I/a. Il colore: l'essenza del colore

il pensiero la tecnica

 

 

 

introduzione

 

Johann Wolfgang Goethe universalmente noto per la sua opera poetica e letteraria, fu anche profondo conoscitore della natura. La sua opera scientifica spazia dalla botanica alla zoologia, dalla mineralogia alla meteorologia, dall’ottica alla cromatica. "La teoria del colore", del 1808, è fondamentale per lo studio del colore, infatti essa porta ad accostare la scienza all'uomo e a dare della natura un'interpretazione spirituale.

Quel che conta in Goethe non è il risultato delle sue ricerche, concordi più o meno con quelle della scienza attuale, ma è come egli abbia affrontato l'argomento. Sia nelle scienze, sia nell'arte il vero progresso non è mai dovuto alla semplice osservazione o alla servile imitazione della natura. Mille e mille persone passano davanti ad un fenomeno trascurandolo, poi una sola persona osserva lo stesso fenomeno e scopre una grande legge scientifica. Galileo ne è un esempio lampante per la sua scoperta del moto pendolare, quanti uomini prima avevano visto la lampada che oscillava nella chiesa, ma non avevano carpito ciò che nascondeva?

Può contemplare le profondità della natura solo chi abbia la necessaria predisposizione e la forza atta a scorgere nei fenomeni qualcosa di più dei semplici fatti esterni.

Vi siete mai chiesti perché solitamente si dispongono i colori dell'iride intorno ad un cerchio?

Il cerchio, è una figura archetipica che rappresenta il disco solare, indica la totalità (il cerchio è il primo nesso che ci fa partecipi del microcosmo nel macrocosmo) e intorno ad esso vengono disposti i colori, venendo così chiamato: cerchio cromatico. Da questo Goethe estrae l'esagono cromatico dove ad ogni colore corrisponde nel lato opposto il suo complementare.

Quando il nostro occhio percepisce il colore si attiva e avverte un altro colore complementare al primo. Si raggiunge così l'armonia e la completezza. Ma se si deve ricercare la totalità è anche vero che essa esiste dentro di noi, infatti una cosa può essere riconosciuta solo da ciò che le è simile.

Goethe mette in versi una frase di Plotino: "Un occhio non avrebbe mai visto il sole se non fosse simile al sole; ugualmente, l'anima non potrebbe vedere il bello senza divenire essa stessa bella".

Tutto il pensiero di Goethe si svolge attorno allo studio e all'osservazione della natura, infatti l'artista crea seguendo gli stessi principi che usa la natura, secondo le sue leggi.

 

J. W. Goethe (1749-1832), poeta, drammaturgo, romanziere e scienziato tedesco.

 

 

 

"...In questo senso l’espirare già presuppone l’inspirare e viceversa, e ogni sistole presuppone la sua diastole. E’ l’eterna formula della vita che, anche qui, si svela.

Non appena all’occhio si presenta lo scuro ecco che esso richiama il chiaro, mentre ecco lo scuro quando gli si ponga dinanzi il chiaro, nel che esso mostra la sua vitalità e il suo diritto a cogliere l’oggetto nel momento in cui, traendolo da sé, ne produce l’opposto."

 

J. W. Goethe, "La teoria dei colori".

 

 

"Il colore che una pietra ha nel mondo fisico si manifesta nel mondo spirituale come l'esperienza del suo colore complementare; così una pietra rossa ci appare come verdastra vista dal mondo spirituale; una pietra verde ci appare come rossiccia, e via di seguito."

 

R.Steiner, "La scienza occulta nelle sue linee generali".

Cerchio cromatico di Goethe

Se fissiamo il primo cerchio cromatico a sinistra per alcuni secondi e poi spostiamo la vista su di una superficie bianca vedremo comparire istantaneamente la figura di destra, e viceversa.

Cerchio cromatico complementare

 

Questo cosa significa? Ci spiega come il mondo sia costituito da polarità cosmiche. Senza luce non esisterebbe tenebra, qualunque cosa al mondo, sia un evento, una cosa, un comportamento umano, possiede due lati e presenta come una polarità tra due contrari. Quindi si desume che noi viviamo in un oscillare continuo di equilibri naturali che si incontrano nella vita, l'unità degli opposti. Non esisterebbe vita, non esisterebbe cosmo senza la loro unione che vive contemporaneamente nel presente, e quindi coesistono sempre due realtà. Immaginiamo una figura geometrica costituita da una linea a otto o lemniscata. E' un'unica linea per la quale però occorre uscire nello spazio. Questo genere di rappresentazione presuppone un uscire e un rientrare nello spazio. Infatti ogni volta che ci proponiamo qualcosa noi pensiamo, prima di agire e quindi usciamo dallo spazio, e quando muoviamo la mano per agire ritorniamo nello spazio. Il mondo spirituale coesiste nel presente insieme al mondo fisico-materiale, formando un'unione. Aspetto fisico e morale non sono due entità, ma sono un'unica unità che ha due aspetti diversi. Attraverso la scienza dello spirito si imparano a moralizzare i concetti fisici e quindi si scoprono le leggi che regolano il cosmo.

 

 

origine dei colori

 

Rudolf Steiner, profondo conoscitore dell'opera scientifica di Goethe, si interessò ad una teoria scientifico-spirituale dei colori per la creazione artistica, che espose in diverse conferenze dal 1914 al 1924 e che furono raccolte nel 1929 nel volume "L'essenza dei colori". Partendo dalle teorie Goethiane sul fenomeno originario e sull'azione sensibile-morale del colore Steiner arriva a farci scoprire il mondo dei colori. Non dobbiamo pensare i colori come ce li propone la moderna scienza, perché essa in realtà non da una reale conoscenza dei fatti, ma  dobbiamo tornare indietro nel tempo presso i dotti del X secolo.

Qui si parlava delle entità spirituali, come di entità che si possono proprio incontrare e si sapeva che in determinate circostanze la loro azione si verificava. Ma in seguito sparì dalla coscienza umana il legame diretto con le entità intelligenti dell'universo. Affiorava la coscienza verso gli elementi del cosmo riferito solo all'ambiente terrestre. Non si parlava più di intelligenze cosmiche che regolavano i movimenti dei pianeti. Iniziò ad esistere solo acqua, terra, aria, fuoco, che attraverso i secoli persero di contenuto spirituale e divennero fisici. Nella descrizione dell'evoluzione della Terra vi erano entità appartenenti a gerarchie che vissero in determinate epoche dell'evoluzione terrestre, che di generazione in generazione si susseguirono e arrivarono a creare il colore. Ai tempi di Aristotele è questo che si sapeva sulla provenienza dei colori. Infatti nella sua armonia dei colori, dice che il colore significa una cooperazione della luce e della tenebra. Come l'ombra della luce, pensata cosmicamente è aria, così l'acqua è nel cosmo il riflesso, la creazione del colore.

Il rosso è qualcosa che ci assale, e lo si vorrebbe allontanare, mentre il blu lo si vorrebbe inseguire perché si allontana da noi. Nei colori tutto è vivente. I colori sono un mondo e l'elemento animico si sente nel mondo dei colori e non può fare a meno del movimento quando segue i colori sperimentandoli con l'anima. Queste descrizioni erano alla base delle verità basilari degli alchimisti, occultisti, rosacrociani medievali, che fiorirono tra il IX, X al XIV, XV secolo, ed ebbero sporadici seguaci sino al XIX. In seguito queste conoscenze furono occultate dalle moderne concezioni della scienza.

 

R.Steiner, "L'essenza dei colori".

 

 

i quattro colori immagine e i tre colori splendore

 

Secondo Steiner il mondo dei colori si differenzia in nero, bianco, verde, fior-di-pesco quali colori-immagine, secondo l'interiore essenza dei colori stessi; distinguendo dal carattere di immagine l'essenza splendore dei colori nel blu, giallo, rosso. Questi infatti hanno certe qualità volitive proprio dovute al fatto di essere splendenti. Il colore si percepisce come colore dello spettro, come lo vediamo nell'arcobaleno, sia come colore dei corpi. Per esercitare la pittura occorre usare parti costitutive di corpi e le loro mescolanze.

Spiegando i primi prendiamo ad esempio il colore verde che solitamente tendiamo ad associare alle piante, perché sentiamo collegato il verde con l'essenza della pianta. Perché la pianta rappresenta il verde per noi? L'essenza che dà il colore verde alla pianta è nel corpo fisico e quindi il verde non può essere la sua vera essenza primordiale, cosa che si trova nel corpo eterico. Attraverso il verde la pianta ci si rivela nel suo elemento minerale. Quindi il verde sta nell'immagine della pianta non nel suo essere vero. Il verde è attribuibile per paragone al ritratto di un personaggio, non è il personaggio vero, ma la rappresentazione della sua immagine. Pensiamo che il verde è peculiare della pianta, che fra tutti gli esseri la pianta è il vero essere della vita. L'animale ha un'anima, l'uomo ha spirito e anima. I minerali non hanno vita. Solo per la pianta si può dire che la sua essenza sia la vita. Quindi il verde rappresenta l'immagine morta della vita.

Il color fior-di-pesco, indica il colore dell'incarnato umano. Infatti ciò che abbiamo davanti a noi nell'incarnato come colore è l'immagine dell'anima. Solo se l'uomo ritrae la propria anima esso diventa verde e arriva a ciò che è morto. Quindi il fior-di-pesco rappresenta l'immagine vivente dell'anima.

