I/a.
Il colore: l'essenza del colore |
il pensiero |
la
tecnica |
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introduzione
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Johann Wolfgang
Goethe
universalmente noto per la sua opera poetica e letteraria, fu
anche profondo conoscitore della natura. La sua opera scientifica spazia dalla
botanica alla zoologia, dalla mineralogia alla meteorologia, dall’ottica alla
cromatica. "La teoria del colore",
del 1808, è fondamentale per lo studio del colore, infatti essa
porta ad accostare la scienza all'uomo e a dare della natura un'interpretazione
spirituale.
Quel che conta in Goethe non è il risultato delle
sue ricerche, concordi più o meno con quelle della scienza attuale, ma è come
egli abbia affrontato l'argomento. Sia nelle scienze, sia nell'arte il vero
progresso non è mai dovuto alla semplice osservazione o alla servile imitazione
della natura. Mille e mille persone passano davanti ad un fenomeno
trascurandolo, poi una sola persona osserva lo stesso fenomeno e scopre una grande legge
scientifica. Galileo ne è un esempio lampante per la sua scoperta del moto
pendolare, quanti uomini prima avevano visto la lampada che oscillava nella
chiesa, ma non avevano carpito ciò che nascondeva?
Può contemplare le profondità della natura solo
chi abbia la necessaria predisposizione e la forza atta a scorgere nei fenomeni
qualcosa di più dei semplici fatti esterni.
Vi siete mai chiesti perché solitamente si
dispongono i colori dell'iride intorno ad un cerchio?
Il cerchio, è una figura archetipica che
rappresenta il disco solare, indica la totalità (il cerchio è il primo nesso che
ci fa partecipi del microcosmo nel macrocosmo) e intorno ad esso vengono
disposti i colori, venendo così chiamato: cerchio cromatico. Da questo Goethe
estrae l'esagono cromatico dove ad ogni colore corrisponde nel lato opposto il
suo complementare.
Quando il nostro occhio percepisce il colore si
attiva e avverte un altro colore complementare al primo. Si raggiunge così
l'armonia e la completezza. Ma se si deve ricercare la totalità è anche vero che
essa esiste dentro di noi, infatti una cosa può essere riconosciuta solo da ciò
che le è simile.
Goethe mette in versi una frase di Plotino: "Un
occhio non avrebbe mai visto il sole se non fosse simile al sole; ugualmente,
l'anima non potrebbe vedere il bello senza divenire essa stessa bella".
Tutto il pensiero di Goethe si svolge attorno allo
studio e all'osservazione della natura, infatti l'artista crea seguendo gli
stessi principi che usa la natura, secondo le sue leggi.
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J. W. Goethe
(1749-1832),
poeta, drammaturgo, romanziere e
scienziato tedesco.
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"...In
questo senso l’espirare già presuppone l’inspirare e viceversa,
e ogni sistole
presuppone la sua diastole. E’ l’eterna formula della vita che, anche qui, si
svela.
Non appena all’occhio
si presenta lo scuro ecco che esso richiama il chiaro, mentre ecco lo scuro
quando gli si ponga dinanzi il chiaro, nel che esso mostra la sua vitalità e il
suo diritto a cogliere l’oggetto nel momento in cui, traendolo da sé, ne produce
l’opposto."
J. W. Goethe, "La teoria dei colori".
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"Il
colore che una pietra ha nel mondo fisico si manifesta nel mondo spirituale come
l'esperienza del suo colore complementare; così una pietra rossa ci appare come
verdastra vista dal mondo spirituale; una pietra verde ci appare come rossiccia,
e via di seguito."
R.Steiner, "La scienza occulta nelle sue linee
generali". |
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Cerchio cromatico di Goethe |
Se fissiamo il primo cerchio
cromatico a sinistra per alcuni secondi e poi spostiamo la vista su di una
superficie bianca vedremo comparire istantaneamente la figura di destra, e
viceversa. |
Cerchio cromatico complementare |
Questo cosa significa? Ci spiega come il mondo sia
costituito da polarità cosmiche. Senza luce non esisterebbe tenebra, qualunque
cosa al mondo, sia un evento, una cosa, un comportamento umano, possiede due
lati e presenta come una polarità tra due contrari. Quindi si desume che noi
viviamo in un oscillare continuo di equilibri naturali che si incontrano nella
vita, l'unità degli opposti. Non esisterebbe vita, non esisterebbe cosmo senza
la loro unione che vive contemporaneamente nel presente, e quindi coesistono
sempre due realtà. Immaginiamo una figura geometrica costituita da una linea a
otto o lemniscata. E' un'unica linea per la quale però occorre uscire nello
spazio. Questo genere di rappresentazione presuppone un uscire e un rientrare
nello spazio. Infatti ogni volta che ci proponiamo qualcosa noi pensiamo, prima
di agire e quindi usciamo dallo spazio, e quando muoviamo la mano per agire
ritorniamo nello spazio. Il mondo spirituale coesiste nel presente insieme al
mondo fisico-materiale, formando un'unione. Aspetto fisico e morale non sono due
entità, ma sono un'unica unità che ha due aspetti diversi. Attraverso la scienza dello spirito si imparano a moralizzare
i concetti fisici e quindi si scoprono le leggi che regolano il cosmo.
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origine dei colori |
Rudolf Steiner, profondo conoscitore dell'opera scientifica di Goethe, si interessò
ad una teoria scientifico-spirituale dei colori per la creazione artistica, che
espose in diverse conferenze dal 1914 al 1924 e che furono raccolte nel 1929 nel
volume "L'essenza dei colori". Partendo dalle teorie Goethiane sul
fenomeno originario e sull'azione sensibile-morale del colore Steiner arriva a
farci scoprire il mondo dei colori. Non dobbiamo pensare i colori come ce li
propone la moderna scienza, perché essa in realtà non da una reale conoscenza
dei fatti, ma dobbiamo tornare indietro nel tempo presso i dotti del X
secolo.
Qui si parlava delle entità spirituali, come di entità che si possono proprio
incontrare e si sapeva che in determinate circostanze la loro azione si
verificava. Ma in seguito sparì dalla coscienza umana il legame diretto con le
entità intelligenti dell'universo. Affiorava la coscienza verso gli elementi del
cosmo riferito solo all'ambiente terrestre. Non si parlava più di intelligenze
cosmiche che regolavano i movimenti dei pianeti. Iniziò ad esistere solo acqua,
terra, aria, fuoco, che attraverso i secoli persero di contenuto spirituale e
divennero fisici. Nella descrizione dell'evoluzione della Terra vi erano entità
appartenenti a gerarchie che vissero in determinate epoche dell'evoluzione
terrestre, che di generazione in generazione si susseguirono e arrivarono a
creare il colore. Ai tempi di Aristotele è questo che si sapeva sulla
provenienza dei colori. Infatti nella sua armonia dei colori, dice che il colore
significa una cooperazione della luce e della tenebra. Come l'ombra della luce,
pensata cosmicamente è aria, così l'acqua è nel cosmo il riflesso, la creazione
del colore.
Il rosso è qualcosa
che ci assale, e lo si vorrebbe allontanare, mentre il blu lo si vorrebbe
inseguire perché si allontana da noi. Nei colori tutto è vivente. I colori sono
un mondo e l'elemento animico si sente nel mondo dei colori e non può fare a
meno del movimento quando segue i colori sperimentandoli con l'anima. Queste
descrizioni erano alla base delle verità basilari degli alchimisti, occultisti, rosacrociani medievali, che fiorirono tra il IX, X al XIV, XV secolo, ed ebbero
sporadici seguaci sino al XIX. In seguito queste conoscenze furono occultate dalle
moderne concezioni della scienza.
R.Steiner, "L'essenza dei colori".
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i quattro colori
immagine e i tre colori splendore |
Secondo Steiner il mondo dei colori si differenzia
in nero, bianco, verde, fior-di-pesco quali colori-immagine, secondo
l'interiore essenza dei colori stessi; distinguendo dal carattere di immagine
l'essenza splendore dei colori nel blu, giallo, rosso. Questi infatti hanno
certe qualità volitive proprio dovute al fatto di essere splendenti. Il colore
si percepisce come colore dello spettro, come lo vediamo nell'arcobaleno, sia
come colore dei corpi. Per esercitare la pittura occorre usare parti costitutive
di corpi e le loro mescolanze.
Spiegando i primi prendiamo ad esempio il colore verde
che solitamente tendiamo ad associare alle piante, perché sentiamo collegato il
verde con l'essenza della pianta. Perché la pianta rappresenta il verde per noi? L'essenza che dà il colore
verde alla pianta è nel
corpo fisico e quindi il verde non può essere la sua vera essenza primordiale,
cosa che si trova nel corpo eterico. Attraverso il verde la pianta ci si rivela nel suo elemento
minerale. Quindi il verde sta
nell'immagine della pianta non nel suo essere vero. Il verde è attribuibile per
paragone al ritratto di un personaggio, non è il personaggio vero, ma la
rappresentazione della sua immagine. Pensiamo che il verde è peculiare della
pianta, che fra tutti gli esseri la pianta è il vero essere della vita.
L'animale ha un'anima, l'uomo ha spirito e anima. I minerali non hanno vita.
Solo per la pianta si può dire che la sua essenza sia la vita. Quindi il
verde rappresenta l'immagine morta della vita.
Il color fior-di-pesco, indica il colore dell'incarnato umano.
Infatti ciò che abbiamo davanti a noi nell'incarnato
come colore è l'immagine dell'anima. Solo se l'uomo ritrae la propria anima esso
diventa verde e arriva a ciò che è morto. Quindi il fior-di-pesco rappresenta
l'immagine vivente dell'anima.
