Non voglio raggiungere l'immortalità con le mie opere.
Vorrei raggiungerla… non
morendo.
Woody Allen
In
copertina è raffigurato un pesce fossile ritrovato vicino alla città in cui
sono nato, e rappresenta l'idea dell'evoluzione. Potrebbe essere un mio
antenato. Noi deriviamo dalle scimmie, le scimmie da un mammifero ,i mammiferi
dai rettili, i rettili dai pesci. E naturalmente i pesci derivano da organismi
più semplici, questi dal cosiddetto brodo primordiale, e il brodo dalla
semplice materia, cioè… dal fango.
Mi sa che chi ha scritto la Bibbia non era mica un babbeo…
PERCHE''
VIVERE
(niente di nuovo)
Saggio filosofico
o tentativo di comprendere l’esistenza
A Ludwig Wittgenstein nella speranza che possa fargli piacere
INDICE
Prefazione pag. 7
Il tempo dell’evoluzione 9
Perché vivere 11
Critica di alcune risposte 1 21
Il senso della vita è avanti 23
Critica di alcune risposte 2 25
Che cosa significa la parola perché 27
La scienza 29
Wittgenstein 33
Ciò che si può dire si può dir chiaro 35
Il linguaggio 37
Socrate 39
So di non sapere 41
Conosci te stesso 43
Rispetta le leggi 45
Cosa significa la parola sapere 47
La ragione è un sentimento, un istinto 49
L’istinto di sopravvivenza della specie 51
Gesù 53
Il capobranco 55
Integralismo religioso 57
Perché la Chiesa ha fatto anche cose orribili 59
Giovanni Paolo II 61
Fede e ragione 63
Di 65
Volontà e istinto 67
Essere o avere 69
Il suicidio 71
In politica 73
La bellezza 75
Giudizi 77
La Giustizia 79
La musica e il ballo 81
La felicità e i soldi 83
La filosofia 85
Appendice 89
Pensieri sparsi 94
Ringraziamenti 96
Prefazione
Forse, davanti ad ogni affermazione di questo libro, avrei dovuto scrivere la parola “forse”.
Tutto quello che sono e so, lo devo ad altri, per lo più sconosciuti.
Non so, se ci sia in questo libro, un pensiero veramente mio.
Quando parlo di me, non so di cosa sto parlando.
A tutto ciò che verrà dopo di me, forse, ho dato qualcosa.
Tutto il senso del libro, si potrebbe riassumere nelle parole: non chiederti chi sei, ma, cosa sei.
Questo libro, per mancanza di tempo, è la bozza del libro che vorrei scrivere.
Il tempo dell'evoluzione
Per capire molte cose, occorre tener presente, che 2000 anni, per un uomo sono un’infinità; per
l’umanità, invece, appena un’attimo, un minuto.
Perché vivere?
Perché vivere?
Per sapere.
Per sapere che cosa?
Per sapere perché vivere.
Perché non lo sappiamo?
Perché l’evoluzione non vi è ancora arrivata.
Qualcuno dirà: “Perché sapere?”
Gli risponderò: “Non lo so, ma vedi che vuoi sapere anche tu”.
Il libro potrebbe finire qui, ma siccome a qualcuno sembrerà un po’ corto...
Perché vivere
La mia tesi è che nessun uomo conosca la risposta, e che tutta l’umanità sia impegnata nel cercarla.
“L’uomo è il punto in cui la natura indaga sé stessa”. Questa frase l’ho letta in un libro di Don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione.
È lo stesso concetto. Ed è stato espresso anche da molti altri.
Io vorrei esprimerlo in modo più semplice, e quindi comprensibile da più gente.
Inoltre credo di differenziarmi da altri, per una
minor “ansia”, nel suggerire ipotesi di risposta.
Il fatto che nessuno conosca la risposta è meno importante, perché riguarda il nostro passato e
presente.
Importantissimo invece, sarebbe il fatto, riuscissi a dimostrarlo, che l’umanità sia, tutta quanta,
impegnata nella ricerca di questa risposta.
Questo significherebbe dire qual’è il “dovere”
dell’uomo.
Riguarda il nostro futuro.
Significherebbe dimostrare, qual’è il “motore” che aziona tutti i nostri comportamenti, lo scopo che li giustifica, la causa che li spiega.
Il passato è importante per noi solo come strumento per affrontare il futuro.
Il passato non esiste.
Esisteva. Esiste la memoria.
L’umanità va vista come una piramide. Dove chi sta alla base, permette ad altri di salire verso la punta, a cercare una conoscenza che sarà, prima o poi, distribuita a tutti.
La base cerca per vivere, il vertice vive per cercare.
La base cerca vitto e alloggio per vivere. Il vertice, superato il problema del vitto e alloggio, grazie alle precedenti generazioni, agli altri, vive alla ricerca della massima conoscenza, della Verità, della massima felicità, incontrando, inaspettatamente, serie difficoltà.
La scienza, le religioni, la filosofia, sono le autostrade, le vie principali intraprese dall’umanità.
Perché vivere?
Perché vivere?
È questa la domanda più importante che possiamo farci. Da questo deriva poi il come dobbiamo vivere.
Da dove veniamo e dove andiamo sono domande successive, che ci poniamo proprio per cercare di capire perché e come vivere adesso. Tutte le scienze e le religioni sono, secondo me, impegnate nel cercare di capire da dove veniamo e dove andiamo, impegnate quindi, nel cercare di capire perché vivere. Anche se le religioni, spesso, più spesso della scienza, dicono di saperlo già.
Arrivare ad una risposta o alla fede in una risposta, in fondo è la stessa cosa.
Per noi è importante il futuro. Studiamo il passato perché ci aiuta moltissimo a capire il futuro.
Tra i vari futuri il più importante è il più prossimo. Se ho un grande obiettivo che si dovrà realizzare tra un anno, per prima cosa devo stare attento a non andare sotto ad un treno oggi.
