccartene, anzi ‘entri’
subito anche tu nella scena che Chiani propone: e l’impatto
è notevole, non c’è che
dire ! e anche l’accoglienza è suggestiva, con i dipinti
allineati in due stanze, ospitati nella Casa ‘Museo Angiul Sai’,
un antico rustico ‘fienile’ costautano (dal 22 luglio
al 5 agosto 2012).
Il manifesto annuncia il tema ‘il Sacro nella pittura di Chiani’,
nome d’arte chè in verità si chiama Mauro Chiavaccini,
toscano d’origine ma da diversi anni a Campolongo di Cadore
e con stretti legami con il Comelico; e a proposito del ‘tema’
citiamo la sua precisazione: il termine ‘sacro’ non è
sinonimo di ‘religioso’ ma di ‘valori umani’,
che anche Cristo e la Madonna ben rappresentano; è una visione
‘laica’ del mistero religioso (valori umani? non riusciamo
a capire).
Certo, è un titolo impegnativo per un autore che così
si espone, e propone ciò di cui dispone e sente e crede, o
almeno ‘crede di credere in ciò che dice e fa’,
e non è un gioco di parole! Ma vediamo le opere, poste in rassegna
in un luogo caratteristico, che già in passato ha ospitato
Mostre di rilievo e tra queste citiamo almeno quella (davvero stupenda)
dedicata alle icone : un evento!
Entriamo allora in Mostra ‘accolti’ da una decina di opere
intense e cromaticamente forti che ‘colpiscono’ in maniera
palpitante sin dal primo impatto: una rassegna che sollècita,
e quasi impone, moltèplici riflessioni e non solo, per la maniera
che il pittore ha di esprimersi con pennellate sicure, vibrate sulla
tela con sapiente e maturo ‘mestiere’, senz’altro,
ma anche con viva emozione e indubbia partecipazione, calda e commossa:
e come può non esserlo un uomo, un pittore, un Artista, se
anche un semplice ‘paesaggio’ rispecchia e rivela i sentimenti
dell’autore?
A tutta prima pare che il tema svolto sia quello del dolore: una decina
i dipinti, scene coinvolgenti e sconvolgenti, figure e immagini trattate
con mano esperta, le scene insolite per la collocazione dei personaggi,
la vivezza dell’impianto, e i colori decisi, precisi e forti
: il pallore dei visi, il biancore abbagliante e lacerante dei corpi,
la morte e la deposizione con il corpo esangue e abbandonato del Cristo,
e le espressioni di dolore, e la ‘tragedia’ della ‘passione’
, con le espressioni dei volti e delle figure colte e calate in una
sorta di stupìto dolore, con altre che dicono quanta indifferente
ferocia l’uomo sia/è capace di esprimere; insomma un
impasto di emozioni con un ‘impianto’ da cui traspare
evidente la scelta e lo studio attento e profondo dell’autore.
Emozioni e sentimenti, valori solo umani ? un mistero (religioso);
è la visione ‘laica’ del mistero religioso : una
contraddizione in termini ?
L’uomo ‘ricercatore’ , che a volte si commuove:
quale mistero l’uomo ! e il dolore !
Intanto l’occhio guarda e si posa sulle varie ‘scene’
e le ammira stupìto : la natività (il presepe), il Cristo
deriso, la crocifissione, la deposizione, il compianto delle donne
e poi la decollazione del precursore Giovanni (il) Battista (battezzatore),
e il martirio di Pietro, di Stefano e di Sebastiano: e l’occhio
torna nuovamente a vedere e ri.vedere meglio i dipinti, nei loro dettagli
: impressionanti il volto del Cristo deriso, e il ghigno dei soldati,
tratteggiati con segni e pennellate magistrali! e il biancore cadaverico
del corpo di Cristo deposto, sovrastato dalla Madre affranta (stabat
Mater) sostenuta da una donna, e altrove il com-pianto delle pie donne.
E le tre scene dei martiri santi:
PIETRO - la figura possente di Pietro che viene alzato inchiodato
sulla croce a testa in giù (lui non si sente degno di venir
crocifisso come il suo Maestro!) : davvero notevole il contrasto cromatico,
la luce che centra il nucleo principale dell’episodio, il corpo
di Pietro, mentre rossastra è la figura di chi lo inalza sulla
croce.
E sul viso del proto(primo)martire STEFANO il terrore verdastro, per
la sua imminente lapidazione.
