Una Storia Vera

 

Messaggio 3

Visibile e Invisibile

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ci frequentammo praticamente ogni giorno. Qualche volta andavo da lei, altre volte veniva da me. Spesso i week end li dedicava all'attività dei suoi genitori, partiva il venerdì e tornava il lunedì, ma la cosa non pesava perchè ci restava il resto della settimana.

A pesare finì invece, col tempo, il fatto che per i suoi io non dovevo ancora esistere.
Mentalità un po' all'antica, che non permetteva loro di accettare con tranquillità che la figlia potesse coltivare degli affetti. No. Prima c'era la laurea da conseguire, nessuna distrazione ammessa.
Lei a modo suo si ribellava a questo. Fuori dalla portata dei loro sguardi si fumava le sue sigarette, beveva qualche alcoolico da compagnia quando si usciva, e faceva l'amore anche se i suoi la sapevano ancora vergine.

Le nostre telefonate quando era via erano poco più che clandestine. Nessuna parolina dolce detta se c'era qualcuno nei suoi paraggi che potesse ascoltare. Ma la cosa durava poco : un fine settimana si ed uno no.

Quando frequentava le lezioni all'università abitava con una sua amica che presto frequentò anche lei un ragazzo. Decisero di convivere. Fu allora che lei venne a stare praticamente in pianta stabile da me, pur continuando a pagare affitto e consumi dall'amica, perchè per i suoi lei continuava ad abitare lì.
Ce l'avevo tutti i giorni e tutte le ore con me. Era bellissimo viverla. Io lavoravo, lei studiava...ma quando tornavo a casa c'era lei ad aspettarmi. Sembravamo una famiglia esattamente come marito e moglie.

Ma si sa : la scuola non dura tutto l'anno. Venne la prima estate, forse quella più terribile. Lei tornò dai suoi, c'era la stagione estiva. Da giugno ai primi di settembre. All'inizio riuscii ad andare da lei un paio di volte finchè i suoi erano in ferie, ma una volta tornati non potemmo più vederci per il resto dell'estate. Ci sentivamo tutte le sere, ma rimanevo invisibile.

Sopportare...resistere...credere...sperare... Da quella sorta di convivenza alla lontananza forzata. Le proposi di vederci di nascosto se proprio era troppo presto che i suoi sapessero di me. No, lei non si poteva muovere da lì nemmeno con una scusa qualunque, nemmeno con una delle tante bugie che avevo sentito dire da lei "a fin di bene" quando era da me e i suoi la chiamavano convinti che si trovasse nella sua stanza a casa dell'amica.

Anche il mio passato era indigesto ai suoi. Più volte affrontai questa questione chiedendole se per lei fosse stato un problema, e lei mi assicurò sempre che per lei non lo era. Anche se ero stato sposato, anche se il mio cammino mi aveva portato due figli a lei non importava: con me stava bene, si diceva innamorata.

Pesava...pesava tanto passare dall'averla tutti i giorni a non vederla per niente. Cosa si poteva fare? Forse metterci qualcosa di davvero profondo nelle nostre telefonate, dirci "mi manchi", dirci "vorrei essere lì con te", dirci "ti amo"...in sostanza fare in modo che qualcosa bilanciasse il vuoto dell'assenza.
Incisi un nastro-lettera dove misi tutto me stesso per farle sentire che ero vicino. Ci fu la mia voce, alcune canzoni che le cantai una delle quali scrissi appositamente per lei, una poesia che mi uscì dal cuore e che misi in musica. Registrai a sua insaputa una nostra telefonata e la feci partecipare a quella che voleva essere un modo di esserci, un modo di essere visibile nell'invisibilità. E gliela mandai. Non so quante volte l'ascoltò quella cassetta. Forse una solamente o più volte. So che mi ringraziò ma non ne parlò più.

L'aspettai fino al giorno in cui tornò, e tutto fu come ce lo ricordavamo.

 

 

 

 

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