Il colore bianco non lo associamo ad
una cosa della natura, ma se abbiamo qualcosa di bianco e lo
esponiamo alla luce abbiamo la sensazione che abbia affinità con la luce. Quindi
se pensiamo alle fonti luminose naturali come il sole queste ci appaiono
bianche. Il colore ci appare sulle cose ma il bianco del sole non ci appare
direttamente sulle cose. Quindi il bianco ci appare come luce e suo contrapposto
polare è il nero. Il nero è la tenebra. La luce rende percepibili i colori, ma
non vediamo la luce come vediamo il rosso, il giallo, il blu. La luce è
ovunque, ma noi non vediamo la luce. La luce deve essere fissata a qualcosa
perché noi possiamo vederla, deve essere trattenuta, riverberata. Il colore è
sulla superficie delle cose, la luce non aderisce a nulla, è fluttuante. Noi
stessi quando siamo avvolti dalla luce ci sentiamo nel nostro vero essere,
sentiamo un'intima parentela tra la luce e il nostro essere. L'io è spirituale e
si sperimenta animicamente sentendosi pervaso di luce. Il bianco o la luce,
rappresenta l'immagine animica dello spirito.
Il nero, la tenebra, in natura
lo si può trovare nel carbone che però diventa chiaro e trasparente nel
diamante. Il carbone quindi ha la sua immagine nel nero. Il nero è estraneo alla
vita, la pianta muore quando diventa carbone e l'anima viene meno quando il nero
è in noi. Lo spirito invece fiorisce perché può compenetrare questo nero ed
affermarsi in esso. Quando si dipinge di nero su una superficie bianca, si
immette dentro questa superficie bianca lo spirito. Il nero rappresenta
l'immagine spirituale di ciò che è morto. Il colore in questo circolo è
sempre un'immagine, non è mai nulla di reale. L'immagine di ciò che è
morto, della vita, l'immagine dell'anima, l'immagine dello spirito.
Nel giro vengono sempre prese le
mosse da quel che precede per quel che segue. I quattro regni
della natura: il regno morto, il regno vivente, il regno
animico, il regno spirituale, risalgono da ciò che è morto al
vivente, all'animico e allo spirituale, seguendo analogamente il
circolo dei colori fondamentali. Questi regni rappresentano:
minerale, vegetale, animale e umano. Il mondo dei colori non è
una realtà è un'immagine. Immagine di ciò che è morto il nero,
di ciò che vive il verde, di ciò che è animico il fior-di-pesco,
di ciò che è spirito il bianco.
Immaginiamo un bianco in quiete
sul quale si facciano irradiare da due parti due colori diversi, da una parte il
giallo e dall'altra il blu, ne risulta il verde.
Il fior-di-pesco invece lo
otteniamo dipingendo nero e bianco intervallati non
in quiete ma si muovono ondeggiando e interponendosi. Poi li illuminiamo e irradiamo di rosso e
otteniamo il fior-di-pesco nel reciproco vibrare di nero e bianco nel quale si
faccia irradiare il rosso.
Il verde lo abbiamo nella natura, invece il
fior-di-pesco lo abbiamo in un uomo del tutto sano e sanamente compenetrato
dall'anima nel suo organismo. Questo colore nasce dal fatto che
nell'organismo umano non vi è mai calma ma è sempre tutto in
movimento, e quindi tutti i ritratti sono come delle maschere,
perché senza il movimento non si ha davanti il vero incarnato ma
un'approssimazione. |
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I colori-splendore sono il giallo, il rosso e il
blu. Dove vi siano limiti occorre
dipingere un giallo più pallido, verso i bordi e nutrito al centro, perché il
giallo deve irradiare diffondersi e diventare meno intenso. Limitarlo è
prendersi gioco della sua vera essenza. Se dipingiamo una superficie di blu
uniformemente, questo ci richiama qualcosa di sopraterrestre nella sfera
terrestre, come faceva Beato Angelico. Solo nella sfera del divino è concepibile
dipingere di blu uniformemente. Per la sua essenza quindi il blu è al contrario
del giallo, esso ha bisogno di essere irradiato dal perimetro verso l'interno
dove si attenua. L'anima ponendosi di fronte a questi colori viene appagata se
il pittore trae fuori dal colore ciò che il colore stesso esige. Il verde va
steso a punta di pennello, il giallo irradiato per trasportare la propria anima
nel raggiante spirito, e il blu ritirato nella propria interiorità formando una
crosta intorno a noi. In questo modo il pittore vive nel colore e dipinge sul
quadro appagando l'anima.
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giallo |
rosso e fior-di-pesco |
blu |
Se prendiamo in considerazione il
rosso, lo possiamo comprendere meglio se lo distinguiamo dal color fior-di-pesco,
nel quale il rosso penetra come splendore. Se si prendono le due colorazioni e
le si mettono vicine, si sente che il rosso, secondo la sua essenza, è in
quiete, è in mezzo tra l'irradiarsi e il rinchiudersi. Mentre il fior-di-pesco vuole allargarsi sempre di più, effondendosi
sino a disperdersi del tutto. Il rosso rimane fermo al suo posto, agisce solo
sulla superficie.
L'essenza di questi colori è che il nero, il bianco, il verde, il fior-di-pesco,
rispecchiano qualcos'altro, hanno carattere di immagine, hanno aspetto di ombre.
Nel giallo, nel rosso, nel blu risplende invece qualcosa e rappresentano il lato
esteriore di una essenzialità. Quindi nero, bianco, verde, fior-di-pesco sono
colori-ombra. L'ombra proiettata nella sfera animica dallo spirito è il bianco.
L'ombra proiettata nello spirito da ciò che è morto è il nero. L'ombra
proiettata in ciò che è morto dal vivente è il verde. L'ombra proiettata in ciò
che è vivente dalla sfera animica è il fior-di-pesco. Ombra e immagine sono
affini tra loro.
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La fisica prende in considerazione la scala prodotta dal fascio
di luce che si divide in sette colori dal rosso al violetto,
senza tener presente dello splendore del rosso, poi nella scala
arrivati all'arancione, giallo che irradia verso l'esterno (ciò
che splende si attenua), e si arriva ad un colore
immagine, il verde. Passando al blu ritorniamo ad uno splendore
di genere opposto centripeto. Poi solo uscendo dalla scala dei
colori si può giungere a quello che si può rappresentare solo in
movimento: nero e bianco in movimento irradiati dal rosso che
formano il fior-di-pesco. Quindi partendo da uno splendore, si
penetra nel vero e proprio colore immagine, si passa nuovamente
ad uno splendore e soltanto ora di nuovo si arriva ad un
colore-immagine: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco,
violetto. Se però non si tiene la fascia diritta ma la si curva
così come si trova nel mondo superiore, in modo da mettere la
parte calda a sinistra e la parte fredda a destra, disegnandolo
in cerchio, si ottiene in alto il fior-di-pesco, e si ritorna
nuovamente ad un colore-immagine. Lo spettro cromatico si
estende a destra e a sinistra nell'infinito. Colore immagine
sopra (1), colore immagine sotto (2), splendore a sinistra (3),
e splendore a destra (4). A base di tutto si trovano gli altri
due colori-immagine, il nero e il bianco. Salendo dal bianco si
incappa nel verde; il nero gli muove incontro dall'alto verso il
basso; nel mezzo essi cominciano a lottare e insieme allo
splendore del rosso danno il fior-di-pesco.
Se abbiamo il giallo e lo poniamo di fronte all'anima col
sentimento, ne siamo colpiti tanto che continuiamo a farlo
vivere interiormente in noi. Esso ci rende più sereni, e quindi
diventiamo più armonizzati con il nostro io, diventiamo pervasi
di spirito. |
Visto che esso splende dal centro verso
l'esterno, esso splende verso la nostra interiorità come spirito: il
giallo è lo splendore dello spirito. Il blu col suo raccogliersi
interiormente, il suo difendersi per conservarsi interiormente, è lo
splendore della sfera animica. Il rosso col suo riempire regolarmente e uniformemente lo
spazio, è lo splendore del vivente. Il verde è l'immagine del vivente. Questo
risulta dal fatto che se osserviamo per qualche secondo un rosso molto carico e
poi distogliamo gli occhi, su una superficie bianca, vedremo il colore verde, ed
è valido anche il contrario. Che cosa è l'immagine del vivente nell'interiorità?
Lo si deve uccidere per averne un'immagine. Queste sono le nature attive di
colore e costituiscono ciò che splende, gli altri colori sono calme immagini.
Analogamente nel cosmo abbiamo il contrasto tra le immagini dello zodiaco, che
sono immagini calme e i pianeti. Nel nero, bianco, verde e fior-di-pesco abbiamo
qualcosa che agisce in modo riposante, sono interiormente calmi, come le stelle
fisse. Nel giallo, rosso, blu abbiamo qualcosa di interiormente in movimento, di
planetario. Il giallo, rosso e il blu danno le gradazioni agli altri colori. Col
giallo e il blu, il bianco si modifica in verde. Il rosso modifica il
fior-di-pesco, che splende nell'azione reciproca di bianco e nero. Si vede come
i colori siano in reciproca azione. L'artista quando ha a che fare con giallo,
rosso, blu, incanta nel suo quadro qualcosa che ha per se stesso un carattere
interiormente attivo; invece quando lavora con verde e fior-di-pesco su nero e
bianco, sa già che nel colore dà il carattere immagine. Comprendere l'essenza
dei colori significa sapere riconoscere quello che il colore vuole, riconoscendo
che il giallo vuole proprio essere molto carico al centro e sfumare verso
i bordi, perché questa è la sua natura. Quindi se si vuole fissare il giallo in
una superficie uniforme occorre fare qualcosa di diverso, in modo che in esso
agisca qualcosa che tolga il suo carattere originario, la sua volontà. Il giallo
deve prendere peso e introducendo qualcosa che lo appesantisca il giallo diventa
colore dell'oro. Mettendo in un quadro un fondo oro, si toglie l'essenza del
giallo, la sua volontà e lo si fissa in se stesso. Per questo gli antichi
pittori sentivano nel giallo lo splendore dello spirito, ma volendo lo spirito
sulla terra dovevano dargli pesantezza. Cimabue usava lo sfondo oro perché
dava allo spirito una dimora sulla terra, rendeva presente il cielo nel quadro.