Quindi la figura in primo piano di SEBASTIANO legato ad un albero
mentre viene ‘frecciato’ dai suoi stessi commilitoni.
Quanta emozione e quale commozione! E il colore è determinante
nel sottolineare efficacemente i diversi stati d’animo, anche
degli ‘attori’. E quanto partecipata questa visione ‘laica’
del mistero religioso! < ‘valori (solo umani ?)’ che
anche Cristo e la Madonna ben rappresentano >,
vissuti in prima persona.
E ogni dipinto, ogni ‘scena’ meritano una sosta per capire,
e comprenderne anche l’attualità e la ‘modernità’
dell’insulto all’umanità, alla comprensione fraterna,
alla ‘pietas’ e a ogni forma di dialogo: ed è forse
proprio questo il sacro: o il Sacro ? la sacralità della sofferenza
e della vita, della Vita.
Ma ha un senso riflettere, e che senso ha riflettere sul significato
della vita ? questo spettacolare cammino che è… la Vita
! E ancora : il colore, le espressioni dei volti, e le smorfie, e
la posizione dei corpi sono davvero ‘efficaci e parlanti’
: il rosso dei carnefici e del sangue; e il tormento e il terrore
sui volti, il pallore giallastro e mortale dei corpi variamente distorti
e martoriati…
e tutto conferisce ‘sapore’ alla tragedia rappresentata.
Complimenti !
‘Momenti’ dunque, scelti molto bene per sviluppare il
tema del ‘sacro’ e per essersi ‘ispirato’
a tali ‘soggetti’; e come dimenticare l’ampia scena
della crocifissione, i carnefici con martello e chiodi e la lunga
lancia (di Longino) che penetra le carni, e l’umana intensa
e profonda amarezza di Maria affranta (nella ‘deposizione’)
sostenuta e sorretta da una donna; come pure il compianto delle ‘pie’
donne, assai struggente; e le espressioni del volto di Giuseppe, e
dei pastori, pecore comprese, e del ragazzo che guarda il Bambino
che dorme in braccio alla madre Maria, nel presepe.
Personalmente ho visto e rivisto più volte queste immagini,
questa Mostra che di ‘solo e soltanto umano’ mi sembra
abbia ben poco: anzi. Quanta emozione e commozione, e quale suggerito
insegnamento: frutto mi pare, di una sorta di ‘necessità’
interiore, di un’ansia e di una ricerca che non è solo
cromatica e teatrale.
E quale forza, quale freschezza espressiva, immediata, pulsante e
palpitante!
Allora, se l’arte è necessità ‘interiore’
mai sopìta, è contemplazione, compartecipazione emotiva,
diletto e godimento e il loro contrario… e se questo è
spirituale anèlito, e se l’arte sa e riesce a suscitare
tali emozioni, tali sentimenti di pietà, di commozione e affetto,
di tenerezza e ammirazione, che dire ? può anche trasmettere
e infondere “speranza”, che senza di essa non si può
‘vivere’ nè essere davvero felici.
E ancora: Se l’arte è emozione e commozione, tensione
e turbamento, è intuizione (intus. ire, tueri. in) religiosa
(re. e. ligere) perchè il ‘sacro’ è ciò
che unisce (re. ligare), il sacro (Sacro) come sorgente unica dei
nostri ‘valori’, di libertà e responsabilità;
religione in quanto unione con il mondo superiore.
Ed è anche ri.pensamento e crogiolo, analisi e valutazione
critica soprattutto ‘interiore’ (in interiore homine,
(noli foras ire) per ‘purificarsi’ poi in campo artistico
come espressione creativa, estetica ed estatica: ed è il colore
sapientemente ed efficacemente ‘usato’ a manifestare,
visivamente e cromaticamente, i più diversi sentimenti ‘non
soltanto umani’ di stupore e di gioia, di ansia e di attesa,
di tristezza e di dolore.
Susanna... Soltanto un dipinto a parer mio ‘si stacca’
da questo ‘svolgimento’, quello all’ingresso: un
corpo nudo di donna, di schiena, che cattura gli sguardi ardenti di
alcuni ‘vecchioni’ che sgranano gli occhi verso la ‘casta
Susanna’ al bagno, in primo piano seduta mentre si raccoglie
i capelli : da notare il forte contrasto tra il biancore della carne
del suo corpo e il ‘grigiore’ delle figure degli anziani,
tesi verso di lei, con gli sguardi precisi e mirati, vogliosi e indagatori,
curiosi e impudìchi; poi da loro ‘ingiustamente’
accusata di adulterio, e condannata a morte per lapidazione perché
erano stati ‘respinti’ da lei ! verrà poi salvata
per l’intervento di Daniele (episodio del Vecchio Testamento).
