OBSCURE METAL UNDERGROUND & VULTURE CULTURE
I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

 

TRONUS ABYSS
IL VIAGGIO DEGLI PSICONAUTI
di Voidhanger

Quello dei Tronus Abyss può ben definirsi un viaggio di ricerca. Partita da lidi black metal, la band è approdata sulle coste di un continente sonoro oscuro come la terra d'origine, ma ancora tutto da esplorare. Che non si parli di evoluzione, però. I Tronus Abyss sono oggi quello che erano ieri e l'altro ieri, ma è come se la loro esistenza venisse ogni volta ri-plasmata, come se le idee di sempre trovassero una diversa applicazione, un diverso linguaggio attraverso cui essere espresse. Una creatività senza confini che nell'ultimo "Kampf" riesce a coniugare mirabilmente dark ambient, psichedelia, industrial, elettronica, arie da folk apocalittico e visioni psiconautiche con un'aura black metal che punta alla sua intima essenza, piuttosto che alle sue prerogative estetiche. Una musica colta e citazionista, sfuggente e avanguardista, capace di creare una dimensione tutta propria in cui l'unica regola è l'assenza di regole, l'obbedienza ad un caos distruttivo e costruttivo insieme, pensiero e azione uniti in un'unica, incredibile spinta motrice. Intervista a Shut-Ar Stygor Atratus.

Avete più volte affermato che la musica dei Tronus Abyss può essere considerata "psichedelica" e "cosmica". In che senso? E quali significativi attribuite a tali termini, in rapporto alla vostra proposta e rispetto al senso che comunemente viene loro affibbiato?
Ci sono sempre interessati i suoni; anzi, direi principalmente quei suoni che escono direttamente dalle "latebre amene" della non musica. Quei suoni particolari che riescono a parlare all'io superiore, mostrandogli l'intensità emotiva di un solo unico suono. Perfezione assoluta sulla concentrazione di ciò che è percepibile solo sul piano immanifesto, sicuramente oltre le barriere della comune percezione. Una chiara trasposizione dell'ordinario in straordinario. Un'intensa vibrazione che si espande verso l'interno, risvegliando le correnti ataviche nell'uomo e, trascinandolo così alla scoperta del proprio microcosmo, punto primo di partenza verso la ricerca del Sé assoluto. Un unico, immenso, impossibile suono. Ci siamo sempre chiesti che tipo di rumore potesse fare la pioggia che cade su Saturno. Su Saturno piove metano. Oppure, un satellite catturato da un buco nero, che cosa può trasmettere dal suo interno? Abbiamo provato ad immaginare come potesse essere un funerale nello spazio. Una bara di zinco che esplora l'universo con il proprio feretro all'interno. Abbiamo sempre cercato di esplorare oltre i confini dell'ordinario, spingendoci spesso a volere esplorare il cosmo infinito, fuori e dentro di noi. Micro/Macro. Sospensorio impossibile da attraversare se non mediante l'ausilio dell'immaginazione: magia pura. C'è un unico punto di partenza per Tronus Abyss. Un'immaginaria base al centro della terra. Terra intesa come uomo materiale, e che all'interno ha nascosta la formula vitriolica, che può essere capita ed esplorata sono nella formulazione del VITRIOL. Ma c'è anche un grande cargo spaziale, che proprio dal suo centro terrestre si innalza per proiettarsi oltre le porte dell'umana ed ordinaria concezione. Oltre i confini dell'oggettivo, per sfruttare appieno la cosmica psichedelica, unico mezzo per concepire la morte non come fine ultimo, ma come stadio fase per esplorare e completamente l'altro universo. Non si muore, si rinasce.

