Lettera di 
Domenico de Angelini
9 giugno 1997

 
San Pedro - Ca(lifornia)


Carissimo Gianclaudio,

Ti ringrazio sentitamente perciò che mi hai spedito, con mia somma sorpresa e grande meraviglia. Solamente, per grande fortuna intatto ed un pò spiegazzato, in quanto la busta quasi aperta e tutta stracciata. Ancora un grazie di cuore per tuo grande interessamento sulle nosre "radici". Mi è piaciuta la pagina sulle personalità. Purtroppo anche lui non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe pagato salato quel amor patrio. Ebbe una gran fortuna che durante l'occupazione del dopo guerra a Pola c'erano gli alleati, e non i titini, altrimenti avrebbe fatto la fine del povero Cristoforo.

In quanto alla scheda di famiglia, qui in America è molto diverso, nei confronti con l'Italia e l'Europa. Qui il mondo è molto diverso, qui non esistono Comuni, anagrafe e via dicendo, tutto è incamerato a Washington-Baltimora. Il cognome di una persona rimane tale e quale, soltanto dopo cinque anni di residenza può iniziare le pratiche per la cittadinanza americana, che avviene la sua chiamata al palazzo del governo per un esame politico in lingua inglese, e se desidera cambiare il suo cognome, al governo lo schedano con il nuovo però a loro rimane pure il vecchio. In seguito se ha bisogno di viaggiare può farsi il suo passaporto inviando la sua carta cittadina per posta, e dopo otto giorni riceve il suo passaporto. Questo è tutto, altri grattacapi non ci sono.

Cambiando argomento iniziamo con mio padre, che nessuno lo chiamava per nome, ma bensì con il titolo: il nobile. Mia madre per parte di sua madre (mia nonna) aveva il sopra nome: "la pasto da virze". A Rovigno abitavamo in Calle Garzotto, e la nostra casa era la più alta alla fine della calle, facendo angolo, con la Cal dei fulmini. Le due calle erano in salita e finivano al di dietro di "Monto". In quella casa sono nato, e me la ricordo sempre, perchè da bambino ero nelle belle giornate sempre sul davanzale della finestra della mansarda, in quanto si poteva avere un magnifico panorama osservando quel mare di tetti e tegole bruno rosso che si stendevano fino a vedere il mare argenteo e le vele delle barche che si cullavano in quella distesa blù e le isole in un verde con un sole d'argento dando allo sguardo un magnifico quadro rimasto indelebile nella mia memoria di bambino.

Alla fine della guerra, 1915-18, siamo tornati nella nostra casa, dove tutto pareva morto, noi eravamo tra i primi arrivati, e qualche contadino al mattino presto si sentiva camminare, dirigendosi verso la lontana campagna con il suo asinello. Rovigno incominciava a rivivere dopo un lungo torpore, senza la sua gente. Io non ero più su quella finestra consumando le belle giornate. Ormai ero grandicello e portato dai miei genitori all'Ospizio Marino per essere curato nel corpo divenuto gracile debole, e con la perdita dell'occhio sinistro ed ascessi in tutto il corpo, in seguito ad una grande sommossa dei profughi affamati ed ammalati, senza le mortalità dei bambini. Tutto finì tragicamente, in quanto i gendarmi del campo, chiamati i soccorsi del caso, che arrivarano, con un drappello di Gendarmi a cavallo ordinando di entrare nelle baracche, spingendoli i poveretti in un fuggi-fuggi, mentre io ero che giocavo sul margine del canale, che era lo scarico di ogni casa, e nelle giornate di tiepido sole emanava odori nauseabondi. Tutto fu un attimo, mi sentii spinto cadendo nelle acque putride di quel canale, rimanendo senza sensi, solamente aprii gli occhi nel mio lettino dove mia nonna mi guardava piangendo, mia madre intanto era corsa nell'infermeria del campo. Il medico arrivò, mi guardò, poi disse a mia madre di coprirmi bene in caldo, ma non c'è nulla di grave. Passai la notte in un dormiveglia, guardando mia madre  con gli occhi umidi del pianto. Il giorno dopo ero diventato come un pallone gonfio. Spaventata mia madre corse dal dottore che mi guardò dicendo che era la reazione. Però mia madre osservandomi bene vide che l'occhio sinistro aveva nel centro un velo bianco, fece delle prove con le dita, accorgendosi che non vedevo bene. In un attimo fu in infermeria dove espose il caso, ma il dottore la rassicurò, in tanto io piangevo per i dolori alla tempia. Non volle nemmeno vedermi, presa dal dolore e dall'ira, prese un vaso di vetro che le capitò fra le mani e lo scagliò in faccia al dottore, che gridando sanguinava. Il gendarme di guardia telefonò, e con due gendarmi la portarono in prigione dove si chiarì il caso, fece  una notte in quella prigione, ed al mattino seguente con mia madre ci portarono all'ospedale di Graz, dove immediatamente mi sottoposero ad una accurata visita dichiarando a mia madre che ormai non si poteva fare più nulla. Pertanto bisognava subito estrarre l'occhio per non perdere anche l'altro. L'oculista mi curò per sei mesi nella cavità e poi mi misero il primo occhio artificiale. All'Ospizio marino fui degente per un intero anno. Nel frattempo mio padre venduto l'alloggio di via Garzotto, comperò assieme a sua sorella una bellissima casa a due piani a Dietro Castello in faccia al mare, da persone non di Rovigno che facevano ritorno in Austria. Per ovvie ragioni, non andando d'accordo mio padre vendendo il nuovo alloggio alla sorella, fabbricò la casa in via dell'Istria, al Cristo prima del bivio, Pola-Trieste, intitolata Villa Nobile su i due pilastri del cancello di ferro battuto.

