I viaggi spaziali

I satelliti artificiali

Gli astronomi attraverso i loro telescopi "terrestri" non riescono ad avere una visione nitida del cielo perchè fra loro è le stelle c'è l'atmosfera che distorce l'immagine.

Tuttavia, oggi si può ovviare al problema inviando dei telescopi al di sopra dell'atmosfera grazie ai satelliti artificiali. Furono i Russi a lanciare il primo satellite artificiale, lo Spuntnik 1° nel 1957. I primi satelliti astronomici vennero lanciati pochi anni dopo.

Al di sopra dell'atmosfera i satelliti vedono i corpi celesti più chiaramente e riescono ad utilizzare tecnologie diverse, ad esempio, possono captare i raggi invisibili che le stelle e le galassie emettono, come i raggi X, gli infrarossi e gli ultravioletti. Gli astronomi non possono studiare queste radiazioni dal suolo perché l'atmosfera le blocca.

I satelliti astronomici hanno fatto interessanti scoperte recentemente ed hanno offerto agli astronomi nuove informazioni sull'aspetto reale dell'Universo. Per esempio, i satelliti per i raggi X, come l’Einsten, hanno scrutato quelle zone in cui dovrebbero trovarsi gli spaventosi "buchi neri", e un satellite per l'infrarosso chiamato IRAS ha individuato delle nebulose in cui stanno nascendo delle stelle.

Il più famoso (anche in senso negativo) fra i satelliti astronomici è lo Hubble Space Telescope (HST). Dotato di uno specchio di 2,3 metri, fu lanciato nel 1990 con il proposito di fornire immagini nitide del cielo al di sopra della turbolenta atmosfera terrestre.

Ma subito dopo il lancio, HST accusò un difetto di messa a fuoco. Solitamente quando un telescopio ha un difetto di questo genere  si riporta lo specchio al produttore, ma in questa circostanza la cosa evidentemente era impossibile pertanto  si decise  di spedire a HST un paio di "occhiali".

 In pratica un sistema ottico di correzione, che fu installato dagli astronauti nel dicembre 1993. Nei tre anni tra il lancio e la riparazione, HST ha fornito molti dati scientifici e compiuto diverse scoperte. Adesso è perfettamente a punto e pronto a svelare i segreti ai confini dell'Universo.

Le tre fotografie rappresentano, partendo da sinistra, la medesima immagine ripresa dalla Terra, dall'Hubble prima e dopo la riparazione.  

Le sonde spaziali

I satelliti viaggiano nello spazio, ma sono tuttavia legati alla Terra dalla potente forza di gravità terrestre. Altre navicelle, invece, possono liberarsi completamente di questo vincolo e raggiungere la Luna e altri pianeti: esse prendono il nome di sonde spaziali. Per sfuggire alla gravità terrestre, le sonde devono essere lanciate ad una velocità minima , chiamata velocità di fuga, di 40.000 km/h.

Inizialmente gli scienziati incontrarono delle difficoltà ad inviare sonde sulla Luna, che dista soltanto 385.000 km dalla Terra. Attualmente le sonde spaziali possono arrivare a milioni di chilometri di distanza, verso i pianeti più lontani del nostro sistema solare, come Urano e Nettuno.

Lanciare una sonda ad una simile distanza è difficilissimo. Essa, dopo essere sfuggita alla forza di gravità terrestre, deve essere guidata nell'orbita del pianeta che si intende raggiungere, in modo che possa arrivare a destinazione. Le missioni affidate alle sonde possono avere una durata anche di diversi anni perché le distanze da percorrere sono enormi: ad esempio, ci vollero, 12 anni prima che la Voyager 2 incontrasse Nettuno sulla sua orbita. 

Un altro problema delle sonde è rappresentato dalla comunicazione: esse, infatti, viaggiano così lontane dalla Terra che i segnali radio che trasmettono impiegano ore per raggiungere il nostro pianeta e, quando ci riescono, sono molto deboli. Ma utilizzando le antenne paraboliche e i computer gli scienziati sono in grado di captare i deboli segnali e di trasformarli in splendide immagini.

Tornando all'esempio della Voyager 2 quando incontrò Nettuno nel 1989, i suoi segnali impiegarono 4 ore e 6 minuti per raggiungere la Terra.