Volendo fare i pignoli, il presente esiste?
Perché vivere?
Chi non si pone questa domanda, vive comunque per qualcosa.
Per tante cose, per il benessere, per i figli ect.
Chi vive per i figli ha di solito la speranza “di farli studiare”, di vederli arrivare a posizioni socialmente elevate. I figli a loro volta avranno altri figli, per i quali desidereranno un successo ancora maggiore e così via. Ma dove si vuole arrivare?
È la solita domanda, perché vivere? però rivolta a più generazioni, all’umanità nel suo insieme.
Quando facciamo questa domanda a noi stessi parliamo di filosofia o di crisi esistenziale, ecc...quando la facciamo all’umanità, parliamo di antropologia, di biologia, di fisica, di storia, ect, ect.
La risposta, quella vera, definitiva, sarà, probabilmente, la stessa per tutti e per tutto.
Io non la conosco, se proprio vogliamo provare a dargli un nome, una sigla, suggerisco: “dio”.
Critica ad alcune risposte. 1
Qualcuno dirà: “Io nella vita voglio scopare il più gran numero di donne possibile e le più belle possibile.”
Noi gli facciamo la solita domanda: “Perché?”
Prima o poi risponderà: “Perché mi piace.”
E noi allora: “Perché ti piace?”
Incalzato dai nostri ostinati perché, dovrà arrivare a dire: “Non lo so” oppure “Per istinto” che è la stessa cosa.
Perché abbiamo questo istinto sessuale?
Perché la natura vuole che la specie uomo vada avanti.
Verso dove?
Questa è sempre la solita domanda, e la risposta la stiamo cercando tutti quanti anche quelli che non se ne rendono conto.
Il senso della vita è avanti
Se la vita fosse illusione, sogno, perché non illudersi, non sognare?
Il senso della vita è: “AVANTI”.
Noi non possediamo il libero arbitrio, ma l’arbitrio, ed è già molto.
Critica ad alcune risposte. 2
Qualcuno dirà: “Vivo perché Dio mi ha creato.”
Benissimo. Ma perché Dio ci ha creati?
S. Agostino, uno dei più grandi Padri della Chiesa, diceva che queste domande non si devono fare. Nonostante ciò, molti hanno per secoli, continuato a farsele.
Il problema non sono le domande, ma le risposte.
Noi, intrisi di mentalità scientifica, ci facciamo sì, le domande, ma poi, ci fermiamo lì.
D’accordo, qualcuno dirà, come il catechismo di qualche anno fa: “Dio ci ha creato per amarlo, adorarlo e glorificarlo”. Siamo sempre daccapo. Perché Dio vuole essere amato, adorato e glorificato? A parte il fatto che, un Dio che predica la modestia e l’umiltà, non credo ci abbia fatto per quello.
Oggi sento spesso dire perché Dio è Amore. Ma cosa vuol dire?
Amare vuol dire desiderare qualcuno, desiderare il bene di qualcuno, desiderare che sia felice. Amare vuol dire desiderare. Desiderare vuol dire volere. Dio è volontà, come hanno detto molti filosofi.
Ma... cosa vuole?
Che cosa significa la parola: “perché”
La parola “perché” è composta da tre parole. PER, CHE, È.
PER: indica il movimento, il processo attraverso il quale una causa raggiunge un effetto, uno scopo.
In estrema sintesi, l’evoluzione.
CHE: indica la causa o l’effetto.
È: indica, viceversa, l’effetto o la causa, a seconda del contesto in cui è inserita la frase.
L’effetto, a sua volta, diventa causa di un altro effetto.
Prendo la penna per scrivere, scrivo per comunicare, comunico per farmi mandare dei pomodori, mi faccio mandare dei pomodori per mangiare, mangio per vivere, vivo per... sapere?
Il mondo, la vita sono un susseguirsi, senza fine, (per ora) di cause ed effetti.
Nel linguaggio comune a volte causa ed effetto si confondono. Si dice: “lotto per una giusta causa”. In termini per così dire scientifici, sarebbe più giusto dire: “lotto per un giusto effetto”.
La scienza
Tutta la scienza è, secondo me, impegnata, in ultima analisi, a spiegare il perché della vita, il perché di noi stessi, il perché dell’essere.
Durante questa ricerca spesso si imbatte in scoperte. Per esempio l’energia nucleare. Allora molti ricercatori, scienziati, si trasformano in tecnici, e cercano di usare questa scoperta.
Queste scoperte mostrano così, nuove vie e nuovi mezzi alla ricerca pura.
A volte la scienza, o meglio, gli scienziati, commettono degli errori.
Gli errori finché non vengono scoperti non “sono” errori. Una volta scoperti, sono insegnamenti, per non farne altri simili.
A volte, mi chiedo se può esistere una forza mille volte più grande dell’energia atomica, che una volta innescata/scoperta, in un esperimento, faccia esplodere la Terra come un petardo.
Degli extraterrestri poi, “vedendo” l’errore commesso dall’uomo, non lo ripeteranno.
La vita va avanti a prove. Giuste e ripetute, sbagliate e abbandonate.
Anche noi siamo il risultato di prove. Tutto sommato, giuste. E a nostra volta proviamo, cercando di capire se siamo nel giusto.
Ma, anche noi siamo costretti a dire: “ai posteri l’ardua sentenza!”
E alla fine di tutti i posteri?
In tutti questi secoli, la scienza, ha cercato di ogni cosa, di ogni fenomeno, la sua causa. Trovandola, praticamente, sempre.
La scienza ci sta convincendo che di ogni cosa ne esiste la causa, l’origine.
Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Questa solida verità scientifica, prevede però una massa di partenza. La stessa scienza, ci spinge a chiederci da “dove” arriva quella massa, “chi” ce l’ha messa, se preferite.
La scienza ci insegna a fare delle ipotesi.
