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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

 


WICKED MINDS
NEL GIARDINO INCANTATO
di Voidhanger

 

Parlano a briglia sciolta, i Wicked Minds. Sfogano in questa intervista la stessa passione per la musica che emerge dai solchi di “Witchflower”, il loro nuovo, fantastico monumento al rock duro, psichedelico e progressivo dei ’70. Un fiore cresciuto nel giardino incantato della musia hard’n’heavy, e che non sembra destinato ad appassire. “Witchflower” assomiglia infatti ad un’enciclopedia del sapere rock scritta usando un lessico antico, ma che in bocca ai loro strumenti si trasforma in un linguaggio moderno. Se vi batte forte il cuore nel ricordare gli album di giganti come Deep Purple, Iron Butterfly, Uriah Heep, Black Sabbath, Black Widow, Led Zeppelin o Rainbow, allora rischierete l’infarto all’ascolto dei Wicked Minds, capaci di evocare lo spirito dell’heavy rock nelle sue forme più seducenti.

Paolo, la qualità del nuovo album, che riconferma i Wicked Minds ai vertici della scena hard’n’heavy mondiale, ci fa dubitare della vostra vera identità. Sicuri di non essere qualche nome noto del hard rock dei ’70 sotto mentite spoglie?
WM: Innanzitutto, grazie per le belle parole! Il nucleo originale dei Wicked Minds è formato da Lucio (chitarra), Enrico (basso) e Andrea (batteria) ed è attivo al 1987, l’anno prossimo si festeggeranno i vent’anni di attività! Nel 2000 è entrato in formazione Paolo (Hammond) e nel 2003 J.C. (voce). Diciamo che l’età media del gruppo è sui 40 anni tranne Paolo che ne ha 27. Abbiamo tutti un lavoro e per questo suonare è davvero una passione! Gli unici che vivono di musica sono Paolo e J.C. ma per farlo devono suonare con diverse formazioni (J.C. suona in acustico con la J.C. Band e Paolo, oltre ai suoi Link Quartet, suona da circa un anno con una band psichedelica chiamata Mastica), in Italia è davvero difficile fare questo tipo di scelta!

Con “Witchflower” siete arrivati al traguardo del terzo disco, notoriamente quello della maturità. La pensate allo stesso modo? Vi sentite di avere conseguito una maturità espressiva che in passato non avevate ancora?
WM: abbiamo una discografia abbastanza caotica. Sulla carta Witchflower è il quarto album (dopo “Return to Uranus” del 1999, recentemente ristampato in edizione limitata in vinile da W-Records, “Crazy technicolor delirium garden” e “From the purple skies”), in realtà è il terzo perchè “CTDG” e “FTPS” sono praticamente lo stesso disco, ma con la formazione nuova a 5 è solo il secondo... che casino! Scherzi a parte, sicuramente sentiamo il nuovo disco come un punto di arrivo. “FTPS” conteneva tracce risalenti agli anni precedenti al 2003 e molte di queste tracce erano state scritte non in previsione di un album. Il nuovo album invece è stato concepito come un unicum sin dall’inizio e questo ci ha dato una diversa consapevolezza, specialmente in ambito compositivo. Sapevamo che dopo il piccolo successo del precedente disco dovevamo fare qualcosa di unico e di originale, dovevamo dare il nostro meglio, e abbiamo curato ogni dettaglio. In più dobbiamo sottolineare che Black Widow ha prodotto interamente il disco e questo ci ha permesso di lavorare con calma in studio, curando ogni minima sfaccettatura. Quindi, tornando alla tua domanda, sentiamo questo disco come un disco maturo, sotto molti punti di vista, abbiamo portato fino in fondo quello che avevamo iniziato con il disco precedente. Per la prima volta siamo davvero soddisfatti del nostro prodotto, sotto tutti i punti di vista. Abbiamo lavorato con una mole immensa di strumenti originali e Alberto Callegari, il fonico dell’Elfo Studio dove abbiamo registrato, ha fatto un lavoro superlativo utilizzando sia tecnologie digitali che analogiche, siamo rimasti davvero sorpresi del risultato!

