prva hipoteza: identitet je prepoznati se u jedinstvu sùstancije i u seriji vremena
(who is luigi viola)
cfr. aristotele metafisica cusano de docta ignorantia leibniz lettere a clarke wölff cosmologie quine from a logical point of view.
citanje/1
razmissljati bar
brijati se crkva
piti u ping-pong sala
crtati toilette
igrati atelier
goran luigi sanja dalibor zdravko oslobodili su jedan san: ono smo, sto smo, ono smo, sto smo!
druga hipoteza: identitet je sostitucija, kao sto predmet jedne ideje (non) je predmet jedne druge ideje (taking place)
cfr leibniz specimen demonstrandi e nouv.ess. wolff ont. carnap der logische aufbau der welt quine from a logical ecc.
citanje/2
diviach giovanni 24 6 1902 12 4 1949
viola luigi 1 8 1949 .. . ....
motovun 20 8 1976
treca hipoteza: identitet je konvencija u okviru jednog sistema (identity as identification/fall & loss of a dear family)
cfr waismann über den begriff der identität
citanje/3
luigi viola je otac luigi viola je sin luigi viola je sveti duh. (jedan i troistvo)
teza: identitet je memorija obnovljena u vremenu i prostoru bivanja (matteo)
(Identitet = identità, Motovun, 1976)
de/s/comporre l'oggetto teologico della creazione (áe; le noir)
storia di topi
angoscia ritornata, immensa... volontariamente spezzato, dal pazzo... silenzio, porta paura.
sangue freddo angoscia, sfida padrone migliaia di veli di vedova. orribile vedova,
irreparabilmente vedova, folle morte traccia, avuta. evidenza
recita su nastro magnetico da l'impossibile di Bataille
(parole mutilate - mutuate da pagine nere).
sostantivare/aggettivare - grammatica elementare della scrittura après-coup (tra il nero)
a) neretto nero nereggiante nerezza nericante nerume nericcio nerino nerello nerigno nerognolo neracchiuolo
b) acqua nera anima nera giorno nero libro nero pozzo nero vaiuolo nero umore nero abito nero guelfo nero gatto nero
cronaca nera fondi neri mercato nero borsa nera vedere tutto nero mettere nero su bianco
l'ordine del discorso inverso o il filo di arianna (verso il nero)
CALDA E' LA LANA DI ARIANNA CHE PORTA AL MARE
(Catalogo Personale Galleria Duemila, Bologna e Galleria Tommaseo, Trieste, 1977)
(...) E la prima essenziale superficie da inscrivere o re-inscrivere, come è avvenuto nella mia azione Renaissance del 1973, è proprio il nostro corpo non metafisico, il quale crea da sé la performance> poetica,
cioè una azione in cui l'artista si pone come situazione ed elemento primario di scrittura.
Il corpo torna ad essere nodo importante di scrittura, soggetto ed oggetto di essa, luogo e terreno che incide e da incidere.
La parola, sub specie scripturae come nelle forme dell'oralità , viene ricondotta al gesto ed al corpo come al terreno atto a garantirne la sopravvivenza dentro e non fuori l'uomo, prefigurando gli aspetti di una ricomposizione del lógos> con
l'introdurre nel contesto espressivo elementi di ispessimento semantico e simbolico recuperati globalmente dall'esistenza.
Appare chiaro che a determinare il tessuto linguistico che ne deriva, concorrono non più i collages> di elementi linguistici eterogenei, reperti archeologici di vita, rigenerati da operazioni di alchimia poetica, ma l'incrocio-scontro tra una situazione,
considerata nella sua pienezza situazionale ed impressionata, se si crede, nella pellicola corneale dell'occhio fotografico, o imprigionata in una registrazione (v)ideale, ed una parola entrata in simpatia mentre cercava il proprio sito-di-azione.
Questa ultima osservazione introduce un elemento di relazione tra strumenti espressivi diversi (fotografia, video) e la realtà del corpo intesa nella complessità dei suoi comportamenti.