Il colore bianco non lo associamo ad una cosa della natura, ma se abbiamo qualcosa di bianco e lo esponiamo alla luce abbiamo la sensazione che abbia affinità con la luce. Quindi se pensiamo alle fonti luminose naturali come il sole queste ci appaiono bianche. Il colore ci appare sulle cose ma il bianco del sole non ci appare direttamente sulle cose. Quindi il bianco ci appare come luce e suo contrapposto polare è il nero. Il nero è la tenebra. La luce rende percepibili i colori, ma non vediamo la luce come vediamo il rosso, il giallo, il blu. La luce è ovunque, ma noi non vediamo la luce. La luce deve essere fissata a qualcosa perché noi possiamo vederla, deve essere trattenuta, riverberata. Il colore è sulla superficie delle cose, la luce non aderisce a nulla, è fluttuante. Noi stessi quando siamo avvolti dalla luce ci sentiamo nel nostro vero essere, sentiamo un'intima parentela tra la luce e il nostro essere. L'io è spirituale e si sperimenta animicamente sentendosi pervaso di luce. Il bianco o la luce, rappresenta l'immagine animica dello spirito.

Il nero, la tenebra, in natura lo si può trovare nel carbone che però diventa chiaro e trasparente nel diamante. Il carbone quindi ha la sua immagine nel nero. Il nero è estraneo alla vita, la pianta muore quando diventa carbone e l'anima viene meno quando il nero è in noi. Lo spirito invece fiorisce perché può compenetrare questo nero ed affermarsi in esso. Quando si dipinge di nero su una superficie bianca, si immette dentro questa superficie bianca lo spirito. Il nero rappresenta l'immagine spirituale di ciò che è morto. Il colore in questo circolo è sempre un'immagine, non è mai nulla di reale. L'immagine di ciò che  è morto, della vita, l'immagine dell'anima, l'immagine dello spirito.

Nel giro vengono sempre prese le mosse da quel che precede per quel che segue. I quattro regni della natura: il regno morto, il regno vivente, il regno animico, il regno spirituale, risalgono da ciò che è morto al vivente, all'animico e allo spirituale, seguendo analogamente il circolo dei colori fondamentali. Questi regni rappresentano: minerale, vegetale, animale e umano. Il mondo dei colori non è una realtà è un'immagine. Immagine di ciò che è morto il nero, di ciò che vive il verde, di ciò che è animico il fior-di-pesco, di ciò che è spirito il bianco.

Immaginiamo un bianco in quiete sul quale si facciano irradiare da due parti due colori diversi, da una parte il giallo e dall'altra il blu, ne risulta il verde.

Il fior-di-pesco invece lo otteniamo dipingendo nero e bianco intervallati non in quiete ma si muovono ondeggiando e interponendosi. Poi li illuminiamo e irradiamo di rosso e otteniamo il fior-di-pesco nel reciproco vibrare di nero e bianco nel quale si faccia irradiare il rosso.

Il verde lo abbiamo nella natura, invece il fior-di-pesco lo abbiamo in un uomo del tutto sano e sanamente compenetrato dall'anima nel suo organismo. Questo colore nasce dal fatto che nell'organismo umano non vi è mai calma ma è sempre tutto in movimento, e quindi tutti i ritratti sono come delle maschere, perché senza il movimento non si ha davanti il vero incarnato ma un'approssimazione.

I colori-splendore sono il giallo, il rosso e il blu. Dove vi siano limiti occorre dipingere un giallo più pallido, verso i bordi e nutrito al centro, perché il giallo deve irradiare diffondersi e diventare meno intenso. Limitarlo è prendersi gioco della sua vera essenza. Se dipingiamo una superficie di blu uniformemente, questo ci richiama qualcosa di sopraterrestre nella sfera terrestre, come faceva Beato Angelico. Solo nella sfera del divino è concepibile dipingere di blu uniformemente. Per la sua essenza quindi il blu è al contrario del giallo, esso ha bisogno di essere irradiato dal perimetro verso l'interno dove si attenua. L'anima ponendosi di fronte a questi colori viene appagata se il pittore trae fuori dal colore ciò che il colore stesso esige. Il verde va steso a punta di pennello, il giallo irradiato per trasportare la propria anima nel raggiante spirito, e il blu ritirato nella propria interiorità formando una crosta intorno a noi. In questo modo il pittore vive nel colore e dipinge sul quadro appagando l'anima.  

 

giallo

rosso e fior-di-pesco

blu

 

Se prendiamo in considerazione il rosso, lo possiamo comprendere meglio se lo distinguiamo dal color fior-di-pesco, nel quale il rosso penetra come splendore. Se si prendono le due colorazioni e le si mettono vicine, si sente che il rosso, secondo la sua essenza, è in quiete, è in mezzo tra l'irradiarsi e il rinchiudersi. Mentre il fior-di-pesco vuole allargarsi sempre di più, effondendosi sino a disperdersi del tutto. Il rosso rimane fermo al suo posto, agisce solo sulla superficie.

L'essenza di questi colori è che il nero, il bianco, il verde, il fior-di-pesco, rispecchiano qualcos'altro, hanno carattere di immagine, hanno aspetto di ombre. Nel giallo, nel rosso, nel blu risplende invece qualcosa e rappresentano il lato esteriore di una essenzialità. Quindi nero, bianco, verde, fior-di-pesco sono colori-ombra. L'ombra proiettata nella sfera animica dallo spirito è il bianco. L'ombra proiettata nello spirito da ciò che è morto è il nero. L'ombra proiettata in ciò che è morto dal vivente è il verde. L'ombra proiettata in ciò che è vivente dalla sfera animica è il fior-di-pesco. Ombra e immagine sono affini tra loro.

La fisica prende in considerazione la scala prodotta dal fascio di luce che si divide in sette colori dal rosso al violetto, senza tener presente dello splendore del rosso, poi nella scala arrivati all'arancione, giallo che irradia verso l'esterno (ciò che  splende si attenua), e si arriva ad un colore immagine, il verde. Passando al blu ritorniamo ad uno splendore di genere opposto centripeto. Poi solo uscendo dalla scala dei colori si può giungere a quello che si può rappresentare solo in movimento: nero e bianco in movimento irradiati dal rosso che formano il fior-di-pesco. Quindi partendo da uno splendore, si penetra nel vero e proprio colore immagine, si passa nuovamente ad uno splendore e soltanto ora di nuovo si arriva ad un colore-immagine: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto. Se però non si tiene la fascia diritta ma la si curva così come si trova nel mondo superiore, in modo da mettere la parte calda a sinistra e la parte fredda a destra, disegnandolo in cerchio, si ottiene in alto il fior-di-pesco, e si ritorna nuovamente ad un colore-immagine. Lo spettro cromatico si estende a destra e a sinistra nell'infinito. Colore immagine sopra (1), colore immagine sotto (2), splendore a sinistra (3), e splendore a destra (4). A base di tutto si trovano gli altri due colori-immagine, il nero e il bianco. Salendo dal bianco si incappa nel verde; il nero gli muove incontro dall'alto verso il basso; nel mezzo essi cominciano a lottare e insieme allo splendore del rosso danno il fior-di-pesco.

Se abbiamo il giallo e lo poniamo di fronte all'anima col sentimento, ne siamo colpiti tanto che continuiamo a farlo vivere interiormente in noi. Esso ci rende più sereni, e quindi diventiamo più armonizzati con il nostro io, diventiamo pervasi di spirito.

Visto che esso splende dal centro verso l'esterno, esso splende verso la nostra interiorità come spirito: il giallo è lo splendore dello spirito. Il blu col suo raccogliersi interiormente, il suo difendersi per conservarsi interiormente, è lo splendore della sfera animica. Il rosso col suo riempire regolarmente e uniformemente lo spazio, è lo splendore del vivente. Il verde è l'immagine del vivente. Questo risulta dal fatto che se osserviamo per qualche secondo un rosso molto carico e poi distogliamo gli occhi, su una superficie bianca, vedremo il colore verde, ed è valido anche il contrario. Che cosa è l'immagine del vivente nell'interiorità? Lo si deve uccidere per averne un'immagine. Queste sono le nature attive di colore e costituiscono ciò che splende, gli altri colori sono calme immagini. Analogamente nel cosmo abbiamo il contrasto tra le immagini dello zodiaco, che sono immagini calme e i pianeti. Nel nero, bianco, verde e fior-di-pesco abbiamo qualcosa che agisce in modo riposante, sono interiormente calmi, come le stelle fisse. Nel giallo, rosso, blu abbiamo qualcosa di interiormente in movimento, di planetario. Il giallo, rosso e il blu danno le gradazioni agli altri colori. Col giallo e il blu, il bianco si modifica in verde. Il rosso modifica il fior-di-pesco, che splende nell'azione reciproca di bianco e nero. Si vede come i colori siano in reciproca azione. L'artista quando ha a che fare con giallo, rosso, blu, incanta nel suo quadro qualcosa che ha per se stesso un carattere interiormente attivo; invece quando lavora con verde e fior-di-pesco su nero e bianco, sa già che nel colore dà il carattere immagine. Comprendere l'essenza dei colori significa sapere riconoscere quello che il colore vuole, riconoscendo che il giallo vuole proprio essere molto carico al centro e sfumare verso i bordi, perché questa è la sua natura. Quindi se si vuole fissare il giallo in una superficie uniforme occorre fare qualcosa di diverso, in modo che in esso agisca qualcosa che tolga il suo carattere originario, la sua volontà. Il giallo deve prendere peso e introducendo qualcosa che lo appesantisca il giallo diventa colore dell'oro. Mettendo in un quadro un fondo oro, si toglie l'essenza del giallo, la sua volontà e lo si fissa in se stesso. Per questo gli antichi pittori sentivano nel giallo lo splendore dello spirito, ma volendo lo spirito sulla terra dovevano dargli pesantezza. Cimabue usava lo sfondo oro perché dava allo spirito una dimora sulla terra, rendeva presente il cielo nel quadro. Le figure che risaltavano sul fondo oro si sviluppavano come creature dello spirito. Se dunque trattiamo il giallo come colore, per sua natura occorre caricarlo al centro e poi sfumarlo, se vogliamo fissarlo come superficie uniforme dobbiamo metallizzarlo. Il colore metallizzato è colore fissato agli oggetti materiali. Nella sfera spirituale  animica tutto si conclude, e quindi dobbiamo integrare lo spettro dei colori. Se ci educhiamo a vedere la mobilità dell'incarnato e non solo il suo colore, e a vivere in esso, sentiamo come il nostro corpo è riempito dalla nostra anima, siamo alla porta d'ingresso di un mondo spirituale, ed entriamo nel mondo spirituale. Il colore scende fino alla superficie dei corpi, ma il colore solleva l'uomo dalla materialità e lo conduce allo spirito. 