Queste ipotesi possiamo chiamarle: Dio, Caos, Spirito, Energia, ect... ma non Nulla.
La scienza ci convince, sempre più, che dal Nulla non può iniziare un bel niente.
Wittgenstein direbbe che il nulla non esiste. Che la domanda: “cos’è il nulla” non ha senso. È come chiedersi: “Cos’è una cosa che non è?”. È una domanda che non ha risposte perché non ha senso porla.
La scienza prevede un Qualcosa di partenza.
La scienza crede in Dio.
Se poi questo Dio, voglia davvero che mangiamo pesce al venerdì, che non mangiamo carne di maiale o che non uccidiamo le mucche o che facciamo l’amore solo due volte all’anno, è tutto un altro discorso.
Wittgenstein
Ludwig Josef Johan Wittgenstein, nato a Vienna nel 1889, morto a Cambridge nel 1951, è stato uno dei maggiori filosofi di questo secolo. Lo possiamo definire filosofo della logica del linguaggio.
Nella sua famiglia, di ricchi industriali dell’acciaio, credo esistesse un forsennato senso del dovere. Dei suoi sei fratelli, tre si suicidarono. Il periodo, forse, più sereno della sua vita, fu quando, due anni prima di morirne, gli diagnosticarono un cancro alla prostata.
Per saperne di più, prendete qualunque manuale di filosofia del liceo, o cercate in qualunque biblioteca.
Il suo risultato filosofico più importante, a giudizio di molti e anche mio, e a giudizio dello stesso Wittgenstein, si può considerare questa frase: “Ciò che si può dire, si può dir chiaro”.
Ciò che si può dire, si può dir chiaro
Tutto ciò che noi possiamo dire sono parole. Con le parole non si arriva mai all’essenza.
Dicendo quello è un cavallo, dico un sacco di cose. Dico che è un animale, che ha quattro zampe, due orecchie ect...; che corre, salta, dorme ect...; che è utile all’uomo, in diversi modi; che mangia e che può essere mangiato, e una infinità di altre cose.
Ma cos’è un animale?
È un organismo vivente ect ect ect.
Ma cos’è un organismo?
È un insieme di atomi ect. ect. ect.
Ma cos’è un atomo?
Un atomo è un insieme di elettroni, protoni, forze ect ect ect.
Ma cos’è un protone?
Beh! Adesso andate avanti voi.
Credo che ammettiate che si arriva sempre ad un punto dove si deve dire: “Non lo so”.
Anche il miglior scienziato, che vi spiegherà che l’elettrone è composto da quark, e che i quark sono composti da X, e che X è composto da Y, e che Y è composto da VATTELAPESCA... ad un certo punto si fermerà.
Qualcuno comincerà a parlare di Dio, qualche altro andrà a bersi una birra. I più furbi andranno a bersi una birra, parlando di Dio.
Questo discorso VALE PER QUALSIASI PAROLA.
Wittgenstein disse: Ciò che si può dire, si può dir chiaro, di ciò che non si può dire si deve tacere.
Lui stesso, nella seconda parte della sua vita, criticò sempre, in pratica, la seconda parte di quest’affermazione.
Oggi potremmo riscriverla così: “Di ciò che non si può dire, si possono fare un sacco di ipotesi”.
Comunque l’importanza della prima parte, cioè, “ciò che si può dire, si può dir chiaro”, è, secondo me, uguale o superiore, a quell’altra frase, non mi ricordo più di chi: “Siamo tutti fratelli”.
Forse il lavoro di Wittgenstein, si potrebbe sintetizzare così: “Ciò che si può dire, si può dir chiaro, ma anche più chiaro. Chiaro?”
La parola è comunicazione. Prevede sempre un interlocutore.
Anche nel pensiero, non per niente chiamato anche riflessione.
Io formulo un pensiero, e quasi contemporaneamente, lo giudico.
Il linguaggio
Il linguaggio, le parole, sono uno strumento potentissimo, che credo porterà l’uomo a superare sé stesso.
Credo che un giorno si arriverà a comunicare direttamente col pensiero. Si stanno già sperimentando computer che utilizzano la chimica del cervello.
E allora l’uomo, o dovremo chiamarlo superuomo, (o billy, insomma dovremo cambiargli nome?), potrà arrivare ancora più lontano.
Potrà arrivare... dove Dio vorrà!
Con le parole non si arriva mai all’essenza, ma si comunica.
Le parole, il linguaggio sono il legame che fa di tutti gli uomini una “cosa” sola.
Sono la vera “rete internet” che collega tutti gli uomini. Passati, presenti e futuri.
Socrate
Forse, di certezze non ce n’é, ma non sono poi così necessarie.
L’insegnamento di Socrate lo sintetizzerei così:
1) So di non sapere.
2) Conosci te stesso.
3) Insegna domandando.
4) Rispetta le leggi.
1 e 2 sono affermazioni fatte da lui stesso.
3 e 4 le deduciamo conoscendo la sua vita, i suoi comportamenti.
So di non sapere
Per spiegare il “so di non sapere”, si potrebbe ripetere la tiritera del cavallo. (pag.35).
Mi interessa però sottolineare, due cose, concernenti questo famoso e bellissimo detto di Socrate.
1) Proprio perché sapeva di non sapere, Socrate si riteneva il più sapiente dei suoi concittadini. Sapeva che tutte le cose conosciute, potevano essere approfondite.
Per questo, anche secondo me, possiamo considerarlo il padre della scienza.
2) Questa consapevolezza dei propri e altrui limiti, non lo deprimeva, anzi lo incoraggiava nell’indagine.
Potremmo continuare il suo motto così: “So di non sapere, ma so di voler sapere”.
Conosci te stesso
Credo che dicendo “conosci te stesso”, Socrate intendesse insegnarci due cose.