Nel 1925 la Posta e Telegrafi di Rovigno viene cancellata dal Governo di Roma e passa sotto appalto, così mio padre viene trasferito alla Posta e Telegrafi di Pola. così nel settembre 1925 ci siamo trasferiti a Pola, quell'anno io passavo alla seconda tecnica, però il mio pensiero fisso era l'arte del disegno e la pittura, pertanto passai direttamente alle scuole serali "Arti e Mestieri" per 4 anni. Avevo in mano Diplomi ma non occupazione. Il fascismo mi aveva promesso di pagare le spese alle "Belle Arti di Venezia" "aspetta cavallo che l'erba cresca". Miseria e disoccupazione. Ho fatto mille mestieri, dal disegnatore, al picchettatore di ruggine alle carene dei piroscafi. Visto che non era da poter continuare, feci domanda come mutilato da un occhio nella prima guerra mondiale come civile, per ottenere la patente per sali e tabacchi. Finalmente mi avevano dato la licenza governativa. Per un paio di mesi così e così. Ma un bel mattino sono venuti ad avvisarmi che la tabaccheria è stata completamente svaligiata e sotto tutto, così avevo un debito da pagare.

Avevamo cambiato alloggio, e abitavamo in via Lepanto, un rettilineo che partiva dall'Ospedale civile, e diritto in salita finiva su un prato e pineta dove l'Austria aveva costruito un enorme fortino in cemento armato semi diroccato, con una bella veduta e che dominava la città, l'ultima casa della via, tagliata alla fine dalla via Faveria, dove abitavo io con la mia famiglia. Eravamo in piena guerra, e quel mattino ci alzammo con l'allarme fuori ordine, e cioè, la città era circondata dalle truppe germaniche, giunte durante la notte. Però non si capiva il motivo. Però più tardi si era chiarita la questione quando abbiamo visto i prigionieri italiani della Base Navale in fila scortati a vista portati via in prigione con i treni in Germania. Era l'8 settembre, l'Italia aveva deposto le armi, con un armistizio. Il giorno dopo i manifesti, per le classi del 20-19 per la TOT in Germania, esonerati gli occupati nei lavori. Bisognava trovare un qualsiasi lavoro, tornando a casa incontrai un amico che lavorava nel silurificio, mi disse che tutti cercavano un'occupazione. Andai a casa e parlando su questo argomento mi disse mio padre che l'organizzazione U.N.P.A militarzzati per la protezione antiarea e che un capo ufficio delle Poste aveva qualche cosa da fare, ma adesso che sono arrivati i tecdeschi non sa se ha ancora in mano qualche impegno.