 

 

R.Steiner, "L'essenza dei colori".

 

 

come i colori si fissano sui corpi

 

Il vero e proprio carattere immagine si ha nel verde, il vero colore fissato nel mondo esterno, nel mondo vegetale. Ora bisogna cercare nel verde del vegetale il carattere, l'essenza del verde in generale. Il regno vegetale si è formato durante la precedente condizione della Terra, quando ancora lo stato solido non esisteva ancora. Quindi esso si è formato e trasformato durante il corso l'evoluzione dello stato planetario. Il regno vegetale si deve essere formato durante l'evoluzione dell'antica Luna nell'elemento liquido, visto che il solido ancora non esisteva. Quindi il colore compenetrava quel liquido come un'onda. Non aveva bisogno di fissarvisi, altro che tutt'al più in superficie. Solo in superficie il liquido iniziava ad avvicinarsi al solido. Quindi in questa fase dell'evoluzione della Terra abbiamo a che fare col verde fluttuante, o in generale col colore fluttuante e con ciò che è propriamente elemento liquido. Soltanto nella fase evolutiva Terra le piante poterono assumere la loro forma solida, incorporando l'elemento minerale. Quindi le piante da esseri fluttuanti diventano esseri con dei limiti e solo nell'attuale stato della Terra esiste quella che indichiamo come pianta. Solo allora il colore deve aver preso nella pianta il carattere che in essa percepiamo oggi, un verde fissato. La pianta però non porta solo il verde perché si sa che durante le sue metamorfosi passa attraverso altri colori. I fiori della pianta possono essere: gialli, blu, bianchi, e rossi e così anche i frutti. Quando la pianta assume un colore diverso dal verde, ciò deriva dal rapporto col divenire degli altri colori, soprattutto dal sole, dalla sua luce. Infatti quando le piante non possono esporre i loro fiori al  sole, si rinchiudono e ripiegano su se stesse. Il sole metamorfosa il verde, interviene sul verde e lo porta in altro stato. Qual è l'astro celeste che ha la massima manifestazione sulla Terra? Quale astro può agire in contrapposizione al Sole e sarebbe capace di provocare nella natura della pianta ciò che la luce solare metamorfosa, fa trapassare in altri colori? Cosa può produrre il verde nel mondo vegetale? La Luna è la contro-immagine polare del Sole. Nel vegetale vi è compenetrazione tra l'elemento lunare e quello solare. Infatti la luce lunare compie il suo effetto sul vegetale durante l'oscurità solare. Da qui si capisce come il verde diventa immagine e sulla pianta non è splendente come gli altri colori. Gli altri colori della pianta hanno carattere splendente. Il verde è fissato alla pianta mentre i fiori splendono. Questa è la stessa cosa che avviene nel cosmo: la luce solare splende e quella lunare è l'immagine di quella solare che si fissa. Grazie al Sole nella pianta abbiamo lo splendore dei fiori e nel verde abbiamo la fissità, il colore dell'immagine della Luna. Quindi sapendo che, nei colori della pianta agisce il cosmo, nella formazione dei colori nella pianta vi è una collaborazione delle forze lunari e solari, abbiamo raggiunto il primo elemento che ci fa comprendere in che modo il colore si fissa ad un oggetto vegetale, diventando il colore di un corpo. Il mondo dei colori è come qualcosa che si sviluppa nel corso della nostra evoluzione terrestre, prima il colore irradia sulla terra dal cosmo, come splendore, e poi come qualcosa che dalla terra ne esce e ne irradia, il colore viene interiorizzato nell'oggetto. Seguendo questa esperienza nel colore e l'elemento cosmico nel colore e sperimentandolo avremo la possibilità di vivere nel colore stesso. C'è vita nel colore sciolto in acqua nella coppetta, vi si immerge il pennello e si lavora sulla superficie. Il colore si fissa su di essa e lo si conduce verso la stato solido. Si vive nel colore solo se lo si fa passare da uno stato liquido ad uno solido, in questo modo il colore rivive la stessa esperienza in cui è passato dall'antico stato lunare allo stato terrestre e vi si è fissato, poiché un solido si può formare solo sulla terra.

I colori di per se significano delle cose, il rosso ad esempio dignità o serietà, il blu mitezza, il giallo porta gioia. Ma questo non vuol dire che si debba dipingere simbolicamente, non è che essi debbano significare qualcos'altro oltre quel che sono, ma si tratta di poter vivere col colore.

Non si può parlare di soggettività del colore perché il nostro io è dentro al colore. L'io e il corpo astrale umano non si possono distinguere dal colore, essi vivono nel colore e sono fuori dal corpo fisico dell'uomo. Essi sono collegati con ciò che è colore esteriore, ed essi trasmettono i colori nel corpo fisico e nel corpo eterico. Il colore è il veicolo dell'io e del corpo astrale nel corpo fisico e in quello eterico. Per penetrare nella realtà occorre invertire la questione. Se il pittore vive nei colori, riceve ogni volta dai colori stessi la risposta alla domanda: in che modo i colori vogliono essere fissati? Si tratta di poter conversare coi colori, sono loro che ci dicono come vogliono essere stesi sulla superficie.

 

R.Steiner, "L'essenza dei colori".

 

 

la simbologia delle forme e dei colori

 

Carl Gustav Jung è uno dei più affascinanti pensatori e ricercatori del nostro secolo, colui che ha per prima individuato l’inconscio, come grande guida e consigliere del conscio. Noi comunichiamo con l’inconscio soprattutto per mezzo dei sogni e gli archetipi ed i simboli ne costituiscono il linguaggio. Nello stato di sonno, ritorniamo nel mondo spirituale e i sogni non sono altro che quel linguaggio, che abbiamo dimenticato, che non usiamo più consciamente nello stato di veglia, ma che ritorna proprio inconsciamente nelle opere che con l'arte costruiamo. In pratica l'arte è il linguaggio dello spirito e i suoi simboli sono una rappresentazione a noi familiare, perché si legano alle rappresentazioni di immagini archetipiche.

I simboli evocano qualcosa che sta al di là del loro significato ovvio, in quando possiedono un aspetto inconscio.

Gli archetipi lasciano le loro tracce nei miti, nelle favole e nei sogni, sono rappresentazioni di forme e immagini, tipiche del mondo e della vita, le quali corrispondono alle esperienze compiute dall'umanità nello sviluppo della coscienza, espressioni dell'inconscio collettivo.

 

 

 

C. G. Jung

(1875-1961), psicologo svizzero padre della psicologia analitica.

 

Il cerchio è da sempre simbolo di unità e armonia degli opposti, di spiritualità raggiunta, a questa figura è stato dato il nome di Mandala, parola sanscrita che vuol dire appunto cerchio inteso come perfezione spirituale. Nella figura che noi chiamiamo cerchio cromatico sono associati tutti i colori in movimento circolare che simbolicamente rappresentano la manifestazione della vita che è movimento, in contrapposizione all'assenza dei colori la cui non manifestazione è rappresentata dal nero, cui da sempre è stata associata l'idea della la morte e la stasi. Essendo i colori per la psiche, sia essa cosciente che inconscia, in movimento circolare continuo appunto, la risultante dell'informazione simbolica archetipo è che la vita e la sua perfezione, sia materiale che spirituale si raggiunge e si manifesta col movimento e l'esperienza diretta nel mondo, mentre chi si ferma è spiritualmente perduto nel nero statico della morte sia materiale che spirituale. A queste considerazioni possiamo aggiungere la simbologia del quadrato che gli alchimisti si sforzavano di "quadrare" appunto nel cerchio.

Il quadrato è il mandala della perfezione raggiunta in terra, quindi perfezione materiale che la successiva "quadratura del cerchio o nel cerchio", porta alla perfezione sia materiale che spirituale. Ora sappiamo, grazie agli studi di Jung che ha decodificato la simbologia spirituale dell'alchimia, che con questa informazione l'Inconscio vuole comunicarci l'esistenza delle quattro funzioni "psicologiche", che sono in numero di 3 + 1, tre nella Coscienza + una nell'Inconscio, affinché ne diventiamo coscienti per poterle così "quadrare" nel cerchio al fine di raggiungere questa perfezione sia materiale che spirituale attraverso il movimento vitale che è la risultante del loro controllo cosciente.

L'occhio è costretto a seguire, sulla circonferenza cromatica, un percorso circolare in senso orario, cioè verso destra, direzione che da sempre anche nei sogni indica la coscienza o fatti che avvengono nella coscienza, mentre la sinistra o il movimento a sinistra indica la direzione dell'Inconscio o fatti che avvengono nell'Inconscio, come era per la svastica nazista, simbolo solare ribaltato nel suo opposto.