Possiamo chiederci, quale ruolo specifico, giochi il video nella formazione del testo poetico, ossia nell'esperienza di un comportamento dal supporto-video o dallo strumento-video.
Si possono individuare due livelli elementari su cui si fonda una possibilità d'uso poetico del video.
Il primo deriva immediatamente da una considerazione del video come supporto o strumento primario di scrittura, il secondo si lega ad un uso del video inteso come sistema di registrazione, imprigionamento appunto di una situazione originariamente complessa, cui il video aggiunge una specificazione linguistica di carattere extra-semantico,
in cui il video cioè non concorra alla formazione del significato ma solo alla sua formulazione.
Nel video A 5' writing del 1977, abbiamo un esempio del primo tipo, infatti le caratteristiche del video intervengono direttamente fin dall'inizio alla formazione del testo, risultando organiche ad esso.
Vale a dire che le peculiarità linguistica e semantica del testo si legano alle caratteristiche tecniche del mezzo, il quale si basa su un processo elettronico di elaborazione, memorizzazione e riproduzione di immagini e suoni, fondato sui principi della registrazione magnetica.
Tutti conosciamo l'importanza di questa osservazione tecnica.
Essa comporta che l'esistenza reale di una immagine video è quella di segnale elettrico, il quale, essendo tale non trova visibilità immediata nell'immagine, e che il tempo elettronico, diversamente dal tempo elastico e dilatabile della fotografia e del cinema stesso, presenta tutte le caratteristiche del tempo reale.
Nel tempo reale della videoscrittura il tempo dell'azione poetica coincide con il tempo del lettore, riflettendolo e scandendolo, introducendo specularmente il ritmo biologico della vita nell'esperienza del linguaggio e della scrittura.
Il video, abolendo la distanza tra il tempo della scrittura e quello della lettura, in una sorta di graphein sympathico che si disveli in forme-parole significanti, rivelando la natura di punti-segnali della invisibile traccia, affida al fruitore il compito attivo di costituirlo come testo ogni volta e solo ogni volta che egli lo decide.
Queste considerazioni hanno valore generale e si possono riferire anche ai videopoemi Cancellazioni (1975) e Diario pubblico e segreto (1975), nei quali il tempo del video, pur agendo dall'esterno su una situazione determinata, registrandola, consente un approccio di ordine analitico con essa, introducendo un elemento di distanza critica rispetto
all'evento, e consentendo la permanenza di un comportamento precario ed altrimenti concluso, come quello di tracciare segni o compiere gesti emblematici tra la folla o nel silenzio delle valli deserte.
Il video, pur usato in funzione di registrazione, e del video si intendono parti essenziali gli operatori tecnici, l'elemento umano, introduce in questo caso, come si vede, alcune specificità non trascurabili dal punto di vista formale, così che alla fine l'operazione risulta completa solo mediante l'apporto dello specifico formale del video.
Sarebbero molte le cose da aggiungere sulle pertinenze non strettamente estetiche di tali operazioni, quali il rapporto dell'artista con il pubblico e il significato, dal punto di vista sociale, dell'uso estetico di uno strumento tecnologico e di comunicazione di massa.
Sono tutti punti che meritano molta attenzione, e che tuttavia possono riferirsi ad una sola domanda, provocatoria quanto inquietante, abbiamo parlato di rivoluzione nella scrittura tentando una ridefinizione del codice della poesia, ma voi ed io, noi tutti quale rivoluzione ci attendiamo dalla scrittura? (Relazione al Convegno: Arte come impegno sociale, Palazzo della Regione, Trento, 1977, poi in: Arte come impegno sociale: la poesia, Edizioni U.C.T., Trento, 1980)
Diamonologo interfonico si propone come una rêverie parlata, una situazione simile a quella che si produce nella veglia (Bachelard) più che nel sonno, in cui l'Io, allentando i legami con la propria storia contingente si abbandona alle fantasticherie, godendo in tal modo di una libertà simile a quella del sogno.
