ALLA SANTITA’

DI NOSTRO SIGNORE

 PAPA

 CLEMENTE XI

Beatissimo Padre

 Oichè piacque alla SANTITA’ VOSTRA di raccomandare il mio poco talento la prefettura dell’Annona, carica importantissima, e istituita per ben comune di Roma, e de’ popoli a lei soggetti, io sin dallora che ricevetti questo contrassegno onorifico e insigne della sua clemenza, niuna cosa maggiormente mi posi nell’animo, quanto lo studio di corrispondere alle brame della S.V. la quale invigilando continuamente al bene universale, non cessa d’inculcare con amorosissime istanze quelle cose, che concernono il pubblico giovamento. Laonde a tal fine nel bel principio del suo gloriosissimo Pontificato istituì la Congregazione, chiamata del “Sollievo”, composta di cardinali, Prelati, e Cavalieri, pieni di senno, e di tutta quella esperienza, che può desiderarsi, per cercare i modi di porre in opera sopra ogni altra cosa l’eroico disegno, che la VOSTRA BEATITUDINE, di restituire la coltura in quella parte del Lazio, che ora chiamiamo “Campagna di Roma”: la quale impresa, comechè tentate da altri Sommi Pontefici, non si è però mai eseguita, o sia per la brevità del loro vivere (il qual dubbio, perché stia lontano dalla S.V. Iddio benedetto l’ha esaltata nell’età sua migliore, e più florida) o sia, perché i suoi Predecessori applicarono i loro pensieri alla sola “frumentazione”, quando poteano e doveano introdursi ogni specie di coltivazione, di cui sono capaci i terreni della nostra “Campagna”, e con essa ancora la “popolazione”, con la quale si sarebbe maggiormente promossa e accresciuta la stessa “frumentazione”.

Però avendo io lungamente pensato sopra questa materia, e tutto quello, che può agevolare, o renderla meno difficile ad eseguirsi, e avendoci fatte sopra alcune osservazioni, ho deliberato di stenderle in questi fogli per sottoporle al grandissimo  intendimento della S.V. acciocché giudichi Ella del loro valore, e deliberi, se sia opera da intraprendersi con animo franco la sospirata rinovazione dell’universale “coltura” per questa nostra desolata “Campagna di Roma”.

 2- A fine però di esporre con più ordine sotto gli occhi della S.V. le mie riflessioni, stimo bene fermarmi alquanto sopra lo stato antico della “Campagna del Lazio”,perché le cose passate servano, come di ammaestramento, e di lume in quelle, che si divisa fare per l’avvenire: dalla qual cosa risulterà, se io non erro, un altro vantaggio, mentre del volgo una opinione altrettanto falsa, quanto priva di ragioni, e di fondamenti, cioè, che la suddetta “Campagna” sia incapace di maggiore, o miglior coltura a cagione dell’aria grave, e inclemente: la qual sinistra credenza si è tanto radicata nelle menti degli uomini, anche non volgari, e con pregiudicio di questo paese si è sparsa ancora nelle provincie lontane, che pare oggimai non poter esserci luogo a manifestare il contrario, mentre non si considera da questi tali, che, introdottasi “l’Agricoltura”, s’introduce per conseguenza il miglioramento dell’aria, la gravezza della quale unicamente s’ingenera, e si mantiene per cagione delle terre inospite, e non arate, ne’ mosse, come ne fece ampia testimonianza la santa memoria di Pio V° allorché nella sua Costituzione II° confermando le ordinanze fatte da Clemente VII° suo Predecessore per promuovere la coltura della “Campagna”, disse: <<Et, quod non onines est, aer nostræ almæ Urbis ex assidua agrorum cultura nemorum extirpatione, palustrimque locorum exsiccatione cactus est tutior, clementior, satubrior>>.

 3- Che tutto questo sia vero, chiaramente risulta dal solo considerare, che non fù già la nostra “Campagna” stimata così infelice ne’ secoli addietro dai popoli forestieri, che in varie occasioni cercarono di occuparle, come fecero gli Aborigeni, il Pelasgi, gli Arcadi, i Siculi, gli Aurunci, i Rutili, e i Troiani.

Quanti popoli ricchi, e quante città felicissime sappiamo noi di certo, che fiorirono anticamente nel Lazio, dove oggi pare, che siano terre infami, e pestifere? Plinio il quale accuratamente prese a descrivere questi contorni, nomina (1) Bovilla, Capitelo, Casino,Ernico, i Ceretani, i Cerani i Cubultrerini, Castrimoniesi, Cingulani (diversi da quei del Piceno) i Fabiesi, Ferepopilisi, Frusinati, Feretinati, Freginati, Frabaterni, Fricolesi, Ferappi, Ferentani, Garbini, Interannati, Succasini, Ilianesi, Lavinj, Orbani, Nementani,Predestini, Privernati, Setini, Segnini, Svessulani, Telini, Tribunali, Trebani, Tuscolani, Verulani, Veliterni, Ulubrensi, e gli Ulvernati.

 4- Non molto dopo segue lo Storico a tessere un altro catalogo di popoli, e di città del Lazio, un tempo famose, quali sono: Pomezia, Satrico, Scopzia, Pitulo, Plitorio, Telline, Tisata, Ficana, Crustumerio, Ameriola, Medullia, Cernicelo, Amitino, Orbe, Sulmona: e poscia i popoli Albani, gli Isolani, gli Asciensi, Abolanti, Bubetani, Bolani, Cusuetani, ceriolani, Fidenti, Forezj, Ortensi, Latiniensi, Longulani, Manati, Moerali, Mutucumensi, Muniensi, Numiniensi, Olliculani, Ostulani, Pedani, Pellustini, Querquetulani, Sicani, Sifolensi, Toleriensi, Vimitillarj, Veliensi,

 

(1)  Plinio libro 3° cap. 4° Hist. Nat.