Com’è stato accolto dal pubblico il precedente “From The Purple Skies”? E come lo giudichi alla luce del nuovo “Witchflower”?
Lucio: “FTPS” è stato accolto benissimo in tutto il mondo. Basti pensare che dalla data di uscita, nel luglio del 2004 , a oggi abbiamo continuato a ricevere recensioni e ottimi commenti da chiunque l’abbia ascoltato (a proposito, chi fosse interessato può trovare gran parte di questo materiale su http://wickedmindsunofficial.blogspot.com). Ho risentito il disco di recente e ne sono molto orgoglioso. Come dicevamo prima però, “FTPS” è un album costruito negli anni e porta le tracce di diversi periodi e di diverse influenze. Io lo vedo un po’ come una prova che ci ha permesso di capire cosa potevamo fare, chi eravamo e dove potevamo e volevamo andare. Solo con il nuovo però siamo riusciti a portare fino in fondo le intuizioni del precedente...penso che dopo “Witchflower” i Wicked Minds dovranno sviluppare idee nuove. Va anche ricordato però che abbiamo lavorato ai due album in modo completamente differente: “FTPS” è stato registrato in un solo week end e mixato tutto in un giorno, per il nuovo siamo stati in studio 2 mesi! Ovviamente con il tempo dalla nostra abbiamo potuto curare maggiormente il risultato finale!

Che ricordi avete invece di “Return To Uranus”, il primo album recentemente ristampato?
Lucio, Enrico, Andrea: “RTU” è stato il culmine del periodo in trio della band. Dopo anni di concerti e attività ha rappresentato un punto fermo nella nostra attività e, in un certo senso, anche la sua fine! Il disco è imperniato sulla chitarra, con lunghe fughe psichedeliche, e su un suono hard. L’anno successivo all’uscita del CD è entrato in formazione Paolo e il sound della band è cambiato. Siamo molto contenti che la W-Records abbia ristampato in vinile questo album (era stato realizzato solo in poche copie in CD) perchè molte persone vogliono sentirlo e perchè per noi è stato davvero uno spartiacque, in più la nuova grafica e la bella stampa a 180gr lo rendono davvero un bell’oggetto da possedere!

Abbiamo notato che, diversamente dai primi due capitoli della vostra saga personale, stavolta avete optato per un titolo di album che non ha alcun riferimento allo spazio cosmico, nonostante la presenza anche questa volta di una lunga e meravigliosa epopea psych in “Scorpio Odyssey”. Come mai? In che senso il vostro album è un “fiore stregato”?
WM: A differenza degli altri album i brani del nuovo hanno perso qualcosa sul lato dell’improvvisazione e ne hanno guadagnato sul piano della composizione. Anche il brano che citi, “Scorpio odyssey”, pur nella sua lunghezza, è un brano fortemente pensato e strutturato, a differenza, ad esempio, di un brano come “Return to Uranus”. Quindi meno cavalcate galattiche e più riflessione, più magia in un certo senso, sicuramente più consapevolezza. Questo non significa che l’elemento di improvvisazione sia assente, semplicemente abbiamo imparato a contenerlo e, in un certo senso, a domarlo e questo ha dato uno spessore notevolmente diverso alle composizioni.

Che tipo di pubblico è il vostro? Ve ne siete fatti un’idea vedendo la gente ai vostri show?
WM: il pubblico che ci segue è decisamente eterogeneo, dallo zoccolo duro dei metal fan d’annata ai ragazzi di cinquant’anni appassionati di prog, alcuni nostri affezionati amici e gente che non sa niente della nostra musica ma si diverte a vedere il circo che facciamo sul palco!

Il rock hard’n’heavy che suonate è spesso etichettato come retrò. È qualcosa che vi dà fastidio o piuttosto vi lascia indifferenti?
Paolo: Ovviamente, vista la strumentazione che usiamo e il suono della band, penso sia inevitabile essere etichettati in questo modo, ma mi sembra anche una definizione abbastanza superficiale. Pur usando suoni “vintage” (parola terribile!) e continui richiami a gruppi del passato mi sembra che la musica che proponiamo non assomigli da vicino a niente di già sentito, o meglio, assomiglia a talmente tante cose da risultare qualcosa di nuovo, almeno questo è il modo in cui io sento questa cosa. Non siamo passatisti per principio ma il nostro modo di esprimere la musicalità è legato a quei suoni e a quelle atmosfere,  non vogliamo far finta di essere qualche band del passato, siamo i Wicked Minds, nel bene e nel male!