Il triangolo indica che se portiamo a perfezione le tre funzioni psicologiche che stanno nella coscienza successivamente sarà facile far emergere la quarta funzione inconscia per formare quella quaternità rappresentata dal simbolo del quadrato, completezza vitale in terra che porta a sua volta, sempre attraverso il movimento vitale, alla perfezione spirituale rappresentata dalla quadratura del cerchio. Da sempre il triangolo rappresenta infatti il "dogma" della trinità, il quale, sino a che non si avevano queste conoscenze aveva valore di mistero e di verità rivelata indiscutibile e incomprensibile. Oggi per fortuna la possiamo discutere e quindi di conseguenza comprendere. Questo spiega il motivo per cui siamo portati a rappresentare tutti i Mandala con strutture interne che sono multipli di strutture ternarie e quaternarie che ribadiscono questi concetti archetipo. L'equilateralità sta ad indicare che le tre funzioni della coscienza devono essere sviluppate in maniera eguale per poter raggiungere quella "vista" spirituale che ci permetterà gli ulteriori progressi. Dentro questo simbolo religioso troviamo infatti sovente rappresentato un occhio, (l'occhio di Dio). Esistono due tipi di triangolo equilatero.

Il triangolo equilatero con il vertice in alto in alchimia è il simbolo del fuoco il cui colore è il rosso, ossia simbolo della vitalità di Mercurio ermafrodito. Mercurio è ermafrodito perché ha raggiunto l'unità degli opposti, è chiamato anche psicopompo degli dei, ossia portatore della volontà e dell'amore divino che procede dal Creatore verso ciò che ha creato, il cui colore simbolico è sempre il Rosso che infatti nella circonferenza cromatica sta nel vertice del triangolo dei colori primari, in alto nel punto di partenza del movimento vitale circolare. Questo triangolo con un trattino orizzontale è il simbolo dell'aria che a sua volta è un altro simbolo dello Spirito divino mercuriale. Il Rosso Mercurio con le ali ai piedi, portavoce del Dio e patrono dei ladri per meglio connotarne la doppia natura di questa figura della psiche materiale e spirituale che dovrebbe rappresentare la coscienza maschile, è contemporaneamente l'Animus della figura inconscia che appare nei sogni delle donne, nei sogni di entrambi i sessi appare spesso come colpo di vento o vortice d'aria e così sempre è stato rappresentato nei miti.

Il triangolo equilatero con il vertice in basso in alchimia è il simbolo dell'acqua, simbolo classico del regno inconscio. Mentre con un trattino orizzontale è il simbolo della terra, la Madre di tutte le cose. Acqua e Terra sono entrambi simboli dell'Inconscio rappresentato da Venere ermafrodita, perché a sua volta ha raggiunto l'unità degli opposti, figura complementare femminile di Mercurio, corrispondente all'Anima nei sogni degli uomini, e la figura che dovrebbe essere integrata nella coscienza delle donne, ed elemento trasformante della coscienza degli uomini, alla quale da sempre la mitologia ha attribuito il colore Verde che infatti nella circonferenza cromatica sta in basso come complementare del Rosso Mercurio. Da tutte queste geometrie combinate tra loro risulta la figura Simbolo dei quattro elementi.

A ribadire che quattro sono gli elementi necessari per raggiungere l'unità degli opposti, dove fuoco, aria, terra e acqua sono i quattro elementi simboli che si riferiscono alle quattro funzioni della coscienza, tre dello stesso sesso e una di sesso opposto nell'inconscio, rappresentato dall'acqua sia per l'uomo che per la donna, che bisogna rendere coscienti per poter raggiungere la perfezione di Mercurio per lui, e di Venere per lei. Ora se teniamo conto che la luce Divina spirituale come quella Solare materiale viene dall'alto, e il colore bianco che è la somma di tutti e tre i colori primari, (che contengono in sé i secondari e complementari), simbolicamente rappresenta la Sapienza di Dio, è giustificato disegnare bianco il triangolo dei colori primari col vertice in alto e ad esso andranno attribuiti tutti i simboli solari e maschili, mentre viceversa, se la luce viene dall'alto vuol dire che l'oscurità materiale come quella spirituale sta in basso, per cui è giustificato disegnare col nero il triangolo dei colori secondari e complementari col vertice rivolto verso il basso, e ad esso andranno attribuiti tutti i simboli notturni e femminili.

Se adesso per concludere volessimo riunire tutte le simbologie viste sino ad ora, divise in due classi in un unico simbolo che le comprenda tutte, non avremmo altra possibilità che disegnare ciò che esiste già da millenni ed è chiamato Sigillo di Salomone.

colori10.jpg (14099 byte)

Sigillo di Salomone

Da sempre la Sophia degli antichi saggi aveva dato ai colori e alle geometrie che da essi sono sottese la simbologia che gli compete anche nei rapporti geometrici e fisici che noi moderni abbiamo evinti dalla circonferenza cromatica estratta dalla perfezione dell'arcobaleno e dimostrata con gli strumenti della tecnologia scientifica razionale, ma con molte qualità in meno di quanto avevano già fatto quelli. Ciò equivale a dire che il processo razionale scientifico ha depauperato la ricchezza dei processi informativi della Natura stessa mentre, come dice Jung, al di là del valore matematico del calcolo spicciolo, i numeri che rappresentano queste forme e questi rapporti sono archetipi di un ordine interno della natura stessa che attraverso essi tende a rendersi cosciente alla natura umana per mezzo della proiezione simbolica che parte dall'Inconscio e diventa cosciente con l'uso corretto delle quattro funzioni della coscienza, mentre Gesù è una di quelle figure iniziatiche ricorrenti nella storia dell'evoluzione del pensiero spirituale che è venuto a ricordarcelo, come si evince dalla lettura simbolica dei Vangeli gnostici.

La cosa oggi si può anche spiegare con l'aiuto della psicologia comparata che poi altri non è che la scienza che discorre sull'Anima, la parola infatti è composta dalle due parole greche psiche e logos (letteralmente discorso sull'anima), in ultima analisi l'Anima (Animus) comunica la verità alla nostra coscienza per mezzo di immagini simboliche: "La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli e immagini. Non la si può afferrare in altro modo "Vangelo di Filippo Logon 10".

Queste parole di Gesù vanno prese alla lettera, si tratta solo di decodificare il significato simbolico di queste immagini, cosa che oggi possiamo nuovamente fare perché ne abbiamo recuperato il codice. Da ciò si evince che:

Tutte le informazioni Naturali sono contenute in un serbatoio psichico (o Divino Architetto o Inconscio collettivo o Sé), disponibile a tutti e col quale tutti siamo collegati tramite l'inconscio personale.

Le informazioni si manifestano nei sogni e nella creatività così detta cosciente attraverso la quarta funzione una volta che riusciamo a esprimere la volontà dei nostri veri desideri (sentimenti).

Le informazioni vengono espresse da sempre con un linguaggio il cui vocabolario sono le immagini della natura stessa,.

Comprendere il significato spirituale delle immagini simbolo del Divino Architetto significa poterlo usare per perseguire una piacevole vita sulla terra che ci permetterà successivamente dopo la morte del corpo fisico, una integrazione cosciente della nostra psiche nel "continuum" psichico del Divino Architetto medesimo.

 

Paul Klee. Teoria della forma e della figurazione.

Attilio Marcolli: Teoria del Campo.

Ruggero Pierantoni: L'occhio e l'idea, fisiologia e storia della visione.

Vassilij Kandinskij: Lo spirituale nell'arte.

Douglas R. Hofstadler: Goedel, Escher, Bach: Un'Eterna Ghirlanda Brillante.

René Guénon: Simboli della scienza sacra.

Rudolf Steiner: Le opere scientifiche di Goethe.

Fréderic Portal: Sui colori simbolici nell'Antichità nel Medioevo e nell'Età moderna.

Mircea Eliade : Il sacro e il profano.

Louis Charbonneau Lassay: Le bestiaire du Christ..

I. Schwar Winklhofer - H. Biedermann: Il libro dei segni e dei simboli.

C. G. Jung: Psicologia e alchimia Vol. 12, Studi sull'alchimia Vol. 13, Psicologia e religione. Vol. 11.

Tommaso, Maria, Verità, Filippo: I Vangeli gnostici.

a cura di di Sergio Pavone

 

il colore e l'alchimia
 

La tradizione ha sempre rappresentato l’alchimia come qualcosa di misterioso le cui origini non sono mai state definite. Molte storie e leggende sono state raccontate sull’alchimia e sugli alchimisti, immaginati sepolti nei loro antri oscuri, avvolti da un’aurea di occulto, alle prese con pozioni magiche e veleni potentissimi. La Pietra Filosofale, la Quintessenza, la Polvere rossa di proiezione, capace di trasformare in oro purissimo il più vile dei metalli, fu la loro ricerca. Personaggi come Ermete Trismegisto, Zosimo l’Alessandrino, Raimondo Lullo, Arnaldo de Villanova, Nicolas Flamel, Basilio Valentino, Paracelso, Johann Daniel Mylius, Giovanbattista Della Porta e, più recentemente, Fulcanelli ed Eugène Canseliet contribuirono ad accrescere questa immagine magica. I loro scritti appaiono ancora oggi un’inesauribile fonte di simboli e di geroglifici, segni di un’antichissima lingua le cui radici si affondano nella cabala ebraica, nelle elucubrazioni monacali del Medioevo e nei riti delle misteriose confraternite rinascimentali.
All’inizio del XX secolo gli studi di Scholem (
Gershom Scholem, La Kabbalah e il suo simbolismo, Torino Einaudi 1960) sulla cabala  ebraica  e quelli di C. G. Jung sui rapporti tra Psicologia e Alchimia hanno permesso di scoprire un’alchimia diversa da quella che fu creduta la sola arte della trasmutazione dei metalli vili in oro. Nella speranza di riprodurre, in piccolo, quanto esisteva nel Macrocosmo gli alchimisti lavorarono e rilavorarono, nelle storte poste sopra all’athanor, le più strane materie. Il loro laboratorio non fu solo l’antro oscuro, ma soprattutto l’uomo.
In questa fine secolo, ove lo strabiliante sviluppo tecnologico domina la vita dell’uomo, l’Alchimia è ancora in grado di attirare l’attenzione di molti che, alla ricerca di una loro precisa identità, trovano nel pensiero alchemico il modo per scoprire loro stessi e l’indole umana.

colori10.jpg (14099 byte)

Incisione di Mattheus Merian annessa alla Basilica Philosophica dell’Opus Medico Chymicum scritto dal medico chimico Johann Daniel Mylius e pubblicato da Lucas Jennis a Francoforte nel 1618.