Le figure che risaltavano sul fondo oro si sviluppavano come creature dello
spirito. Se dunque trattiamo il giallo come colore, per sua natura occorre
caricarlo al centro e poi sfumarlo, se vogliamo fissarlo come superficie
uniforme dobbiamo metallizzarlo. Il colore metallizzato è colore fissato agli
oggetti materiali. Nella sfera spirituale animica tutto si conclude, e
quindi dobbiamo integrare lo spettro dei colori. Se ci educhiamo a vedere la
mobilità dell'incarnato e non solo il suo colore, e a vivere in esso, sentiamo
come il nostro corpo è riempito dalla nostra anima, siamo alla porta d'ingresso
di un mondo spirituale, ed entriamo nel mondo spirituale. Il colore scende fino
alla superficie dei corpi, ma il colore solleva l'uomo dalla materialità e lo
conduce allo spirito.
R.Steiner, "L'essenza dei colori".
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come i colori si fissano
sui corpi |
Il vero e proprio carattere immagine si ha
nel verde, il vero colore fissato nel mondo esterno, nel mondo
vegetale. Ora bisogna cercare nel verde del vegetale il carattere, l'essenza del
verde in generale. Il regno vegetale si è formato durante la
precedente condizione della Terra, quando ancora lo stato solido non
esisteva ancora. Quindi esso si è formato e trasformato durante il
corso l'evoluzione dello stato planetario. Il regno vegetale si deve
essere formato durante l'evoluzione dell'antica Luna nell'elemento
liquido, visto che il solido ancora non esisteva. Quindi il colore
compenetrava quel liquido come un'onda. Non aveva bisogno di fissarvisi, altro
che tutt'al più in superficie. Solo in superficie il liquido iniziava ad
avvicinarsi al solido. Quindi in questa fase dell'evoluzione della Terra abbiamo
a che fare col verde fluttuante, o in generale col colore fluttuante e con ciò
che è propriamente elemento liquido. Soltanto nella fase evolutiva Terra le
piante poterono assumere la loro forma solida, incorporando l'elemento minerale.
Quindi le piante da esseri fluttuanti diventano esseri con dei limiti e solo
nell'attuale stato della Terra esiste quella che indichiamo come pianta. Solo
allora il colore deve aver preso nella pianta il carattere che in essa
percepiamo oggi, un verde fissato. La pianta però non porta solo il verde perché
si sa che durante le sue metamorfosi passa attraverso altri colori. I fiori
della pianta possono essere: gialli, blu, bianchi, e rossi e così anche i frutti. Quando la pianta assume un
colore diverso dal verde, ciò deriva dal rapporto col divenire degli altri
colori, soprattutto dal sole, dalla sua luce. Infatti quando le piante non
possono esporre i loro fiori al sole, si rinchiudono e ripiegano su se
stesse. Il sole metamorfosa il verde, interviene sul verde e lo porta in altro
stato. Qual è l'astro celeste che ha la massima manifestazione sulla Terra?
Quale astro può agire in contrapposizione al Sole e sarebbe capace di provocare
nella natura della pianta ciò che la luce solare metamorfosa, fa trapassare in
altri colori? Cosa può produrre il verde nel mondo vegetale? La Luna è la
contro-immagine polare del Sole. Nel vegetale vi è compenetrazione tra
l'elemento lunare e quello solare. Infatti la luce lunare compie il suo
effetto sul vegetale durante l'oscurità solare. Da qui si capisce come il verde
diventa immagine e sulla pianta non è splendente come gli altri colori. Gli
altri colori della pianta hanno carattere splendente. Il verde è fissato alla
pianta mentre i fiori splendono. Questa è la stessa cosa che avviene nel cosmo:
la luce solare splende e quella lunare è l'immagine di quella solare che si
fissa. Grazie al Sole nella pianta abbiamo lo splendore dei fiori e nel verde
abbiamo la fissità, il colore dell'immagine della Luna. Quindi sapendo che,
nei colori della pianta agisce il cosmo, nella formazione dei colori nella
pianta vi è una collaborazione delle forze lunari e solari, abbiamo raggiunto il
primo elemento che ci fa comprendere in che modo il colore si fissa ad un
oggetto vegetale, diventando il colore di un corpo. Il mondo dei colori è come
qualcosa che si sviluppa nel corso della nostra evoluzione
terrestre, prima il colore irradia sulla terra dal cosmo, come
splendore, e poi come qualcosa che dalla terra ne esce e ne irradia,
il colore viene interiorizzato nell'oggetto. Seguendo questa
esperienza nel colore e l'elemento cosmico nel colore e
sperimentandolo avremo la possibilità di vivere nel colore stesso. C'è vita nel colore sciolto in acqua nella
coppetta, vi si immerge il pennello e si lavora sulla superficie. Il colore si
fissa su di essa e lo si conduce verso la stato solido. Si vive nel
colore solo se lo si fa passare da uno stato liquido ad uno solido, in questo
modo il colore rivive la stessa esperienza in cui è passato dall'antico stato
lunare allo stato terrestre e vi si è fissato, poiché un solido si può formare
solo sulla terra.
I colori di per se significano delle cose, il rosso ad esempio
dignità o serietà, il blu mitezza, il giallo porta gioia. Ma questo non vuol
dire che si debba dipingere simbolicamente, non è che essi debbano significare
qualcos'altro oltre quel che sono, ma si tratta di poter vivere col colore.
Non si può parlare di soggettività del colore
perché il nostro
io è dentro al colore. L'io e il corpo astrale umano non si possono distinguere
dal colore, essi vivono nel colore e sono fuori dal corpo fisico dell'uomo. Essi
sono collegati con ciò che è colore esteriore, ed essi trasmettono i colori nel
corpo fisico e nel corpo eterico. Il colore è il veicolo dell'io e del corpo
astrale nel corpo fisico e in quello eterico. Per penetrare nella realtà occorre
invertire la questione. Se il pittore vive nei colori, riceve ogni volta dai
colori stessi la risposta alla domanda: in che modo i colori vogliono essere
fissati? Si tratta di poter conversare coi colori, sono loro che ci dicono come
vogliono essere stesi sulla superficie.
R.Steiner, "L'essenza dei colori".
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la simbologia delle
forme e dei colori |
Carl Gustav Jung è uno dei più affascinanti pensatori e ricercatori del nostro
secolo, colui che ha per prima individuato l’inconscio, come grande guida e
consigliere del conscio. Noi comunichiamo con l’inconscio soprattutto per mezzo dei
sogni e gli archetipi ed i
simboli ne costituiscono il linguaggio. Nello stato di sonno,
ritorniamo nel mondo spirituale e i sogni non sono altro che
quel linguaggio, che abbiamo dimenticato, che non usiamo più
consciamente nello stato di veglia, ma che ritorna proprio
inconsciamente nelle opere che con l'arte costruiamo. In pratica
l'arte è il linguaggio dello spirito e i suoi simboli sono una rappresentazione
a noi familiare, perché si legano alle rappresentazioni di
immagini archetipiche.
I simboli
evocano qualcosa che sta al di là del loro significato ovvio, in quando possiedono un aspetto inconscio.
Gli archetipi lasciano le loro tracce nei miti, nelle favole e
nei sogni, sono rappresentazioni di forme e immagini, tipiche
del mondo e della vita, le quali corrispondono alle esperienze
compiute dall'umanità nello sviluppo della coscienza,
espressioni dell'inconscio collettivo.
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C. G. Jung
(1875-1961), psicologo svizzero padre della psicologia analitica. |
Il cerchio è da sempre simbolo di unità e armonia degli
opposti, di spiritualità raggiunta, a questa figura è stato dato il nome di
Mandala, parola sanscrita che vuol dire appunto cerchio inteso come perfezione
spirituale. Nella figura che noi chiamiamo cerchio cromatico sono associati tutti i colori in movimento
circolare che simbolicamente rappresentano la manifestazione della vita che è
movimento, in contrapposizione all'assenza dei colori la cui non manifestazione
è rappresentata dal nero, cui da sempre è stata associata l'idea della la morte e
la stasi. Essendo i colori per la psiche, sia essa cosciente che inconscia, in
movimento circolare continuo appunto, la risultante dell'informazione simbolica
archetipo è che la vita e la sua perfezione, sia materiale che spirituale si
raggiunge e si manifesta col movimento e l'esperienza diretta nel mondo, mentre
chi si ferma è spiritualmente perduto nel nero statico della morte sia materiale
che spirituale. A queste considerazioni possiamo aggiungere la
simbologia del quadrato che gli alchimisti si sforzavano di "quadrare" appunto
nel cerchio.
Il quadrato è il mandala della perfezione
raggiunta in terra, quindi perfezione materiale che la successiva "quadratura
del cerchio o nel cerchio", porta alla perfezione sia materiale che spirituale.
Ora sappiamo, grazie agli studi di Jung che ha decodificato la simbologia
spirituale dell'alchimia, che con questa informazione l'Inconscio vuole
comunicarci l'esistenza delle quattro funzioni "psicologiche", che sono in
numero di 3 + 1, tre nella Coscienza + una nell'Inconscio, affinché ne
diventiamo coscienti per poterle così "quadrare" nel cerchio al fine di
raggiungere questa perfezione sia materiale che spirituale attraverso il
movimento vitale che è la risultante del loro controllo cosciente.
