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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

 


RITUALI DI CREAZIONE E DISTRUZIONE
di Voidhanger

 

Ai tempi del loro debutto “Season Of Seace, Science Of Silence”, da molti vennero segnalati tra i gruppi migliori dell’anno. Non fu certo opera di preveggenza: quel disco parlava da solo, e parlava di una band assolutamente fuori dagli schemi. Prima di loro, solo i Burning Witch di Stephen O’Malley avevano saputo mischiare così bene il black metal e lo sludge, anche se gli Unearthly Trance promettevano di spingersi persino oltre. L’hanno fatto nel successivo “In The Red” e soprattutto nel terzo album “The Trident”, recente debutto su Relapse Records. Si tratta di un lavoro maturo e completo, che sposa magnificamente le influenze black metal della band alla loro passione per il drone-doom e lo sludge più brutale. Ma quel che colpisce è la capacità degli Unearthly Trance di trasfondere la violenza e l’estremismo metal su un piano mentale, oltre che fisico; cioè, la capacità di creare una propria dimensione di terrore sonico in cui intrappolare l’ignaro ascoltatore e perpetrare quelli che il cantante/chitarrista Ryan Lipynsky definisce occulti rituali di creazione e distruzione.

Ryan, introduci gli Unearthly Trance ai nostri lettori…
Abbiamo cominciato nel 2000, con l’idea di creare la band col suono più potente e dirompente che potessimo immaginare. Siamo fan di ogni tipo di metal, ma quel che ci piace di più sono i riff pesanti e suonati al massimo volume. Nel tempo ci siamo poi trasformati in una bestia metal imprevedibile, e abbiamo usato il nostro sempre crescente senso delle dinamiche per far progredire il nostro suono. Facciamo base a Long Island, Brooklyn (NY), siamo un trio con idee in comune e affoghiamo in un mare di confusione e pazzia. Gli Unearthly Trance sono la nostra meditazione. Sento che la nostra intera carriera porterà alla costruzione di un regno esoterico.

La vostra prima release aveva una copertina nera, la seconda una rossa, mentre “The Trident” è dominato dal colore blu. Avete scelto questi colori per il loro potere descrittivo, forse pensando di indurre l’ascoltatore ad un particolare stato mentale per prepararlo alle atmosfere dei brani?
Sì, anche se in maniera molto semplice. Invece di bombardare l’ascoltatore con roba inutile, cerchiamo di focalizzarne l’attenzione su uno stato d’animo. Gli facciamo ‘ascoltare un colore’ nel senso più psichedelico del termine, lo indirizziamo verso ciò che secondo noi rappresenta il suono del disco. Una volta finito, ad ogni nostro album poteva essere associato un colore. Si tratta di istinto. Detto questo, penso che l’artwork sia una cosa molto importante, e credo che è responsabilità di ogni band occuparsi anche dell’aspetto artistico.

A proposito di artwork, nella mia recensione ho scritto che la misteriosa foresta immersa in un’innaturale nebbiolina bluastra deve essere intesa come un posto della mente, un luogo interiore…
Credo che tu abbia ragione. Grazie, sei il primo a sviscerare il senso della copertina di ‘The Trident’. La cosa che mi piace di più è perdermi in mezzo ai boschi, trovo che sia un’esperienza che porta calma e rilassatezza. Il fatto di vivere in una città caotica me lo fa sembrare ancora più sacro. Questo rappresenta i sentimenti pagani e di adorazione della terra che mi porto dentro. Per trovare le risposte, non guardo al cielo, ma alla terra… quindi questa è la mia personale immagine metal su cui concentrare l’attenzione. Negli Unearthly Trance c’è una forte componente occulta che ci guiderà fino alla fine, e che è simbolizzata nel serpente a forma di pentagramma e nel tridente di copertina.