 

Parlare di colore in un’incisione può sembrare improprio. Sarebbe più giusto parlare di bianco e di nero o di elementi in nero e in bianco. Il concetto duale del credo alchemico è stato trasferito nell’opera con grande tecnica dall’autore che ha sfruttato la contrapposizione tra i due colori assoluti per rendere visibile l’inizio, e la fine dell’opera.

In effetti in antichità si pensavano i colori legati agli elementi, ai temperamenti, alle stagioni, e all'età dell'uomo. Seguendo questi principi ne risultava che al nero o nigredo era legata la prima fase dell'opus alchemico, indicava l'umore malinconico, la notte d'inverno, la vecchiaia e la morte, ed era legato all'elemento terra. Di conseguenza all'albedo era legato il colore bianco, il carattere flemmatico, l'alba in primavera e l'elemento acqua. Al giallo o citrinitas, si paragonava il carattere sanguigno, il meriggio estivo, la giovinezza e l'elemento aria. Infine al rosso o rubedo e all'oro, la fase ultima dell'opus, si legava il carattere collerico, la limpida luce d'autunno al tramonto, la maturità e l'elemento fuoco.

La tecnica della contrapposizione tra luce e ombra, tra nero e bianco fu impiegata in varie opere d’arte il cui intimo significato aveva, alle volte, sfondo alchemico. Infatti i due colori possono essere posti all’estremità della gamma cromatica divenendo assenza o somma di tutti gli altri, loro negazione o loro sintesi. La negazione diventa, in tal modo, associabile alle tenebre primordiali, all’ora di Saturno che con le proprie influenze negative conferisce agli uomini gli umori della tristezza, della melanconia. L’affermazione è invece il colore messianico ottenuto per «sublimazione» della materia.
Un esempio di contrapposizione bipolare, in cui una parte inizia quando finisce l’altra, è il simbolo cinese del Tao, yin-yang (nero yin, bianco yang). In esso le singole unità sono perfettamente integrate senza alcuna prevalenza dell’una sull’altra e la linea curva mediana rilascia la sensazione della ciclicità e delle due metà dell’Uovo del Mondo.
I due poli, che si toccano e che si condensano in un unico "Uno", trovano corrispondenza nel passo della Tavola di Smeraldo «Sali dalla Terra al cielo e dal cielo ridiscendi alla Terra» e il nero saturnino diventa così preludio di una nascita, perpetuando la ritmica successione del Microcosmo a quella del Macrocosmo. Il simbolo preso a prestito cela anche un altro significato; quello della circoambulazione (l’imitazione dei cicli astrali che assicurano l’armonia del Mondo adattandola a quella dell’Universo) che nell’alchimia, diventa l’opus circolatorium. Infatti la materia era sottoposta ad una continua lavorazione e rilavorazione al fine di raggiungere un grado di purezza assoluta generatrice degli elementi più semplici ovvero della Quintessenza.

a cura di M. Fumagalli

 

il colore e la musica
 

Vasilij Kandinskij, moscovita, laureato in legge, insegnò diritto ed economia, fece il direttore artistico di una casa editrice, curò persino la decorazione di scatole di cioccolatini. Approdato tardi alla scuola d’arte di Monaco, si scontrò con la visione limitata di insegnanti che spingevano gli allievi a riprodurre la realtà con tratti solo realistici. La sua strada era diversa e, verso la fine dell’Ottocento, sentiva che avrebbe percorso territori inesplorati e atipici: «Il mio amore per il disegno mi faceva vivere fuori dal tempo e dallo spazio a tal punto che non mi sentivo più me stesso», dichiarò. Perché per lui l’arte non poteva essere disgiunta, oltre che dalla musica, dalla psicologia, dalla filosofia, dalla scienza, dal teatro. Perché seguiva una pittura che disegnava la trama e l’ordito di una spiritualità che trascendeva le immagini, spalancando alla visione dell’osservatore non un oggetto facilmente riconoscibile ma sentimenti, sogni, mondi interiori. Perché la sua ricerca del colore, che continuò per tutta la vita, univa l’abilità tecnica alla sensibilità che scopriva nuove forme, approdo, più che della logica, delle sensazioni personali. Davanti al Pagliaio di Monet si accorge che il quadro ha qualcosa di particolare: «Con stupore notavo l’immagine che s’imprimeva nella memoria e si riformava davanti agli occhi nei minimi particolari. La pittura possedeva la potenza incredibile di una tavolozza che superava tutti i miei sogni. L’oggetto dell’opera perse allora per me l’importanza della sua indispensabilità. Una piccola parte della mia Mosca incantata esisteva già su quella tela».

 

 

V. Kandinskij

(1866-1944),

pittore russo padre dell'astrattismo.

Iniziò così per Vasilij Kandinskij il viaggio alla ricerca di un modo di dipingere personale che rifiutava il realismo e sapeva dissolversi nella luce del colore, sentire il richiamo imperante della spiritualità. Prima fra tutti, quella della musica: l’ascolto del Lohengrin di Wagner gli rivelò, grazie ai «violini, i bassi gravi e soprattutto gli strumenti a fiato l’incanto luminoso dei colori. Linee scompigliate, quasi stravaganti mi si disegnavano davanti agli occhi». Una visionarietà che affondava le radici nella sua esperienza musicale (suonava il piano e il violoncello), in una sensibilità che gli faceva tradurre le note e le emozioni in pennellate dirompenti, in ricerca spasmodica della sensibilità del colore.

 

"il blu, che crea le sensazioni più profonde e il cui potere interiore aumenta con l’aumentare dell’intensità, ricorda l’organo, l’azzurro evoca il flauto e il rosso cupo i toni medi e gravi del violoncello, una linea verticale e una orizzontale provocano un suono quasi drammatico".

 

La sonorità della pittura, le note che evocano l’intensità dei colori, erano per lui espressione di un’arte che raggiunge le più alte vette della spiritualità. Il pittore diventa così musicista che suona le immagini: «Il colore parla direttamente all’anima, è la tastiera. Gli occhi sono i martelletti, l’artista la mano che suona e toccando i tasti suscita vibrazioni nell’anima, un piano dalle innumerevoli corde». Se i toni e i ritmi della musica vengono assorbiti dall’orecchio, perché le forme e i colori non possono parlare direttamente all’occhio e alla mente?

A confronto con varie culture, cittadino sovietico, tedesco e francese, con una vita sempre contraddistinta da viaggi, spostamenti e fughe, Kandinskij cercava un punto d’incontro tra la realtà orientale e quella occidentale, un confronto col pubblico e con le avanguardie artistiche. Lavorò anche a composizioni sceniche astratte, tra cui Il suono giallo, realizzò nel 1928 le scene e i costumi per l’allestimento dei Quadri di un’esposizione di Mussorgsky.

Scrisse svariati libri (tra cui il più noto è Lo spirituale nell’arte), fondò con Franz Marc il movimento del Cavaliere Azzurro e diventò amico del musicista e compositore Arnold Schönberg, che influenzò la serie delle sue Impressioni e Composizioni.

Senza precludersi nessun campo espressivo, si occupò oltre che di teatro, di cinema, diventando direttore dell’omonima sezione a Pietrogrado e, nel 1919, primo direttore dei nuovi musei di cultura pittorica di Mosca. È del 1922 la basilare esperienza dell’insegnamento dei fondamenti dell’arte astratta presso l’istituto sperimentale del Bahaus, insieme a Walter Gropius, Paul Klee, Laszlò Moholy-Nagy, Lyonel Feininger. I loro quadri, bollati come degenerati dal nazismo, furono tolti nel 1938 dai musei tedeschi. Precedentemente i pittori erano stati costretti alla chiusura della scuola e alla fuga. Nonostante le mostre collettive e personali, i lavori di Kandinskij, poco apprezzati, vennero comprati soprattutto da collezionisti svizzeri e americani (tra cui spiccava Solomon R. Guggenheim) che avevano scoperto un’arte, comparsa verso il 1913 e definita astratta che distorceva, frantumava e ricomponeva la superficie del dipinto, spiazzando gli osservatori, sottraendo alla loro vista oggetto e motivazioni del quadro, ma spingendoli verso un percorso interiore di ricerca espressiva profonda.