L'occhio è costretto a seguire, sulla circonferenza cromatica, un
percorso circolare in senso orario, cioè verso destra, direzione che da sempre
anche nei sogni indica la coscienza o fatti che avvengono nella coscienza,
mentre la sinistra o il movimento a
sinistra indica la direzione dell'Inconscio o fatti che avvengono
nell'Inconscio, come era per la svastica nazista, simbolo solare ribaltato nel
suo opposto.
Il triangolo indica che se portiamo a perfezione le tre funzioni psicologiche che stanno
nella coscienza successivamente sarà facile far emergere la quarta funzione
inconscia per formare quella quaternità rappresentata dal simbolo del quadrato,
completezza vitale in terra che porta a sua volta, sempre attraverso il
movimento vitale, alla perfezione spirituale rappresentata dalla quadratura del
cerchio. Da sempre il triangolo rappresenta infatti il "dogma" della trinità, il
quale, sino a che non si avevano queste conoscenze aveva valore di mistero e di
verità rivelata indiscutibile e incomprensibile. Oggi per fortuna la possiamo
discutere e quindi di conseguenza comprendere. Questo spiega il motivo per cui siamo portati a rappresentare
tutti i Mandala con strutture interne che sono multipli di strutture ternarie e
quaternarie che ribadiscono questi concetti archetipo. L'equilateralità sta ad indicare che le tre funzioni della
coscienza devono essere sviluppate in maniera eguale per poter raggiungere
quella "vista" spirituale che ci permetterà gli ulteriori progressi. Dentro
questo simbolo religioso troviamo infatti sovente rappresentato un occhio,
(l'occhio di Dio). Esistono due tipi di triangolo equilatero.
Il triangolo equilatero con il vertice in alto in
alchimia è il simbolo del fuoco il cui colore è il rosso, ossia simbolo della vitalità di Mercurio ermafrodito.
Mercurio è ermafrodito perché ha raggiunto l'unità degli opposti, è chiamato
anche psicopompo degli dei, ossia portatore della volontà e dell'amore divino
che procede dal Creatore verso ciò che ha creato, il cui colore simbolico è
sempre il Rosso che infatti nella circonferenza cromatica sta nel vertice del
triangolo dei colori primari, in alto nel punto di partenza del movimento vitale
circolare. Questo triangolo con un trattino orizzontale è il simbolo dell'aria
che a sua volta è un altro simbolo dello Spirito divino mercuriale. Il Rosso Mercurio con le ali ai piedi, portavoce del Dio e
patrono dei ladri per meglio connotarne la doppia natura di questa figura della
psiche materiale e spirituale che dovrebbe rappresentare la coscienza maschile,
è contemporaneamente l'Animus della figura inconscia che appare nei sogni delle
donne, nei sogni di entrambi i sessi appare spesso come colpo di vento o vortice
d'aria e così sempre è stato rappresentato nei miti.
I l
triangolo equilatero con il vertice in basso
in alchimia è il simbolo dell'acqua, simbolo
classico del regno inconscio. Mentre con un trattino orizzontale è il simbolo della terra,
la Madre di tutte le cose. Acqua e Terra sono entrambi simboli dell'Inconscio
rappresentato da Venere ermafrodita, perché a sua volta ha raggiunto l'unità
degli opposti, figura complementare femminile di Mercurio, corrispondente
all'Anima nei sogni degli uomini, e la figura che dovrebbe essere integrata
nella coscienza delle donne, ed elemento trasformante della
coscienza degli uomini, alla quale da sempre la mitologia ha attribuito il
colore Verde che infatti nella circonferenza cromatica sta in basso come
complementare del Rosso Mercurio. Da tutte queste geometrie combinate tra loro risulta la
figura Simbolo dei quattro elementi.
A ribadire che quattro sono gli elementi necessari per
raggiungere l'unità degli opposti, dove fuoco, aria, terra e acqua sono i
quattro elementi simboli che si riferiscono alle quattro funzioni della
coscienza, tre dello stesso sesso e una di sesso opposto nell'inconscio,
rappresentato dall'acqua sia per l'uomo che per la donna, che bisogna rendere
coscienti per poter raggiungere la perfezione di Mercurio per lui, e di Venere
per lei. Ora se teniamo conto che la luce Divina spirituale come
quella Solare materiale viene dall'alto, e il colore bianco che è la somma di
tutti e tre i colori primari, (che contengono in sé i secondari e
complementari), simbolicamente rappresenta la Sapienza di Dio, è giustificato
disegnare bianco il triangolo dei colori primari col vertice in alto e ad esso
andranno attribuiti tutti i simboli solari e maschili, mentre viceversa, se la
luce viene dall'alto vuol dire che l'oscurità materiale come quella spirituale
sta in basso, per cui è giustificato disegnare col nero il triangolo dei colori
secondari e complementari col vertice rivolto verso il basso, e ad esso andranno
attribuiti tutti i simboli notturni e femminili.
Se adesso per concludere volessimo riunire tutte le
simbologie viste sino ad ora, divise in due classi in un unico simbolo che le
comprenda tutte, non avremmo altra possibilità che disegnare ciò che esiste già
da millenni ed è chiamato Sigillo di Salomone.
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Sigillo di Salomone |
Da sempre la Sophia degli antichi saggi aveva dato ai colori e alle
geometrie che da essi sono sottese la simbologia che gli compete anche nei
rapporti geometrici e fisici che noi moderni abbiamo evinti dalla circonferenza
cromatica estratta dalla perfezione dell'arcobaleno e dimostrata con gli
strumenti della tecnologia scientifica razionale, ma con molte qualità in meno
di quanto avevano già fatto quelli. Ciò equivale a dire che il processo
razionale scientifico ha depauperato la ricchezza dei processi informativi della
Natura stessa mentre, come dice Jung, al di là del valore matematico del calcolo
spicciolo, i numeri che rappresentano queste forme e questi rapporti sono
archetipi di un ordine interno della natura stessa che attraverso essi tende a
rendersi cosciente alla natura umana per mezzo della proiezione simbolica che
parte dall'Inconscio e diventa cosciente con l'uso corretto delle quattro
funzioni della coscienza, mentre Gesù è una di quelle figure iniziatiche
ricorrenti nella storia dell'evoluzione del pensiero spirituale che è venuto a
ricordarcelo, come si evince dalla lettura simbolica dei Vangeli gnostici.
La cosa oggi si può anche spiegare con l'aiuto della
psicologia comparata che poi altri non è che la scienza che discorre sull'Anima,
la parola infatti è composta dalle due parole greche psiche e logos
(letteralmente discorso sull'anima), in ultima analisi l'Anima (Animus) comunica
la verità alla nostra coscienza per mezzo di immagini simboliche: "La verità non
è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli e immagini. Non la si può afferrare
in altro modo "Vangelo di Filippo Logon 10".
Queste parole di Gesù vanno prese alla lettera, si tratta
solo di decodificare il significato simbolico di queste immagini, cosa che oggi
possiamo nuovamente fare perché ne abbiamo recuperato il codice. Da ciò si
evince che:
Tutte le informazioni Naturali
sono contenute in un serbatoio psichico (o Divino Architetto o Inconscio
collettivo o Sé), disponibile a tutti e col quale tutti siamo collegati
tramite l'inconscio personale.
Le informazioni si manifestano
nei sogni e nella creatività così detta cosciente attraverso la quarta
funzione una volta che riusciamo a esprimere la volontà dei nostri veri
desideri (sentimenti).
Le informazioni vengono
espresse da sempre con un linguaggio il cui vocabolario sono le immagini
della natura stessa,.
Comprendere il significato
spirituale delle immagini simbolo del Divino Architetto significa poterlo
usare per perseguire una piacevole vita sulla terra che ci permetterà
successivamente dopo la morte del corpo fisico, una integrazione cosciente
della nostra psiche nel "continuum" psichico del Divino Architetto medesimo.
P aul Klee.
Teoria della forma e della figurazione.
Attilio Marcolli: Teoria del Campo.
Ruggero Pierantoni: L'occhio e l'idea, fisiologia e storia
della visione.
Vassilij Kandinskij: Lo spirituale nell'arte.
Douglas R. Hofstadler: Goedel, Escher, Bach: Un'Eterna
Ghirlanda Brillante.
René Guénon: Simboli della scienza sacra.
Rudolf Steiner: Le opere scientifiche di Goethe.
Fréderic Portal: Sui colori simbolici nell'Antichità nel
Medioevo e nell'Età moderna.
Mircea Eliade : Il sacro e il profano.
Louis Charbonneau Lassay: Le bestiaire du Christ..
I. Schwar Winklhofer - H. Biedermann: Il libro dei segni e
dei simboli.
C. G. Jung: Psicologia e alchimia Vol. 12, Studi
sull'alchimia Vol. 13, Psicologia e religione. Vol. 11.
Tommaso, Maria, Verità, Filippo: I Vangeli gnostici.
a cura di di
Sergio Pavone
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il colore e l'alchimia |
La tradizione ha sempre rappresentato l’alchimia come qualcosa di misterioso le
cui origini non sono mai state definite. Molte storie e leggende sono state
raccontate sull’alchimia e sugli alchimisti, immaginati sepolti nei loro antri
oscuri, avvolti da un’aurea di occulto, alle prese con pozioni magiche e veleni
potentissimi. La Pietra Filosofale, la Quintessenza, la Polvere rossa di
proiezione, capace di trasformare in oro purissimo il più vile dei metalli, fu
la loro ricerca. Personaggi come Ermete Trismegisto, Zosimo l’Alessandrino,
Raimondo Lullo, Arnaldo de Villanova, Nicolas Flamel, Basilio Valentino,
Paracelso, Johann Daniel Mylius, Giovanbattista Della Porta e, più recentemente,
Fulcanelli ed Eugène Canseliet contribuirono ad accrescere questa immagine
magica. I loro scritti appaiono ancora oggi un’inesauribile fonte di simboli e
di geroglifici, segni di un’antichissima lingua le cui radici si affondano nella
cabala ebraica, nelle elucubrazioni monacali del Medioevo e nei riti delle
misteriose confraternite rinascimentali.