1) Ribadire il fatto che non conosciamo, in modo completo, nulla. Neanche la cosa che sembrerebbe più ovvia, cioè noi stessi.
2) Credo che volesse proprio metterci in cammino verso la conoscenza di noi stessi.
Questo cammino, in effetti, l’umanità lo ha intrapreso, o sarebbe meglio dire, continuato.
Rispetta le leggi
Socrate fu condannato a morte. Però, dopo, di sottobanco, gli fu offerta la possibilità di fuggire.
Egli rifiutò. Si lasciò uccidere per rispettare la legge.
Devo dire che Socrate era anziano, e che secondo me, se avesse avuto dieci o vent’anni di meno sarebbe fuggito.
Ciò non toglie che con questo suo gesto, anche per la sua raggiunta maturità, ci abbia voluto insegnare quanto importante sia osservare le leggi.
Le leggi sono gli ingranaggi indispensabili e sempre migliorabili, di ogni società umana. Dalla più piccola, la coppia con le sue regole scritte e non scritte, agli stati, per arrivare alla società più grande, la specie uomo nel suo insieme, le cui leggi, non scritte, si chiamano istinti.
Non lasciatevi ingannare dalla parola, la maggioranza degli istinti sono positivi.
Esistono istinti criminali, perversi, ma esiste l’istinto di scandalizzarsi, di punire certi comportamenti.
Le leggi sono indispensabili.
Per quanti insulti si potranno fare ad un arbitro, non si potrà mai fare una vera partita senza arbitro, senza regole.
Cosa significa la parola sapere
Sapere ha la stessa origine di sapore. (lat. sapère)
Sapere è il cibo della mente.
La mente è ciò che fa l’uomo, uomo.
Il sapere come il sapore, è un bisogno quotidiano, che va digerito, come il cibo.
La grossa digestione del sapere, delle informazioni raccolte durante il giorno, si fa di notte dormendo. Questo è dimostrato da diversi studi scientifici.
Sapere significa anche capire.
Capire significa contenere, com-prendere (dal latino).
L’infinito non è contenibile, comprensibile.
Dio è infinito?
So di non sapere, ma so di voler sapere, anche se non so di preciso cosa significhi sapere.
Voler sapere, vuol dire cercare Dio?
Cercare Dio è già amarlo?
Se lo trovo!
Anche amare come qualsiasi altra parola, non so di preciso cosa voglia dire.
La ragione è un sentimento, un istinto
Noi sentiamo che è bene ragionare. Noi istintivamente ragioniamo.
Poi ci chiediamo se abbiamo ragionato bene.
Ci chiediamo se ha senso ragionare.
E ci ragioniamo su.
E così per tutta la vita.
Nostra e dell’umanità.
La scienza e la religione sono i ragionamenti dell’umanità, come i libri ne sono la memoria.
Noi prima viviamo, nasciamo, e poi ci chiediamo se ha senso vivere. E non il contrario.
Anche se è vero, che il giorno che diamo, troviamo, il senso della nostra vita, è come rinascere.
L’istinto di sopravvivenza della specie
I discepoli di Darwin, gli etologi, dicono che tutti i comportamenti degli esseri viventi, uomo compreso, si possono ricondurre a due istinti.
L’istinto di sopravvivenza della specie e l’istinto di sopravvivenza dell’individuo.
Secondo me, e forse questo è il punto più importante di questo libro, tutti i comportamenti si possono ricondurre ad un solo istinto.
L’istinto di sopravvivenza della specie.
A cosa serve, infatti, l’istinto di sopravvivenza dell’individuo?
A cosa serve l’istinto sessuale?
A far sopravvivere la specie.
Andate e moltiplicatevi.
Ma a cosa serve far sopravvivere la specie?
Questo è il punto.
Non lo sappiamo, ma sappiamo che dobbiamo farlo.
E cosa dobbiamo fare per far sopravvivere la specie?
1) Primaditutto dobbiamo sopravvivere noi stessi. Questo è fondamentale. E non poi così facile come potrebbe sembrare. Questo spiega l’egoismo, nei suoi giusti limiti.
2) Un’infinità di cose. Tra cui, accoppiarci o donare la propria vita agli altri.
Sopravvivere vuol dire salvarsi.
Gesù è venuto a salvare l’uomo.
L’egoismo spinto al massimo diventa altruismo.
I santi vogliono i posti di prima fila in Paradiso.
Gesù
Gesù fu, secondo me, uno dei primi a capire l’evoluzionismo. E forse, ancora oggi è uno di quelli che l’hanno capito meglio.
Insieme a Buddha, Maometto, S. Francesco ect.
L’evoluzionismo va visto, non solo come chiave per capire il passato ma, come chiave per capire il futuro.
Gli etologi parlano anche di cure parentali. L’altruismo, la religione, si possono considerare cure parentali della specie uomo.
Gesù capì che l’uomo è un animale sociale.
Gli animali sociali hanno dei segnali per interrompere i loro duelli, affinché non diventino mortali. Questo è importantissimo per la specie. Per esempio, il lupo, porge il collo all’avversario in segno di resa. Sembra moltissimo al porgere l’altra guancia consigliato da Gesù.
Gli animali sociali hanno moltissimi segnali o modi di relazionarsi. Anche l’uomo. Mi piace citare come esempio il sorriso.
Gli animali sociali hanno precise gerarchie, in continua evoluzione e modifica.
Gesù ha insistito moltissimo sui primi e sugli ultimi. E badate bene non ha detto che non ci saranno più primi e ultimi. Ha detto beati gli ultimi.
Forse Gesù aveva capito che l’uomo, uccidendo i propri simili, in guerra, nei tribunali, per rapina, aveva imboccato una strada pericolosa, che può portarlo all’autodistruzione.
La pazienza, il non ribellarsi con metodi violenti, degli ultimi, avrebbe salvato la specie.
Gesù ha detto che siamo tutti fratelli, cioè che abbiamo la stessa origine. Darwin lo ha dimostrato.