Altri autori come Jackson Pollock, Joan Mirò, Paul Klee, Jean Arp, Max Ernst, Lyonel Feininger, Ludwig Kirchner, Fernand Léger, Franz Marc, Pablo Picasso, Piet Mondrian, hanno influenze artistiche reciproche e percorsi comuni a Kandinskij.

Il Paesaggio con locomotiva nei pressi di Murnau, del 1909 e il Paesaggio collinare dell’anno successivo in cui le figure delle case, degli alberi e delle nuvole sfumano in un incrocio di colori vivi che preparano verso strade astratte. Ed è proprio nel Paesaggio con pioggia del 1913 che inizia la ricerca sul colore e le forme di Kandinskij. Il diluvio universale oltrepassa i riferimenti spirituali, inseguendo i raggi neri di pioggia che invadono la terra secondo la geometria di righe verticali; i rossi sfumano nei gialli, il viola delle colline invade i tetti delle case di una città che rincorre una nuvola densa d’acqua, che può sommergere come rigenerare. Le forme della ricerca non si esauriscono mai, dalla prospettiva inclinata da cui emergono i cerchi e le linee di Nel quadrato nero, alla famosa Composizione 8, dell’epoca del Bauhaus, realtà pulsante in cui il dinamismo si alterna alla calma, l’aggressività alla quiete. E se in Piccolo gioco del 1928 scoperta è l’influenza del modo di sfumare il colore dell’amico e collega Paul Klee, che in quell’epoca divideva con Kandinskij una casa a Dessau, è in Senza titolo del 1940 che su un coraggioso sfondo nero riemerge l’anima russa del pittore, nell’inseguimento di forme che rimandano alle cupole delle chiese moscovite. L’esperienza della visione di Kandinskij è unica, personale. Può essere condivisa solo dopo essersi lasciati andare, aver dato spazio a sensazioni richiamate da un’immagine, un segno, una forma. Aver preso atto di realtà che bussano con insistenza alle porte dell’anima. Aver aperto quelle porte alla musica del colore. Armonia e musica sono gli elementi che si intrecciano, nel lungo processo di semplificazione delle forme reali, all' uso di segni e colori scelti per un particolare potenziale simbolico nella realizzazione delle opere astratte. E' così giunto ad una pittura che esprimeva contenuti spirituali attraverso mezzi visivi  con l'immediatezza astratta della musica.

In "Punte nell'arco" del 1927, vediamo apparire forme geometriche archetipo come il triangolo il simbolo della trinità, l'elevazione verso lo spirituale, e simbolo di perfetta armonia, a cui contrappone il quadrato che indica la terra. L'arco serve per unire simbolicamente ciò che è discorde. Egli comunica una lettura musicale attraverso le sensazioni che possono avere certi colori e forme. I segni lineari indicano possibili moti che suggeriscono il ritmo delle macchie che diventano forme. Lo sfondo quindi diventa una sorta di campo di forze, forma un sistema dinamico.

 

Punte dell'arco, 1927

schema compositivo

L'arco: la composizione è ad arco in quanto questa forma indica il congiungimento. Essa serve a conciliare i principi opposti come i colori antagonisti blu e rosso che indicano il caldo/freddo, contrazione/espansione, lontano/vicino.

 

Il triangolo: questa è la forma dei monti del paesaggio di Murnau. Indica il numero tre, la trinità, la perfetta armonia.

 

Il quadrato: è la terra, la stabilità la forma femminile.

 

Il cerchio: è il cielo, è da sempre simbolo di unità e armonia degli opposti, di spiritualità raggiunta.

 

 

 

il colore nella filosofia orientale

 

Ogni filosofia da quella orientale all'occidentale ha sviluppato un proprio concetto di evoluzione del cosmo, ma similarmente questo le lega in una sorta di inconscio collettivo, che da entrambe le parti porta a concepirlo come una sorta di cerchio in cui si racchiude il tutto. Nel mondo orientale questo viene rappresentato dal Mandala, che come un cerchio cromatico, indica la totalità il sunto del mondo in tutta la sua armonia. Un mondo in continua evoluzione e trasformazione, dato dall'unione simbolica del mondo dei colori, un mondo in continuo movimento.

 

 

Filosofia Giapponese. La filosofia giapponese ci fornisce una frase che è la sintesi della riflessione zen: kuu soku ze shiki. Abbiamo la seconda parte che corrisponde alla lettura capovolta della stessa frase: shiki soku ze kuu. La circolarità del pensiero è presente sia nella concezione giapponese, e più in generale orientale, sia nell'ermeneutica filosofica. Costituisce una similitudine molto importante ed è giusto metterlo in luce anche in questo caso. La traduzione più semplice è: "il vuoto è la forma e la forma è il vuoto" (kuu soku ze shiki, shiki soku ze kuu). Si tratta di un brano dell'importante Sutra del cuore.
La traduzione letterale è: "non c'è cielo senza colore, non c'è colore senza il cielo". Nella lingua giapponese l'ideogramma di cielo indica anche il vuoto, e quello del colore indica le cose sensibili. Dunque un'altra possibile traduzione potrebbe essere: "non c'è vuoto senza colore, non c'è colore senza vuoto". Da cui consegue anche: "non c'è il nulla senza le forme sensibili, non ci sono forme sensibili senza il nulla".
Il nulla giapponese (mu) viene identificato nella frase del Sutra del cuore con la "forma". Dunque cosa si intende con nulla?
Tenendo conto del senso giapponese del nulla, un'altra traduzione possibile potrebbe essere: "la forma è il contenuto e il contenuto è la forma". Questo nulla è un principio metafisico. Il nulla sarebbe l'indistinto e l'indeterminato da cui scaturiscono ed emergono le cose sensibili. Perciò alcuni traduttori lo considerano anche come "essere". Per la dottrina zen, questo nulla ha però un valore conoscitivo. Il vuoto mentale (mushin) permette la comprensione delle cose. Dunque la filosofia giapponese considera il nulla come un principio della conoscenza. L'essenza delle cose e la conoscenza coincidono. 

 

 

Filosofia cinese. Colore in cinese si dice sè, o yánsè. Il carattere sè pare che in origine fosse un pittogramma che rappresentava un uomo con un sigillo (timbro in pietra intagliata) in mano. Così come lo stampo riproduce il sigillo, altrettanto il colore del viso manifesta le passioni, i sentimenti, che nella simbologia attribuita al trucco facciale (che potremmo chiamare maschera, dato che cancella completamente i tratti originali del volto) viene assegnata agli attori dell'opera.
Il carattere sè unito a diàn che significa sedimento, deposito, dà il significato di "cremisi", il colore rosso dei terreni ferrosi o delle risaie, dove l'acqua al tramonto si tinge di rosso.
Unito a zhí, "carta", dà "carta colorata", impiegata per scritte augurali da bruciare durante i riti religiosi e nelle offerte alle divinità e ai morti.

Nella tradizione cinese esistono cinque colori-simbolo principali, collegati ai cinque elementi naturali (terra, acqua, fuoco, legno, metallo), alle stagioni, ai punti cardinali (a cui in Cina si aggiunge "il centro"), ai gusti (piccante, dolce, amaro, agro, salato), ai periodi del calendario.

Qing il primo dei cinque colori, è il colore di un tipo di giada che varia dal verdino-azzurro-grigio, addirittura al nero ed è abbinato alla primavera, al legno, all'est, al gusto acido.

Chì, rosso cinabro, non molto scuro, abbinato all'estate, al fuoco, al sud, al gusto amaro. E’ il colore dell'incarnato delle guance ed ha il significato anche di sincero, cordiale, fedele.

Huáng, vuol dire giallo ocra, è abbinato alla terra (il fertile loess giallo depositato per millenni dal Fiume Giallo, sul quale è fiorita la civiltà cinese) ed infatti - non a caso - è allineato al centro, al gusto dolce, a nessuna stagione. E’ il colore del principio femminile nella filosofia e nella medicina cinesi. E’ un colore caldo, luminoso, una forza vitale.

Bái, vuol dire bianco, è abbinato all'autunno, al metallo, all'ovest, al gusto agro. Bái vuol dire anche puro, senza macchia, innocente, irreprensibile, franco, aperto.

Hei vuol dire nero, è abbinato all'inverno, all'acqua, al nord, al gusto salato.
                                                                                                                                                         a cura di M. Omodeo

 

 

Filosofia indiana-tibetana. La parola Mandala, d'origine indiana-tibetana, si riferisce ad un'immagine simbolica del mondo in tutta la sua perfezione. Manda in sanscrito significa essenza e la significa cogliere, quindi cogliere l'Essenza. Nella tradizione tibetana, un Mandala è composto dai 5 elementi che compongono il nostro universo:
la terra, giallo - fermezza, solidità, fiducia, accoglienza: dà la vita.
l'acqua, bianco - fluidità, flessibilità, coesione: armonizza la vita.
il fuoco, rosso - sole, calore, vitalità: matura la vita.
l'aria, verde - respiro della terra, scambio, comunicazione: un solo soffio fa vibrare l'universo intero, anima la vita.
lo spazio, blu - l'infinito, la libertà. Il seme può aprirsi, il fiore schiudersi, l'albero crescere e l'uomo maturare. Accoglie la vita.
Lo squilibrio di una solo di questi elementi incide sull'equilibrio dell'universo intero.
I Mandala sono una forma di yantra (strumento, mezzo, emblema), posti in concreta corrispondenza con un attributo divino, una figura d’incantesimo (mantra) o con un concetto metafisico. Esistono testi come il Shri-Chakra-Sambhara-Tantra che forniscono regole per creare nel migliore dei modi queste immagini mentali. Possono essere usati semplicemente come medium per la meditazione oppure come strumenti rituali. Rappresentano, in un certo senso, un Atanor, ovvero uno "spazio chiuso" che contiene il tutto e che opera la trasformazione. Sono porte per accedere ad una visione substanziale, aperte su due dimensioni. Sono anche una "quadratura circuli" che focalizza e mette ordine; sono una proiezione mentale che ritorna arricchita di elementi trascendenti. Nel "Mistero del Fiore d’Oro" viene esaltato l’uso dei Mandala per la circolazione e la "cristallizzazione" della Luce.

