Trieste, 24.08.2003

SISSA/ISAS
Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati
International School for Advanced Studies

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L'UNIVERSO ? UNO FRA TANTI ! 

Cielo stellato ! Ci vedi il paradosso di OLBERS ? An active question in astrophysics goes this way. Assuming the universe is infinitely large and would than contain an infinite amount of roughly uniformly distributed stars, then should not the night sky be blazing with light from these stars. That is, even if the farther stars are fainter, their number increases with distance, thus there should be an enormous amount of the star light reaching Earth. The reality is that the night sky is relative dark. What do you think ?

Come un batterio in una goccia d'acqua: non può conoscere quello che c'è fuori di essa. Questa è la nostra condizione di osservatori dell'universo secondo la teoria della relatività. Noi osserviamo ora e qui, da un certo punto. Per questo non ci è permesso di conoscere ciò che sta fuori dal cono di luce del passato e quindi sulla natura e sulla forma dell'universo in cui viviamo possiamo fare solo congetture. Ciò che una volta poteva essere oggetto di divagazioni culturali esterne all'ambito strettamente scientifico oggi emerge nello spirito del tempo al centro della discussione nei congressi scientifici per molteplici ragioni interne alla ricerca fisica. Per di più il tema è di grande impatto emotivo oltre che conoscitivo poiché opera uno spostamento di visione pari a quella generata dalla teoria copernicana. La cosmologia nasce nel 1917 come banco di prova per saggiare la validità della teoria della relatività generale di Einstein. Nel dibattito che si è aperto in seguito negli anni 50, alcuni cosmologi ne rintracciano le origini nei miti greci e nei problemi lasciati insoluti dalle antiche cosmologie. Altri invece come Hermann Bondi individuano l'atto di nascita della cosmologia all'interno della teoria della relatività generale che, attraverso la formulazione di un modello matematico dell'universo, ha trasformato i problemi qualitativi posti dalle antiche cosmogonie in problemi quantitativi. Le interpretazioni date al termine cosmologia sono due. Una, più restrittiva, che considera la cosmologia come spazio del pensiero all'interno della teoria della relatività; l'altra come ambito per speculare oltre gli orizzonti dati perché, come sappiamo, la nostra possibilità di osservare l'universo ha dei limiti oltre i quali possiamo avventurarci solo con le nostre capacità noetiche. Telescopi sempre più potenti ci permettono di osservare porzioni sempre più ampie di universo ma resta sempre un oltre che rimane sconosciuto. Ci sono cose poi che possiamo osservare solo indirettamente come la materia oscura, rilevabile solo attraverso gli effetti gravitazionali. La luce stessa attraverso la quale vediamo ha una velocità limitata, cosicché possiamo costruirci dei modelli di universo che hanno degli orizzonti temporanei o permanenti oltre i quali non possiamo andare. A tutto ciò si aggiunge l'assunto che noi osserviamo l'universo non dall'esterno, con gli occhi di Dio ma da un certo punto. Tale assunto, che non è provabile sperimentalmente, è chiamato l'assunto copernicano. L'origine della discussione sui multiuniversi prende l'avvio dalla domanda posta da Fitzgerald, insieme ad altri fisici inglesi, a L. Boltzmann. Secondo le leggi di distribuzione di Boltzmann - Maxwell l'universo dovrebbe andare incontro ad uno stato di equilibrio termodinamico. Perché invece il Sole e le stelle ci dimostrano che ci troviamo in un universo che è lontano dalla morte termica ? La risposta data da Boltzmann per mezzo di un suo immaginario assistente fu che il problema si risolve ipotizzando una fluttuazione. In altri termini l'universo non è omogeneo. Noi viviamo in una regione particolare (un universo isolato) che è lontana dall'equilibrio termodinamico ma altre regioni potrebbero trovarsi in tale stato. Nel dibattito dei nostri giorni la soluzione data da Boltzmann viene ripresa da più di un modello cosmologico. Per le diverse teorie dell'inflazione, proposte al fine di risolvere certi problemi interni alla teoria del Big Bang, e particolarmente nella inflazione caotica di Linde, l'idea dei multiuniversi diviene una soluzione necessaria. Così pure è utilizzata nella fisica delle singolarità e dei buchi neri che altro non sarebbero che porte verso altri universi. La sua nascita è poi strettamente correlata con quella del dibattito sul principio antropico, definizione che Brandon Carter ha dato a quello che inizialmente si chiamava principio di conoscibilità. Fu proprio Carter a mettere in correlazione il principio antropico con la soluzione dei multiuniversi per risolvere alcune coincidenze che avvengono nel mondo fisico. Ma i multiuniversi possono costituire la soluzione di alcuni problemi a patto che non siano solo possibili: occorre che siano attuali. L'ipotesi dell'attualità dei multiuniversi viene corroborata da l'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica, fatta da Hugh Everett dell'università di Princeton. La teoria di Everett, per quanto paradossale, è l'unica secondo noi cosmologi che dà la possibilità di parlare di un vettore di stato per l'intero universo. Ancora una volta le congetture fatte in ambito fisico avvalorano le speculazioni che a suo tempo furono fatte in ambito filosofico, dagli infiniti universi e mondi di Bruno a gli universi possibili di Leibniz, senza omettere l'idea di Hobbs che tutto ciò che è concesso dalle leggi di natura o è stato, o è, o sarà. Per il principio di pienezza, così come concepito da Lovejoy, se altri universi sono possibili da qualche parte dovranno pur esserci, poiché Dio non lascia buchi nella creazione. Secondo il filosofo della scienza George Gale questi universi possono essere separati tra loro o spazialmente, perché collocati in regioni molto lontane, oppure possono esserlo temporalmente. Il dibattito sui multiuniversi è importante perché testimonia l'esistenza di possibili processi casuali alle origini del cosmo. Per questo motivo l'universo non è solo.

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