Il capobranco
Negli animali sociali e quindi nell’uomo, credo sia indubitabile il fatto che esiste un istinto a diventare capi.
Questo è un istinto giusto, fondamentale, ma che può degenerare.
Non è sbagliato voler fare il capo. Il problema è di capire chi è più adatto, per quel ruolo.
Il comunismo pensò ad una società senza capi. Ma la pratica ha dimostrato che ciò non è possibile. I capi ci vogliono. A moltissimi livelli. Il problema è di trovare il modo di mandarci i più capaci e onesti. Capaci e disonesti non vanno bene, ma neppure onesti e incapaci.
Le elezioni, sistema escogitato, evoluzionisticamente parlando, non molto tempo fa, sono un ottimo sistema. Ma come vediamo anche oggi, da solo non garantisce l’accesso dei migliori ai posti di vertice.
È giusto che ognuno ambisca a posizioni sociali elevate, anche al denaro, ma bisogna fare in modo che siano meritate, per il bene di tutti, della specie. Anche la ricchezza raggiunta da un singolo, se è ottenuta attraverso una attività onesta, come il lavoro, magari supportato da idee innovative, le invenzioni, le scoperte, le opere d’arte o d’intrattenimento che recano piacere al pubblico (alla specie).
Il tutto nel rispetto della legge. Soprattutto da parte di chi sta più in alto nella scala sociale. Indico una miglioria a pag.73.
Però ci sarà sempre una fettina di illegalità, di irregolarità, dove oltre ai “furbi”, ci saranno alcuni “esploratori”, “rivoluzionari”, “ribelli”, che a volte, a loro rischio e pericolo, porteranno anche dei benefici alla società.
Come le mutazioni genetiche, che di solito sono errori senza seguito, ma se risultano migliorare la specie, si affermano completamente.
Integralismo religioso
Spesso l’altruismo si applicha solo all’interno del proprio gruppo familiare, al proprio clan, al proprio paese (campanilismo), alla propria squadra, alla propria religione.
La vera religione, la vera scienza, il vero altruismo hanno un abbraccio più ampio.
Perché la Chiesa ha fatto anche cose orribili
Perché essendo una organizzazione ispirata da valori giusti, è diventata potente.
Quando se ne è intuita la potenza, dall’imperatore Costantino in poi, è stata appetita, da persone che ne volevano sfruttare appunto, la potenza.
Per potenza, intendo sia quella enorme, a livello di eserciti, stati, ect., sia quella piccola, a livello di una singola persona.
Per esempio, il ragazzo che, senza alcuna vocazione, si faceva prete, o ci veniva mandato, per avere vitto assicurato, o perché in famiglia fa sempre comodo avere uno che ha studiato.
È la stessa storia della mafia, che si intrufola nello Stato, o del singolo che cerca l’impiego statale senza credere nel bene pubblico, nello Stato.
Giovanni Paolo II
Il mio giudizio su questo Papa è positivo.
Ha fatto tre grandi cose (a mio giudizio; è il caso di dirlo?).
1) L’incontro di Assisi con i capi di altre religioni, compreso un capo indiano con tanto di piume.
2) Ha detto ufficialmente, che la teoria di Darwin, è più di un’ipotesi.
3) Ha ammesso più volte, chiedendone scusa, gli errori commessi dalla Chiesa.
Tutto ciò, lo aveva già fatto intuire, con una battuta, detta nel suo primo discorso da Papa. Seppur con riferimento al suo italiano, aveva detto: “se sbalio, mi corigerete...” Questo detto da un Papa, è tutto un programma. Rivoluzionario.
Curiosamente, una delle prime cose che “gli fecero fare”, fu ribadire il dogma dell’infallibilità del Papa.
Fede e ragione
Socrate ci insegnò a dubitare di tutto ciò che sapevamo. Così Cartesio arrivò addirittura a dubitare di esistere. Ma poi disse: “Se io dubito, se io penso, sono”. Come faccio a dubitare se prima non esisto?
Questo è stato il grande punto fermo da cui è partita un po’ tutta la filosofia posteriore.
Che cosa sono, invece, è tutto un altro discorso.
Questa verità, va espressa, secondo me, in modo ancora più forte. Io, non solo esisto, ma non posso dubitare di esistere. Posso dubitare di tutto, tranne dell’esistenza di me stesso.
“Io esisto?” è una domanda senza senso, perché nella prima parola affermo una cosa che nella seconda parola contraddico.
È come se dicessi: “Un armadio è un armadio?”.
Noi non possiamo dubitare dell’esistenza di noi stessi.
Noi non possiamo non credere nell’esistenza di noi stessi.
La ragione ci fa capire che noi abbiamo sempre avuto questa fede.
La fede, (in noi stessi), viene prima della ragione.
Ma io, cosa sono?
Da io, a Dio, il passo sembra breve...
Invece l’evoluzione, da “zero” fino ad arrivare all’uomo, sembra una lunghissima scuola per insegnarci cosa vuol dire “io”.
L’evoluzione dell’uomo, sembra una lunga scuola per insegnarci cosa vuol dire: “Dio”.
Dio
Dio è... una parola.
Che, per me, (non ho conferme) deriva soprattutto, dal greco ideos (idea). (Ricordate Platone?).
Dio è... il punto di partenza, l’idea di partenza della realtà.
Dio Creatore.
Possiamo dargli altri nomi, ma intendiamo sempre quello.
Possiamo chiamarlo Allah o Zeus, Destino o Natura, Visnù o Karma, ma ci riferiamo sempre alla stessa “cosa”.
Io continuerò a chiamarlo Dio, anche perché, il Cristianesimo ha, secondo me, molti aspetti positivi, nonostante gli errori commessi dalla Chiesa, e a quelli che ancora commetterà.
Cosa vuole questo Dio?
Dio vuole questa realtà.