Secondo Jung i Mandala e le immagini concomitanti derivano da sogni e visioni che sono già nello spirito dell’uomo del Paleolitico (rocce incise in Rhodesia). Rispecchiano cioè archetipi primitivi del modo di intendere l’opera magica, racchiudendola nel cerchio al fine di giungere al punto centrale, o da questo allontanarsi.

I Mandala tibetani e indiani sono la forma più evoluta di una iconografia magica praticamente ubiquitaria. Considerando la loro struttura essenziale di Ruota dell’Universo, ossia formata da un centro, una simmetria qualsiasi, e una divisione in settori, possiamo considerare forme primitive, o meno evolute di mandala, anche la Grande Pietra del calendario messicano, il fiore di loto, il mitico Fiore d’Oro, la Rosa Rubea dell’Alchimia, i disegni sacri su sabbia degli Indiani Navajo e persino i Pentacoli e i Talismani Salomonici e i rosoni delle cattedrali cristiane.

 

 

 

 

Psicologia del Mandala. "Mandala significa cerchio, ed in particolare cerchio magico." ll simbolo dell’uroboros, il serpente che si morde la coda, è stato interpretato in tantissimi modi, a seconda della prospettiva d’osservazione ( psicologica, religiosa, artistica, ecc.).
Per noi, dal punto di vista ‘mandalico’, esso rappresenta la grande illusione della manifestazione, che nella sua apparente dispiegazione temporale sembra avere carattere lineare, ma che nel suo spaziare si rivela circolare.
Potremmo perfino azzardare l’ipotesi secondo cui, Iddio, dopo lo Tzim-tzum luriano, cioé dopo avere contratto una parte di Sé per far spazio al mondo manifestazionale, circondasse questa entro un cerchio magico, al fine di cautelare gli incauti che avessero voluto vederlo faccia a faccia.
Che questo mondo assomigli ad un animale che si ciba di sé, non ci sono dubbi: ogni forma si alimenta di altre forme; ognuno è allo stesso tempo divoratore e divorato.

Una sola ed unica Sostanza Vitale, riuscendo a popolare l’universo di infinite forme, ha creato la grande illusione dell’individualità, che in questo discorso potrebbe indicare simbolicamente come un immaginario cerchio, imprigionante una porzione di essa.
Se ci siamo chiusi in un carcere virtuale attraverso la perimetrazione di una porzione di Mente Sconfinata, possiamo evadere dalla prigione attraverso una perimetrazione talmente vasta da comprendere l’Illimitato, l’Impersonale, il Sé.
Il mandala è un cerchio magico, perché riesce, da un lato, a creare un labirinto  per rinchiudervi quell’ orribile mostro chiamato ego, e dall’altro, a convocare in esso tutte le potenze dell’anima, “le divinità”, che impugnando le armi di Teseo riusciranno ad uccidere il minotauro.
Lì dove nascerà un mandala c’è uno spazio caotico che dovrà dapprima essere ‘pulito’, poi consacrato, dopo armonizzato con figure geometriche, ed infine colorato con le buone vibrazioni dell’anima.
Se  tutto il discorso della purificazione del luogo e della creazione del mandala lo riportiamo alla persona, avremo tutte le tappe del percorso che il ricercatore dovrà percorrere per andare al centro di se stesso.
Ora, se la simbologia del mandala racchiude tutto questo, appare chiaro come la creazione di esso equivalga ad un vero e proprio lavoro alchemico che si svolge attraverso colori, fasi, cotture, ecc.
In questo modo acquista più ampio significato quanto il Rimpoche lamaista Lingdam Gomche disse a Jung nel 1938 : “ Il mandala è un’immagine mentale che può essere elaborata mediante l’immaginazione soltanto da un lama istruito…il vero mandala è sempre un’immagine interiore (Simbolismo del Mandala, in Psicologia e alchimia Vol. XII – Jung).
Jung definisce la fantasia come “un’idea senza sostanza”, mentre definisce l’immaginazione come “un’evocazione attiva di immagini (interne) ‘secundum naturam’, un’opera vera e propria di pensiero o di rappresentazione, che tenta di comprendere i fatti interni e di rappresentarli con immagini fedeli alla loro natura. Quest’attività viene chiamata opus, opera” (Psicologia e alchimia – Jung).
Nel corso di tutta la sua corposissima opera Jung sottolinea spesso l’importanza  della comparsa, nella psiche dei suoi pazienti, dei simboli che rappresentano l’unità, fra cui pone i mandala.
In “Simboli della trasformazione”  analizzando la visione concernente una città di sogno di Miss Miller, la considera “ una sorta di Gerusalemme Celeste come quella sognata dall’autore dell’Apocalisse, e rimandando ad una sua nota conclude: “A questo proposito oggi parleremmo di mandala come simbolo del Sé” .
Cerchio e quadrato sono le forme geometriche più usate nella costruzione dei mandala. il primo indica lo Spirito, il secondo la materia; il cerchio é simbolo del cielo, il quadrato della terra; l’uno rappresenta la perfezione, l’altro la stabilità; continuità e discontinuità; quinta essenza e quattro elementi; la pietra filosofale, la pietra grezza; il maschile e il femminile; la vista e il tatto; Dio e uomo; e così via. La simbologia di queste due figure geometriche è molto vasta e certamente non ancora esaurita. Per quanto detto, il mandala può ben rappresentare la perfetta sintesi di cielo e terra, poiché è ricco di armonie a più livelli: armonie numeriche espresse nelle proporzioni; armonie temporali espresse dalle giuste congiunture celesti; armonie combinatorie, date dal disegno in sé; armonie dei colori ricavabili dall’accostamento delle tonalità; armonie mentali, rintracciabili nella creatività immaginativa; armonia delle armonie suddette, riassumibile nella parola “ Sé” .
“Immagine del mondo e luogo della teofania, proiezione della psiche e percorso che conduce all’illuminazione, il mandala è costruzione sintetica e dinamica volta a realizzare la convergenza dei piani dell’essere; dimensione cosmica, umana e divina trovano in esso la loro ricomposizione” (Mandala – Albanese – Cella, ed. Xenia).
Da non confondere con il mandala, “che rappresenta l’universo fisico e psichico” (ibidem) è lo yantra “che rappresenta una particolare divinità o forza cosmica” (idem).
Se oggi noi attribuiamo al mandala proprietà terapeutiche, significati psichici, lo dobbiamo agli studi di Carl Gustav Jung,  che confermano il suo “processo di individuazione”, che insieme con il concetto di Inconscio collettivo e relativi archetipi, di sincronicità, di tipologia psicologica, formano il nucleo di tutta la sua Psicologia Analitica. Il fatto è che tutto quanto riguarda i mandala è frutto di sue esperienze personali, vissute negli anni più critici della sua vita di studioso (separazione da Freud).
Quel periodo fu contrassegnato da una ricca produzione di mandala, ed è anche per questo che in Aion – vol. IX della sua monumentale opera potrà dire: “l’esperienza dimostra che i mandala individuali sono simboli di ordine, per cui si presentano nei pazienti soprattutto in periodi di disorientamento o riorientamento psichico. Quali circoli magici, essi esorcizzano e soggiogano le sfrenate potenze del mondo delle tenebre, e formano, creano un ordine che trasforma il caos in ordine”.
"Nel mito l’eroe è quello che vince il drago e non chi ne viene invece divorato… un uomo del genere ha conquistato il suo stesso Sé… e ha raggiunto ciò che l’alchimista chiamava Unio Mentalis. Questo fatto di solito è raffigurato da un mandala” . (Jung – Mysterium Coniunctionis – vol XIV – Boringheri).
Quindi possiamo affermare con Ruediger Dahlke (terapia con i mandala – ed.Tea) che “il fatto che l’individuo alle prese con una determinata fase di ricerca spirituale abbia utilizzato consapevolmente il mandala in quasi tutte le culture tradizionali, e in parte lo usi ancora oggi per raggiungere la perfezione, dovrebbe essere per noi una conferma sufficiente delle sue qualità”.
La costruzione di un mandala, che segua regole precise come nella tradizione del tantrismo tibetano, o che nasca dalla spontanea armonia o disarmonia della psiche di un uomo qualunque, è una mappa che il Sé si è tracciata attraverso la nostra anima, affinché essa trovi in sé il centro.
Ed il centro altro non è che l’eterno Ora, il Silenzio Assoluto, il “Nulla” Inconcepibile, da cui promana il Verbo Coniugante ogni cosa sotto il cielo.

 

 

la cura tramite i colori

 

La cromoterapia. Gli antichi Egizi praticavano normalmente la cura tramite i colori; i sacerdoti erano al contempo medici e le conoscenze mediche erano considerate una scienza segreta da trasmettere solo a pochi eletti. A quell'epoca le conoscenze mediche riguardo alla cromoterapia raggiunsero un livello molto alto.

"Dalle piramidi di Giza un sentiero sacro conduceva ai "templi di cura solare", dove si trattavano le malattie tramite la cromoterapia."