Parlate di una ricerca del Sé attraverso un'intensa vibrazione psichedelica: nel vostro caso scaturisce forse da un rituale di qualche tipo? E che ruolo pensate che abbia o possa avere l'assunzione di droghe in un processo creativo del genere, per voi o in generale?
Il rituale, nella sua espressione più "esoterica" ha, secondo noi, una valenza molto relativa soprattutto nel suo aspetto più estremo. Ti spiegherò meglio, in quanto non sono a conoscenza della tua visione di ritualità. La ritualità è un fattore straordinario, che dovrebbe coincidere con una nostra funzione divina. Cioè, tramite un "gesto sacro", interpello gli dei esteriori, perchè si mettano in contatto con il mio Se profondo. Non è una novità. E' una questione antropologico, insita in noi fin "dall'alba dei tempi". Che ha ormai, purtroppo solo più raggiunto un senso ordinario del nostro io, manifestandosi solo in occasioni liturgiche. Confondendo così la ritualità ordinaria, con gestualità meccanica. In piedi, seduti. Ave Maria piena di... Scambiatevi il segno della pace... ecc. ecc. Movimenti automatici e senza educazione al divino, fatti in cambio di un'ipotetico perdono o tranquillità spirituale. Chi si accorge di questo e lo rifiuta completamente, diviene una sorta di pecora senza gregge, in quanto il suo inconscio appartiene ancora al collettivo. Oppure, peggio ancora, cade in mano di maghi o sacerdoti di questa o quest'altra setta, che gli spiattelleranno davanti cerimonie fanfalucche dai mille colori tetri o sgargianti; illudendolo di incentivare il suo povero Io ad una fase della propria straordinarietà. Cosa purtroppo impossibile per l'uomo ordinario, finché abbisognerà di schemi e regole dettate da altri Io. Rendetevi conto che la più più grande ritualità è la gestualità consapevole.
on avere bisogno di nulla, il giorno in cui mi accorsi di potere essere me stesso e con questo me stesso, osare... Potere reggere un bicchiere, defecare, bere un pintone di vino, fare l'amore, drogarsi di situazioni reali e consapevoli, è rito. Tutto è rito. Il mentre, quando diviene essere, è la più grande ritualità. Ma tutto ciò viene solo più inteso in maniera ordinaria. Perchè la ritualità ripetuta tutti i giorni perde la propria identificazione con l'aspetto straordinario, riflettendo solo più la soggettiva arbitrarietà della poca comunicazione sull'inconscio. Anche collettivo.
Ciò che rapporta il vero operatore magico con la propria sfera magica, è la concezione di gestualità sacra improntata soprattutto sulla propria
quotidianità. Il rito, magari se inteso come gesto/cerimonia, figurativo e scenico, nell'ambito di una struttura insita allo sviluppo delle proprie facoltà latenti, acquista un valore che è solo di passaggio nella sua trasformazione del
Mi sono accorto di non avere bisogno di nulla, il giorno in cui mi accorsi di potere essere me stesso e con questo me stesso, osare... Potere reggere un bicchiere, defecare, bere un pintone di vino, fare l'amore, drogarsi di situazioni reali e consapevoli, è rito. Tutto è rito. Il mentre, quando diviene essere, è la più grande ritualità. Ma tutto ciò viene solo più inteso in maniera ordinaria. Perchè la ritualità ripetuta tutti i giorni perde la propria identificazione con l'aspetto straordinario, riflettendo solo più la soggettiva arbitrarietà della poca comunicazione sull'inconscio. Anche collettivo.
Ciò che rapporta il vero operatore magico con la propria sfera magica, è la concezione di gestualità sacra improntata soprattutto sulla propria quotidianità. Il rito, magari se inteso come gesto/cerimonia, figurativo e scenico, nell'ambito di una struttura insita allo sviluppo delle proprie facoltà latenti, acquista un valore che è solo di passaggio nella sua trasformazione del momento. Mi "traduco" meglio, il rito sviluppato solo in quell'ambito, come un fattore/vettore straordinario, scarta automaticamente di conseguenza tutta l'altra ritualità insita e preesistente già da prima in noi. Lo straordinario non è solo nel cerchio magico, li è solo l'inizio per rompere gli schemi e corrompere i fattori. Ti faccio