A, B, C del Comunismo

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Tratto da " l' A B C del comunismo" di Engels
La dittatura del proletariato
Per poter realizzare l'ordinamento sociale comunista il proletariato deve essere padrone di tutto il potere e di tutta la forza statale. Esso non può distruggere il vecchio mondo finché non ha il potere nelle proprie mani e non è diventato per un certo tempo classe dominante. Si intende che la borghesia non abbandonerà la sua posizione senza lotta. Infatti il comunismo significa per essa la perdita della sua posizione dominante, la perdita della «libertà» di spremere il sudore ed il sangue della classe operaia, la perdita del diritto ai profitti, alle rendite, agli interessi, ecc. La rivoluzione comunista del proletariato, la trasformazione comunista della società, incontra perciò la più accanita resistenza degli sfruttatori. Il potere proletario ha quindi il compito di infrangere implacabilmente tale resistenza. Ma poiché questa sarà inevitabilmente molto forte, il dominio del proletariato dovrà assumere la forma della dittatura. Sotto il nome di «dittatura» s'intende un rigido sistema di governo e la massima risolutezza nella repressione dei nemici. Si intende che in tali condizioni non vi può essere questione di «libertà» per tutti gli individui. La dittatura del proletariato è inconciliabile con la libertà della borghesia. Essa è necessaria appunto per privare la borghesia di ogni libertà, per legarle mani e piedi e toglierle ogni possibilità di combattere il proletariato rivoluzionario. Questo è uno stato transitorio prima della società comunista.
Il proletariato attua la sua dittatura mediante la conquista del potere statale. Ma che cosa significa la conquista del potere? Molti credono che strappare il potere alla borghesia sia una cosa altrettanto facile quanto il passaggio di una palla da giuoco da una tasca ad un'altra.
Questa concezione è sbagliatissima e noi vedremo subito dove risiede l'errore.
Il potere statale è un'organizzazione borghese, nella quale a ogni individuo sono assegnate determinate funzioni: a capo dell'esercito sono i generali, alla testa dell'amministrazione i ministri provenienti dalle classi dei ricchi. Nella sua lotta per il potere contro chi lotta il proletariato? In prima linea contro l'organizzazione borghese. In quella lotta il proletariato ha il compito di colpire, di distruggere lo stato borghese. Ma poiché la forza principale dello stato borghese risiede nel suo esercito, è necessario, per poter abbattere la borghesia, minare e distruggere l'esercito borghese.
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L’organizzazione del regime comunista
Lo stato, come organizzazione borghese, muore perché vi sono due fattori che ne determinano la fine: l'anarchia della produzione, che dà luogo alla concorrenza, alle crisi ed alle guerre; ed il carattere classista della società , che dà ineluttabilmente origine alla lotta di classe. La società capitalistica è paragonabile ad una macchina male costruita, nella quale una parte incaglia continuamente l'azione delle altre. Perciò questa macchina deve prima o dopo sfasciarsi.
È chiaro che la nuova società dovrà essere molto più saldamente congegnata che con il capitalismo. Non appena l'urto delle forze antagonistiche avrà spazzato via il capitalismo, dovrà sorgere sulle rovine una società che non conoscerà quegli antagonismi. Le caratteristiche del sistema di produzione comunistica sono le seguenti: 1° la società sarà organizzata, cioè in essa non esisterà né anarchia della produzione, né concorrenza degli imprenditori privati, né guerre, né crisi; 2° non esisterà più la divisione in classi, cioè la società non sarà più divisa in due parti che si combattano reciprocamente e non sarà possibile che una classe venga sfruttata dall'altra. Una società in cui non esistano classi ed in cui tutta la produzione sia organizzata non può essere che una società comunista nella quale tutti lavorano solidarmente. Consideriamo questa società più da vicino. La base della società comunista è la proprietà sociale dei mezzi di produzione e di scambio, cioè le macchine, gli apparati, le locomotive, i piroscafi, gli edifici, i magazzini, le miniere, il telegrafo ed il telefono, la terra ed il bestiame da lavoro sono proprietà della società. Nessun singolo capitalista e nessuna associazione di ricchi può disporre di questi mezzi, che appartengono all'intiera società. Che cosa significa questa espressione di «intiera società»? Significa che neppure una singola classe può essere proprietaria di questi mezzi, ma bensì tutti gli individui che formano questa società. In tali condizioni la società si trasforma in una grande e solidale cooperativa di lavoro, nella quale non può esistere né sparpagliamento della produzione, né anarchia. Anzi siffatto ordinamento permette l'organizzazione della produzione. La concorrenza non è più possibile poiché nella società comunista tutte le fabbriche, le officine, le miniere ed ogni impianto speciale non sono che altrettanti reparti di una grande officina nazionale che abbraccia tutta la economia. S'intende che una organizzazione così grandiosa presuppone un piano di produzione generale. dal momento che tutta l'industria e l'agricoltura formano una unica immensa cooperativa, bisogna naturalmente pensare come si debba distribuire la mano d'opera fra le singole industrie, quali e quanti prodotti siano necessari, come e dove debbano venir distribuite le forze tecniche ecc. Tutto ciò deve essere prestabilito, almeno approssimativamente, ed in base a questo programma bisogna agire. In ciò consiste appunto l'organizzazione della produzione comunista.
La cosa essenziale consiste in ciò che questa è un'organizzazione solidale di tutti i membri della cooperativa.
Oltre che per l'organizzazione, l'ordinamento sociale comunista si distingue per il fatto che esso elimina lo sfruttamento, abolisce la divisione della società in classi.
Nel regime comunista, per esempio, non vi saranno direttori di fabbrica stabili o gente che durante tutta la sua vita fa il medesimo lavoro. Nell'odierna società le cose stanno così: se uno ha imparato il mestiere del calzolaio, egli non farà in tutta la sua vita altro che scarpe e non vedrà altro che le sue forme; se è pasticciere, non farà in tutta la sua vita altro che paste; se è direttore di fabbrica non farà altro che amministrare e comandare; se è semplice operaio dovrà in tutta la sua vita ubbidire ed eseguire gli ordini degli altri. Nella società comunista le cose sono diverse. Tutti gli uomini vi godono una cultura multiforme, di modo che tutti possono esplicare la loro attività in tutti i rami della produzione. Oggi sono amministratore, domani lavorerò in un saponificio, la settimana ventura in qualche serra, e di qua ad un mese in qualche centrale elettrica. Ma ciò non sarà possibile fin quando tutti i membri della società potranno usufruire d'una educazione adeguata, questa è vera meritocrazia.
Il sistema di produzione comunista non presuppone la produzione per il mercato, ma per il proprio bisogno. Soltanto che qui non produce più ogni singolo per sé stesso, ma l'intiera immensa cooperativa per tutti. Quindi non vi esistono più merci, ma soltanto prodotti. Questi prodotti non vengono reciprocamente scambiati: essi non vengono né venduti né comperati, ma semplicemente accumulati nei magazzini comuni e distribuiti a coloro che ne hanno bisogno. Il denaro sarà quindi superfluo.

