LA
PERCEZIONE DI SÉ E L'AUTOVALUTAZIONE
L'autovalutazione concorre a definire lo
spazio nel quale possiamo espanderci e gestirci con una certa autonomia, nel rispetto
delle regole che l'ambiente richiede e pretende. Tale spazio potrebbe essere sentito anche
come recinto che vincola i nostri movimenti, come prigione dalla quale non decidiamo noi
quando uscire.
La percezione di sé in rapporto agli altri orienta precocemente e costantemente le
scelte, i progetti di vita. Può costituire una base di lancio per spiccare voli più o
meno audaci e fortunati verso mete ambiziose; oppure un arroccamento su posizioni
difensive che esauriscono le energie in una strenua lotta contro nemici e pericoli
immaginari, ma vivi e operanti nella mente di chi non sa liberarsene.
La capacità di rispondere non soltanto alle sollecitazioni estreme, ma anche ad un
propulsore interno che spinge a conoscere, a sperimentare ciò che ci circonda, ha le sue
radici nella fiducia in sé che il bambino acquisisce nei primi mesi di vita. Il bambino
deve essere guidato assai presto verso l'autonomia e aiutato a superare l'ansia di essere
osservato dagli altri e di non riuscire ad accettarsi.
Nel processo di sviluppo egli sente nascere in sé rinnovate energie, nuove possibilità
di misurarsi con le difficoltà della crescita. Nelle situazioni positive egli sperimenta
lo spirito di iniziativa che aggiunge all'autonomia la qualità dell'intraprendere, del
pianificare e dell'aggredire per il piacere di essere attivo e in movimento.
Un'altra tappa cruciale della crescita è l'impatto con la scuola. E in questa fase non è
raro il pericolo che egli percepisca un senso di inadeguatezza e di inferiorità,
alimentato da una scuola che è più preoccupata di giudicare che di insegnare e formare.
Nella pubertà e nelladolescenza lo sviluppo fisico e specialmente la maturazione
sessuale sembrano mettere in discussione le precedenti conquiste. Ladolescente sente
acutamente il bisogno di trovare conferma nei giudizio degli altri del senso
dellidentità dellIO che sta nascendo in lui e del bisogno di assumere un
ruolo sociale e sessuale nellambiente. Nel caso che queste conferme vengano a
mancare si possono verificare manifestazioni delinquenziali e psicotiche.
Questo breve richiamo ai momenti più importanti della crescita umana mette in evidenza
quanto decida nell'individuo una positiva autovalutazione. Questa lo spinge a procedere
nella realizzazione delle proprie potenzialità, a ricercare la sua dimensione creativa e
produttiva integrando le motivazioni personali con le esigenze dell'adattamento alla
realtà. Al contrario, può essere di grande impatto, nell'evoluzione di un individuo, una
bassa autostima derivante da un senso di inferiorità. Sentirsi meno capaci degli altri
può indurre a una passiva accettazione delle proprie modeste possibilità di riuscita
oppure alla determinazione a superarsi in ogni modo pur di avere quel successo che
compensi la convinzione di valere poco e di dover faticare più di chi è naturalmente
favorito. "II complesso di inferiorità e il suo parente prossimo, il complesso di
superiorità, costituiscono le modalità attraverso cui la persona dichiara a se stessa e
agli altri che non possiede la forza necessaria a risolvere un dato problema in un modo
che risulti socialmente vantaggioso. E' ben noto che questo stato d'animo, con tutti i
pensieri, i sentimenti e le azioni pratiche che comporta, conduce a fallimenti. Tutti i
fallimenti che ci sono noti costituiscono l'esito di un complesso di inferiorità" (A.
Adler)
Il complesso di inferiorità favorisce nell'individuo l'impostazione di vita su scelte
fittizie, compensatorie. Si crea un 'falso Sé', modellato su schemi mentali che muovono
da suggestioni familiari e dagli ideali proposti dai mass-media. Sono queste le premesse
per l'insorgenza di una nevrosi che contrappone il reale senso di inferiorità
all'esaltazione fittizia della propria superiorità.