Intervista ad Alice Baker

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Qualche domanda a...

Alice Baker, giovane mezzosoprano e grande interprete di questi ultimi anni

Una voce dai mille colori

Alice Baker è una delle mezzosoprani più interessanti nel panorama musicale di questo ultimo squarcio di secolo. Il suo curriculum artistico è senza dubbio impressionante — considerata la giovane età — e ricco di collaborazioni con personaggi davvero notevoli: ha debuttato nel mondo della lirica nel 1986 cantando a Los Angeles il ruolo di Emilia nell'Otello di Verdi al fianco di Placido Domingo. Ha esordito in Italia con Josè Carreras al Teatro dell'Opera di Roma nella parte di Carmen. Numerosi sono i ruoli rossiniani da lei ricoperti, tra cui Angelina nella Cenerentola al Gran Thèâtre del Liceo di Barcellona e Rosina nel Barbiere per l'Opera di Francoforte.

Recentemente, ha partecipato al concerto di chiusura della seconda edizione del New Operafestival of Rome. Proprio la sua attività concertistica è uno dei suoi punti di forza: Alice Baker è passata con grande facilità dal Knaben Wunderhorn di Mahler alla Nona di Beethoven, dallo Stabat Mater di Rossini ai Wesendonk lieder di Wagner, dalla Grande Messa in do minore di Mozart alla Fairy Queen di Purcell.

Ha lavorato con direttori del calibro di Carlo Maria Giulini, Giuseppe Patanè, Sir Neville Marriner, Peter Maag, Daniel Oren, Jesus Lopez-Cobos. Registicamente è stata diretta da numerosi professionisti, tra cui Peter Sellars, Alberto Fassini, Silvia Cassini, Luciano Pavarotti.

La incontriamo nel giardino della sua abitazione romana, in un assolato pomeriggio di fine agosto.

Bene, signora Baker. Sappiamo che la sua attività non le concede molto tempo da dedicare ad un'intervista. Anzi, la ringrazio subito per l'opportunità. A proposito dei suoi impegni, può dirci qual'è stato l'ultimo ruolo che ha interpretato?
In questi giorni sto cantando molto in Canada e negli Stati Uniti. Ho interpretato recentemente Suzuki in una bella edizione della Butterfly di Puccini a Vancouver.

Ecco, qual'è — in genere — il suo approccio con i personaggi?
Posso tranquillamente definirmi una cantante-attrice che studia a fondo la propria parte da tutti i punti di vista. Proprio il ruolo di Suzuki mi sembra ottimo per affrontare l'argomento. Per interpretare questo personaggio bisogna trasformarsi nello stesso: si diviene l'appoggio di Butterfly, l'amica d'infanzia proprio come descritto nella storia originale in prosa. Quando canto questa parte cerco di immedesimarmi in lei con tutta la forza di cui sono capace. Ovviamente questo vale anche per Carmen, Emilia, Amneris, Azucena. Ripeto, prima di iniziare a studiare la parte musicale cerco di penetrare psicologicamente il personaggio con un lavoro di ricerca personale.

Quanto conta invece il lavoro di mediazione della regia con quello degli interpreti?
Il rapporto con il regista è importantissimo. Personalmente ho avuto la fortuna di lavorare con esperti in grado di tirare fuori il massimo da ogni cantante, anche se contribuisco spesso fornendo idee che servono come base per la costruzione del personaggio. Ovviamente, per questo lavoro occorre la collaborazione fondamentale del direttore d'orchestra per l'essenziale elemento musicale.

Si lavora meglio con registi specializzati nel repertori operistico oppure con professionisti provenienti dall'ambito teatrale o cinematografico?
Credo che sia solo un discorso comunicativo e di compatibilità caratteriale. Ho lavorato con registi provenienti da ogni settore del mondo dello spettacolo, anche se ho riscontrato — obiettivamente — una maggiore richezza di idee in coloro che sono passati dall'ambiente teatrale a quello lirico, ma proprio questa è la caratteristica significativa: nell'allestimento di un'opera tutti i collaboratori possono venire da mondi diversissimi tra loro. Il fatto di poter comunicare esperienze ed idee differenti rappresenta un'esperienza unica nel suo genere.