All’inizio del XX secolo gli studi di Scholem (Gershom Scholem, La Kabbalah
e il suo simbolismo, Torino Einaudi 1960) sulla cabala ebraica
e quelli di C. G. Jung sui rapporti tra Psicologia e Alchimia hanno permesso di
scoprire un’alchimia diversa da quella che fu creduta la sola arte della
trasmutazione dei metalli vili in oro. Nella speranza di riprodurre, in piccolo,
quanto esisteva nel Macrocosmo gli alchimisti lavorarono e rilavorarono, nelle
storte poste sopra all’athanor, le più strane materie. Il loro
laboratorio non fu solo l’antro oscuro, ma soprattutto l’uomo.
In questa fine secolo, ove lo strabiliante sviluppo tecnologico domina la vita
dell’uomo, l’Alchimia è ancora in grado di attirare l’attenzione di molti che,
alla ricerca di una loro precisa identità, trovano nel pensiero alchemico il
modo per scoprire loro stessi e l’indole umana. |
Incisione di Mattheus Merian
annessa alla Basilica Philosophica dell’Opus Medico Chymicum
scritto dal medico chimico Johann Daniel Mylius e pubblicato da Lucas Jennis a
Francoforte nel 1618.
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Parlare di colore in un’incisione
può sembrare improprio. Sarebbe più giusto parlare di bianco e di nero o di
elementi in nero e in bianco. Il concetto duale del credo alchemico è stato
trasferito nell’opera con grande tecnica dall’autore che ha sfruttato la
contrapposizione tra i due colori assoluti per rendere visibile l’inizio, e la fine dell’opera.
In effetti in antichità si pensavano i
colori legati agli elementi, ai temperamenti, alle stagioni, e all'età
dell'uomo. Seguendo questi principi ne risultava che al nero o nigredo
era legata la prima fase dell'opus alchemico, indicava l'umore
malinconico, la notte d'inverno, la vecchiaia e la morte, ed era
legato all'elemento terra. Di conseguenza all'albedo era legato il
colore bianco, il carattere flemmatico, l'alba in primavera e
l'elemento acqua. Al giallo o citrinitas, si paragonava il carattere
sanguigno, il meriggio estivo, la giovinezza e l'elemento aria. Infine
al rosso o rubedo e all'oro, la fase ultima dell'opus, si legava il
carattere collerico, la limpida luce d'autunno al tramonto, la
maturità e l'elemento fuoco.
La tecnica della contrapposizione tra luce e ombra, tra nero e bianco fu
impiegata in varie opere d’arte il cui intimo significato aveva, alle volte,
sfondo alchemico. Infatti i due colori possono essere posti all’estremità della
gamma cromatica divenendo assenza o somma di tutti gli altri, loro negazione o
loro sintesi. La negazione diventa, in tal modo, associabile alle tenebre
primordiali, all’ora di Saturno che con le proprie influenze negative conferisce
agli uomini gli umori della tristezza, della melanconia. L’affermazione è invece
il colore messianico ottenuto per «sublimazione» della materia.
Un esempio di contrapposizione bipolare, in cui una parte inizia quando finisce
l’altra, è il simbolo cinese del Tao, yin-yang (nero yin,
bianco yang). In esso le singole unità sono perfettamente integrate
senza alcuna prevalenza dell’una sull’altra e la linea curva mediana rilascia la
sensazione della ciclicità e delle due metà dell’Uovo del Mondo.
I due poli, che si toccano e che si condensano in un unico "Uno", trovano
corrispondenza nel passo della Tavola di Smeraldo «Sali dalla Terra al cielo e
dal cielo ridiscendi alla Terra» e il nero saturnino diventa così preludio di
una nascita, perpetuando la ritmica successione del Microcosmo a quella del
Macrocosmo. Il simbolo preso a prestito cela anche un altro significato; quello
della circoambulazione (l’imitazione dei cicli astrali che assicurano l’armonia
del Mondo adattandola a quella dell’Universo) che
nell’alchimia, diventa l’opus circolatorium. Infatti la materia
era sottoposta ad una continua lavorazione e rilavorazione al fine di raggiungere un grado
di purezza assoluta generatrice degli elementi più semplici ovvero della
Quintessenza.
a cura di M. Fumagalli |
il colore e la musica |
Vasilij Kandinskij, moscovita,
laureato in legge, insegnò diritto ed economia, fece il
direttore artistico di una casa editrice, curò persino la
decorazione di scatole di cioccolatini. Approdato tardi alla
scuola d’arte di Monaco, si scontrò con la visione limitata di
insegnanti che spingevano gli allievi a riprodurre la realtà con
tratti solo realistici. La sua strada era diversa e, verso la
fine dell’Ottocento, sentiva che avrebbe percorso territori
inesplorati e atipici: «Il mio amore per il disegno mi faceva
vivere fuori dal tempo e dallo spazio a tal punto che non mi
sentivo più me stesso», dichiarò. Perché per lui l’arte non
poteva essere disgiunta, oltre che dalla musica, dalla
psicologia, dalla filosofia, dalla scienza, dal teatro. Perché
seguiva una pittura che disegnava la trama e l’ordito di una
spiritualità che trascendeva le immagini, spalancando alla
visione dell’osservatore non un oggetto facilmente riconoscibile
ma sentimenti, sogni, mondi interiori. Perché la sua ricerca del
colore, che continuò per tutta la vita, univa l’abilità tecnica
alla sensibilità che scopriva nuove forme, approdo, più che
della logica, delle sensazioni personali. Davanti al
Pagliaio di Monet si accorge che il quadro ha qualcosa di
particolare: «Con stupore notavo l’immagine che s’imprimeva
nella memoria e si riformava davanti agli occhi nei minimi
particolari. La pittura possedeva la potenza incredibile di una
tavolozza che superava tutti i miei sogni. L’oggetto dell’opera
perse allora per me l’importanza della sua indispensabilità. Una
piccola parte della mia Mosca incantata esisteva già su quella
tela».
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V. Kandinskij
(1866-1944),
pittore russo padre
dell'astrattismo. |
Iniziò così per Vasilij Kandinskij il
viaggio alla ricerca di un modo di dipingere personale che rifiutava
il realismo e sapeva dissolversi nella luce del colore, sentire il
richiamo imperante della spiritualità. Prima fra tutti, quella della
musica: l’ascolto del Lohengrin
di Wagner gli rivelò, grazie ai «violini, i bassi gravi e soprattutto gli
strumenti a fiato l’incanto luminoso dei colori. Linee scompigliate,
quasi stravaganti mi si disegnavano davanti agli occhi». Una
visionarietà che affondava le radici nella sua esperienza musicale
(suonava il piano e il violoncello), in una sensibilità che gli
faceva tradurre le note e le emozioni in pennellate dirompenti, in
ricerca spasmodica della sensibilità del colore.
"il blu, che crea le sensazioni più
profonde e il cui potere interiore aumenta con l’aumentare
dell’intensità, ricorda l’organo, l’azzurro evoca il flauto e il
rosso cupo i toni medi e gravi del violoncello, una linea verticale
e una orizzontale provocano un suono quasi drammatico".
La sonorità della pittura, le note che evocano l’intensità dei
colori, erano per lui espressione di un’arte che raggiunge le più alte vette
della spiritualità. Il pittore diventa così musicista che suona le immagini: «Il
colore parla direttamente all’anima, è la tastiera. Gli occhi sono i
martelletti, l’artista la mano che suona e toccando i tasti suscita vibrazioni
nell’anima, un piano dalle innumerevoli corde». Se i toni e i ritmi della musica
vengono assorbiti dall’orecchio, perché le forme e i colori non possono parlare
direttamente all’occhio e alla mente?
A confronto con varie culture, cittadino sovietico, tedesco e
francese, con una vita sempre contraddistinta da viaggi, spostamenti e fughe,
Kandinskij cercava un punto d’incontro tra la realtà orientale e quella
occidentale, un confronto col pubblico e con le avanguardie artistiche. Lavorò
anche a composizioni sceniche astratte, tra cui Il suono giallo, realizzò
nel 1928 le scene e i costumi per l’allestimento dei Quadri di un’esposizione
di Mussorgsky.
Scrisse svariati libri (tra cui il più noto è Lo
spirituale nell’arte), fondò con Franz Marc il movimento del Cavaliere
Azzurro e diventò amico del musicista e compositore Arnold Schönberg, che
influenzò la serie delle sue Impressioni e Composizioni.
Senza
precludersi nessun campo espressivo, si occupò oltre che di teatro, di cinema,
diventando direttore dell’omonima sezione a Pietrogrado e, nel 1919, primo
direttore dei nuovi musei di cultura pittorica di Mosca. È del 1922 la basilare
esperienza dell’insegnamento dei fondamenti dell’arte astratta presso l’istituto
sperimentale del Bahaus, insieme a Walter Gropius, Paul Klee, Laszlò
Moholy-Nagy, Lyonel Feininger. I loro quadri, bollati come degenerati dal
nazismo, furono tolti nel 1938 dai musei tedeschi. Precedentemente i pittori
erano stati costretti alla chiusura della scuola e alla fuga. Nonostante le
mostre collettive e personali, i lavori di Kandinskij, poco apprezzati, vennero
comprati soprattutto da collezionisti svizzeri e americani (tra cui spiccava
Solomon R. Guggenheim) che avevano scoperto un’arte, comparsa verso il 1913 e
definita astratta che distorceva, frantumava e ricomponeva la superficie del
dipinto, spiazzando gli osservatori, sottraendo alla loro vista oggetto e
motivazioni del quadro, ma spingendoli verso un percorso interiore di ricerca
espressiva profonda.
