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Lo Zapatismo
Lo zapatismo ha molte possibilità di interpretazione e chiavi di lettura. Diamone una in più. Esaminiamo i contributi dati dallo zapatismo alle resistenze del Messico, dell’America e del mondo, possiamo affermare che sono 5. Iniziamo da uno di questi punti fondamentali.
1)Por un mundo donde quepan muchos mundos (Per un mondo dove ci stiano molti mondi).
Diversità e Identità
Per molti anni, e esattamente negli ultimi due secoli, il pensiero umano e dei movimenti di resistenza fu fondato su alcune premesse basilari. Il pensiero moderno, sotto l’influsso dell’illuminismo, del pensiero newtoniano e successivamente del positivismo generò l’idea che potevamo costruire la verità a partire dalla razionalità. Si consolidò l’idea che, attraverso la scienza, potevamo trovare la verità, e con essa, costruire leggi universali del funzionamento della storia. I nostri movimenti, i movimenti di resistenza storici, adottarono questa visione. Se condividevamo e comprendevamo questa concezione, dovevamo solo seguire i modelli scientifici per costruire la rivoluzione. Questa idea sulla verità, sulla razionalità e sulla scienza generò una caratteristica del pensiero patriarcale, lineare, meccanicista, teleologico che consentì la costruzione di una modernità in costante espansione. L’idea di progresso, sviluppo e crescita fu adottata dall’umanità, dalla sinistra e dai nostri movimenti come un fatto ineluttabile dell’evoluzione umana. Questo pensiero contribuì al funzionamento di un sistema che ha il preciso bisogno di crescere senza ostacoli. E’ il funzionamento del capitalismo. Il capitalismo cresce, o perisce. Oggi questo pensiero è in crisi. Lo zapatismo determina la destrutturazione di questo pensiero. Infatti le basi di questo pensiero modernizzatore di sviluppo positivista causò varie stragi. Lo zapatismo, gli zapatisti propongono un mondo dove entrino tanti mondi. Lo zapatismo propone l’idea della verità multipla in contrapposizione alle leggi universali di verità uniche. L’EZLN ha affermato che “le verità nascono, crescono, si sviluppano, decadono e muoiono”. Il pensiero dominante o egemonico diffuse l’idea secondo cui bisognava omogeneizzare, sviluppare, modernizzare. Questa visione aiutò ad annullare le differenze, le culture, i “diversi” in nome di una modernità razionale che avanzava inesorabilmente verso un mondo migliore. I popoli indigeni, ma non solo loro, subirono le conseguenze di questa visione. Lo zapatismo determina un’onda di nuove idee secondo le quali la storia non è scritta, che non necessariamente avanziamo verso un sistema migliore, che la molteplicità e la diversità non sono assolutamente un ostacolo, bensì sono una ricchezza da conservare e salvaguardare. La diversità ci aiuta ad andare avanti. Un mondo dove entrano tutti i mondi è la proposta di un altro mondo dove convive la diversità senza che gli uni si impongano agli altri. Un mondo dove ci sia spazio per tutti, non è solo un’idea utopica del futuro, è una forma di vederci, sognarci, parlarci. Oggi la politica non si fa più in nome di verità scientifiche. Lo zapatismo è una nuova forma di pensare, che chiamiamo, il pensare al contrario.
2)Que el que mande, mande obedeciendo (Che chi comandi, lo faccia ubbidendo).
Stato e potere
E’ sufficiente conquistare il potere politico? Inteso come il potere dello stato, il potere che si considerava come l’unico e il più importante. Lo zapatismo e noi crediamo di no. Che il potere dello stato sia un potere imprescindibile si, ma non è tutto il potere né tutto ciò che è politico. La cosa importante, dicono gli zapatisti, è che chi sta al potere comandi, ma deve farlo ubbidendo. La sinistra ha costruito un’idea provvidenziale e ironica della presa del potere. Il cammino della trasformazione o del crollo del capitalismo è una grande odissea, quasi sempre condotta da un eroe, piena di dolore e sofferenza dove alla fine del percorso, la vittoria, cioè la presa del potere è il gran traguardo, il gran giorno, il momento in cui la storia si biforca in due grandi tappe. In un passato e in un futuro. A partire da li e SOLO a partire da li, la storia e l’uomo imparavano a cambiare. E’ quello che Immanuel Wallerstein chiama la strategia dei due passi: prendere il potere e, solo dopo, cambiare il mondo. La strategia dei movimenti di resistenza girava intorno a questa direzione. Era una strategia stato-centrica.