Come ha trovato l'esperienza di lavoro con Luciano Pavarotti?
Splendida. È una persona con cui si lavora benissimo. Possiede il grande pregio di essere molto sensibile ed estremamente vero.

E del Peter Sellars regista, cosa ne pensa?
Assolutamente un genio con una marea di idee. Ho lavorato con lui alcuni anni fa, a Chicago. Ho trovato molto divertente la possibilità di esprimermi artisticamente con lui.

Ci sono dei ruoli che preferisce interpretare?
Posseggo una voce che mi permette di cantare numerose parti grazie alla sua potenza e flessibilità. Posso passare dai ruoli protagonistici a quelli cosidetti "secondari" con una certa facilità, senza contare i grandi ruoli rossiniani di notevole consistenza e tessitura.

A proposito di Rossini, preferisce cantare le partiture dell'edizione critica oppure ama maggiormente le fioriture musicali sorte nel corso del tempo per evidenziare le capacità vocali dei singoli interpreti?
La critica, assolutamente. Quando ho cantato "L'Italiana in Ageri" all'Opera di Roma, era in uso l'edizione di Bruno Cagli: una vera rivelazione! Avevo con me anche la partitura in uso negli Stati Uniti, e dal confronto è scaturita una raffinatezza ed un'eleganza che Cagli ha saputo mettere splendidamente in rilievo.

Quindi, nessuna preferenza per quanto riguarda i ruoli. Ma esiste un autore che spaventa o — quantomeno — presenta della difficoltà interpretative per Alice Baker?
No, in genere non ho problemi di questo tipo, anche se all'inizio della mia carriera mi sono trovata a dover accettare — con una certa apprensione — ruoli da preparare in pochissimo tempo. A St. Louis, ad esempio, ho dovuto sostituire un controtenore haendeliano imparando l'intera sua parte: ben nove arie in soli dieci giorni! Senza contare che a Roma, al mio debutto in Italia, sono stata chiamata alle nove del mattino per cantare Carmen la stessa sera al fianco di Josè Carreras! Ovviamente, non sono d'accordo con questo metodo di preparazione. La fretta può solo rovinare la qualità d'esecuzione. Questa è la cosa che mi spaventa davvero.

Lei è giovane. Chi vuole intraprendere questa carriera deve necessariamente fare molti sacrifici. Sente di dover dare un consiglio a coloro che iniziano a muovere i primi passi in questo mondo?
Bisogna avere una passione profondissima per questo lavoro. I sacrifici sono necessari per arrivare a determinati traguardi. Spesso si è costretti a cambiare casa ed a viaggiare molto, anche solo per prendere lezioni al fine di raggiungere un livello tecnico che riesca a soddisfare le esigenze interpretative. La disponibilità personale deve essere massima.

Per alcuni critici — specialmente di casa nostra — essere troppo giovani impedirebbe ai cantanti di interpretare determinati ruoli. Cosa ne pensa?
Sono d'accordo, anche se non si può ridurre tutto al fattore cronologico. Dipende tutto dallo sviluppo della voce. Un soprano leggero può essere maturo già a venticinque anni. Ma forse non si può dare una rispsta precisa a questa domanda. Resta inteso che la voce deve essere curata, senza troppe forzature.

Esiste, per lei, una sfida da vincere a tutti costi?
Oh, certo. Vorrei poter vedere il mondo della lirica riaffermarsi come in passato ed arrivare a livelli qualitativi paragonabili a quelli del cinema o del teatro d'autore, ricchi di spessore scenico e drammatico.

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Alice Baker appare per gentile concessione della
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e dell'MIA MANAGEMENT [ROMA]

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