Altri autori come Jackson Pollock, Joan Mirò, Paul Klee, Jean Arp, Max Ernst, Lyonel Feininger,
Ludwig Kirchner, Fernand Léger, Franz Marc, Pablo Picasso, Piet Mondrian,
hanno influenze artistiche reciproche e percorsi comuni
a Kandinskij.
Il Paesaggio con locomotiva nei pressi di
Murnau, del 1909 e il Paesaggio collinare dell’anno successivo in cui
le figure delle case, degli alberi e delle nuvole sfumano in un incrocio di
colori vivi che preparano verso strade astratte. Ed è proprio nel Paesaggio
con pioggia del 1913 che inizia la ricerca sul colore e le forme di
Kandinskij. Il diluvio universale oltrepassa i riferimenti spirituali, inseguendo
i raggi neri di pioggia che invadono la terra secondo la geometria di righe
verticali; i rossi sfumano nei gialli, il viola delle colline invade i tetti
delle case di una città che rincorre una nuvola densa d’acqua, che può
sommergere come rigenerare. Le forme della ricerca non si esauriscono mai, dalla
prospettiva inclinata da cui emergono i cerchi e le linee di Nel quadrato
nero, alla famosa Composizione 8, dell’epoca del Bauhaus, realtà
pulsante in cui il dinamismo si alterna alla calma, l’aggressività alla quiete.
E se in Piccolo gioco del 1928 scoperta è l’influenza del modo di sfumare
il colore dell’amico e collega Paul Klee, che in quell’epoca divideva con
Kandinskij una casa a Dessau, è in Senza titolo del 1940 che su un
coraggioso sfondo nero riemerge l’anima russa del pittore, nell’inseguimento di
forme che rimandano alle cupole delle chiese moscovite. L’esperienza della visione di
Kandinskij è unica, personale.
Può essere condivisa solo dopo essersi lasciati andare, aver dato spazio a
sensazioni richiamate da un’immagine, un segno, una forma. Aver preso atto di
realtà che bussano con insistenza alle porte dell’anima. Aver aperto quelle
porte alla musica del colore. Armonia e musica sono gli elementi che si
intrecciano, nel lungo processo di semplificazione delle forme reali, all' uso
di segni e colori scelti per un particolare potenziale simbolico nella
realizzazione delle opere astratte. E' così giunto ad una pittura che esprimeva
contenuti spirituali attraverso mezzi visivi con l'immediatezza astratta
della musica.
In "Punte nell'arco" del 1927, vediamo apparire forme
geometriche archetipo come il triangolo il simbolo della trinità, l'elevazione
verso lo spirituale, e simbolo di perfetta armonia, a cui contrappone il
quadrato che indica la terra. L'arco serve per unire simbolicamente ciò che è
discorde. Egli comunica una lettura musicale attraverso le sensazioni che
possono avere certi colori e forme. I segni lineari indicano possibili moti che
suggeriscono il ritmo delle macchie che diventano forme. Lo sfondo quindi
diventa una sorta di campo di forze, forma un sistema dinamico.
Punte dell'arco, 1927 |
schema compositivo |
L'arco: la composizione è ad arco in quanto questa forma indica il
congiungimento. Essa serve a conciliare i principi opposti come i colori
antagonisti blu e rosso che indicano il caldo/freddo,
contrazione/espansione, lontano/vicino.
Il
triangolo: questa è la forma dei monti del paesaggio di Murnau.
Indica il numero tre, la trinità, la perfetta armonia.
Il
quadrato: è la terra, la stabilità la forma femminile.
Il cerchio: è il cielo, è da sempre simbolo di unità e
armonia degli opposti, di spiritualità raggiunta.
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il colore nella
filosofia orientale |
Ogni filosofia da quella orientale
all'occidentale ha sviluppato un proprio concetto di evoluzione del
cosmo, ma similarmente questo le lega in una sorta di inconscio
collettivo, che da entrambe le parti porta a concepirlo come una sorta
di cerchio in cui si racchiude il tutto. Nel mondo orientale questo
viene rappresentato dal Mandala, che come un cerchio cromatico, indica
la totalità il sunto del mondo in tutta la sua armonia. Un mondo in
continua evoluzione e trasformazione, dato dall'unione simbolica del
mondo dei colori, un mondo in continuo movimento.
Filosofia Giapponese. La filosofia giapponese ci fornisce una frase che
è la sintesi della riflessione zen: kuu soku ze shiki. Abbiamo la seconda parte
che corrisponde alla lettura capovolta della stessa frase: shiki soku ze kuu. La
circolarità del pensiero è presente sia nella concezione giapponese, e più in
generale orientale, sia nell'ermeneutica filosofica. Costituisce una
similitudine molto importante ed è giusto metterlo in luce anche in questo caso.
La traduzione più semplice è: "il vuoto è la forma e la forma è il vuoto" (kuu
soku ze shiki, shiki soku ze kuu). Si tratta di un brano dell'importante Sutra
del cuore.
La traduzione letterale è: "non c'è cielo senza colore, non c'è colore senza il
cielo". Nella lingua giapponese l'ideogramma di cielo indica anche il vuoto, e
quello del colore indica le cose sensibili. Dunque
un'altra possibile traduzione potrebbe essere: "non c'è vuoto senza colore, non
c'è colore senza vuoto". Da cui consegue anche: "non c'è il nulla senza le forme
sensibili, non ci sono forme sensibili senza il nulla".
Il nulla giapponese (mu) viene identificato nella
frase del Sutra del cuore con la "forma". Dunque cosa si intende con nulla?
Tenendo conto del senso giapponese del nulla, un'altra traduzione possibile
potrebbe essere: "la forma è il contenuto e il contenuto è la forma". Questo
nulla è un principio metafisico. Il nulla sarebbe l'indistinto e l'indeterminato
da cui scaturiscono ed emergono le cose sensibili. Perciò alcuni traduttori lo
considerano anche come "essere". Per la dottrina zen, questo nulla ha però un
valore conoscitivo. Il vuoto mentale (mushin) permette la comprensione delle
cose. Dunque la filosofia giapponese considera il nulla come un principio della
conoscenza. L'essenza delle cose e la conoscenza coincidono.
Filosofia cinese.
Colore in cinese si dice sè, o yánsè. Il carattere sè pare che in origine
fosse un pittogramma che rappresentava un uomo con un sigillo (timbro in pietra
intagliata) in mano. Così come lo stampo riproduce il sigillo, altrettanto il
colore del viso manifesta le passioni, i sentimenti, che nella
simbologia attribuita al trucco facciale (che potremmo chiamare maschera, dato
che cancella completamente i tratti originali del volto) viene assegnata agli attori
dell'opera.
Il carattere sè unito a diàn che significa sedimento, deposito, dà il
significato di "cremisi", il colore rosso dei terreni ferrosi o delle risaie,
dove l'acqua al tramonto si tinge di rosso.
Unito a zhí, "carta", dà "carta colorata", impiegata per scritte augurali da
bruciare durante i riti religiosi e nelle offerte alle divinità e ai
morti.
Nella tradizione cinese esistono cinque colori-simbolo principali,
collegati ai cinque elementi naturali (terra, acqua, fuoco, legno,
metallo), alle stagioni, ai punti cardinali (a cui in Cina si aggiunge
"il centro"), ai gusti (piccante, dolce, amaro, agro, salato), ai
periodi del calendario.
Qing il primo dei cinque colori, è il colore di un tipo di giada che varia
dal verdino-azzurro-grigio, addirittura al nero ed è abbinato alla
primavera, al legno, all'est, al gusto acido.
Chì, rosso cinabro, non molto scuro, abbinato all'estate, al fuoco, al sud, al
gusto amaro. E’ il colore dell'incarnato delle guance ed ha il
significato anche di sincero, cordiale, fedele.
Huáng, vuol dire giallo ocra, è abbinato alla terra (il fertile loess
giallo depositato per millenni dal Fiume Giallo, sul quale è fiorita la civiltà
cinese) ed infatti - non a caso - è allineato al centro, al gusto dolce, a
nessuna stagione.
E’ il colore del principio femminile nella filosofia e nella medicina cinesi. E’ un colore caldo, luminoso, una forza vitale.
Bái, vuol dire bianco, è abbinato all'autunno, al metallo, all'ovest, al
gusto agro.
Bái vuol dire anche puro, senza macchia, innocente, irreprensibile, franco,
aperto.
Hei vuol dire nero, è abbinato all'inverno, all'acqua, al nord, al gusto
salato.
a cura di M. Omodeo
Filosofia indiana-tibetana. La parola Mandala, d'origine
indiana-tibetana, si riferisce ad un'immagine simbolica del mondo in tutta
la sua perfezione. Manda in sanscrito significa essenza e
la
significa cogliere, quindi cogliere l'Essenza.
Nella tradizione tibetana, un Mandala è composto dai 5 elementi che
compongono il nostro universo:
la
terra, giallo - fermezza, solidità, fiducia, accoglienza: dà la vita.
l'acqua,
bianco - fluidità, flessibilità, coesione: armonizza la vita.
il fuoco, rosso - sole, calore, vitalità: matura la vita.
l'aria,
verde - respiro della terra, scambio, comunicazione: un solo soffio fa
vibrare l'universo intero, anima la vita.
lo
spazio, blu - l'infinito, la libertà. Il seme può aprirsi, il fiore
schiudersi, l'albero crescere e l'uomo maturare. Accoglie la vita.
Lo squilibrio di una solo di questi elementi incide sull'equilibrio
dell'universo intero.