Esco dalla Mostra con sentimenti diversi e tante emozioni nel cuore
e nella mente; la bravura tecnica è evidente, come pure sono
evidenti le intenzioni dell’autore che ‘non guarda né
dipinge in maniera indifferente’ le scene che lui stesso ha
proposto: si è ispirato, e le ha scelte !
Il dolore, il ‘sacro’ della Vita e della morte, ‘l’umanità’
ritratta con ‘religiosa’ commozione … e rispetto!
Ancora qualche pensiero...
1) Immagini tolte dalla vita di Cristo, situazioni episodi cruciali,
crudeli e fondamentali: la sua venuta, la crocifissione, la morte,
la deposizione… (e la Risurrezione!).
Un invito a leggere al di là… del dipinto.
2) Dunque un pittore capace, ‘filosofo’ attento, e indagatore
del suo io più profondo, un interrogarsi e porsi in ascolto
delle ‘voci’ più intime e dei tanti ‘perché’
che la vita offre e suggerisce alle anime più sensibili e ‘colte’
interiormente, specialmente ad un uomo Artista!
3) Questi alcuni pensieri suggeriti da questa rassegna di dipinti
sul ‘sacro’ (o sul ‘Sacro’ ?), un proporre
e un proporsi (e proporci) non come puro ‘diletto’ ma
come introspezione: dipinti e scene che sono il frutto di un
indubbio interrogarsi di un’anima (artistica) esperta e colta,
che pensa e che pulsa, che sa e riesce a dire e a donare con immediatezza
e sincerità.
4) Una Mostra suggestiva e coinvolgente, anche per la scelta del ‘luogo’
che la ospita, e a tal proposito, una riflessione sui ‘fondali’:
forse le tele avrebbero potuto essere collocate non direttamente sulle
pareti di legno ma con una sorta di passe-partout per meglio ‘gustare’
il dipinto, e ciò perché la parete di assi trasversali
di legno, con le ampie fessure (ottime tra tavola e tavola per arieggiare
l’antico fienile) ‘forse’ disturbano per la luce
che filtra; un passe-partout un po’ più ampio del dipinto,
per staccarlo dalla parete, ovviamente senza alcuna cornice,che altrimenti
‘costringerebbe e chiuderebbe’ malamente i dipinti che
hanno bisogno di ‘spaziare’… liberi.
5) Una Mostra comunque, positiva perché pro-positiva, che si
propone come un’esperienza da ‘leggere’ con attenzione
e rispetto, che coinvolge e che non si dimentica facilmente.
Perché un autore non si esprime così se non si è
interrogato e macerato‘dentro’ : un proporsi ‘artistico’
(ma non solo) che rivela un profondo anèlito interiore…
forse di chiarezza, per risolvere i tanti perché (urgenti)
della Vita. Perché da sempre l’uomo è assetato
di orizzonti…orizzonti di libertà. ‘Nati non foste
per viver come bruti…’ ci insegna Dante. E mai l’uomo
è stato così ‘tanto povero’ come oggi !....
6) Un pittore, ogni pittore, ogni uomo e artista è in continua
ricerca interiore, semprecchè sia ‘un uomo’, Humus
che fruttìfica… e ogni Mostra, come questa, è
un’occasione per apprezzare e gustare, ma anche
riflettere sul senso che ha… la vita, questo spettacolare cammino
che
è… la Vita ! Un dipinto è come ‘un libro,
che è men che niente se una volta letto non rifa’ la
gente!’. Ecco l’artista, l’Artista e l’Arte.
7) La sua pittura in verità non è solo presentazione,
rappresentazione, contemplazione… questa rassegna di ‘scene’
ispirate anche nei dettagli, dal Libro per eccellenza, che l’autore
ha dipinto con partecipazione emotiva (come la nostra!) e con viva
e indubbia commozione (come la nostra !) e forse con un intento non
solo espositivo e non solo narrativo, ma… ha pur voluto dire
‘qualcosa’ !