Da questo stato si origina un monologo interiore che si sviluppa nei due momenti di un immaginario dialogo con Pico della Mirandola sul tema dell'eros.
La voce di Pico, che propone la lettura della Canzone dell'amore celeste e divino, da lui stesso commentata con effetto di autosdoppiante simultaneità, sembra provenire da una zona della fantasia inconscia che attraverso lo strumento della parola, esaltata nella sua funzione fonomaieutica, si pro-duce e si manifesta (...)
assumendo la forma di una spezzata logorrea o fabulazione, specie di reazione endosmotica del fluire dei pensieri, che trascorrono dal primo termine al secondo, nell'alternanza di profano e sacro, di divieto e trasgressione, da cui prende forma l'eros.
L'azione, nel suo svolgersi, non si propone certamente come un discorso sull'eros, tende piuttosto a rifletterne criticamente l'esperienza nella concreta proposizione autoanalitica dell'evento.
Così il piano della scacchiera su cui si muovono, Re e Regina, le "Maestà del Maschile e del Femminile" (Bataille), diventa più che allusivamente il mondo della festa e della morte, della danza e del duello con finale cannibalistico, il terreno su cui si gioca l'alternanza di desiderio e possesso, di repulsione ed attrazione.
Movimenti della mano, del piede, della bocca, particolari dell'orecchio e dell'occhio rimandati da improvvisi flashes nella scatola nera (dove è raccolto il pubblico) in cui il tempo smarrisce la sua contemporaneità e lo spazio sottolinea lo straniamento, la non spettacolarità dell'azione, confermano il carattere di analisi di una esperienza tesa a verificare la posizione del soggetto nella sfera della creatività in rapporto ad un particolare problema, l'eros, ai valori che esso esprime in una data società e dalla cui modificazione, come insegna Wilhelm Reich, dipendono in larga misura la profondità e l'importanza dei cambiamenti sociali.
(Settimana Internazionale della Performance, Galleria Comunale d'Arte Moderna, Bologna, 4 Giugno 1977)
L' identità , il tempo sono le costanti noetiche di questa ricerca, negli spazi aperti dalle loro interrelazioni s'innestano i motivi che riconducono a temi semplici quanto essenziali e da sempre presenti nella tradizione culturale dell'occidente ellenizzato: eros, ghenos, bios, thanatos.
L'artista europeo dell'ultimo quindicennio li ha posti con insistenza al centro del proprio lavoro, in una visione che voleva e non poteva che essere inevitabilmente problematica, riflessiva, analitica e quindi, in superficie, razionale, avviando una seconda età dei Lumi che si é venuta contraddistinguendo per il suo aspetto angoscioso.
Il carattere di sofferenza che emerge in tante operazioni di tipo analitico deriva, io credo, da una inadeguata considerazione nell'analisi della realtà "oggettiva" dell'aspetto soggettivo e fantastico che sta prima, sta sotto, sta dentro il dato oggettivo. (...) In questo spazio recuperato e liberato può crescere la nuova gioiosa avventura dell'arte. (...)
Aderisco quindi, avendo riguardo alle diverse condizioni in cui essa può svilupparsi, all'ipotesi di una possibile rinascita di un Nuovo Romanticismo, già avanzata da James Collins, ma, a differenza di questo artista americano, penso che, come negli Stati Uniti essa , oltre che contare sull'alto grado di aspirazione dell'artista, può fondarsi sull'estetismo ottico della subcultura di massa, così in Europa l'alto grado di ispirazione dell'artista, strettamente intrecciato ai temi accennati che scaturiscono da una diversa sensibilità culturale, compensando il presunto minore grado di aspirazione, possa continuare a fornire il terreno privilegiato di coltura per ogni avventura, oltre che della ragione angosciata, della fantasia liberata.