I Mandala sono una forma di yantra (strumento, mezzo, emblema), posti in
concreta corrispondenza con un attributo divino, una figura d’incantesimo
(mantra) o con un concetto metafisico. Esistono testi come il
Shri-Chakra-Sambhara-Tantra che forniscono regole per creare nel
migliore dei modi queste immagini mentali. Possono essere usati
semplicemente come medium per la meditazione oppure come strumenti
rituali. Rappresentano, in un certo senso, un Atanor, ovvero uno "spazio
chiuso" che contiene il tutto e che opera la trasformazione. Sono porte
per accedere ad una visione substanziale, aperte su due dimensioni. Sono
anche una "quadratura circuli" che focalizza e mette ordine; sono
una proiezione mentale che ritorna arricchita di elementi trascendenti.
Nel "Mistero del Fiore d’Oro" viene esaltato l’uso dei Mandala per la
circolazione e la "cristallizzazione" della Luce.
Secondo Jung i Mandala e le immagini
concomitanti derivano da sogni e visioni che sono già nello spirito
dell’uomo del Paleolitico (rocce incise in Rhodesia). Rispecchiano cioè
archetipi primitivi del modo di intendere l’opera magica, racchiudendola nel
cerchio al fine di giungere al punto centrale, o da questo allontanarsi.
I Mandala tibetani e indiani sono la
forma più evoluta di una iconografia magica praticamente ubiquitaria.
Considerando la loro struttura essenziale di Ruota dell’Universo, ossia
formata da un centro, una simmetria qualsiasi, e una divisione in settori,
possiamo considerare forme primitive, o meno evolute di mandala, anche la
Grande Pietra del calendario messicano, il fiore di loto, il mitico Fiore
d’Oro, la Rosa Rubea dell’Alchimia, i disegni sacri su sabbia degli Indiani
Navajo e persino i Pentacoli e i Talismani Salomonici e i rosoni delle
cattedrali cristiane.
Psicologia del Mandala. "Mandala significa cerchio, ed in
particolare cerchio magico."
ll simbolo dell’uroboros,
il serpente che si morde la coda, è stato interpretato in tantissimi modi,
a seconda della prospettiva d’osservazione ( psicologica, religiosa,
artistica, ecc.).
Per noi, dal punto di vista ‘mandalico’, esso rappresenta la grande
illusione della manifestazione, che nella sua apparente dispiegazione
temporale sembra avere carattere lineare, ma che nel suo spaziare si
rivela circolare.
Potremmo perfino azzardare l’ipotesi secondo cui, Iddio, dopo lo Tzim-tzum
luriano, cioé dopo avere contratto una parte di Sé per far spazio al mondo
manifestazionale, circondasse questa entro un cerchio magico, al fine di
cautelare gli incauti che avessero voluto vederlo faccia a faccia.
Che questo mondo assomigli ad un animale che si ciba di sé, non ci sono
dubbi: ogni forma si alimenta di altre forme; ognuno è allo stesso tempo
divoratore e divorato.
Una sola ed unica Sostanza Vitale, riuscendo a
popolare l’universo di infinite forme, ha creato la grande illusione
dell’individualità, che in questo discorso potrebbe indicare
simbolicamente come un immaginario cerchio, imprigionante una porzione di
essa.
Se ci siamo chiusi in un carcere virtuale
attraverso la perimetrazione di una porzione di Mente Sconfinata, possiamo
evadere dalla prigione attraverso una perimetrazione talmente vasta da
comprendere l’Illimitato, l’Impersonale, il Sé.
Il mandala è un cerchio magico, perché riesce, da un lato, a creare un
labirinto per rinchiudervi quell’ orribile mostro chiamato ego, e
dall’altro, a convocare in esso tutte le potenze dell’anima, “le divinità”, che impugnando le armi di Teseo riusciranno ad uccidere il minotauro.
Lì dove nascerà un mandala c’è uno spazio caotico che dovrà dapprima
essere ‘pulito’, poi consacrato, dopo armonizzato con figure geometriche,
ed infine colorato con le buone vibrazioni dell’anima.
Se tutto il discorso della purificazione del luogo e della creazione del
mandala lo riportiamo alla persona, avremo tutte le tappe del percorso che
il ricercatore dovrà percorrere per andare al centro di se stesso.
Ora, se la simbologia del mandala racchiude tutto questo, appare chiaro come la creazione di esso
equivalga ad un vero e proprio lavoro alchemico che si svolge attraverso
colori, fasi, cotture, ecc.
In questo modo acquista più ampio significato quanto il Rimpoche lamaista
Lingdam Gomche disse a Jung nel 1938 : “ Il mandala è un’immagine mentale
che può essere elaborata mediante l’immaginazione soltanto da un lama
istruito…il vero mandala è sempre un’immagine interiore (Simbolismo del
Mandala, in Psicologia e alchimia Vol. XII – Jung).
Jung
definisce la fantasia come “un’idea senza sostanza”, mentre definisce
l’immaginazione come “un’evocazione attiva di immagini (interne)
‘secundum naturam’, un’opera vera e propria di pensiero o di
rappresentazione, che tenta di comprendere i fatti interni e di
rappresentarli con immagini fedeli alla loro natura. Quest’attività viene
chiamata opus, opera” (Psicologia e alchimia – Jung).
Nel corso di tutta la sua corposissima opera Jung sottolinea spesso
l’importanza della comparsa, nella psiche dei suoi pazienti, dei simboli
che rappresentano l’unità, fra cui pone i mandala.
In “Simboli della trasformazione” analizzando la visione concernente una
città di sogno di Miss Miller, la considera “
una sorta di Gerusalemme Celeste come quella sognata dall’autore
dell’Apocalisse, e rimandando ad una sua nota conclude: “A questo
proposito oggi parleremmo di mandala come simbolo del Sé” .
Cerchio e quadrato sono le forme geometriche più usate nella costruzione
dei mandala. il primo indica lo Spirito, il secondo la materia; il cerchio
é simbolo del cielo, il quadrato della terra; l’uno rappresenta la
perfezione, l’altro la stabilità; continuità e discontinuità; quinta
essenza e quattro elementi; la pietra filosofale, la pietra grezza; il
maschile e il femminile; la vista e il tatto; Dio e uomo; e così via.
La simbologia di queste due figure geometriche è molto vasta e certamente
non ancora esaurita. Per quanto detto, il mandala può ben rappresentare la
perfetta sintesi di cielo e terra, poiché è ricco di armonie a più
livelli: armonie numeriche espresse nelle proporzioni; armonie temporali
espresse dalle giuste congiunture celesti; armonie combinatorie, date dal
disegno in sé; armonie dei colori ricavabili dall’accostamento delle
tonalità; armonie mentali, rintracciabili nella creatività immaginativa;
armonia delle armonie suddette, riassumibile nella parola “ Sé” .
“Immagine del mondo e luogo della teofania, proiezione della psiche e
percorso che conduce all’illuminazione, il mandala è costruzione sintetica
e dinamica volta a realizzare la convergenza dei piani dell’essere;
dimensione cosmica, umana e divina trovano in esso la loro ricomposizione”
(Mandala – Albanese – Cella, ed. Xenia).
Da non confondere
con il mandala, “che rappresenta l’universo fisico e psichico” (ibidem) è
lo yantra “che rappresenta una particolare divinità o forza cosmica” (idem).
Se oggi noi attribuiamo al mandala proprietà
terapeutiche, significati psichici, lo dobbiamo
agli studi di Carl Gustav Jung, che confermano il suo “processo di
individuazione”, che insieme con il concetto di Inconscio collettivo e
relativi archetipi, di sincronicità, di tipologia psicologica, formano il
nucleo di tutta la sua Psicologia Analitica. Il fatto è che tutto quanto
riguarda i mandala è frutto di sue esperienze personali, vissute negli
anni più critici della sua vita di studioso (separazione da Freud).
Quel periodo fu contrassegnato da una ricca produzione di mandala, ed è
anche per questo che in Aion – vol. IX della sua monumentale opera potrà
dire: “l’esperienza dimostra che i mandala individuali sono simboli di ordine,
per cui si presentano nei pazienti soprattutto in periodi di
disorientamento o riorientamento psichico. Quali circoli magici, essi
esorcizzano e soggiogano le sfrenate potenze del mondo delle tenebre, e
formano, creano un ordine che trasforma il caos in ordine”.
"Nel mito l’eroe è quello che vince il drago e non chi ne viene invece
divorato… un uomo del genere ha conquistato il suo stesso Sé… e ha
raggiunto ciò che l’alchimista chiamava Unio Mentalis. Questo fatto di
solito è raffigurato da un mandala” . (Jung – Mysterium Coniunctionis –
vol XIV – Boringheri).
Quindi possiamo affermare con Ruediger Dahlke (terapia con i mandala –
ed.Tea) che “il fatto che
l’individuo alle prese con una determinata fase di ricerca spirituale
abbia utilizzato consapevolmente il mandala in quasi tutte le culture
tradizionali, e in parte lo usi ancora oggi per raggiungere la perfezione,
dovrebbe essere per noi una conferma sufficiente delle sue qualità”.
La costruzione di un mandala, che segua regole precise come nella
tradizione del tantrismo tibetano, o che nasca dalla spontanea armonia o
disarmonia della psiche di un uomo qualunque, è una mappa che il Sé si è
tracciata attraverso la nostra anima, affinché essa trovi in sé il centro.
Ed il centro altro non è che l’eterno Ora, il Silenzio Assoluto, il “Nulla” Inconcepibile, da cui promana il Verbo Coniugante ogni cosa sotto
il cielo.
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la cura tramite i colori |
La cromoterapia. Gli antichi Egizi praticavano normalmente la cura
tramite i colori; i sacerdoti erano al contempo medici e le conoscenze mediche
erano considerate una scienza segreta da trasmettere solo a pochi eletti. A quell'epoca le conoscenze mediche riguardo alla cromoterapia raggiunsero un
livello molto alto.
"Dalle piramidi di Giza un
sentiero sacro conduceva ai "templi di cura solare", dove si trattavano le
malattie tramite la cromoterapia."