un'esempio: Tempo fa due membri su tre degli attuali T.A. hanno lavorato per anni ed in maniera assidua e costante alla capacità di interpretare molti aspetti della vita ordinaria mediante l'alchimia del ritualismo contrapposta all'interpretazione magico misteriosa dei suoi simbolismi. E' stato un percorso dovuto e voluto, che ci ha aperto alla visione del Sephira Daat, altrimenti nascosto... Noi crediamo nella divinizzazione di alcuni uomini, mentre di altri assistiamo alla loro bieca sottomissione e cecità nei confronti dell'osare volere sapere. Pecore da branco... Ci siamo ritrovati a dovere e volere effettuare diversi rituali anche giornalieri per sfuggire all'ordinarietà della nostra vita. Cosa che preesiste ancora adesso, ma in modo decisamente più filtrato dal subconscio.
Per destrutturare gli schemi, servono grandi riti nel mezzo di un cerchio. Ma soprattutto serve interrompe questi riti effettuati all'interno del cerchio, per applicarli al meglio al di fuori del cerchio. All'interno del cerchio si può, se si è in grado, risvegliare Set-An. Una volta risvegliato, bisogna poi saperlo trattenere e solarizzare anche fuori dal cerchio. E' questo il grande arcano. L'urlo di Pan, si costruisce nel cerchio, ma si deve cristallizzare fuori. Nonostante la "botta" del Rito, una volta finito, fuori dal cerchio, nei giorni a seguire, si tende a continuare ad usare la propria mente ordinaria.
La vera magia è quando si trascina Set-An fuori, nella vita di tutti i giorni, per poterlo "connettere" completamente alla contemplazione dello straordinarietà della vita nel cosmo stessa. In questi anni, abbiamo avuto modo di incontrare il nostro Set-An, il nostro lato scuro inconscio. Abbiamo avuto modo e non senza difficoltà estreme, di portarlo a "galla" e raffrontarci con esso. Infine di cavalcarlo e solarizzarlo tramite il l'unione degli opposti... Tutto ciò si è sviluppato solo dopo che ci siamo resi conto che tutta la nostra giornata/vita doveva essere interpretata come un rituale. Dormire=piccola morte, Svegliarsi=piccola vita, Nutrirsi (ordinariamente, ma di buon cibo, perchè la magia è anche pura vita, nel senso più ludico); per poi nutrirsi di soluzioni sottili, indispensabili per il risveglio del superIo... Abbiamo imparato a dominare il quaternario saturnio, ed a viaggiare in VITRIOL anche fuori dai cerchi magici. Insomma, nonostante io personalmente dedichi ancora in continuazione parte del mio tempo a cerimonie magiche, ho imparato che il vero straordinario è soprattutto ciò che si sviluppa fuori dal cerchio di pietra. Perchè il mio pantheon è così immenso e scenicamente costruito, che non abbisogno più di grandiosi cerimoniali. Il silenzio maggiore, quello vero e la quiete magica sono ormai parte del mio tutto. E nonostante ciò, sono comunque pronto a mettermi in discussione sempre e comunque... Questa è la grande verità per la quale abbiamo abbandonato questo processo d'identificazione del nostro Sé; per appropiarci nuovamente di uno stile e di uno spunto di vita più congeniale ora alle nostre motivazioni interiore. Ripeto, credo nella divinizzazione di alcuni uomini, e credo che questo aspetto vada capito e che possa trovare riscontro con il vero io. In quanto alle droghe, penso siano un'ottimo catalizzatore di energie. Soprattutto un'ottimo veicolatore di substrati energetici demoniaci.
Le forze demoniache sono un'io infero atavicamente non dominabile. Che risvegliato, è ben più diretto che altri nostri io. Quindi ben più pericoloso e sottilmente mortale. Trovo infatti che il problema delle droghe sia proprio questo, una volta risvegliato uno di questi demoni è poi difficile possederlo senza farsi possedere. A demone posseduto, cosa insita in un'operazione altamente magica, si avrà allora un risveglio temporaneo ed immediato  sull'abisso del Sé. Si potrà re-interpretare il proprio inconscio, appunto cavalcandolo e solarizzandolo. Consigli ai più comunque l'uso sporadico delle droghe per la distruzione degli schemi precostituiti, in quanto ripeto, è molto improbabile dominare il demone che si andrà a risvegliare.