Stavo proprio per chiederti che connessione ci fosse tra il titolo del disco ed il simbolo del tridente che vi accompagna da sempre...
Il nostro tridente fu originariamente influenzato da un libro prestatomi dal mio amico ‘Dogmaster’. Rappresentava un simbolo di energia psichica, e da allora è questo il senso che gli attribuisco. Il tridente è inoltre da collegarsi alla divinità Shiva, che impugna il tridente della creazione, della preservazione e della distruzione. Tutte cose con cui gli Unearthly Trance si identificano. Inoltre, il tridente è anche lo strumento del ‘diavolo’. Gli Unearthly Trance rappresentano una forza di resistenza, siamo la lancia nel costato del cadavere della cristianità.

Il vostro primo album, “Season Of Séance, Science Of Silence”, venne descritto da Stephen O’Malley che lo produsse come “i Darkthrone che suonano sludge doom”, o qualcosa del genere. All’epoca la fusione tra black metal e doom non era così comune come adesso. Come siete pervenuti a quei risultati? Ci sono altre black-doom band che apprezzi?
Mi piace pensare che siamo stati tra i primi a suonare black metal super-rallentato. Allora io e Stephen  volevamo creare un suono davvero freddo, a cui aggiungere atmosfere vocali à la Isengard. Ha! Non si trattava certo di qualcosa di comune… Ancora oggi sono convinto che “Season Of Séance…” suoni come nessun altro disco. Io lo vedo come un incrocio tra Winter, Grief e Darkthrone. Pervenire a quel risultato fu una cosa molto naturale, anche se devo aggiungere che quello non era il nostro suono abituale dell’epoca. Eravamo molto più noise, pieni di feedback urlante. Quella è una cosa che rimpiango, anche se la gente sembra amare l’album così com’è!  Quanto ai gruppi black doom di oggi, non me ne viene in mente nessuno, e mi sta bene così. Non ho più tempo per ascoltare nuove band come facevo una volta.

Il doom e il black metal non sono mai riusciti a riscuotere lo stesso successo del thrash e del death, se non nelle forme più commerciali o “impure”. Nel vostro caso è stato questo il motivo del loro attrarsi?
Credo che ad attrarli l’uno all’altro sia la loro natura estrema. Il metal spesso diventa sterile e prevedibile, e da fan del metal mi aspetto che le nuove leve si spingano un po’ più in là in termini di pesantezza ed estremismo sonoro. Il black metal e lo sludge sono grandi esempi di ciò. Lo sludge è più tipicamente americano, ed è con esso che come band ci identifichiamo di più.

So che fino a qualche tempo fa eri coinvolto nei Thralldom, che con “Black Sun Resistance” hanno pubblicato uno dei migliori black metal album della passata stagione. Ma ora leggo che hai preso le distanze dalla scena e che hai sciolto la band. Perché? Quali sono gli aspetti della scena black odierna che ti infastidiscono?
Il black metal è una nave che affonda. La seconda ondata black ha dimostrato a cosa poteva portare una rivoluzione satanica. Ma nel momento in cui i media vennero coinvolti nella faccenda, tutto è andato a rotoli. Io sono interessato al satanismo e all’occultismo. Ci sono troppi ‘guerrieri della domenica’ nel black metal odierno, la loro mancanza di devozione è patetica. Non mi è mai piaciuto far parte di una moda di massa, e rifiuto ciò che molti hanno fatto del black metal.  Preferisco l’intelligenza al look.

“The Trident” è di sicuro il vostro lavoro migliore, quello più completo e maturo. Ora sembrate indirizzarti verso la forma canzone, invece che verso le jam session…
Hai ragione al 100%, siamo molto più maturi e interessati a scrivere grandi canzoni, ma senza compromettere la nostra natura brutale.

Avete anche scoperto che vi piacciono le melodie. Ve ne sono di molto belle in “Permanent Ice” e “Decrepitude”, ad esempio…
Sì, più vado migliorando come cantante, più melodia troverete nella musica degli Unearthly  Trance. Ma non si tratterà mai di una cosa forzata, e in ogni cas o saranno melodie oscure e opprimenti.