(Catalogo Personale, Galleria del Cavallino, Venezia, Febbraio 1977)
(...) La camera di Norwid, Il sogno di Norwid, L' alba di Norwid, Maria che si pettina alla luna, e tutte le altre opere legate alla più recente tematica sono indicative di un clima psicologico e formale ormai profondamente trasformato, di una sensibilità che non esita a definirsi romantica, di una visione fortemente visionaria ed interiorizzata del reale.(...)
In questa prospettiva, che mantenga aperta senza artefatte soluzioni di continuità la ricerca, è lecito parlare di libertà espressiva.
Alice rappresenta dunque una fase di transizione che acquista ora, alla luce del presente, una particolare pregnanza (...)
L'installazione si compone di quattro immagini fotografiche di piccole dimensioni
(30 x 40 cm.) elaborate con viraggio e vetro sabbiato, sistemate sulla parete più lunga della stanza a regolare distanza disposte a forma di croce.
Una panca di legno dipinta di viola sulla quale è fissata una targa di ottone ovale recante incisa la scritta in corsivo: "I looked for soap-bubbles I looked for butterflies... that summer evening long ago a-sitting on a gate".
Su uno schermo realizzato con una lastra d'acciaio levigato si muovono le immagini di Matteo con Luciana (Alice).
Matteo muove liberamente nel gioco il proprio corpo, indifferente all'occhio della camera che lo osserva. Tra Matteo e Alice autentici segnali d'amore.
L'ombra della stanza è rotta dal fascio di luce del proiettore.
(Marzo 1980, primo progetto per l'installazione I looked for..., Palazzo Reale, Milano, 1980)
La Camera di Norwid è per ciascuno di noi qualche cosa di diverso, ma essa rappresenta per tutti la grande metafora della cavità (sepolcro e ventre) in cui operano i nostri ambigui fantasmi, nel buio interiore essi si chiamano senza parole, dall'interno all'esterno filando la bava luminosa dell'infanzia.
Nel folto senza origine né fine, nella gola serrata di San Casimiro Norwid il poeta
si nasconde, in un angolo dal buio non esce.
Ricorda forse con trepidazione il bianco corridoio dove ha amato la bellissima Maria o le molte finestre aperte per gioco sui bastioni di un fortilizio abbandonato da chissà chi.
Immagine inquietante, liquida suggestione, sospensione del significato nello spazio dell'immaginazione, Norwid è certamente un sogno.
(Quattro questioni di linguaggio, Francavilla, poi in: Catalogo Personale, BLM, Venezia e Gall. Com. Arte Moderna, Ancona, 1979)
In questi anni prima ancora e più che il modo di fare è cambiato quello di sentire e di sentirsi, parallelamente si è passati da una concezione dell'arte come progetto e ricerca ad una dell'arte come espressione e per così dire destino.
Mi sembra tuttavia gravemente riduttivo pensare agli anni '80 e alle formule di volta in volta usate per definirli, come a un puro e semplice ritorno al gusto figurativo, alla manualità del dipingere e in generale alla tradizione formale che in questo atto si esprime.
Semmai è proprio l'atto in sé che conta e la novità più autentica e di aver allargato il territorio espressivo fino a riconsiderare fra i tanti atti possibili anche quello del dipingere.
Del resto il ripristino dei procedimenti pittorici appare nella sua incongruità proprio là dove esso riveste il carattere di una prassi marcatamente citazionistica che tende con spirito mistificatorio a negare la storia nel momento stesso in cui la ripercorre, sia pure malamente come unica ed estrema soluzione.
Non è difficile scorgere in ciò un pesante condizionamento mercantilistico.
Al contrario è necessario affermare l'esistenza di una linea di sviluppo dell'arte che, senza incorrere nella logica talvolta aberrante dell'accumulazione incontrollata di avanguardia su avanguardia (il che sta ripetendosi da parte di chi nega tale processo), sappia tuttavia farsi carico della reale portata innovativa espressa nelle pratiche di sfondamento dei linguaggi messe in atto nel decennio scorso, trovando parimenti nella felicità del sentimento, nell'ardore e nella fatalità del proprio esistere, le energie vitali di cui alimentarsi.