Alcuni artisti asseriscono di non comporre la loro musica, ma di "riceverla", quasi fossero essi stessi degli strumenti suonati da qualche forza misteriosa. Come funziona nei Tronus Abyss? Pensi che l'artista, in quanto dotato di una diversa sensibilità, sia più predisposto e aperto a questa sorta di comunicazione, sia cioè in grado di aprire le famose "porte della percezione"?
P
enso che la musica sia il grande trasmettitore divino. Il più potente mezzo esistente per il richiamo cosmico degli dei interni. La musica in generale, è qualche cosa di davvero potente, oltre la misura umana. Ci sono persone che si sono innamorate per mezzo/tramite una canzone. Una canzone qualsiasi. Hanno generato una famiglia e poi dei figli e per quanto troppo spesso dei subumani, all'epoca sono stati incantati e divinizzati dalla loro musica... Pensiamo ai concerti, nei quali si sviluppa un rito di massa che in poche altre manifestazione si può percepire così presente. La musica come mezzo per ascoltare il proprio io profondo ed armonizzarlo con gli altri io in superficie. Pura energia da catturare vampiricamente... In questi anni di sperimentazione sonora, ho potuto intuire che la ricerca di alcuni suoni sperimentali, può andare più decisamente a colpire, ed in maniera mirata, quasi chirurgica, alcuni centri profondi in noi, che altrimenti non sarebbero percepiti da semplici "canzonette". Per moltissimi anni, ho ascoltato black metal, (e lo ascolto ancora adesso), il quale mi ha dato molto da un punto di vista emozionale/primitivo. Posso paragonare il black metal come ad una specie di censore endopsichico, un guardiano della soglia; il quale non ti permette di entrare in quella regione del tuo io, in quanto il black metal è spesso pura cacofonia ad un primo superficiale ascolto. Suoni sincopati e mal registrati, voci devianti e malsane. Insomma, a primo acchito, il black metal è  davvero forte ed inascoltabile. Bisogna sapere dominare il suo aspetto di pura cacofonia e concentrare il proprio Io sulla potenza evocativa che il pezzo può trasmettere; in questo modo si avrà conquistato il passaggio oltre il guardiamo della soglia. Brevemente: penso che il BM sia una fase alchemica primordiale della nostra entità più oscura e molto emotiva. Il BM è una base di partenza per interpellare gli dei oscuri e profondi che giacciono in noi. E' una prima fase per cominciare a smuovere le croste sociali ed i dogmi morali  cristiani. Dopo, c'è un lavoro ancora più complicato da fare; ovvero, gli dei interni ora risvegliati, sono immersi nella galassia microcosmica solo la musica sperimentale può portarci a interagire con essi.
Tronus Abyss, prima di essere un gruppo musicale, è uno studio di sperimentazioni emotive sui musicisti. Pure sperimentazioni soggettive che oggettivizzate devono trovare riscontri anche nell'ascoltatore. Non ho mai composto un brano da un punto di vista classico. Non so cosa siano le note... In una specie di trance mistico alcolica, improvviso manipolazioni acide sull'aspetto più panico della mia concezione di non musica. I testi appaino allora come visioni e la musica va da se stessa ad assemblarsi. Mord e Baron Malphas compongono in una maniera che non mi è data sapere, abbiamo sempre composto in luoghi e situazioni differenti, ma come per simmetria di pensiero, quando ci ritroviamo per assemblare i pezzi, lo stile e le emozioni sono le stesse precise identiche. I miei suoni combaciano esattamente con le note degli altri due membri. L'entità Tronus Abyss è come una piovra che agita i propri tentacoli, ognuno dove vuole, ma restando parte della stessa bestia che li anima. Per ciò che riguarda l'aspetto psicotropo, non ho mai composto sotto acidi, mda, dob, lsd, 2cb, 2cd e quant'altro. Ho sempre assunto queste sostanze giorni prima della fase di lavoro musicale. In uno stato di lucidità perenne ed uno stato fisico superiore. Sono uno psiconauta, amo il sogno lucido e viaggiare dentro me stesso in maniera profonda. La musica è una droga, che io personalmente non associo ad altre, salvo un po' di alcool, mezzo panico potente per dissimulare lo stress quotidiano.