Questa idea però si è deteriorata nonostante continui ad essere molto importante. Lo zapatismo, nel proporre che chi comanda lo faccia ubbidendo, riconosce l’idea della rappresentatività però con nuovi e collettivi controlli democratici. Concepisce le nuove direzioni e gli intrecci come risultato di un processo collettivo democratico, non come l’avanguardia chiarificante che deve guidarci al grande giorno della trasformazione. La storia dello zapatismo è piena di esempi anche di come lo stato e la sua forza non sia l’unico referente e molte volte non è il più importante nella sua strategia politica. Ovviamente c’è un conflitto di fronte allo stato dominante e alle elite messicane che governano. L’insurrezione armata lo dimostra. Il suo agire sembrerebbe una logica molto più ampia, il suo programma non lo definisce solo il conflitto statale. Ci sono altre aree, “altra cosa” dicono i compagni zapatisti, che è sviluppare le proprie forze, dialogare con il resto, pensare alle alternative, parlarne. Tutto questo non è necessariamente collegato in modo diretto con il potere statale. Comandare ubbidendo significa ripensare al potere. Non è solo un’impostazione etica, ma anche un’impostazione che disarticola la logica del potere tale e quale la conosciamo. Disarticolare le regole del potere implica ovviamente dichiarare guerra a chi sta in alto, contro i signori del potere e lo sfruttamento, ma anche a chi sta in basso, tra di noi, rompendo gli schemi di dominio nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole; tra gli uomini e le donne, tra gli adulti e i giovani, tra le razze, nelle nostre organizzazioni e collettivi, nelle nostre relazioni quotidiane. Significa generare una nuova relazione che permetta la costruzione di un nuovo potere che decida dal basso verso l’alto, che si autogoverni e si autodetermini. Implica costruire un ordine sociale alternativo globale. Questa impostazione è critica verso il sistema imperante nel suo insieme e non solo nei confronti del governo di turno. E’ una revisione alla logica del sistema e non solo una critica ai dominatori. Comandare ubbidendo significa anche la subordinazione dello stato verso i popoli. Implica la democratizzazione ogni volta più profonda del nuovo potere e il corrispondente processo di devoluzione progressiva delle funzioni usurpate dallo stato alla stessa società. Non bisogna prendere il potere, bensì costruirlo. Non bisogna conquistare il sistema con l’assedio, bisogna distruggerlo e durante questo processo sperimentare, disegnare, sognare un sistema alternativo.
3)Sumar y no restar. Construir y no destruir. Convencer y no vencer. Representar y no suplantar. (Aggregare e non disgregare. Costruire e non distruggere. Convincere e non vincere. Rappresentare e non usurpare).
Una nuova forma di fare politica.
Ma come costruire quindi un sistema alternativo globale? Lo zapatismo con il comandare ubbidendo e il mondo dove entrino tanti mondi propone alcune vie per la sua realizzazione. Propongono un terzo elemento. La costruzione di un nuovo mondo, di un altro mondo che ha bisogno di un’altra politica. La storia della sinistra dei nostri movimenti è piena di tristi esempi in cui i peggiori vizi del potere dominante furono riprodotti nelle nostre organizzazioni, nelle nostre decisioni, nelle nostre strategie. E’ una storia che separava i mezzi dai fini. Se cercavamo un mondo migliore per tutti, il socialismo, il comunismo o semplicemente la rivoluzione, questo giustificava ogni mezzo per raggiungerlo. Oggi, attraverso la storia, sappiamo che questo pensiero pragmatico lasciò molto a desiderare e che le cospirazioni, la corruzione, il settarismo, l’avanguardismo, il settorialismo, l’autoritarismo danneggiarono la credibilità e la speranza dei popoli che videro i loro dirigenti, i loro rivoluzionari trasformarsi in “dittatori etti” nei loro partiti, nelle loro organizzazioni. Che videro arricchire le classi che parlavano di un mondo uguale. Che videro riprodurre il potere che tanto si criticava. Coloro che si definivano dominati, si convertivano in nuovi dominatori. Una nuova etica, basata su spazi collettivi è condizione fondamentale per un nuovo mondo. Per questo lo zapatismo propone ai movimenti di aggregare anziché disgregare , essendo questi abituati a la divisione, alla discussione sterile. Propone costruire e non distruggere, essendo la sinistra abituata a dilapidare ciò che è stato ottenuto in cambio di controllare tutto ciò che resta. Lo zapatismo propone convincere e non vincere, essendo abituata la sinistra ai peggiori vizi della concertazione al buio, delle votazioni che schiacciano, dell’accordo imposto. Propone rappresentare e non usurpare; costruite le organizzazioni e i partiti con le voci di molti che sono solite essere le voci di uno solo. Senza nuovi movimenti che si sviluppino, che sperimentino che agiscano all’interno di una nuova cornice etica, l’altro mondo si allontana, con la disistima di fronte agli occhi dei popoli.