Gran parte del loro sapere, tramandato dal greco
Ermete Trimegisto, è andato perduto nel corso dei secoli. Le cognizioni
scientifiche da lui riportate, di cui fa parte anche la cromoterapia, sono
chiamate "ermetiche".
Anche gli antichi Greci usavano normalmente i
colori derivati da minerali, pietre, cristalli e unguenti come trattamenti.
L'interesse per i benefici dei colori andava di pari passo con il concetto degli
elementi fondamentali: aria, fuoco, acqua e terra.
Questi fondamentali costituenti dell'universo erano associati con le qualità di
caldo, freddo, umidità e aridità, ed anche con quattro "umori" o "fluidi del
corpo": la bile gialla, il sangue (rosso), la freddezza
d'animo (bianco), e la malinconia o bile nera.
Questi si pensava sorgessero in quattro organi particolari (la milza, il cuore,
il fegato e il cervello) e che determinassero predisposizioni fisiche e
spirituali. La salute era considerata risultante dell'equilibrio di questi
elementi, mentre, di necessaria conseguenza, la malattia ne era lo
sbilanciamento. I colori, così come erano associati agli umori, venivano anche
utilizzati come trattamento contro le malattie: indumenti colorati, oli, gessi
colorati, unguenti e pomate.
Durante il Medioevo, con l'avvento del
Cristianesimo in tutte le discipline del sapere, tutto ciò che era pagano fu
esorcizzato, comprese le pratiche di guarigione degli Egiziani, dei Greci e dei
Romani.
Le antiche arti della cromoterapia furono tramandate in via orale dato che erano
state dichiarate "occulte" dalla Chiesa.
L'Illuminismo cancellò definitivamente dalla
scienza ogni traccia di alchimia, misticismo e magia.
La ragione e il metodo scientifico soppiantarono dalla medicina tutto ciò che
non fosse dimostrabile e verificabile scientificamente; la cromoterapia entrò
così a far parte della cosiddetta "medicina alternativa", la quale non
corrispondeva a queste caratteristiche in quanto, se pur così largamente
utilizzata dalle antiche civiltà, non possedeva riscontri scientifici.
Principio fondamentale della cromoterapia è che "La
vita è colore e il colore è vita al contrario dell'oscurità che è morte".
Ne segue che le malattie si formano a causa di un equilibrio mancante nel
sistema-vita e questa mancanza può essere compensata dai colori. Secondo le teorie della cromoterapia il nostro
corpo assorbe i colori in molteplici modi: tramite l'alimentazione, la pelle,
gli occhi e i chakra.
La parola "chakra" deriva
dal sanscrito e significa "cerchio", "movimento", ma
anche "ruota". Ogni chakra è un vortice di energia
circolare che ruota sotto l'influenza di una corrente
positiva (detta "pingala") o negativa (detta "ida"). I
chakra sarebbero quindi centri di energia che si trovano
tra l'aura (il riflesso dello stato di energia
dell'organismo) e l'esterno del nostro corpo. Teorici
della filosofia orientale sostengono infatti che
l'essere umano fin dalla nascita possiede una sua
fisiologia energetica che gli permette di entrare in
relazione dinamica con il microcosmo che lo circonda e
con le sue forze elettromagnetiche. I chakra si trovano
in corrispondenza di ghiandole endocrine e le energie
dei chakra sembrano così essere collegate con il sistema
nervoso parasimpatico e autonomo e con la regolazione
degli ormoni. Harish Johari, un importante maestro di
yoga, afferma, nel suo libro "Chakras: Energie Centres
of transformation", che i chakra rappresentano le "ruote
della mente che si muovono nel mondo dei desideri".
Johari dice che i desideri stessi sono come le ruote, e
rappresentano una grande forza incentivante. Sostiene
inoltre che ogni singolo chakra è un campo gioco per i
desideri: durante tutta la nostra vita ci troviamo in
questo mondo di desideri e speranze e comprendiamo la
nostra situazione di vita secondo il punto di vista del
chakra nel quale ci troviamo normalmente e nel quale ci
sentiamo più a nostro agio. I chakra sono sette, divisi
in tre superiori e quattro inferiori. A ognuno dei sette
corrisponde uno dei sette colori dell'arcobaleno e
influisce su un particolare organo o su una delle
principali ghiandole del nostro corpo.
Il fenomeno originario - Salute e malattia in
relazione con la teoria dei colori. L'uomo percepisce i colori attraverso
l'occhio. Nel suo organismo l'uomo necessita di sangue per poter vivere e di
nervi che governano la sua coscienza. Ogni organo ha nervi e sangue, e questo
vale anche per
l'occhio. Su di esso agisce il mondo esterno, che è illuminato.
Al
mattino e alla sera il mondo è semi illuminato, perché ci troviamo nella fase
dell'alba e del tramonto. Quando il sole sorge, la prima cosa che si vede sono
i raggi del sole, non il sole, che illuminano le nuvole. Visto
che il sole non è in alto qui sulla terra è ancora buio. Vediamo la luce
attraverso l'oscurità e questa luce appare rossa. Se si va più avanti nel giorno
si è in luce e si vede il cielo blu. In realtà non esiste veramente, ma noi lo
vediamo così, infatti lo spazio infinito è oscuro, ma poichè intorno alla Terra
vi è l'aria e l'acqua, i raggi solari vi si impigliano e creano
luce. Quindi guardando in alto noi vediamo la tenebra che
attraverso la luce è blu. Questi due fenomeni, sono alla base
della teoria del colore e si desumono direttamente dalla natura
tutti i giorni. |
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Invece Newton per dimostrare la sua teoria del
colore prese un cartoncino nero in cui praticò un piccolo foro
per concentrare la luce in un fascio che poi è andato a dividere
nei sette colori dell'arcobaleno, attraverso un prisma di vetro
proiettandoli su di uno schermo.
Egli spiegava così che dentro la luce c'erano i
sette colori e in questo modo li poteva tirar fuori.
In realtà il prisma serviva a dividere la luce
attraverso la tenebra da un lato, e là appare il rosso;
dall'altro invece si vede la tenebra attraverso la luce e vi
appare il blu. Quel che sta in mezzo sono tutte le gradazioni.
Era il modo di pensare scientifico di allora che
dava le spiegazioni a partire dalle cose stesse e non indagando
tutto l'universo che le circondava.
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Il toro viene eccitato dal colore rosso, allo
stesso modo l'uomo viene eccitato se si trova in una stanza dove alle finestre
vi è esposta alla luce uno schermo rosso, allo stesso modo il rosso presente in
una stanza aiuta il poeta a trovare l'aspirazione a scrivere.
Per mansire un uomo
eccitato invece si può usare il blu o il nero. Quando l'occhio guarda il rosso i
vasi sanguigni vengono penetrati e si distrugge sempre un po' di sangue e di
conseguenza anche il nervo, allora il nostro corpo reagisce portando all'occhio
più ossigeno, e il sangue viene nuovamente ricostruito.
I colori chiari
vivificano l'uomo perché oltre alla testa anche il resto del corpo viene
vivificato, conferendogli un colorito sano. Quindi l'uomo deve essere allevato
sin dall'infanzia in stanze non buie dove diventerebbe debole, ma in stanze
chiare, colorate di rosso o giallo, dove si possa elaborare l'ossigeno nel suo
organismo in modo giusto.
La tenebra non distrugge il sangue ma lo lascia
indisturbato, quindi l'uomo si sente sereno interiormente. Con il blu l'uomo
sente nel suo intimo, con il rosso sente come se qualcosa penetrasse dentro di
lui. Con il blu il nervo rimane indisturbato e il corpo manda il benessere
nell'occhio e da lì verso l'intero organismo. Il giallo è una gradazione di
rosso e il verde una gradazione di blu.
Dipingendo io creo un colore che contenga le
sostanze che stimolino l'uomo a sviluppare interiormente ossigeno, ricreando il
rosso. Adoperare il carbonio mescolato in modo giusto alle altre sostanze, vuol
dire entrare in possesso del segreto per fabbricare il rosso nella propria
pittura.
Se si usano colori vegetali occorre usare un
procedimento apposito così da avere in modo giusto il carbonio dentro i
colori stessi, in modo da ottenere colori chiari e rossi. Mentre se uso ossigeno
al posto di carbonio ottengo colori scuri, i blu. I colori ottenuti dalle piante
hanno origine per i colori chiari nel fiore, mentre per i blu nella radice. Non
si otterrà dal fiore blu della cicoria il colore blu, ma dalla sua radice. Così
si potrà ottenere il giallo dal fiore del girasole. Bisogna imitare la natura
per ottenerne i colori.
Vivere eccessivamente al contatto di anidride
carbonica rende pallidi e smorti. Se si conduce un uomo pallido in una regione
con molta luce, gli verrà stimolato a non cedere continuamente carbonio: infatti
la luce fa salire ossigeno alla testa, e l'uomo riacquista rapidamente il
colorito sano. Lo stesso processo si può stimolare per mezzo del carbonato di
calcio, in quanto così viene conservato l'ossigeno, e l'uomo lo ha a sua
disposizione.
Gli uomini antichi dormivano fuori la notte a
contatto con le luci delle stelle nel cielo nero. Quindi ne traevano riposo e
calma, ma allo stesso tempo la luce delle stelle li stimolava interiormente. Dal
corpo umano esce come un raggio di ossigeno e l'uomo manda i raggi di ossigeno
mentre gli vengono incontro i raggi stellari e l'uomo viene percorso
interiormente da tali raggi di ossigeno. Egli diventa l'immagine speculare del
cielo stellato, fatta d'ossigeno. In questo modo gli antichi popoli al risveglio
avevano il sogno di quelle immagini e da ciò proveniva la loro scienza stellare.
Noi abbiamo ereditato dai loro corpi ciò che originava in loro a quei tempi.
R. Steiner, "L'essenza
dei colori" |
a cura di A.
Delvecchio |
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