Al di là del titolo, "Kampf" è pieno di atmosfere e riferimenti, direi quasi subliminali, ad un cultura mittle-europea espressionista e decadente. In pratica ne rende appieno l'idea, come succede in presenza di una totale compenetrazione di sentimenti. Cosa vi affascina di quella cultura e di quel periodo storico e artistico che riuscite a ricreare così bene?
La nostra formazione "artistica" si è mossa quasi subito su certe atmosfere e certe sperimentazioni, che provengono per la maggiorparte proprio dalla "cultura" che individui tu, anche se più che di cultura preferirei parlare di pathos, di sentire vero e proprio. Difatti non ci siamo mossi lungo un cammino preordinato o esplicitamente ricercato, quanto seguendo una naturale predisposizione, un evidente sentire che ci è proprio. Forse è proprio per questo che ad ascoltatori attenti, come te, può tutto questo apparire addirittura "subliminale". Dire cosa ci affascini di ciò, per quanto appena detto, risulta difficile. O meglio, non è per nulla semplice fare un breve elenco. Potremmo parlarti di "attivazioni sensoriali"... Osservare il distendersi delle Alpi Marittime che scendono verso una pianura densa, viaggiare per la Germania meridionale sotto un cielo basso e gonfio, lasciarsi alle spalle il Lago di Como, bere un Barolo o un vino renano, camminare nella tristezza decadente e ossessiva di una Venezia notturna e improvvisamente vuota, o sotto i portici severi e bassi di qualche cittadina nel centro della Francia, dormire sui monti vicino a un castello cataro, mangiare sugli scogli... Sono cose, queste, che potrebbe fare chiunque: ma se le facciamo noi, con il nostro "bagaglio", le nostre malinconie, i nostri sogni mai spenti, i ricordi di tempi che non abbiamo vissuto e le colonne sonore di una gente diversa ed estinta... Beh, quello che ne viene fuori sono le atmosfere e le sensazioni che trovi nel disco. Ma non ci siamo inventati nulla: dalla Berlino bombardata alla Roma "aperta", passando per il freddo delle Alpi e scendendo nella calma delle pianure, quanta gente ha saputo farsi affascinare dal dolce gusto della distruzione e del pianto per quel che non c'è più...