Questa realtà vuole te.
Dio vuole te.
Perché?
Dio non ha bisogno che crediamo in lui. Siamo noi che ne abbiamo bisogno.
Dio lo scoviamo cercando, a oltranza, cosa significa la parola “io”.
La Natura è di origine Soprannaturale.
Dio è un capocomico.
Einstein ha detto che “Dio non gioca a dadi con l’universo”.
È vero. Gioca a nascondino.
Volontà e Istinto
Volontà e istinto, riferiti alla Natura, sono sinonimi.
Molti filosofi, cercando le radici della realtà, dell’universo, di noi stessi, dell’essere, hanno pensato di averla trovata nella Volontà.
Più di tutti, forse, Schopenauer, col suo libro: “Il mondo come Volontà e rappresentazione”. Anche Nietzche, che parlò di Volontà di potenza, che però, per me, è una inutile ripetizione.
Voglio poter bere, vuol dire, voglio bere.
Volere e potere sono spesso intercambiabili.
Volere è potere, recita, non senza motivo, il proverbio.
Questa volontà, che è facile vedere negli esseri viventi, in quanto vogliono vivere, spesso ad ogni costo, Schopenauer la vedeva anche nella materia. In una pietra, come in una stella.
Oggi noi sappiamo che, una stella come una pietra, è formata da atomi e particelle tenuti insieme da forze, a volte chiamate cariche (elettromagnetiche o altro). È facile, oggi chiamare queste forze, volontà o istinti.
Alcuni dicono che anche le cose hanno un’anima (filosofie orientali?).
Anima, in qualche modo vuol dire movimento. Animali, cartoni animati, ect. Ma anche parte più interna, più intima, più vera. Le pietre, avendo particelle, al loro interno che si muovono, hanno un’anima?
Gli animali si muovono al loro interno, si muovono in grandezza, cioè crescono, si muovono nello spazio, cioè si spostano.
I vegetali si muovono al loro interno e in grandezza.
I minerali si muovono al loro interno.
Essere o avere
Per avere bisogna prima essere.
Non mi dispiace avere, ora che ho voglia di essere.
Essere è tra tutte le parole, la più importante e la più incomprensibile.
Essere, tra tutti i miracoli possibili, sarà sempre il più stupefacente.
Essere o non essere, questo è il problema.
Essere, questo è l’incredibile.
Il suicidio
I suicidi che avvengono nel mondo occidentale, la cosidetta civiltà avanzata, mi fanno più paura dei morti per fame, per guerre o per rapine.
Se noi riusciremo a realizzare una civiltà, non dico senza problemi, ma senza suicidi, allora potremo esportarla, proporla ad altri, al resto del mondo cosidetto arretrato.
Suicidarsi comunque, non vuol dire cancellare la propria vita.
Anzi spesso il suicidio vuol sottolineare cose che si sono cercate di “dire”.
Suicidarsi vuol dire abbreviare la propria vita.
Il passato comunque non si cancella.
In politica
Ho una ricetta.
Minor proporzionalità sulle tasse, maggior proporzionalità sulle pene.
È una strada percorribile indipendentemente dal partito al governo.
Si traduce per forza, la forza della legge, in maggior legalità.
L’esperienza, decennio dopo decennio, dirà di quanto deve essere abbassata l’una e alzata l’altra.
Proporzionalità sulle pene, vuol dire che, se io possiedo un miliardo e rubo mille lire, commetto un reato più grave di un altro che ruba anche mille lire, ma possiede solo cento milioni.
Questa proporzionalità, andrebbe applicata anche agli incarichi pubblici.
Possiedo 100 milioni, rubo mille lire e sono il sindaco della città, commetto un reato più grave del semplice cittadino, ricco come me, che ruba le stesse mille lire.
L’immunità parlamentare ha senso per i reati, per così dire, verbali. Ed era nata infatti, in seguito al fatto che, durante il fascismo, erano stati perseguiti degli oppositori, per cose che avevano detto.
Cioè un parlamentare, può insultare, magari offendere il buon costume, nel nome della libertà di idee, e nel nome del libero confronto politico. Starà all’elettore, rieleggere o meno, chi userà tale libertà a sproposito.
Estendere l’immunità parlamentare a reati pecuniari, è stato un passo indietro di due o tremila anni. Spesso, purtroppo, veniva e viene, “perdonato” questo reato ai potenti, ma non ufficialmente.
Una minor proporzionalità sulle tasse, è suggerita dal fatto che esistono talenti diversi.
Se Tizio fa meglio un lavoro di Caio, è giusto che guadagni di più.
E così, anche per chi occupa posizioni di responsabilità. Politici, amministratori pubblici e d’azienda, devono essere ben pagati.
Diminuendo la proporzionalità sulle tasse, (e aumentandola sulle pene), si ottiene una maggior sincerità nella denuncia dei redditi.
Sarà una società più trasparente, dove l’incentivo a far bene e a prendersi responsabilità, sarà alto.
Penso che questo, prima o poi, accadrà comunque. Perché sia l’altruismo, basato o meno sull’idea di un dovere di specie, sia lo scontro dei diversi e spesso giusti egoismi, spingono verso la stessa direzione. Verso una società, sempre più democratica, senza illudersi di raggiungere la perfezione.
La bellezza
La bellezza è in gran parte simmetria, regolarità.
In un esperimento, furono prese le foto di 20 donne e fu chiesto a molti uomini quale fosse la più bella. Le prime 19 foto erano di donne reali, la ventesima era stata ottenuta sovrapponendo le altre 19. Diciamo che la 20° donna, era la media delle altre 19.
Risultò essere la più bella.
La donna media, in altre parole, è la più donna di tutte.
In pratica, la bellezza di una donna, è la maggior certezza che sia tale.
Più la donna è bella, meno ci sfiora il dubbio, inconscio, che non sia una donna.