Gran parte del loro sapere, tramandato dal greco Ermete Trimegisto, è andato perduto nel corso dei secoli. Le cognizioni scientifiche da lui riportate, di cui fa parte anche la cromoterapia, sono chiamate "ermetiche".

Anche gli antichi Greci usavano normalmente i colori derivati da minerali, pietre, cristalli e unguenti come trattamenti. L'interesse per i benefici dei colori andava di pari passo con il concetto degli elementi fondamentali: aria, fuoco, acqua e terra.
Questi fondamentali costituenti dell'universo erano associati con le qualità di caldo, freddo, umidità e aridità, ed anche con quattro "umori" o "fluidi del corpo": la bile gialla, il sangue (rosso), la freddezza d'animo (bianco), e la malinconia o bile nera.
Questi si pensava sorgessero in quattro organi particolari (la milza, il cuore, il fegato e il cervello) e che determinassero predisposizioni fisiche e spirituali. La salute era considerata risultante dell'equilibrio di questi elementi, mentre, di necessaria conseguenza, la malattia ne era lo sbilanciamento. I colori, così come erano associati agli umori, venivano anche utilizzati come trattamento contro le malattie: indumenti colorati, oli, gessi colorati, unguenti e pomate.

Durante il Medioevo, con l'avvento del Cristianesimo in tutte le discipline del sapere, tutto ciò che era pagano fu esorcizzato, comprese le pratiche di guarigione degli Egiziani, dei Greci e dei Romani.
Le antiche arti della cromoterapia furono tramandate in via orale dato che erano state dichiarate "occulte" dalla Chiesa.

L'Illuminismo cancellò definitivamente dalla scienza ogni traccia di alchimia, misticismo e magia.
La ragione e il metodo scientifico soppiantarono dalla medicina tutto ciò che non fosse dimostrabile e verificabile scientificamente; la cromoterapia entrò così a far parte della cosiddetta "medicina alternativa", la quale non corrispondeva a queste caratteristiche in quanto, se pur così largamente utilizzata dalle antiche civiltà, non possedeva riscontri scientifici.

Principio fondamentale della cromoterapia è che "La vita è colore e il colore è vita al contrario dell'oscurità che è morte". Ne segue che le malattie si formano a causa di un equilibrio mancante nel sistema-vita e questa mancanza può essere compensata dai colori. Secondo le teorie della cromoterapia il nostro corpo assorbe i colori in molteplici modi: tramite l'alimentazione, la pelle, gli occhi e i chakra.

La parola "chakra" deriva dal sanscrito e significa "cerchio", "movimento", ma anche "ruota". Ogni chakra è un vortice di energia circolare che ruota sotto l'influenza di una corrente positiva (detta "pingala") o negativa (detta "ida"). I chakra sarebbero quindi centri di energia che si trovano tra l'aura (il riflesso dello stato di energia dell'organismo) e l'esterno del nostro corpo. Teorici della filosofia orientale sostengono infatti che l'essere umano fin dalla nascita possiede una sua fisiologia energetica che gli permette di entrare in relazione dinamica con il microcosmo che lo circonda e con le sue forze elettromagnetiche. I chakra si trovano in corrispondenza di ghiandole endocrine e le energie dei chakra sembrano così essere collegate con il sistema nervoso parasimpatico e autonomo e con la regolazione degli ormoni. Harish Johari, un importante maestro di yoga, afferma, nel suo libro "Chakras: Energie Centres of transformation", che i chakra rappresentano le "ruote della mente che si muovono nel mondo dei desideri". Johari dice che i desideri stessi sono come le ruote, e rappresentano una grande forza incentivante. Sostiene inoltre che ogni singolo chakra è un campo gioco per i desideri: durante tutta la nostra vita ci troviamo in questo mondo di desideri e speranze e comprendiamo la nostra situazione di vita secondo il punto di vista del chakra nel quale ci troviamo normalmente e nel quale ci sentiamo più a nostro agio. I chakra sono sette, divisi in tre superiori e quattro inferiori. A ognuno dei sette corrisponde uno dei sette colori dell'arcobaleno e influisce su un particolare organo o su una delle principali ghiandole del nostro corpo.
 

 

 

Il fenomeno originario - Salute e malattia in relazione con la teoria dei colori. L'uomo percepisce i colori attraverso l'occhio. Nel suo organismo l'uomo necessita di sangue per poter vivere e di nervi che governano la sua coscienza. Ogni organo ha nervi e sangue, e questo vale anche per l'occhio. Su di esso agisce il mondo esterno, che è illuminato.

Al mattino e alla sera il mondo è semi illuminato, perché ci troviamo nella fase dell'alba e del tramonto. Quando il sole sorge, la prima cosa che si vede sono  i raggi del sole, non il sole, che illuminano le nuvole. Visto che il sole non è in alto qui sulla terra è ancora buio. Vediamo la luce attraverso l'oscurità e questa luce appare rossa. Se si va più avanti nel giorno si è in luce e si vede il cielo blu. In realtà non esiste veramente, ma noi lo vediamo così, infatti lo spazio infinito è oscuro, ma poichè intorno alla Terra vi è l'aria e l'acqua, i raggi solari vi si impigliano e creano luce. Quindi guardando in alto noi vediamo la tenebra che attraverso la luce è blu. Questi due fenomeni, sono alla base della teoria del colore e si desumono direttamente dalla natura tutti i giorni.

 

Invece Newton per dimostrare la sua teoria del colore prese un cartoncino nero in cui praticò un piccolo foro per concentrare la luce in un fascio che poi è andato a dividere nei sette colori dell'arcobaleno, attraverso un prisma di vetro proiettandoli su di uno schermo.

Egli spiegava così che dentro la luce c'erano i sette colori e in questo modo li poteva tirar fuori.

In realtà il prisma serviva a dividere la luce attraverso la tenebra da un lato, e là appare il rosso; dall'altro invece si vede la tenebra attraverso la luce e vi appare il blu. Quel che sta in mezzo sono tutte le gradazioni.

Era il modo di pensare scientifico di allora che dava le spiegazioni a partire dalle cose stesse e non indagando tutto l'universo che le circondava.

 

 

Il toro viene eccitato dal colore rosso, allo stesso modo l'uomo viene eccitato se si trova in una stanza dove alle finestre vi è esposta alla luce uno schermo rosso, allo stesso modo il rosso presente in una stanza aiuta il poeta a trovare l'aspirazione a scrivere.

Per mansire un uomo eccitato invece si può usare il blu o il nero. Quando l'occhio guarda il rosso i vasi sanguigni vengono penetrati e si distrugge sempre un po' di sangue e di conseguenza anche il nervo, allora il nostro corpo reagisce portando all'occhio più ossigeno, e il sangue viene nuovamente ricostruito.

I colori chiari vivificano l'uomo perché oltre alla testa anche il resto del corpo viene vivificato, conferendogli un colorito sano. Quindi l'uomo deve essere allevato sin dall'infanzia in stanze non buie dove diventerebbe debole, ma in stanze chiare, colorate di rosso o giallo, dove si possa elaborare l'ossigeno nel suo organismo in modo giusto.

La tenebra non distrugge il sangue ma lo lascia indisturbato, quindi l'uomo si sente sereno interiormente. Con il blu l'uomo sente nel suo intimo, con il rosso sente come se qualcosa penetrasse dentro di lui. Con il blu il nervo rimane indisturbato e il corpo manda il benessere nell'occhio e da lì verso l'intero organismo. Il giallo è una gradazione di rosso e il verde una gradazione di blu.

Dipingendo io creo un colore che contenga le sostanze che stimolino l'uomo a sviluppare interiormente ossigeno, ricreando il rosso. Adoperare il carbonio mescolato in modo giusto alle altre sostanze, vuol dire entrare in possesso del segreto per fabbricare il rosso nella propria pittura.

Se si usano colori vegetali occorre usare un procedimento apposito così da avere in modo giusto il carbonio dentro i colori stessi, in modo da ottenere colori chiari e rossi. Mentre se uso ossigeno al posto di carbonio ottengo colori scuri, i blu. I colori ottenuti dalle piante hanno origine per i colori chiari nel fiore, mentre per i blu nella radice. Non si otterrà dal fiore blu della cicoria il colore blu, ma dalla sua radice. Così si potrà ottenere il giallo dal fiore del girasole. Bisogna imitare la natura per ottenerne i colori.

Vivere eccessivamente al contatto di anidride carbonica rende pallidi e smorti. Se si conduce un uomo pallido in una regione con molta luce, gli verrà stimolato a non cedere continuamente carbonio: infatti la luce fa salire ossigeno alla testa, e l'uomo riacquista rapidamente il colorito sano. Lo stesso processo si può stimolare per mezzo del carbonato di calcio, in quanto così viene conservato l'ossigeno, e l'uomo lo ha a sua disposizione.

Gli uomini antichi dormivano fuori la notte a contatto con le luci delle stelle nel cielo nero. Quindi ne traevano riposo e calma, ma allo stesso tempo la luce delle stelle li stimolava interiormente. Dal corpo umano esce come un raggio di ossigeno e l'uomo manda i raggi di ossigeno mentre gli vengono incontro i raggi stellari e l'uomo viene percorso interiormente da tali raggi di ossigeno. Egli diventa l'immagine speculare del cielo stellato, fatta d'ossigeno. In questo modo gli antichi popoli al risveglio avevano il sogno di quelle immagini e da ciò proveniva la loro scienza stellare. Noi abbiamo ereditato dai loro corpi ciò che originava in loro a quei tempi.

R. Steiner, "L'essenza dei colori"

 

a cura di A. Delvecchio

indietro