4)Hay que caminar al ritmo del màs lento (Bisogna camminare al ritmo del più lento).
Rivoluzione e soggetto di cambio
Rifiutando il vecchio avanguardismo, quello che sosteneva che se una èlite illuminista aveva il programma e la strategia adeguata, le masse sarebbero corse ad abbracciare la rivoluzione, lo zapatismo comprende maggiormente le nostre strategie di resistenza e costruzione di alternative come un processo. L’immagine “estremista” di stimolare mete che ancora non sono realizzabili svanisce di fronte all’idea che bisogna camminare al ritmo del più lento. Rifiutando nuovamente l’intenzione di imporre idee e strategie che per quanto corrette, per quanto avanzate siano non possono essere realizzate senza l’altro, senza gli altri, che devono condividere, capire e arricchire queste proposte. Camminare con il ritmo del più lento significa costruire un processo collettivo per camminare, e non correre lasciando il resto indietro. Dall’altro lato, la stessa insurrezione rompeva lo schema del soggetto rivoluzionario. Mentre una parte della sinistra nega di riconoscere che non c’è un solo attore di trasformazione, il pensiero e l’azione zapatista sono un esempio, come molti altri, che nessun settore possiede un ruolo predeterminato. Soprattutto la classe operaia industriale, a cui si attribuiva un ruolo di protagonista, ha avuto posizioni piuttosto conservatrici di fronte all’emergenza di nuovi attori come i popoli indigeni, i lavoratori disoccupati e i movimenti delle donne e per l’ambiente.
5)Hay que caminar domandando (Bisogna camminare domandando).
Dialogo
Finalmente gli zapatisti affermano che bisogna camminare domandando. Tutta la concezione zapatista è una forte critica al pensiero ortodosso della sinistra, e soprattutto, al pensiero moderno illuminista. Camminare domandando implica il riconoscimento degli altri come attori sociali per le alternative e la costruzione, diciamo così, rivoluzionaria. Il Camminare domandando si inscrive in una visione profondamente democratica interna ed esterna agli attori. Implica riconoscere che possano esistere altre strategie, implica riconoscere che dobbiamo mediare strategie di consultazione e consenso all’interno dei nostri movimenti e che il dialogo come forma di articolazione è un potente veicolo tra i movimenti per smontare in modo radicale le molte forme di dominio. L’azione dell’EZLN è piena di esempi del Camminare domandando: dal processo di consultazione e costruzione interna dello zapatismo fino ai processi di incontro nazionale e internazionale che l’EZLN ha convocato in innumerevoli occasione ai movimenti. In tutti i casi dei 5 apporti che abbiamo commentato la prassi zapatista rappresenta una sperimentazione costante. Non vogliamo mitizzare l’azione zapatista. Sappiamo e conosciamo i loro limiti, contraddizioni ed errori. Ci sembra, nonostante tutto, che il movimento zapatista dia degli apporti al pensiero critico che non possiamo tralasciare perché sono segnali profondi di una ricostruzione delle nostre forme di pensare e costruire il nostro orizzonte utopico. Questi 5 apporti si intrecciano tra loro, questi cinque sogni sono come le cinque punte di una stella, quella zapatista che apre una discussione universale sul potere, sulla diversità, sullo stato, sulla rivoluzione e sulle forme di fare politica. La stella zapatista non è un nuovo dogma. E’ una fessura nel pensiero egemonico per pensare al contrario e per guardare dall’altra parte del muro.
Crepe e fessure del grosso muro capitalista.