Questa é la strada che sto percorrendo.
(Proiezioni, Venezia, 1982)
Malen ohne Zeichnung, nur mit dem Farben, in einer dynamischen Vision der Räume, die absieht von plastischen Formen und den Gesetzender Perspektive, das Fühlen evokatorischer atmosphärischer und lyrischer Werte der Farben, - diese sind die Merkmale, die die Tradition der venezianischen Malerei von der Renaissance bis heute auszeichnen und qualifizieren. Keinen geringen Anteil daran hatte die bemerkenswerte Suggestivkraft der venezianischen Landschaft mit ihren weiten Flächen, vor allen aber lag es am Zauber Venedigs, im Licht schwebend zwischen Wasser und Himmel und sich ständig verändernd. Die besondere Art dieser Wirchlichkeit ist so beschaffen, dass sie jeden verändert, der von ihr gefangen ist, ihm behutsam und Schicksalhaft den Weg vorzeichnet. Allerdings müssen wir gleich klarstellen, dass diese Realität gewisse rhetorische Rückwärtswendungen zu den eigenen Wurzeln und den heimatlichen Gewässern absolut nicht gestatten kann, dass sie sich vielmehr umsetzen muss in einen ursprünglichen und erneuernden Stoss, eine dynamis, fähig, die Sensibilität der eigenen Zeit zu interpretieren und einzuprägen. Merkwürdigerweise scheinen die Malerei, Venedig und unsere Zeit selbst sich übereinstimmend durch die Charakteristik des "postumen" und "schwachen" auszuzeichnen, die diese Stadt wieder in die Stellung eines von der Phantasie bevorzugten Ortes bringt, die in der Vergangenheit Paris, Wien oder New York innehatten (wie sonst wäre das grosse wirtschaftliche und kulturelle Interesse zu erklären, das diese Stadt geniesst?).
Ich schrieb vor einigen Jahren in Bezug auf meine Arbeit: "Selbst die Maree-Gezeiten wie die Cuori Veneziani-Venezianischen Herzen, die Stelle-Sterne, die Piccoli ritratti sulla motonave per Torcello-Kleinen Portraits auf dem Motorboot nach Torcello und die Fuochi in Laguna-Feuer auf der Lagune, haben ihre wirklichen Wurzeln in dieser einzigartigen Verflechtung von Natur, Geschichte und Artefakt, die Venedig ausmacht, so dass meine Bilder nur der Reflex der kleinen täglichen Anregungen sind, die eine Stadt wie Venedig, Ort des modernen Transmodernen par excellence, auf die individuelle Phantasie ausübt: Inseln und Vögel, eingetaucht in goldene, psychische Lagunen ohne Gestalt; gelbe und grüne Wüsten, zerstört von Gemurmel und Anrufungen... All das bedeutet, dass Venedig für mich ein symbolischer Ort von beträchtlicher Bedeutung ist, ein Kernpunkt für das Verständnis einer Zeit der Synthesen und Übergänge, Zeit einer neuen Spiritualität wie die, in der wir leben" (1982).