Fino a qualche tempo fa lo stoner rock era sulla bocca di tutti, oggi in pochi lo seguono con la stessa passione di allora. Invece il rock che suonate voi, più puro e incontaminato benché non passatista, continua a entusiasmare. Qual è il segreto di questa musica, secondo voi? Cosa c’è di così speciale da permettergli di non invecchiare?
Paolo, Lucio: Pensiamo che sia una musica che non ha mai smesso di essere suonata. In ogni decennio ci sono state band che hanno portato avanti lo stesso tipo di discorso in modi simili al nostro. Non è un fenomeno legato a un determinato momento, dalla fine degli anni sessanta in poi non hanno mai smesso di esistere gruppi legati a questo tipo di suono, a questo atteggiamento nei confronti della musica, forse è questa trasversalità a dare un fascino inossidabile a questo genere. E poi pensiamo che una musica pregna di 40 anni di storia abbia appigli per una vasta schiera di ascoltatori diversi, ognuno può trovare l’eco delle band che ha amato e trovare che in qualche modo sono ancora attuali. Abbiamo anche visto che è un genere che ha grande fascino sui giovani perchè apre le porte di periodi spesso sconosciuti, insomma sembra davvero esserci una specie di magia intorno a questo tipo di musica, una magia che unisce le persone di tutto il mondo!

Con quali artisti del passato vi sentite più in debito? Quali i dischi di cui non potreste fare a meno?
WM: Ci sentiamo in debito verso tutti!!! Ognuno di noi ha gusti differenti e artisti di riferimento e ciascuno porta il suo contributo e la sua influenza nella band. Paolo è più orientato verso i ’60, garage, beat, jazz, psichedelia e proto-prog, Lucio sui ’70, hard, progressive, Enrico sull’hard in generale, Andrea sul rock classico e JC sul versante americano...
Di quali dischi non potremmo fare a meno? Dei 5000 album di Lucio, dei 2000 di Paolo e dei 4000 di JC, tanto per cominciare!!! Davvero non sapremmo da dove partire!!! La cosa fondamentale è che da ognuno di questo dischi prendiamo quello che ci piace (o meglio ciascuno di questi dischi ci circola talmente nelle vene che è impossibile per noi staccarcene completamente!) e lo portiamo con noi, lo facciamo nostro. Sicuramente la nostra musica è piena di citazioni e rimandi ma resta profondamente originale, almeno secondo il nostro punto di vista.

Esistono altre formazioni a cui vi sentite affini, e perché? Cosa vi piace ascoltare? Vi interessano solo i suoni dei ’60-’70, o anche il rock moderno?
WM: Sicuramente anche il rock moderno, e non solo il rock, gente come Jamiroquai, Beck, Lenny Kravitz, i Black Crows, i Supergrass e tantissimi altri meritano tutto il nostro plauso per la musica che sono stati capaci di creare! Ovvio che ascoltiamo e collezioniamo tonnellate di musica ’60 e ’70, ma non siamo assolutamente fermi a quel periodo. In generale quello che cerchiamo dalla musica è una comune scossa sotterranea che alcuni gruppi hanno e altri no, questa è la cosa che ci emoziona sempre e ci fa comprare e ascoltare un disco, non importa se vecchio o nuovo.

In Italia, e soprattutto in seno al roster della Black Widow Records, siete in buona compagnia. Il nostro Paese ha sempre espresso grandi talenti in campo prog e hard-psych. Credi sia corretto parlare di una vera e propria scuola? Vi sentite parte di una scena hard rock italiana?
WM: È difficile parlare di una scuola italiana dell’hard rock....ci sono e ci sono state tantissime band di ottimo livello ma ognuna ha portato avanti un discorso personale. Quello che sembra essere comune è il background di musica da cui tutti noi proveniamo. Il periodo del prog italiano, con centinaia di ottime band attiva sul territorio, ha lasciato sicuramente un segno in moltissime persone ed è difficile che chi fa rock non si sia confrontato, per amore o per antitesi, con quelle band. Pensiamo che questo aspetto accomuni moltissime band italiane ma forse parlare di scuola è eccessivo, non c’è mai stato un sentire comune così forte e condiviso, purtroppo!

Data l’esterofilia dilagante, credete che il fatto di essere una band italiana vi possa penalizzare in qualche modo, precludendovi certi canali o rendendovi vittime di pregiudizi?
Paolo: La situazione italiana per certi versi è paradossale. Soffriamo di un’esterofilia dilagante ed essere italiani è un limite soprattutto in Italia! All’estero invece sembra che la cosa abbia un grande fascino e si avvantaggi di un notevole rispetto. Non è un caso che i WM nell’ultimo anno abbiano fatto date in Belgio e Svizzera e che ci siano due tour pronti per la Germania (uno a fine marzo e uno a luglio), in Italia trovare spazi per questo genere e soprattutto trovare un pubblico interessato ai live sembra diventare sempre più difficile! Non che questo mi dispiaccia più di tanto, abbiamo l’opportunità di girare il mondo, ma ogni tanto una data a meno di 800 km da casa non sarebbe male!