A causa di questo lungo lasso di tempo le sonde non possono essere direttamente controllate via radio dalla Terra: esse vengono controllate per mezzo di computer di bordo. I computer vengono caricati con le istruzioni necessarie prima del lancio e mentre le sonde sono in viaggio verso il bersaglio.  

 

L’uomo nello spazio

Nel 1961 l’uomo andò nello spazio per la prima volta. I primi astronauti viaggiarono in minuscole astronavi con lo scopo di esplorare la pericolosa e sconosciuta frontiera spaziale.

All'inizio nessuno sapeva se un essere umano in carne ed ossa fosse in grado di sopportare per lungo tempo un viaggio nello spazio. Ma fu subito chiaro che la risposta era affermativa e nel 1965 l'uomo cominciò a camminare nello spazio all'esterno delle astronavi indossando apposite tute spaziali.

Da allora Russia e Stati Uniti diedero inizio ad una gara per vedere chi per primo sarebbe riuscito a far atterrare un uomo sulla Luna. Vinsero gli Stati Uniti nel luglio del 1969, quando due astronauti dell'Apollo 11 impressero le proprie orme sul suolo lunare. Apollo era il nome del programma di allunaggio statunitense.  

Pochi anni dopo, la Russia e gli Stati Uniti lanciarono le prime stazioni spaziali: esse erano state studiate per restare nello spazio per molto tempo in modo che gli astronauti potessero svolgere gran parte del loro lavoro direttamente nello spazio.

All'inizio del 1974 tre astronauti tornarono sulla Terra sani e salvi dopo aver trascorso tre mesi nella stazione spaziale americana Skylab. Dieci anni dopo i cosmonauti (il vocabolo usato dai Russi per astronauti) delle stazioni spaziali russe SaIjut restarono in orbita per otto mesi senza riportare alcun danno. Nel 1986 la Russia lanciò una nuova stazione spaziale chiamata Mir  nella quale i cosmonauti hanno trascorso più di un anno nello spazio. Adesso il record di permanenza nello spazio dovrà essere battuto dalla nuova stazione spaziale internazionale chiamata Freedom.

 

Verso il domani

All'inizio dell'era dei voli spaziali, i missili e i veicoli spaziali potevano essere utilizzati una volta sola: ciò rappresentava un costoso spreco. Ma nell'aprile del 1981 entrò in orbita un nuovo tipo di veicolo: era il Columbia, una navicella con le ali chiamata navetta (shuttle) spaziale. Sette mesi dopo ritornava nello spazio: era la prima volta che il medesimo veicolo tornato sulla Terra veniva rilanciato.

Columbia fu la prima di una flotta di navette in grado di tornare più volte nello spazio; le altre sono state Discovery, Atlantis ed Endeavour.

Queste navette sono in grado di trasportare un equipaggio di sette elementi, uomini e donne (anche se solitamente ne vengono trasportati al massimo 4 o 5), e vengono usate principalmente per lanciare nello spazio satelliti artificiali e sonde. 

Sono allo studio molti viaggi molti dei quali molti hanno come scopo l'esplorazione di Marte, per preparare un'eventuale sbarco umano. Lo schema sottostante schematizza le missioni programmate per l'esplorazione del pianeta rosso, includendo anche l'ultimo progetto ormai giunto a destinazione ossia il Mars Odyssey.

Ci sono anche altre missioni con scopi diversi: ne sono un esempio la Cassini per l'esplorazione di Marte, la Genesis e la Stardust che avranno il compito di raccogliere polveri provenienti dalla coda di due comete e per finire la deep impact; quest'ultima è forse la missione più spettacolare tra tutte queste frantumerà una cometa con un proiettile per poter studiare così il suo nucleo.

Le aspettative per gli anni futuri presentano numerose novità per i veicoli spaziali. Essi trasporteranno scienziati e tecnici che costruiranno  basi permanenti sulla Luna. Verranno costruite astronavi interplanetarie che porteranno astronauti su Marte. E un giorno, chissà, verranno costruiti dei veicoli spaziali in grado di portarci su altri mondi. Il principale problema da superare per raggiungere questo scopo è la propulsione delle navette che deve raggiungere una capacità molto più elevata di quella attuale se vogliamo esplorare ciò che vi è al di fuori del sistema solare (pensate che utilizzando le tecnologie attuali per raggiungere la stella vicina ci vorrebbero circa 80000 anni).

 


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4Cst liceo scientifico Gramsci Ivrea (anno 2002)
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