Riprendiamo, finalmente la nostra idea iniziale. Torniamo al muro sistemico di cui parlavamo all’inizio di questo intervento. Guardiamo nuovamente il muro, allontaniamo la vista. Usciamo dallo zapatismo. Cerchiamo attentamente lungo tutta la parete del capitalismo. Vedremo, se siamo in grado di vedere, che ci sono più spaccature e fessure. L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale è un sintomo, un segno, una pista, un segnale tra molti altri. Una crepa tra molte altre. Di fronte ai limiti del sistema formale, di fronte alla povertà e all’esclusione una piccola parte dei popoli non solo resiste ma sperimenta anche nuove forme di agire e di relazione umana. I sem terra, gli zapatisti, i piqueteros territorializzano le loro resistenze, creando piccole zone, piccole isole di liberazione, fessure del sistema. Gli altri mondi, “otras cosas” come dicono gli zapatisti. In questi spazi che non arrivano a erodere il funzionamento generale sistemico, diciamo la forza del muro, nonostante, si opponga un’azione e un pensiero distinto da quello egemonico. Sono laboratori di sperimentazione: Giunte di Buon Governo, assemblee popolari, terre conquistate che producono, sono segnali, piste che aiutano a guardare la vita, il mondo dall’altra parte del mondo. Di fronte all’individualizzazione e alla competitività si oppongono il comunitarismo, la solidarietà e la cooperazione. Sono spazi in cui si smonta il pensiero dominante. Sono spazi in cui vediamo alcuni segnali di una nuova educazione, di nuove relazioni di intercambio e di commercio, forme sperimentali di produrre cultura e informazione e la cosa più importante, nuove forme di potere collettivo. In queste esperienze, ma anche in tante altre in tutto il pianeta, non esiste distinzione tra lotte politiche e sociali, tra lotte materiali e culturali. Probabilmente il profitto comincia a camminare piuttosto che mettere in discussione le relazioni gerarchiche e patriarcali. Probabilmente ci sono forme politiche di resistenza di fronte al capitalismo e al neoliberismo piuttosto che la rivendicazione dell’identità culturale locale. Probabilmente si lotta localmente e nazionalmente piuttosto che globalmente. In questi spazi si è iniziato a sconfiggere il potere simbolico che manteneva legati i gruppi subalterni. La crepa del muro ha cominciato a dilatarsi.
Riteniamo che queste crepe, queste fessure, queste isole di liberazione possono crescere, possono articolarsi. Possiamo, come dice il Subcomandante Marcos, fare delle nostre idee una barca per incontrarci. Una fessura che si unisce con un’altra può provocare il crollo di una parte del muro. Cento piccole crepe, se sono intrecciate tra loro, di diverse forme, di molte misure potrebbero forse distruggere il muro completo.
Non lo sappiamo con certezza. Chissà vale la pena tentarlo. Chissà
c’è qualcosa di migliore dietro il muro. Chissà ci sia
questo altro mondo che chiamiamo possibile.
L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, è un movimento armato clandestino presente in Chiapas, l'EZLN è sostanzialmente formato da indios discendenti dai Maya; il portavoce più famoso di quest'esercito è senz'alcun dubbio il sub comandante Marcos.
Obbiettivo del movimento è affermare i diritti delle popolazioni native messicane, ricordiamo che i Maya si stanno estinguendo, inoltre traspare una forte volontà alla partecipazione al movimento mondiale anticapitalista e no-global per i diritti delle popolazioni native delle terre un tempo colonizzate.
La loro lotta però non inizia con la recente formazione dell'Esercito
Zapatista, ma dura da 500 anni, si identifica cioè con la più
generale lotta dei popoli indigeni contro i conquistadores europei. L'EZLN
deve il suo nome al rivoluzionario messicano Emiliano Zapata.
L'EZLN rompe con la tradizione dei gruppi rivoluzionari; eccezion fatta per la prima insurrezione delle prime due settimane del 1994 e per la presa di alcune comunità poco tempo dopo, non si è a conoscenza di uso di azioni violente. Rifiutano però l'uso dei normali canali politici offerti dal Messico, compresa la formazione di un partito politico o l'alleanza con un partito già esistente. Sostengono infatti che queste modalità non siano sempre state utili, soprattutto per gli indios.
Hanno realizzato alcune proteste molto visibili, come la marcia che dal Chiapas è arrivata a Città del Messico, nel 2000, con conferenze stampa e incontri con la società civile (e alcuni partiti) ad ogni tappa. Fu un grande atto dimostrativo pacifico e gli incidenti furono quasi esclusivamente verbali. Questo approccio pacifico è una delle ragioni della longevità e della grande popolarità presso la popolazione civile.
I componenti dell'EZLN si possono tranquillamente definire i nuovi partigian.