Quella sera torno a casa e mi disse che ancora i tedeschi non hanno in mano (la città), ma data la circostanza critica sarebbe bene farsi fare il foglio di visita medica, e poi correre all'ufficio in caserma per essere ammesso. Quella sera stessa sono andato da quel dottore spiegando il caso, mi disse: "Credo che sarà ancora tempo facendomi la visita medica, ed andare se possibile la sera stessa. Ho avuto veramente fortuna, mi hanno fatto il tesserino poi sono andato al magazzino vestiario mi hanno dato il vestiario, la divisa, l'elmetto, gas maschera, mi sono subito vestito, caso mai (facessi) un brutto incontro (durante) il permesso d'uscita, mi hanno raccomandato di essere all'appello alle 7 nel cortile della caserma. Contento come una Pasqua andai a casa senza incontrare anima viva, non ho quasi dormito niente aspettando il primo chiaro, per partire da casa. Quel mattino in fila all'appello quando il sergente chiamò il mio nome tutti si voltarono di scatto guardandomi come una bestia rara. Poi entrando per il caffè parecchi mi conobbero, mi ero salvato in extremis. Il tardo mattino venne un comandante tedesco per controllare, dicendo che fra un'ora prenderanno le consegne ed il Comando.
Mia madre e mia sorella Gemma, unita mia moglie i due bambini erano partiti per Rovigno, dove presidiava un comando tedesco, e la città era quieta..
Il comando militarizzato dell'U.N.P.A. (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) sotto il comando tedesco, aveva subito cambiato la sua insegna a dicitura militare di "Luftschutz". Sulla tuta grigia nuove mostrine, elmetto, nuova disciplina, rigida ma giusta, la pulizia nel camerone, dove erano allineati i letti a castello con materassino, lenzuola e coperta. I letti erano 40 allineati in giro alle pareti, onde avere spazio libero in caso di attacco aereo con spezzoni incendiari. La divisa appesa accuratamente ai piedi del letto, con un tubo di ferro a uncini, pratico per appendere e per vestirsi, e la bustina blu scuro come per gli U-boat, con differente insegna. Tutto ciò che era italiano completamente sparito. Tutto il litorale aveva cambiato nome.
I bombardamenti erano incominciati; a susseguirsi, e noi eravamo sempre in pericolo. Poi quando il lavoro s'intensificò in tutto l'arco del porto, ai piedi delle colline del Porto, una fitta rete di cavi telefonici, in pieno contatto con i fortini disseminati lungo le colline che racchiudono il porto, un intenso collegamento sotterraneo lavorato per mesi, e sempre in allarme durante il lavoro, e spesso e volentieri, senza acqua nè cibo per i continui attacchi pericolosi, rimanendo nascosti nei profondi canali. Tre volte sono rimasto sotto intenso bombardamento e mitragliamento, per fortuna sempre incolume. Il 14 luglio 1944 eravamo in caserma a lavori finiti, avevamo fatto un pranzo con i fiocchi, pastasciutta (più carne che pasta, dolce e frutta, e tutta l'ufficialità con noi. Avevamo terminato il pranzo e tutti chiacchieravano, pareva che la guerra non esistesse, una giornata meravigliosa tutta l'alta ufficialità era andata in bunker che era vasto e lungo, e per dare un'idea, molte volte siamo entrati con due autocarri, nell'interno pareva ci sia l'aria condizionata. Quel giorno soddisfatto mi ero sdraiato su di un muricciolo all'ombra di un albero, e quattro tedeschi all'ombra sull'erba. Quel giorno di ferie stavamo tranquilli e le sirene dormivano. Guardavo gli alberi ed il cielo azzurro e non pensavo a nulla, un leggero rumore di motore mi pareva venire dal fondo di quel lunghissimo viale alberato, pareva un trattore, non feci menomamente caso. Però questo veicolo non arrivava mai. Strano, pensavo perchè il rumore continuava, mi misi sull'allarme. Ad un tratto lo sento più forte, trattengo il fiato e prendo paura, era motore d'aereo, e non suona l'allarme, sono sicuro, mi metto a gridare "fliger allarm!" corro come un pazzo verso l'antro del bunker, ma una tempesta di sassi e terra mi fa volare, sento che sono come schiacciato, e non vedo e non sento più niente. Mi sono svegliato all'Ospedale, tutto mi faceva male, mi pareva che non sentissi nulla, però vedevo le persone che si muovono attorno di me come le scimmie , guardavo ma mi mancava la forza di parlare, poi oscuro.
Il giorno dopo mi sono svegliato e tutto mi pungeva, mi pareva di essere sdraiato fra le spine. Per quattro giorni ho visto l'inferno, poi mi sono assopito una giornata intera, come mi hanno riferito. Ho fatto 18 giorni di Via crucis, il 19^ è arrivato il mio comandante dicendomi che era venuto a trovarmi, "Ma sono andato via perchè non capivi bene". Dunque mi disse, oggi sei dimesso per cause di forza maggiore, non c'è più posto per i feriti, e chi stà un pò meglio deve dare il posto ad un altro. Dov'è la tua famiglia? A Rovigno, risposi, bene noi abbiamo un Presidio a Rovigno, così passerai la convalescenza fino che (ti) mandiamo a chiamare. Domani mattina alle 10 tu partirai con una barca a motore, poi là continuerai. Siamo partiti alle 4 p.m. e arrivati a Rovigno quasi a mezzanotte. La sentinella controllò i miei documenti, ho consegnato la lettera del comandante che mi accompagnò sino al Presidio, poi solo son giunto fino all'abitazione battendo forte per svegliarli  e che vennero ad aprirmi quasi impauriti (non ricordo il n. civico, ma so che era difronte all'orologeria Coppi) mi diedero il medico, continuando a migliorare. Nel frattempo mio fratello mi scrisse che in uno dei tanti bombardamenti è sparita la caserma, ed il comandante ferito è tornato in Germania, e tu oramai sei passato nel dimenticatoio, non pensare lascia che il tempo cammini. Quando i titini sono arrivati a Rovigno ho bruciato tutto ciò che mi era compromettente. Poi è avvenuta la novità della leva militare dai 15 a 60 anni. Roba incredibile.