Quali sono i brani degli Unearthly Trance che preferisci, e perché?
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Wake up and Smell the Corpses’: questa canzone fa veramente paura. È il nostro brano più veloce sino ad ora, e un modello a cui guardare in futuro. Poi ‘Mass Of The Phoenix’: alcune band passano l’intera carriera cercando di scrivere un pezzo così lento e pregno di atmosfere occulte. A volte l’ascolto e non ci credo. Quando la suoniamo mi manda profondamente in trance, mentre per alcuni invece è una tortura! Infine ‘In The Red’, che mette in mostra tutto ciò che gli Unearthly Trance hanno da offrire: doom ripugnante, pulsante dark rock, noise sperimentale, un finale da jam session che infatti non abbiamo mai suonato allo stesso modo, assolo di chitarra, etc. Dal vivo è un gran pezzo.

Credi che sia corretto spendere il termine psichedelia in riferimento alla vostra musica? Ovviamente in un significato più ampio del solito, applicabile ad esempio anche a gruppi come Sunn 0))), Jesu o Xasthur. Una psichedelia “nera” che induce alla trance…
Assolutamente sì. Stiamo anche programmando di sviluppare questo aspetto nel nostro prossimo disco, per spingerci ancora più oltre…

Dunque, nonostante la progressione evidente da un disco all’altro, siete ancora alla ricerca della vostra strada…
Diciamo che stiamo crescendo e ci stiamo espandendo. Il suono di ogni nostro disco sarà sempre diverso, ma non faremo mai a meno di riff terremotanti e un drumming violento. Oramai abbiamo un nostro stile e non assomigliamo a nessun altro, non seguiamo alcun trend.

Oggi incidete per l’ottima Relapse: cos’è cambiato a livello promozionale rispetto agli esordi su The Music Cartel e Rise Above?  
Tutto è moltiplicato all’ennesima potenza. La Relapse è una grossa label che raggiunge un’audience enorme. Ci lavora tanta gente, e siamo molto soddisfatti di essere arrivati fino a qui con un suono senza compromessi come il nostro. Sono ancora grato a Lee Dorrian per averci dato la possibilità di crescere e diventare una vera band. Quando mi guardo indietro, sono orgoglioso di ogni cosa.

Per concludere, metti in fila cinque dischi che ascolti in questi giorni…
Big Business, ‘Tour EP II’: grande band, e gran bella cover dei Devo in questo Ep. Enslaved, ‘Ruun’: non ho mai prestato molta attenzione ai nuovi Enslaved, ma i riff di chitarra su questo disco mi piacciono molto. Deadboy and the Elephantmen, “We are the Night Sky”: hail Daxx Riggs, il miglior cantante in circolazione! Drudkh, “Blood in our Wells”: black metal dall’Ucraina, fatto con talento e passione. Per finire, Havohej, “Dethrone the Son of God”: uno dei miei dischi black metal preferiti.

...e cinque dischi che ti hanno reso quel che sei…
Eyehategod, "Take As Needed For Pain": di sicuro uno dei miei dischi preferiti di tutti i tempi. Un album classico, con grandi canzoni e una produzione perfetta. Gli Eyehategod sono i campioni del feedback, mi piace definirli 'the real deal'. The Obsessed, "The Church Within": Wino è un grande chitarrista e cantante, e una costante fonte di ispirazione. Celtic Frost, "Morbid Tales": non ho altro da aggiungere. Neurosis, "Through Silver In Blood": un disco monumentale. 'Locust Star' è un pezzo incredibile. Sono stati una grossa influenza. Li ho visti tre volte durante il tour per questo disco, e mi hanno letteralmente cambiato la vita. Infine i Kiss, tutti i primi album fino a "Destroyer" (che fa schifo). Ancora oggi Ace Frehley è la mia più grossa influenza in fatto di assol di chitarra. I suoi ve li potrei canticchiare uno per uno.

 

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