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Ben presto arrivò
l'estate successiva. Quel gioco di rimandare sempre tutto, di aggirare i
problemi accatastandoli laggiù in fondo al sentiero fece si che alla vigilia
della sua partenza per la nuova stagione estiva nulla fosse stato pensato
sul da farsi, e si prospettò un'estate simile alla precedente.
Fu allora che presi io l'iniziativa e la convinsi che non avremmo potuto
trascorrere altri tre mesi come i trascorsi periodi di lontananza. Per prima
conobbi sua zia, poi suo fratello, e alla fine i suoi genitori. Portai dei
fiori a sua madre.
Rimasero tutti ben impressionati, sebbene sorpresi del suo silenzio.
Evitammo ogni menzione al mio passato per non incorrere a problemi che, se
innescati, ci avrebbero dato del filo da torcere. Su questo le diedi
ragione. In effetti la mentalità non si prestava a questo, e mantenere il
quieto vivere era necessario. Comunque si dimostrarono cordiali e fui ben
accetto. Mi complimentai per l'ottima cucina.
Ancora ricordo il suo lungo messaggio che mi scrisse quando ero sulla via
del ritorno. "Fosse stato per me non ti avrei fatto venire, ma avevi ragione
tu forse ero io a farmi troppi problemi. Questo ci darà modo di iniziare
qualcosa di più bello assieme, alla luce del sole....". Mi scrisse che mi
amava e che era contenta di come fossero andate le cose.
E sembrò davvero così. Di tanto in tanto andai a trovarla durante l'estate,
se non altro ci si poteva vedere. Certo lei era lì che lavorava. Non mi
tirai indietro e mi prestai anch'io a dare una mano. Questo incrementò
oltretutto la loro fiducia nei miei confronti. All'occorrenza preparavo
consumazioni ed avevo accesso alla cassa. Dove potevo, per come sapevo,
cercavo di darmi da fare. Alla sera finito il lavoro uscivamo, anche se a
mezzanotte arrivava la telefonata del padre che si informava se stessimo
rientrando o no. Se poi decideva di chiudere per andarsene a letto, a letto
tutti, ovviamente ognuno nel suo.
Mancavano pochi esami alla sua laurea e non era più previsto che
frequentasse lezioni. Questo fece si che lei non scendesse più in città
finita l'estate. Le chiesi come avremmo fatto a vederci, e lei mi disse che
sarebbe scesa qualche volta.
E lo fece, ma mai per me solamente. La mia comparsa nella sua famiglia non
bastò a far si che lei potesse (o volesse) scendere da me per il desiderio
di vedermi e basta. Se scendeva c'erano sempre delle con-cause : la scuola
per fare o registrare esami, gli acquisti, la parrucchiera, il dentista. Ma
per me, esclusivamente per me, mai. Il giorno del mio compleanno lei non
aveva altri motivi per scendere, e per farlo dovette quasi litigare con sua
madre che pretendeva io salissi da loro a festeggiare. La cosa non mi passò
inosservata, dal momento che quando decidevo io di salire da lei lo facevo
anche se avevo appena terminato il turno di notte e rinunciavo a delle ore
di sonno per farmi quei 100 chilometri che mi separavano da lei.
Successe inoltre che da quella volta non passammo più anche una sola notte
assieme.
Non ci rimaneva che attendere la sua laurea.
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