8) E allora sorprende un po’ la dichiarazione del pittore quando
dice che secondo lui < sacro non è sinonimo di ‘religioso’
ma di ‘valori umani’ che anche Cristo e la Madonna ben
rappresentano; è una visione ‘laica’
del mistero religioso > mentre sulla locandina della Mostra la
parola Sacro è con la maiuscola; non dimenticando poi tutti
i riferimenti attinti dalla vita del Cristo…
9) Se la ‘creatura’ umana, se l’uomo è ‘pictor’
delle sue e altrui emozioni, è sensibile e particolarmente
attento alla realtà e indaga nel suo io, se le sue domande
son anèlito e ansia ‘di luce’, ecco l’uomo
‘humus’ , non più soltanto pictor o faber ma molto
di più, incamminato lungo la strada della ‘ricerca’,
sospinto e sorretto da quell’ ansia di ‘luce’, privilegiato
‘artifex bonus’ sempre più capace di interpretare
per sè e per altri la realtà, non solo terrena, da privilegiato
e da vero Artista ‘creativo’.
10) Un auspicio ed un augurio al Pittore: che non lasci affievolire
e non disperda questo suo ‘dono’, anzi alimenti quell’anèlito
(vivo desiderio) e quell’afflato (soffio alito respiro) che
lo rendono capace di suscitare
tali riflessioni e messaggi, e continui a superare il dato prettamente
umano e la realtà sensibile; tenda e aspiri al sovra-umano,
al ‘sacro’ della vita.
Il Sacro, riguarda la presenza e le manifestazioni del divino, e sancisce
un essere ‘altro’ e ‘diverso’ rispetto al
‘profano’ (pro fanum, fuori, non sacro), il diversamente
umano, il sovra-naturale… quale unica fondamentale speranza!
11) I tre Santi:
* Pietro: Simone, poi Kepha Cefa roccia pietra Petrus – Pietro,
festa il 29 giugno (con san Paolo);
* Stefano, alla sua lapidazione era presente anche il giovane Saulo
di Tarso (il futuro s. Paolo) che teneva le vesti dei lapidatori (Atti
7,58) – festa il 26 dicembre;
* Bartolomeo o Natanaele, l’apostolo,uno dei dodici, < ecco
davvero un israelita in cui non c’è falsità >
(così definito dal Cristo), poi predicatore itinerante, morto
probabilmente in Siria (o in Armenia o in India), martire della Fede,
scuoiato vivo e decapitato, martire della Fede; Michelangelo lo ‘ricorda’
nel Giudizio Universale (Cappella Sistina) mentre mostra la pelle
di cui lo hanno ‘svestito’ gli aguzzini, e nei lineamenti
del viso deformati dalla sofferenza il Buonarroti ci ha lasciato il
proprio autoritratto; famosa anche la statua di Marco d’Agrate
nel Duomo di Milano: il santo scorticato con la pelle gettata sulle
spalle come una stola, immagine di vera crudezza, e vero ‘trattato’
di anatomia (si dice venga chiamato “ il màrtir de l’agent
di tass” … delle tasse!); festa il 24 agosto.
Una curiosità: anche a Moimacco (Udine) mio paese natale,
son conservate le reliquie sia di san Bartolomeo sia di santo Stefano;
e così pure dove abito attualmente a Roveredo in Piano (Pordenone)
è conservata una sua reliquia, collocata nella mensa dell’altare
maggiore; Patrono di Roveredo in Piano, quest’anno si festeggiano
i cento anni (1912 – 2012) della consacrazione e dedicazione
della Chiesa.
Le reliquie dell’Apostolo sono conservate nella Basilica di
san Bartolomeo all’Isola Tiberina, unica isola urbana del Tevere
nel centro di Roma (insula inter duos pontes); il teschio, sin dal
1238 è conservato nel Duomo di Francoforte.
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E se mi è concesso aggiungerei una ‘riflessione’
sulla Mostra
della iconògrafa Sig.ra Carmen De Bettin allestita
(con altre opere di pittura, scultura…) nel suggestivo ‘fienile
artistico’ di Giusto De Bettin:
* le ‘icone’ hanno un fascino speciale, sempre , e son
sempre un evento ;
* icona significa immagine, esser simile, apparire, è una raffigurazione
‘sacra’ dipinta (o meglio ‘scritta’) su tavola;
* l’iconògrafo presta la sua arte a Dio restando sempre
nel solco della tradizione;
* l’icona (o icone) mette in contatto con il mistero attraverso
la via della bellezza;
* l’icona è la raffigurazione visibile del mistero invisibile.
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Queste... le mie impressioni personali sulla mia breve e intensa
presenza in questa estate costaltese 2012 , ed ora a tutti un cordiale
saludu e sani sani.
SERGIO
GENTILINI - Costalta, luglio 2012
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