Il passaggio dei Tronus Abyss dal black metal al personalissimo mix artistico di stili in "Kampf" è stato repentino, ma non inaspettato. Dalle vostre parole sembra si sia trattato di un percorso iniziatico, per raggiungere maggiore espressività e forza di penetrazione delle idee sulla scorta di una musica meno pesante fisicamente, ma più pesante concettualmente, e solo all'apparenza più semplice...
I
passaggi sono solo normali evoluzioni di una persona che vuole andare oltre le solite situazioni. Più si va avanti nel tempo più ci si deve scrollare di dosso le mute dei nostri stadi, le trasformazioni del nostro Io e la misurazione con il nostro Se. Non siamo mai stati personaggi statici. Nella vita come nella musica. Tutti noi, nella felicità e nel dolore, abbiamo cercato di trasformare ed arricchire le nostre vite con molteplici esperienze. Cercando così, di raggiungere quel traguardo, tutt'oggi ancora abbastanza lontano, che ci potrà, solo un domani, completare sia come uomini che come musicisti.
Ci siamo inabissati nel mare del profondo io per cercare il traguardo; consci della sua esistenza interiore e della sua potenza di proiettarsi al di fuori, uscendone ogni volta un pò più forti, un pò più fieri, ed un po' più sconvolti. Abbiamo affrontato il primo album, un'unica traccia, registrata come demo, mai fatto uscire, già nel 1994 e, trasformato poi nel 1997 in cd. Undici tracce di un discreto black metal e certamente consci, che quel disco non sarebbe stato qualche cosa di innovativo, ma solo qualche cosa di complementare. Volevamo farlo uscire a tutti i costi, quasi come fosse un tributo alla fiamma dell'inferno musicale. Dovevamo "affrontare" il nostro black metal, perché esso ci aveva completato la visione della musica estrema. Aveva destrutturato l'intero panorama underground. Inventando un nuovo modo di concepire la cacofonia musicale. Fatto un album, trovo statico e noioso farne un secondo simile. La musica è così varia ed influenzabile, che sarebbe stupido non osare carpirne le mille sfaccettature. Così, con "Rotten Dark", abbiamo osato, ed abbiamo inventato un nuovo modo di essere musicisti "Dal Profondo". Nessun depressive black metal, nessun cazzo di true evil, frostbitten ecc. Solo, musica estrema. Oscura e consapevole di una tradizione magica esoterica che stiamo portando avanti da ormai tre dischi. Sempre diversi ma complementari. Con "Kampf", ormai sold out, abbiamo toccato il discorso allucinazioni e tradizioni, narrando attraverso stati incoscienziali, la vita di due iniziati nell'eone di Horus e diretti verso un'inesorabile kaliyuga. Il nostro tempo così malato. Con il quarto imminente disco, troveremo un'altra cristallizzazione musicale. Questa volta ispiratissimi dal futurismo marinettiano e la beat generation.