Naturalmente il discorso vale anche per l’uomo.
Il nostro cervello, compie questi “ragionamenti” nelle frazioni di secondo di uno sguardo. Probabilmente sovrapponendo le fotografie di donne che ha in memoria. Compresa la “fotografia” della mamma, che, forse, è la più pesante.
Naturalmente una donna e un uomo non sono “fatti” solo di aspetto esteriore.
La bellezza è il primo, immediato giudizio che noi diamo incontrando un’altra persona. È un giudizio importante, ma specie nella scelta, non facile, di formare una famiglia, diventa meno importante.
Comunque, la Natura o Dio, che dir si voglia, usa anche la bellezza per spingerci verso il destino della nostra specie.
Giudizi
Platone diceva: “Non esiste giudizio senza pregiudizio”.
È una bellissima verità.
Per esempio, nella prima occhiata che diamo ad una persona, la nostra mente formula una gran quantità di giudizi. Se è uomo o donna, se è vecchia o giovane, e già, anche solo in base a questi due giudizi, se ci è simpatica o meno. Intendo per simpatia un sentimento positivo, anche debole, diciamo, di non repulsione. Qualcosa di simile, al giudizio che può dare un animale, di fuga o no, di fronte ad un altro animale.
Poi, con i secondi che passano, il giudizio si perfeziona, si modifica, si inverte. E così, nelle ore successive, nei giorni e negli anni.
Non esiste giudizio senza pregiudizio, come non esiste giudizio definitivo.
Non è un problema avere pregiudizi.
Il problema è avere pregiudizi sbagliati.
Anzi, l’intelligenza, è avere giudizi giusti il prima possibile.
La Giustizia
La Giustizia umana non sarà mai perfetta.
Ci sarà sempre, in carcere, qualche innocente.
Ma questo non è un motivo sufficiente, per lasciare impuniti molti criminali, e punire così molti innocenti, fuori dal carcere.
La musica e il ballo
Per descrivere, trasmettere, certe cose, come i sentimenti, le emozioni, ect, le parole a volte non bastano. O non tutti le sanno usare con disinvoltura.
La musica e il ballo, sono linguaggi complementari, e universali.
Anche se non proprio tutti li comprendono e apprezzano allo stesso modo.
Sono linguaggi anche ancestrali, che sapevamo usare prima di imparare a parlare. Infatti, molti animali comunicano cantando, fischiettando, e anche ballando. Pensiamo agli uccelli e alle danze di corteggiamento.
La felicità e i soldi
Oggi viviamo, di nuovo, in anni in cui, si pensa, in molti, che i soldi diano al felicità. Non è automatico.
È facile che accada il contrario. Che la felicità dia i soldi.
Ma allora cosa dà la felicità?
Io penso la giusta consapevolezza delle cose, e di noi stessi, il giusto equilibrio. Né troppo modesti, né troppo ambiziosi.
Penso che convincersi che, il “sapere perché vivere” sarebbe la cosa più importante, e nello stesso tempo, convincersi che nessuno lo sa veramente, aiuti ad ottenere questo equilibrio. A moderare certi complessi di superiorità e di inferiorità, di cui, ogni tanto, un po’ tutti noi, soffriamo.
Esistono comunque, molte persone, equilibratissime, indipendentemente dal loro livello culturale.
Ma è sempre più difficile esserlo, perché i tempi, troppe cose, stanno cambiando troppo velocemente. C’è una fortissima esigenza di sapere, cose che una volta bastava “sentire”, “accettare”.
La filosofia
Filosofia, vuol dire: “amore per la sapienza” (dal greco filos = amore, sofia = sapienza).
Il filosofo è colui che ama sapere, desidera sapere, cioè non sa.
La filosofia è il gioco della parola perché.
I bambini sono grandi filosofi.
I bambini sono i veri vecchi (e a volte saggi).
Per l’umanità, l’uomo più vecchio, è l’ultimo nato.
La filosofia è la madre e la figlia di tutte le scienze.
Perché vivere?
Non lo so.
Lo scopriremo solo vivendo.
Forse.
Fine.
Forse.
Appendice
L’istinto di conservazione della specie come punto d’incontro tra scienza (filosofia) e religione
PRIMA IPOTESI: l’istinto di conservazione della specie è predominante rispetto all’istinto di conservazione dell’individuo; o meglio il secondo non è che un mezzo per ottenere il primo.
SECONDA IPOTESI: istinto di conservazione della specie = altruismo; istinto di conservazione dell’individuo = egoismo.
TERZA IPOTESI: Gesù. i Profeti, i Santi, i grandi iniziatori di una religione, avevano intuito questa verità.
Porre l’accento più sulla specie che sull’individuo può voler dire: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. “Non di più” come diceva già Cicerone.
Un po’ tutte le religioni le possiamo leggere come messaggio di unione della specie uomo, o almeno di un gruppo.
L’orizzonte si amplia nelle menti migliori: Gesù,
S. Francesco, Buddha, Maometto ... ect.
Curiosamente il “porgi l’altra guancia” si può leggere come tecnica pacificatoria presente in molti animali sociali come ad esempio il lupo, che porge il collo all’avversario per interrompere una disputa.
“Beati gli ultimi”, guardando l’uomo come specie, lo si può interpretare pensando alle gerarchie presenti anch’esse negli animali sociali e quindi anche nell’uomo.
È importante il primo membro di una gerarchia per le sue specifiche funzioni o maggiori capacità, ma è importante anche l’ultimo per la gerarchia stessa, per il gruppo.
Se l’ultimo non accetta sufficientemente, la sua condizione di ultimo, può andarsene, indebolendo il gruppo stesso, o può innescare dei conflitti, (magari col penultimo) altrettanto o maggiormente dannosi per il gruppo. (Menenio Agrippa sarebbe d’accordo).
Inoltre, questi messaggi, sono sbocciati, in un’era nella quale, grazie all’agricoltura, era possibile soddisfare le esigenze alimentari di tutti.