Im selben Katalog (Einzelausstellung Galleria del Cavallino, Venedig) schrieb ich, Baudelaire zitierend: "Oben auf den Teichen, auf den Tälern und jenseits der bestirnten Sphären, bewegst du dich hurtig, mein Geist, fliehst von hinnen... und in der Luft hochoben fliegst du, um dich zu reinigen und trinkst wie eine reine und göttliche Flüssigkeit das strahlende Feuer der himmlischen regionen". Es handelt sich um eine Überwindung jener Position, die ich im Jahre 1977 (Einzelausstellung Galleria del Cavallino, Venedig) selbst definiert hatte als Neuen Romantizismus, individualisiert als "notwendige Bedingung zur Überwindung des Leidenscharakters wie er in so vielen Operationen analytischen Typus auftritt. Diese Position begann sich nun niederzuschlagen "in der hellen und gelehrten Perzeption des authentischen trans und post, mit einem Wort, am Ende einer historischen Epoche, die viel weitläufiger ist als das Jahrhundert zuvor". Es handelte sich um eine "Dekadenz, die sich nach besonderen und originalen Modulationen der Sensibilität neigte und die zusammenfallt mit dem Übergang zur nuklearen und telematischen Gesellschaft". In der Malerei übersetzte sich dies alles in ein Klima von fast lyrischer Totalität, fortgesetzter Träumereien, das sich die "Beziehung mit einer eigenen gelebten, umweltsbezogenen Realität zueigen machte; Venedig, die Lagune, ihre Reflexe, ihr antikes Gold... und zur gleichen Zeit auf jener Gegebenheit des Bildes Reaktionen der Erinnerung und eines vibrierendes Gefähls bewirkte, das fähig war, Verführungen, Raffinessen und Täuschungen zu trotzen" (Crispolti).
Eine Malerei also, die Nahrung bezieht aus "einer Dimension täglicher Irrealität und dem totalen Umsturz innerhalb des eigenen lyrischen Kontinuums, entstanden aus ununterbrochenen Entdekkungen und süsser, visionärer Selbstaufgabe".
In den letzt drei Jahren habe ich am Thema der Gezeiten festgehalten, wenn ich auch gleichzeitig andere angegangen bin (z. B. Finestre Veneziane - Venezianisches Fenster) mit Resultaten, die sich im Lauf der Zeit gewandelt haben. In den ersten Arbeiten, wie in Celeste Marea-Himmlische Gezeiten von 1983 (Sammlung P. Teglio, Genua), wo schon der Titel darauf anspielt, dass ausser den Bezügen zum Wasser auch himmlische, spirituelle gemeint sind, übertragen sich Ebbe und Flut der Lagune zwischen Wasser, Land und Luft auf komplexe Seelenzustände, und diese wiederum "suggerieren vielfältige Bilder, die sich aufheben und ergänzen... bis sie sich zu reinen Erinnerungsspuren reduzieren" (Nonveiller).
In den späteren Gezeiten schwächt sich der magmatische Aspekt indessen ab, als ob das Chaos der Erinnerungsspuren dazu neigte, sich in einem neuen geordneten Kosmos aus natärlicher und chemischer "Schlacke" aufzulösen, in einer neuen Zusammensetzung "postumen" Charackters, der dennoch eine klarere und transparentere Vision fliessen lässt, eine harmonischere und kristalline Disposition süsser und melancholischer Formen, die, wenn sie auch verschwommene Lagunenwege evozieren (Sandbänke, Wolken, Wasser), auch andere astrale Welten suggerieren, das Bild einer von fruchtbarer, schöpferischer Hand geordneten Galaxis.
Eine Vision, die sich zwischen blendendem Licht und nicht mehr verhüllter Kostbarkeit der Dimension des Absoluten öffnen zu wollen scheint, als ob die Malerei, im Versuch, jeder Qual zu entsagen, sich der Extase des kühnsten und reisten Gleichgewichts hingeben wollte. Von einem musikalischen Gesichtspunkt aus könnte man an Stille denken, an eine Pause zwischen grosser Klangfülle, Und in dieser Stille arbeite ich, die Gedanken scheinen weit weg, ich konzentriere mich auf meine Hände, auf die weisse Leinwand, die auf eine Geste wartet. Ich ziehe einen schnellen Strich, während man zum Zeichnen Zeit braucht; hinter der Leinwand und der Mauer sind die Dächer und zwischen ihnen, jenseits der Häuser, ist da das Wasser der Kanäle, das die Wolken spiegelt, sind da die Inseln, wie Flecke dunkler Erde eingetaucht in die Transparenz von Luft und Wasser. Die Zeichnung ist ein leichter Faden, wie ein Moment der Erinnerung ohne volle oder leere Räume, der die Luft nicht vom Wasser,
die Erde nicht von den Wolken unterscheiden lässt; mir gefällt ihr Geheimnis, ind manchmal habe ich daran gedacht, aufzuhören und dann...Das Mischen und Dosieren der Farben ist ein Ritus. Das Bild ist Farbe, Luft, Wasser, die sich überlagern in fortwährenden Schichten und Lasuren, so dass die Arbeit anwächst.