Che valore attribuite ai concetti di psichedelia e progressive? Sono solo generi musicali, o credete che sottintendano il superamento da parte dell’uomo di certe barriere, la possibilità di spingersi sempre più oltre?
Lucio, Paolo: Al di là delle definizioni di genere queste due parole racchiudono al loro interno universi vasti e variegati. Il progressive è il lato più fantasioso della musica, quello aperto alle soluzioni armoniche e alle divagazioni, ma è anche un confine che delimita la vibrazione musicale e, se superato, porta la musica a suonarsi addosso senza sbocco, come è capitato a molte band imprigionate dalla gabbia mentale delle possibilità musicali, non tutto ciò che è possibile fare in una canzone è bene che sia fatto! La psichedelia è sicuramente il lato meno conscio e più emozionale della musicalità, ed è possibile trovarne gli spunti e i ricordi in quasi tutti i generi musicali. La psichedelia è anche un viaggio, attraverso la musica (cioè lo sviluppo temporale delle vibrazioni) e attraverso il corpo (ovvero lo spazio che fa esperienza del tempo), un connubio indissolubile. In questa accezione le due parole segnano le due facce di una stessa medaglia, indissolubili e al tempo stesso inconciliabili.

Abbiamo notato una cura certosina nel confezionare ogni singolo brano e nell’arrangiarlo. Le canzoni sono ottimamente strutturate, con sorprese a getto continuo e frequenti cambi. Come nasce un vostro pezzo? Ci lavorate davvero duramente, o la vostra intesa è tale da permettervi tempi brevi?
Paolo, Lucio: Un po’ uno e un po’ l’altro! Come dicevamo prima i brani del nuovo disco sono stati curati davvero in modo maniacale e in più ci siamo trovati nella miglior situazione di registrazione che potessimo sperare. Diciamo che i brani hanno in media una gestazione lunga. Partiamo da un’idea base, la strutturiamo e poi proviamo ad arrangiarla in modi diversi, a svilupparla e dargli un corpo che abbia un peso elevato! Ovviamente il lavoro cambia da brano a brano, facciamo qualche esempio. La title track, Witchflower, è nata in sala prove ed ha preso, nel giro di una sera, la forma che senti sul disco. “A child and a mirror” è un pezzo che ha richiesto mesi, abbiamo provato diversi arrangiamenti e la coda strumentale dopo il solo di chitarra è stata aggiunta a poche settimane dalla registrazione. Sul DVD che uscirà allegato al disco nuovo ci sono 6 bonus track audio contenenti il promo dell’album registrato a settembre dello scorso anno, basta sentire quanto i pezzi siano cambiati dal promo al disco, nel giro di sue mesi, per capire quanto lavoro ci sia dietro alle tracce. Ci sono anche pezzi che nascono invece a getto. “Here comes the king” e “Shadows’ train” sono state composte pochissimi giorni prima di entrare in studio e sono subito state pronte per la registrazione. Un altro aspetto importante di questo album è stato il lavoro in studio. Diciamo che, con il tempo a nostro favore, abbiamo avuto modo di sperimentare moltissime cose, supportati anche da un ottimo lavoro in regia e da una strumentazione superba. Tanto per capirci, ci siamo tolti un po’ di soddisfazioni facendo cose che avevamo in testa da anni: in “Before the morning light” l’assolo di Hammond filtrato nel Minimoog, il solo di chitarra di “Witchflower” con l’octaver a riempire il suono e, alla fine dello stesso brano, l’Hammond che si spegne con il suono che cala, la coda strumentale di “Sad Woman” con chili di eco a nastro sugli strumenti e sulla voce e i rumori di ARP iniziali in stile AREA, l’assolo di Hammond nel Marshall su “Here comes the king”, la voce filtrata alla follia su “Scorpio odyssey” e la coda di sax finale, i passaggi di basso distorto e un sacco di altre piccole cose che alla fine però fanno davvero la differenza. Ovviamente tutte queste cose sono state possibili grazie allo splendido clima che si respirava in sala di registrazione, eravamo davvero stimolati e ispirati da tutto quello che ci circondava!