L'amministrazione nella società comunista
Nella società comunista non esisteranno più classi. Ma se non ci saranno più classi vuol dire che non esisterà più uno Stato. Noi già dicemmo più avanti che lo Stato è l'organizzazione del dominio di classe. Lo Stato è stato sempre impiegato come mezzo di oppressione da una classe contro l'altra. Lo Stato borghese è diretto contro il proletariato, lo Stato proletario contro la borghesia. Ma nella società comunista non esistono né latifondisti, né capitalisti, né salariati, ma soltanto uomini, compagni. Non esistono classi, e quindi né lotta di classe, né organizzazioni di classe. Non essendo più necessario di tener in freno nessuno, lo Stato diventa superfluo.
La direzione centrale risiederà nei vari uffici di contabilità e negli uffici statistici. In essi giorno per giorno ci si renderà conto della produzione e dei bisogni; e inoltre si stabilirà dove la mano d'opera sia da ridurre e dove da aumentare, e quanto si debba produrre di un articolo o di un altro.
Gli avversari del comunismo lo hanno sempre rappresentato come una ripartizione egualitaria dei beni. Essi sostengono che i comunisti vogliono sequestrare tutto e poi ripartire in parti uguali la terra, i mezzi di produzione, ed anche i mezzi di consumo. Non vi è nulla di più assurdo di questa concezione. Innanzi tutto una divisione di questo genere non è più possibile. Infatti si possono bensì dividere la terra, il bestiame, il denaro, ma non si possono dividere le ferrovie, i piroscafi, le macchine, ecc. In secondo luogo la divisione non ci porterebbe avanti di un passo, ma costituirebbe un vero regresso dell'umanità. Essa determinerebbe la formazione di una infinità di piccoli proprietari. E noi sappiamo già che dalla piccola proprietà e dalla concorrenza dei piccoli proprietari sorge la grande proprietà ed il capitalismo. Data la divisione di tutti i beni, l'umanità dovrebbe ricominciare il suo cammino e ricantare ancora una volta la vecchia canzone. Il comunismo proletario (o il socialismo proletario) è un grande sistema economico di compagni, basato sulla proprietà comune dei mezzi di produzione. Esso nasce dallo sviluppo della società capitalistica o dalla posizione che il proletariato ha in questa società. Bisogna distinguere dal comunismo proletario:

a) Il socialismo della plebe (anarchismo). Gli anarchici rimproverano ai comunisti che il comunismo vuole mantenere nella società futura il potere statale. Come abbiamo già detto, ciò non è vero.

b) Il socialismo piccolo-borghese (della piccola borghesia urbana). - Esso si basa non sul proletariato, ma sugli artigiani destinati a scomparire, sui piccoli borghesi urbani, e su una parte degli intellettuali. Esso protesta contro il grande capitale, ma in nome della «libertà» della piccola impresa.

c) Il socialismo agrario borghese assume varie forme e si avvicina talvolta all'anarchismo agrario. La sua caratteristica è che esso non ci rappresenta mai il socialismo come un'economia in grande, ma si accosta alla concezione della divisione egualitaria; dall'anarchismo si distingue per il suo postulato di un forte potere che deve difenderlo dai latifondisti da una parte e dal proletariato dall'altra. Questo genere di «socialismo» è la «socializzazione della terra» dei socialrivoluzionari russi che vogliono eternare la piccola produzione e che temono perciò il proletariato e la trasformazione dell'economia in una grande unione comunista.

d) Il «cosiddetto «socialismo dei grandi capitalisti e degli schiavisti. - In esso non si trova nemmeno un'ombra di socialismo. Se nei tre gruppi surriferiti vi è ancora qualche traccia di socialismo ed una protesta contro lo sfruttamento, in quest'ultimo la parola «socialismo» è soltanto uno specchietto per le allodole ed un inganno. Questa ideologia venne spacciata dagli scienziati borghesi ed accettata dai socialisti riformisti (in parte anche da Kautsky e C.). Di questa specie è, per esempio, il «comunismo» dell'antico filosofo greco Platone. Esso consiste in ciò che l'organizzazione dei capitalisti sfrutta la massa degli schiavi «in comune» e «solidariamente». Fra i padroni regna completa uguaglianza e tutto è in comune. Gli schiavi sono spogliati di ogni diritto e di ogni proprietà. Qui non c'è nemmeno il sentore del socialismo. Un socialismo di questo genere viene propagato dai professori borghesi sotto il nome di «socialismo di Stato», colla sola differenza che al posto degli schiavi vi è il proletariato moderno e che in luogo dei possessori di schiavi stanno in sella i grandi capitalisti. Questo non è socialismo ma capitalismo statale del lavoro forzato.