Pensate che ciò che vi è successo musicalmente sia quasi lo specchio dei tempi? Ultimamente pare sia in corso una migrazione verso forme musicali più eteree e trance, tanto in ambito black quanto in altri settori metal e non. E' il bisogno di ritornare a dimensioni più intime e meno superficiali?
Ci sarà sempre un eterno ritorno alle radici, perchè ci si ritroverà costantemente a misuraci con un'Io che alla fine dei ruoli, non risulta nostro, ma costruito da situazioni ed eventi. Questo principio di evoluzione, involuzione, ci porta a ricercare una dimensione più reale, più genuina. Una dimensione che è stata accantonata dentro di noi e che comunque, prima o poi verrà fuori. Spesso vedo persone inventarsi personaggi e poi nel corso degli anni ritornare ciò che sono realmente. La loro vera natura psicologica, ora ha preso una posizione portante nel loro comportamento. Vedere la vera indole di una persona mi esalta. Buono o cattivo che sia. Tirate fuori il vostro vero Set, e lasciatevi cavalcare dalla zona d'ombra. Qualunque essa sia fatela prevalere. Non inventatevi parti. Sono solo dannose.

Ci incuriosisce il vostro rapporto con l'ascoltatore. I Tronus Abyss agiscono quasi da sonda psiconautica personale. Si tratta di un viaggio che preferite compiere in solitudine, oppure cercate vie espressive che sappiano coinvolgere anche il pubblico? Che tipo di percezione pensate che possa avere del vostro lavoro?
Le cose accadono, non abbiamo intenti, siamo scevri da aspettative e prospettive. Suoniamo e basta, la cosa accade in automatico. E’ come respirare, non ci si pensa eppure accade. Anche il mercoledì, giorno del vettore alchemico per eccellenza, ci si trova per suonare, spesso accade che non si suoni. Magari fumiamo la pipa, almeno io e Mord, il Monaco beve ed ascolta. Beve le straordinarie birre che Mord fa in casa. È un vero alchimista, non tramuta un cazzo di finto piombo in finto oro per la finta anima. Fa birra reale. Ottime birre reali. L’alchimia è tutta li, nel sapere dare alle cose la reale definizione per poi trascenderla senza ascoltare la mente, che mente in continuazione. La vita è un’esperienza viaggio straordinaria, qualunque sia l’esperienza. Per noi non c’è differenza tra chi nasce in un contesto di gente ricca o chi nasce in un accampamento rom. La vita ripeto è solo un sogno, un’illusione sorretta dalla coscienza. Un’esperienza del corpo mente. Qualunque esperienza venga fatta, rimane la radice dell’esperienza stessa ed a nostro avviso è qui che ci si deve radicare. Con gli anni abbiamo imparato a mettere da parte ogni obiettivo, abbiamo imparato a non ambire, ma soprattutto abbiamo imparato ad osservare. La musica di Tronus Abyss nasce dall’osservazione del mondo, dei suoi oggetti, dalla percezione naturale verso il tutto. Non ci interessa né essere solitari, né coinvolgere l’ascoltatore. Lasciamo che tutto sia esattamente com’è.

Sappiamo che vi sono stati importanti cambiamenti in seno alla line-up della band. Come pensate che influirà sulle sue dinamiche interne?
Malphas ha lasciato perché ora abita a Genova e sia io che Mord abbiamo bisogno di toccare le persone con cui suoniamo. Malphas è, e resterà per me una persona sempre speciale, con la quale ho condiviso momenti di reale magia nel rito della vita stessa. E’ accaduto che Malphas abbia deciso che Genova sarebbe stata la sua città ideale. A Genova c’è Janvs ed insieme hanno deciso che potevano gestire quel progetto. A Torino quaranta anni fa è accaduto che nascesse il Monaco, che da quindici anni è anche una delle persone più importanti della mia vita. Combinazione è accaduto che il Monaco suonasse le tastiere come piacciono a Tronus Abyss, che poi è molto relativo. Ma meno relativa è che il Monaco ha invece l’attitudine per Tronus Abyss che ti assicuro non è facile. Con l’avvento del Monaco le cose sono decollate nell’immediato. Ci siamo trovati bene da subito, le sue melodie si sono fuse automaticamente con i pezzi già scritti.

Il prossimo album è alle porte, e stavolta porterà il marchio della lanciatissima ATMF. Ma come suoneranno i Tronus Abyss del dopo-Kampf? Dove vi sta portando il viaggio psiconautico?
Il nuovo TA concettualmente è un viaggio attraverso la trascendenza, l’abbandono dei vecchi schemi, l’abbandono dall’illusione di essere solo un nome ed un cognome, l’abbandono nell’identificazione di essere qualche cosa di tangibile. La domanda centrale del disco è: “Chi sono io nello stato di sonno profondo?”. “Chi sono io prima di avere la percezione di una forma e di un nome?”. La risposta viene da se: “Io sono”, comunque e dovunque. Io sono senza forma e senza identità. Io sono il non–sono. Non sono mai nato, non potrò mai morire. Questo il telaio del concept del disco. Musicalmente: chitarre lente che hanno un modo di esprimersi unico e cosmico, scavano dentro macinando immagini futuriste e sensazioni astratte. Sono oltre la percezione di un disco già sentito. I synth, sono non-synth, sono lamenti verso i sordi idioti e canti nerissimi verso gli dei degli spazi siderali o meglio ancora, invocazioni dirette agli urlanti bambini dell’abisso vitriolico. Il cantato non è black metal è oltre il black metal. Voci che sussurrano di risvegli fatti da vuote processioni e roche ma profonde litanie che sprezzanti irridono intonando immagini, dipinte attraverso l’uso della retorica e della fiaba mai narrata. Ancora una volta, abbiamo azzardato, abbiamo sperimentato, ci siamo messi in discussione. Catalogateci, etichettateci, forse siamo una cosa, forse ne siamo un’altra: a voi la scelta. Noi sappiamo di essere il tutto e il nulla e sappiamo per certo che vi stiamo venendo a prendere con la nostra nave spaziale!