Mettete la stessa attenzione anche nei testi? Di cosa si occupano prevalentemente?
Lucio, J.C.: I testi parlano di vita, di amore, di sogni, di musica e di tante altre cose!!! A differenza del precedente disco i testi hanno una maggiore importanza e uno spessore decisamente superiore. Questa volta abbiamo un po’ abbandonato gli spazi siderali e le visioni oniriche per sviluppare altre tematiche. Questa volta sono stati anche inclusi nella grafica dell’album (fatta ancora una volta da Paolo) così tutti potranno leggerli!

Ci sono dei brani del nuovo album a cui vi sentite particolarmente legati o che vi piacciono più di altri? E perché?
WM: “A child and a mirror”, perchè pensiamo sia la canzone più bella che abbiamo mai scritto, “Sad woman” perchè è un macigno e “Shadows’ train” per la sua spontaneità (abbiamo fatto questo pezzo due o tre giorni prima di entrare in studio di registrazione e abbiamo riversato molta della nostra istintualità nel realizzarlo), “Black capricorn fire” perchè, tutte le volta che l’ascoltiamo, non capiamo come siamo riusciti a fare un pezzo come quello....in generale però ogni traccia del disco significa molto per noi, sono state tutte curate nel dettaglio e di tutte ci sentiamo orgogliosi...

Paolo, le tastiere ricoprono un ruolo fondamentale nell’economia del vostro sound, per nulla subordinato a quelle delle chitarre, peraltro suonate splendidamente. Come ti sei appassionato a questo strumento?
Pa olo: Ho iniziato per gioco da bambino e la cosa è diventata una passione nel corso degli anni, specialmente dopo che mio padre mi fece ascoltare i dischi dei Led Zeppelin, Deep Purple e Brian Auger che teneva in cantina. Ho iniziato a suonare l’Hammond perchè ero innamorato di quel suono ma nel 1992 non era facile trovare spazio nei gruppi con strumenti come questo, e così ho iniziato con un progetto in trio (basso, batteria, hammond) che mi ha portato poi a conoscere altre persone (tra le quali Lucio e i Link) che mi hanno insegnato che c’era un universo infinito di musica dove il mio strumento poteva avere spazio. Così negli anni ho allargato i miei ascolti e mi sono circondato di molti dei giocattoli che si sentono nel disco (l’ARP, il Moog, il Rhodes, il Solina e il Mellotron e tanti altri), posso dire di essere stato davvero fortunato a incontrare queste persone quando ero ancora un ragazzino, mi hanno insegnato tantissimo e penso che senza di loro oggi molte cose sarebbero diverse!

“Witchflower” esce accompagnato da un DVD che immortale alcune vostre performance dal vivo. Quanto è importante per voi l’aspetto live? Riuscite a ricreare la medesima ricchezza sonora che è possibile trovare su disco?
WM: Per noi il live è ed è sempre stato il momento centrale della nostra attività. Fino ad oggi la dimensione concertistica ci permetteva di giocare con le nostre stesse canzoni, di improvvisare assoli e divagazioni e di divertirci un sacco! Witchflower cambia un po’ le cose; la complessità del disco non ci lascia, dal vivo, tutta la libertà che avevamo in precedenza, ma ne aumenta sicuramente il contenuto emotivo e tecnico. Diciamo che nei live quello che conta di più è la passione, secondo il nostro modo di sentire le cose, e questo significa che, un po’ in stile Zeppelin, meglio essere imprecisi ma carichi di energia che suonare tutto come se fosse uno spartito ma senza trasmettere niente a chi guarda lo spettacolo. Così le tracce del nuovo disco vengono un po’ frullate nei live, le suoniamo sempre in bilico tra fedeltà all’originale e voglia di divagazione.

Cosa vi aspetta nell’immediato futuro?
WM: A fine marzo saremo in Germania per una serie di date tra cui una al festival della rivista Moonhead in cui saremo headliner. A luglio saremo ancora in Germania al Burg Herzberg Festival in compagnia di Soft Machine, UFO, Birth Control, Fantasyy Factoryy e molti altri, in più ci attendono diverse date in Italia. E poi penso inizieremo subito a lavorare al nuovo progetto che abbiamo in cantiere, ovviamente non possiamo ancora dire niente, ma sarà qualcosa di un po’ diverso.

 

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