Am Ende ist das Bild ein Stück eines Meer- oder Sternuniversums, nicht perspektivisch, aber abgrundtief fern; doch ist es hier vor meine Augen geschleudert, fühlbar wie eine Haut. Der Lack steigert noch die Farbtöne, macht sie leuchtend und überhöht zauberisch die malerische Materie.
Die Hand tanzt, wenn der Pinsel mit einer poetischen Geste alchimistisches Gold darüber ausschüttet. Alle Energie ist in das Bild übergegangen, und ich bin wohlig erschöpft.
In den Maree - Gezeiten der Jahre 1986 und 1987 wurde zunehmend das Gefühl des Abschlusses und des Vorüberziehens eines ganzen Erfahrungskreises deutlich. So war es kein Zufall, das die Ausstellung meiner Bilden in der Galleria Unimedia in Genua im Dezember 1986 den Titel Ultima Marea trug; damit sollte implizit gesagt werden, das ein Arbeitszyklus seinem Ende zuneigte, was bereits erkennbar war am Heraufholen eines anderen Teils der Konzeptualität: sie entzog dem Bild Hitzigkeit, wodurch es sich dem Betrachter weicher, jedenfalls, aber weniger sinnlich darbietet und eine intellektuelle Emotion vermittelt, die das Ergebnis eines gewachsenen und wiederum verwirrenden Bewusstseins des fundamentalen Zwiespalts war. Die Kunst ist der Phönix, der aus der Asche aufsteigt, ein Feuer, das ewig gläht, ohne zu verbrennen. So entstand aus den letzten Maree die erste Idee zu den Paesaggi d'esilio-Exillandschaften. Es handelt sich hier um neue innere Landschaften, die das Gefühl für die Natur noch deutlicher und radikaler als zweideutig darstellen sollen, als ein Schwanken zwischen dem Wissen um die Irreparabilität des Verlustes und dem Qualvollem Wunsch nach Wiederaufblühen. In dieser Natur, einem betaubenden, lautlosen Uranorama, ist der Künstler wie der Verbannte, der "feugon ap'oikon as ego feugo fugas" ("da ich von meinem Vaterhaus so verbannt", Euripides, Andromache, 976), auf der Suche nach dem Klang der Dinge umherirrt, um ein unmögliches Panorama wiederherzustellen, in dem jeder Mensch sein Haus, in dessen sprechender Stille jeder Mensch seine Seele wiedererkennen kann.
In einer Zeit, die geprägt ist von Ängsten, von Umweltkatastrophen, deren Auswirkungen unser Leben noch lange belasten werden, scheinen Titel wie Ultima Marea-Die letzten Gezeiten und Marea al tramonto-Gezeiten bei Sonnenuntergang eine vage und unsichere Atmosphäre von einem Krieg der Sterne zu evozieren, das Bild eines alles entscheidenden, verhängnisvollen Schlages, aber auch das quälende und gleichzeitig beharrliche, quasi bogarthafte Warten auf ein unausweichliches, scheinbar hoffnungsloses Ereignis, eine Lust, in die Zukunft zu fliehen, während das Böse und die Sehnsucht nach der Vergangenheit akuter werden. Vielleicht wollen meine Paesaggi postumi auch dies zum Ausdruck bringen.
(Origini, n. 1, 1986; Venezia Oggi, zur Documenta 8, Kassel, 1987))