Essendo i Tronus Abyss perennemente protesi in avanti, come interpretate il materiale passato, "Kampf" incluso? E' eccessivo parlare di "ripensamento"? Oppure è cosa possibile, in questa ottica di costante cambiamento che vi porta a riformulare diversamente concetti già espressi in passato?
Direi che non c’è nessuna ottica in quanto non abbiamo mai lavorato con un’ottica precisa. Più semplicemente osserviamo quello che siamo e lasciamo che il lavoro del disco accada. Non ci sono mai interessate le ottiche.
Siamo sempre stati così. Io mi ricordo del mio personaggio di quand’era bambino e non mi sorprende il fatto che nei miei ricordi io mi percepisca esattamente la “miniatura” di cosa sono ora. Mi interessano da sempre certi argomenti. A circa dieci undici anni, al calar del sole andavo con la mia radio mangianastri e sistema autoreverse a visitare le case abbandonate. Nascondevo la radio in un posto sicuro e poi schiacciavo rec., tornavo a casa e durante il sonno ero tutto teso, immaginavo di registrate le voci dei morti, gli stridii di catene, le presenze di demoni. Erano i  miei primi esperimenti.
Abitavo a cinquecento metri dal castello della Rotta, uno dei castelli europei infestati per eccellenza. Ogni libro ne parla. Davanti a casa mia c’era solo campagna e casolari abbandonati. A nove anni già leggevo Poe e Lovecraft. A tredici anni ero il capo di una banda di teppisti, “Le aquile uncinate” e ti faccio immaginare quale ideologia avessimo. Mord e il Monaco quando mi parlano della loro infanzia non si discostano molto dalle mie esperienze. Insomma, non c’è un ottica nella quale vogliamo lavorare, perchè non dobbiamo costruire nulla, non ci dobbiamo inventare niente, è già tutto così com’è.

Potremmo considerare i Tronus Abyss come il paradigma filosofico di una ricerca interiore senza fine, matta e disperatissima? E cosa pensate che sia più importante, la curiosità nel cercare, o il trovare ciò che si cerca?
Sì, mi piace la tua definizione, matta e disperatissima. In realtà non cerchiamo nulla, sappiamo di essere già il Sé manifesto, ma in questa consapevolezza, lasciamo che i personaggi che tutti i giorni interpretiamo ed in essi ci identifichiamo (sempre meno), cerchino le loro chimere, trovino magari i loro tesori, si disperino per l’assurdo e gioiscano del nulla. La vita è un sogno, avere aspettative nel cercare per poi voler trovare, per noi è solo frustrante. E’ bello guardare la vita da questa prospettiva, che per noi è assoluta, in quanto, dalla nostra posizione possiamo davvero osservare chi compie le azioni e le ricerche. Questi corpi-mente, perennemente coinvolti nelle piccole e grandi cose della vita. E’ bellissimo osservare. Chi si attacca troppo alla forma identità che pensa di avere è destinato a soffrire e ad abbandonare ciò che ha pensato di ottenere. Noi cerchiamo di vivere una vita distaccata, con pochi interessi e nessun obiettivo. Tanto, le cose accadono in ogni caso e noi non ci possiamo fare nulla. Meglio lasciare che accadano piuttosto che rincorrere farfalle. Del resto osserva: hai una montagna davanti a te, devi arrivare in cima a tutti i costi, sai che quella è la meta, ma sai anche che una volta arrivato in cima, muori. E se muori durante il tragitto, non cambia nulla, muori e basta. La vita è assurda, la maggior parte della gente mette da parte e vive la propria esperienza quasi come fosse immortale. Noi preferiamo avere la consapevolezza delle vetta e del destino della vetta e vivere comunque una vita più diretta, reale e senza nessuno scopo. Vivere e basta.

 

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