In ricordo di un gentiluomo

 

Non molti giorni fa il Professore ha raggiunto la casa del Padre. Non so quanti di voi lo conoscevano. Io sì, anche se ora mi resta il rammarico di non averlo frequentato e conosciuto meglio. Abitava, insieme alla moglie, in una casetta piccola, vista dall’esterno, ma all’interno piena di sorprese e ricordi. Una casa ricca. Ricca di umanità, cortesia, gentilezza, ospitalità. Abitata da un gentiluomo e da una gentildonna. Come ne esistevano nei bei tempi andati. Sono stato a casa del Professore poche volte, quattro o cinque forse. Per consegnargli il nostro giornale locale. E lui ogni volta gentilissimo e disponibile. Mi apriva la sua casa. Mi rendeva partecipe dei suoi ricordi. I tempi della grande guerra. Lui che aveva abitato nella nostra frazione in quel periodo, in un fienile, quando c’erano non più di due case. Che aveva salvato dai tedeschi una famiglia del luogo, intercedendo per evitarne l’arresto, e rischiando di essere preso di mira dai colpi dei tedeschi in uniforme per questo atto. Lui che aveva conosciuto tutti gli anziani della zona, e che scherzosamente diceva di non capire perché fosse rimasto solo lui. E mi intratteneva, chiacchierando amabilmente. Descrivendo la nostra città e l’Italia del tempo. Le lotte in cui era sempre stato in prima fila. E a testimonianza del racconto tirava fuori dai cassetti, gelosamente conservati, manifesti, scritti, libri, opuscoli del tempo. E chiedeva di noi giovani. Di cosa facevamo in parrocchia e nella vita. Di cosa facevamo a scuola, al lavoro, in famiglia. E gli si illuminavano gli occhi. Si complimentava con noi. Era fiero e orgoglioso dei giovani. E così facendo manifestava una speranza per il futuro certamente maggiore di tanti ragazzi. Lui così anziano, a malapena in piedi. Ma con l’entusiasmo di un ragazzino. Ricordo che tempo fa andammo a trovarlo perché volevamo scrivere un opuscolo, un libretto, qualcosa che fissasse sulla carta le origini e la storia del rudere, una volta residenza di principi, esistente nella nostra frazione. E volevamo farci aiutare da lui, dalla sua memoria storica, dalle notizie che certamente egli conosceva e che erano ormai dimenticate altrove. Ricordo la luce nel suo viso e nei suoi occhi, quella sera. Immediatamente cominciò a proporre, progettare, consigliare. Con una forza e una vitalità inaspettate. Un signore e un gentiluomo. Non mi ha mai dato del tu. Sempre del lei. A me che avevo forse 40-50 anni meno di lui. Ogni volta che mi incontrava mi chiedeva notizie della mia famiglia, di mia moglie, delle mie figlie. E ogni volta a complimentarsi, a ringraziare, a sorridere. L’ho visto baciare la mano in segno di saluto a una delle ragazze che andava a consegnargli il giornale. L’ho visto sempre inchinarsi per salutare, in segno di profondo rispetto per tutti coloro che incontrava. L’ho visto curare con identico grande amore piante e gatti intorno alla sua casa, in segno di profondo rispetto per la natura. L’ho visto manifestare stupore e meraviglia per le sue bellezze. Voglio ringraziarla, Professore. Per quello che mi ha insegnato. E sono certo che anche da lassù  il suo esempio, la sua signorilità, il suo entusiasmo per la vita saranno un modello che non potremo dimenticare. Addio Professore, anzi arrivederci!

 

                           

Sabato Bufano