Ho dovuto presentarmi, in quanto non si poteva uscire da Rovigno. Poi mi fanno guardandomi: - Come mai queste cicatrici fresche? Da dove vieni?
Da Pola, ho risposto, e non appartengo a questo Comune, ma sono da parenti, per rimanere fino che mi sentirò in forze,  sono rimasto sotto tre bombardamenti, inoltre vorrei pregarvi per un permesso di due o tre giorni per vedere se la mia casa è ancora in piedi, o se ho tutto perduto.
In silenzio mi hanno dato un'occhiata e poi si sono decisi di farmi un lasciapassare. Ho salutato militarmente con il pugno, e sono uscito pensando che il primo passo era fatto. Guardando il biglietto, son rimasto sul chivalà vedendo che era stato scritto per due mesi. Troppo strano, troppo generosi. Ho pensato subito che qualche cosa non era regolare. Sono partito tre giorni dopo con me c'era Angelo Bronzin lo zoppo, poi ho visto che a bordo c'era pure un signore ben vestito e appartato dietro di noi, e m'è venuto un dubbio. Non mi ero sbagliato perchè al momento dello sbarco a Pola, questo personaggio si mise alle spalle di tutti e due dicendo:
- Compagni Angelini e Bronzin, ho l'ordine di portarvi all'O.Z.N.A.(polizia segreta jugoslava)";  così siamo andati dalla padella alla brace. Primo è stato chiamato Bronzin, e dopo quasi un'ora hanno chiamato me, credevo di trovarlo dentro, invece sparito. Dietro di me, due  angeli custodi armati. Quell'ufficiale stava sfogliando carte ed ogni qualtanto guardandomi senza parlare. Un silenzio piuttosto nervoso, stanco di rimanere impalato, ruppi per primo il silenzio dicendo: - Compagno ufficiale se hai dei dubbi, prendi il telefono e chiama Gianone. A quel nome l'ufficiale scatta dalla sedia dicendomi: - Chi è per te Gianone? - Mio cognato, risposi secco. Quello per secondi è rimasto muto, poi cambiando faccia e calmo mi rispose: Sai compagno, noi siamo una polizia giovane, e dobbiamo guardarci metro per metro, poi un momento di silenzio, poi ad un tratto guardandomi mi disse: - Va bene compagno puoi andare, così dicendo mi consegnò il biglietto d'uscita e me ne andai respirando a pieni polmoni l'aria libera della sera. Trovai un buon nascondiglio, ed il 12 di giugno entrarono le truppe inglesi, così finì l'incubo. Mio cognato come tanti altri credevano al "credo" di Tito, ma ben presto si accorsero del passo falso e chi ha potuto con un pò di fortuna all'ultimo momento si salvarono. Così fece mio cognato assieme a mio fratello Lidio che scappò da un pericolo, entrando in un altro. Soltanto 40 anni dopo seppi da mio cognato in quale baratro senza uscita mi trovavo, è grazie a lui se oggi sono vivo. Ero destinato con altri disgraziati, quella stessa notte, legati con filo di ferro spinato ad imbarcarmi a Fasana sulla nave "Lina Campanella", diretti a Buccari, e che non è mai arrivata, perchè cozzò contro una mina vagante saltando in aria. I superstiti furono mitragliati dalla vicina costa.
Mio cognato e mio fratello scapparono di notte tempo con una barca, ma in alto mare furono travolti da un fortunale e rimorchiati sulla costa italiana da un bragozzo di Chioggia. La mia sorte la ho saputa, dopo 40 anni, decisi di visitare fratelli, cognati dopo tanti anni in Australia, dove fummo festeggiati con un'allegria mai vista. Mio cognato mi raccontò la verità, mi avevano preso, sapendo che sono venuto in bocca al lupo, tutto perchè ero il figlio di Angelo il fascista della prima ora. Dunque ritornando sul racconto di mio cognato, dovevo essere messo immediatamente nelle carceri di Pola, in via dei Martiri e messo nell'elenco dei 161 tra uomini e donne, che quella stessa notte, legati con filo filo di ferro le mani dietro la schiena e trasportati a Fasana per essere imbarcati sulla nave cisterna "Lino Campanella" diretta a Buccari. Durante il suo viaggio, all'altezza del Canale di Arsia si imbattè in una mina vagante, saltando in aria. I prigionieri sopravissuti che per molto poco potevano sopravvivere, furono mitragliati dalla vicina costa.
I giuliani hanno affrontato l'esodo, con determinazione fredda e responsabile. Sapevano che l'Italia sconfitta semi distrutta, malvista internazionalmente, avrebbe offerto loro le baracche di legno, il pane nero, e ancora razionato, il sussidio dei poveri. Esilio ha significato per noi l'abbandono di ogni cara cosa, per molti ha voluto dire la morte, la disperazionem la miseria. Unica scelta l'emigrazione.
 