“Non disperdere il seme” potrebbe voler dire semplicemente, continua la specie.
Gesù ha detto: “Siamo tutti fratelli”, Darwin: “siamo tutti cugini” e lo ha dimostrato.
EVOLUZIONE quindi!... ma verso quale obiettivo?
Paradiso, vita ultraterrena, Dio, reincarnazione, dice la religione.
Verso la prossima generazione, dice prudentemente la scienza, migliorando poco alla volta.
Ma migliorare in che senso?
Diventando più grandi (balene, elefanti), o più piccoli (microbi), più alti (giraffe), più forti (leone), più veloci (gazzelle), più numerosi (formiche), più mutabili (virus), più lenti (bradipo), più intelligenti (uomo) ect.
Ma cos’è l’intelligenza?
L’intelligenza è una cosa che ci può rendere più grandi, più piccoli, più alti, più bassi, più forti, più veloci, più numerosi, più mutabili, ... ect.
Questo “più” si ottiene desiderando nuove cose, provando nuove strade, ponendosi nuove domande, e dopo ogni risposta, una nuova domanda.
Secondo me, l’attuale punto di arrivo, traguardo e limite nello stesso tempo, della specie uomo, è questa domanda: “PERCHÉ VIVIAMO?”.
In altre parole siamo ancora al socratico: “So di non sapere”, ma con un’aggiunta: “So di non sapere, ma so di voler sapere”.
Il successo delle religioni si spiega col fatto che queste si propongono come risposta a questa domanda.
Un’altra grande intuizione di Gesù Cristo, secondo me, sta nel dire: “Siamo tutti uguali”.
Tutti possiamo capire infatti, con discreta chiarezza, questa domanda: “Perché esisto, perché vivo?”. Ma per quanto riguarda la risposta...; “solo” fedi.
Si CREDE in una religione, si ha fede (fiducia), non si può dire: “io so”.
Per ora! Perché questo è l’attuale punto di arrivo della nostra evoluzione. Ma chi ci dice che tra 1, o 10, o 1.000, o 1.000.000 di generazioni la nostra specie non arriverà alla risposta?
In quest’ottica cosa si deve fare?
VIVERE prima di tutto, cioè conservare se stessi. Poi TRASMETTERE agli altri, figli e non, e IMPARARE dagli altri (figli e non) al fine di MIGLIORARE sé stessi e la specie, AIUTARE gli altri in difficoltà, perché siamo inseriti in un progetto comune.
Queste cose, forse, in questo modo, trovano una spiegazione razionale, alla Wittgenstein, ma credo sia possibile ammettere, che sono cose che sentiamo istintivamente, chi più chi meno, a volte più a volte meno, a seconda delle condizioni, dell’educazione, dell’età... ect..
Nell’ottica della supremazia dell’istinto di conservazione della specie, è secondo me da riscrivere, il concetto di individuo. Io comincio quando nasco, quando vengo concepito, o comincio già in mio padre e mia madre, nei miei nonni e indietro fino alle scimmie e ai pesci, e ai primordi della vita, alla materia e a Dio. E anche, finisco con la morte? o, viceversa, se lascio qualcosa, figli, cose, idee, l’esempio, insomma qualcosa di utile per la specie, non vivo a lungo come lei?
L’istinto di conservazione della specie è, per l’etologia, istinto sessuale e cure parentali. Un missionario o un altruista in genere è, secondo me, un individuo con uno spiccato senso delle cure parentali.
Io non voglio essere Dio,
è Dio che vuole essere me.
E te, e tutto il resto.
Pensieri sparsi
Parole parole parole
parole parole parole
parole soltanto parole
parole tra noi. (Mina)
Per capire “perchè vivere” bisogna capire la parola ‘perchè’, non la parola ‘vivere’.
Fino a prova contraria
(Karl Popper)
Finalmente l’uomo scenderà dal suo piedestallo.
(Sigmund Freud commentando l’Origine della specie di Charles Darwin).
Ragionando evoluzionisticamente noi siamo contemporanei di Socrate e compagnia bella.
Quando parliamo del tempo, nel senso di “che tempo fa oggi”, in realtà parliamo dello spazio.
Lo spazio-tempo?
La cosa più importante che si può dire è una domanda, non una risposta.
Essere, è, copula, copulare.
Noi non ci spieghiamo il male, il dolore. Ma non ci spieghiamo nemmeno il bene, il piacere.
Il lavoro è come la preghiera, ma più rischioso.
(Padre Pio)
Il bene può vincere il male può solo pareggiare.
Varcare la soglia della speranza = io speriamo che me la cavo.
Gesù fu ucciso dai sacerdoti?
Nei figli si cerca di trasmettere i propri geni, negli altri il proprio ‘genio’.
Gli altri siamo noi.
(Umberto Tozzi)
Ringraziamenti
Ringrazio mio figlio, perché, all’età di 5 anni, quando io gli chiesi: “Secondo te, perché Dio ci ha creati?”, mi rispose, stupito che non lo sapessi: “Ma perché a Dio piace la natura”.
Ringrazio Giovanni Bosco, professore di filosofia, per avere, tra l’altro, apprezzato e citato la frase di Wittgenstein: “la filosofia è un prurito”. Così io, che ogni tanto ho questo prurito, ora so cos’è.
Ringrazio Luciano de Crescenzo, per aver scritto: “Storia della filosofia Greca”, e l’editore per averla pubblicata negli economici a 5.900 lire.
Ringrazio Ludovico Geymonat, per aver scritto manuali di filosofia.
Ringrazio Cesare Genovesi e i miei genitori.
Leonard Zelig veniva spesso picchiato dai genitori.
La famiglia di Zelig abitava sopra ad un bowling,
ma erano spesso gli avventori del bowling a
protestare per il troppo rumore!
Woody Allen
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