 

A L L E GA T O

 
 
~ Prima famiglia ~
Domenico de Angelini - nato a Rovigno sposa: Maria Cipriani (Balbi)
figli: Angelo nato a a Rovigno 1886 sposa: Elena Zanelli 1888
  "    Francesco (Francile) disperso I Guerra Mondiale, anni 17
  "    Maria + nata a Rovigno, deceduta in Italia;
  "    Olga +     "           "            "      "       Utica -U.S.A.
  "    Anna        "           "          (vedova) abitante in Via delle Ortensie 28, 50142 Firenze
II

 
+ Angelo de Angelini fu Domenico e fu Maria Cipriani
nato a Rovigno 1886 - sposa Elena Zanelli 1888
figli: Domenico nato a Rovigno 5 novembre 1912
  "    Nicolò (ammogliato) nato a Wagna 8 gen. 1916 - Stiria
  "    Maria +                     nata a Rovigno 1920 - Australia
  "    Silvano (ammogliato)  "       Rovigno
  "    Lidio        "        "        "            "        - via Petrella 24 -10154 Torino
  "    Gemma (vedova)         "            "       - Australia

 
III

 
+ Domenico de Angelini nato a Rovigno 5 nov. 1912 - fu Angelo
residente U.S.A. Sab Pedro Ca. - ammogliato con Negrita Cossovi
figli: Edward Alex - nato a Pola 25-6-1942
  "     Elsa Gemma    "           "    22-11-43 (vedova)
  "     Ervino Angelo "     a Caserta 19 sett. 55 (ammogliato) - Arizona
IV

 
+ Edward de Angelini di Domenico e Negrita Cossovi - nato a Pola 25-6-1942 abitante a Torance Ca. 90503
 ammogliato con Jolanda Gambel
figli: Eddie nato a Torance Ca. U.S.A. - (ammogliato) Felicia ?

 
Lidio de Angelini
 Domenico de Angelini
Angelo Silvano de Angelini

 
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