OBSCURE METAL UNDERGROUND & VULTURE CULTURE
I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

GOD VIBRATIONS: IL POTERE MISTICO DEI SUONI


SET THE CONTROLS FOR THE HEART OF THE

Sulla scorta di un nome rubato ad una marca di amplificatori e dotato di inusuale simbolismo grafico, live show tematici immersi nei fumogeni, una cura certosina nel confezionare i propri dischi e un modo di fare ironico e divertito che non scalfisce il mood tenebroso della musica, i Sunn O))) sono riusciti a crearsi un'identità pressoché unica nell’odierno panorama del metal d’avanguardia. Sacerdoti del rumore, sembrano esistere nello stesso universo parallelo abitato dai Grandi Antichi di Lovecraft, evocati attraverso misteriosi rituali elettrici durante i quali indossano tuniche druidiche.
Inizialmente un tributo ai seminali Earth, il drone doom di Stephen O’Malley e Greg Anderson si è evoluto oltre le intenzioni, arricchendosi nel tempo grazie al contributo di artisti parecchio diversi tra loro (dal folletto inglese Julian Cope all'icona black metal Attila Csihar, passando per il rumorista Merzbow) che la band ha contribuito ad avvicinare. Proprio questo suo travolgere gli angusti confini tra generi musicali stipulando nuove alleanze gli ha permesso di presentarsi al pubblico con abiti sempre nuovi, passando dallo stadio di nigredo assoluto di “Flight Of The Behemoth” alle atmosfere smaccatamente ambient di “White1” e “White2”.
Sul recente “Black One”, eletto album dell’anno 2005 da buona parte della stampa specializzata, Anderson e O'Malley hanno coinvolto addirittura il gotha del black metal made in USA, vale a dire Xasthur e Leviathan. Li accomuna una certa affinità di intenti per il modo di re-inventare i canoni metal attraverso una seria sperimentazione sonora, in una sorta di inversione blasfema di quel concetto di psichedelia (nel suo significato letterale di epifania dell’anima) che oggi punta a svelare tremendi e imperscrutabili abissi interiori. Rumore come chiave per aprire le porte dell'Io, dunque. A confermarlo è Stephen O'Malley, che oltre ad essere l’anima black dei Sunn O))) è anche un ottimo grafico. Ed è proprio da lì che iniziamo...

Stephen, per gli artwork che produci sei solito usare incisioni e illustrazioni vecchie di secoli, oppure forme geometriche complesse e futuristiche. Considerato che le prime sono soprattutto utilizzate per dischi dai suoni rock classici (come quelli dei Goatsnake, ad esempio) e le seconde per la musica avanguardista di Khanate o Boris, ci interrogavamo su questa dicotomia…
In realtà non la vedo come una dicotomia, infatti non mi piace tenere separati questi due aspetti. Anzi, quando possibile cerco di mischiarli, di creare un contrasto tra espressioni artistiche di varie epoche. Mi piacciono molto le vecchie incisioni, soprattutto quelle di Gustave Doré realizzate per la Divina Commedia o per soggetti biblici. Sono attratto dalla cupezza e drammaticità dei toni, ma anche dalla loro eleganza, e ne ho usato a volontà per i dischi black metal su cui ho lavorato (tra di essi, quelli degli Emperor - nda). Ma mi interessano anche espressioni artistiche più astratte, come la musica che mi piace suonare e ascoltare. Infatti i miei lavori preferiti restano quelli che ho realizzato per i Boris, ad esempio per “Dronevil” o “Sun Baked Snow Cave”, perché loro mi concedono sempre completa libertà creativa.

Hai menzionato i tuoi lavori grafici per i gruppi black metal: cosa ricordi dei primi anni ’90 e dell’ondata black norvegese e svedese? E quali sono le copertine black a cui ti senti più legato?
Si è trattato di un periodo assolutamente eccitante e irripetibile. Il black metal è stato una delle tappe più importanti nella mia formazione musicale, e all’epoca ero anche impegnato a scrivere e stampare una fanzine. Mi piaceva il primitivismo di quelle registrazioni e la povertà tecnico-strumentale che le caratterizzava, ma che risultava altamente espressiva. Stesso discorso per le copertine: le mie preferite restano quelle dei primissimi dischi, ad esempio quelle di Darkthrone, Burzum, "Live In Leipzig" dei Mayhem...

Quelle in bianco e nero, insomma…
Non necessariamente; mi piacevano anche quelle a colori, magari con pochi cromatismi. Prima di diventare un caratteristica estetica tipica delle uscite black, la scelta del bianco e nero scaturiva da ragioni di ordine pratico, prima tra tutte dal fatto che fosse più facile realizzarle e meno costoso stamparle.

Credo che l’elemento black, venuto fuori prepotentemente nell’ultimo album, sia stato presente nella vostra musica sin dall’inizio. E non solo per il fatto che per descriverla avete spesso usato l’espressione “blackfeedback”…
Sì, è così. Almeno per quel che mi riguarda, la passione per il black metal non se n’è mai andata, si è solo sopita per qualche tempo, e oggi sta tornando a galla nonostante il fatto che io abbia superato i trent’anni e che dunque non abbia lo stesso entusiasmo giovanile che avevo nei primi anni ‘90. Ma ci sono molti ottimi gruppi, oggi. Penso a quelli che incidono per la francese Norma Evangelium Diaboli, per esempio: Deathspell Omega, Katharsis, Funeral Mist, Ondskapt. Mi piace quel tipo di suono black caotico, d'assalto. D’altronde una forte componente black è rintracciabile in un po’ tutte le band in cui sono stato coinvolto (soprattutto quelle della prima ora, come Thorr’s Hammer e Burning Witch – nda). Conosci gli Abruptum?

Sì. Ritieni che vi sia un’affinità tra il loro black noise e la musica dei Sunn O)))?
Concettualmente parlando, senza dubbio. Mi sento attratto da quel tipo di sonorità, dal caos oscuro e informe dei primi dischi soprattutto. È questo che mi piace suonare coi Sunn O))): una musica avvolgente e dal carattere dark, che all'ascoltatore concede pochi appigli.

Anche la scelta di ritornare a usare nickname come nelle prime release dei Sunn O))) è da considerarsi un vezzo black? Era da tempo che tu e Greg Anderson non vi facevate chiamare coi nomi di battaglia di MK Ultra Blizzard e Mistik Fogg Invokator…
Non parlerei di un vezzo o di una moda, come credo non lo fosse neppure per i gruppi black metal. L’idea dietro all’uso di nickname nasce dall'esigenza di sottolineare l’importanza della musica, invece che quella del musicista. È più o meno la stesso concetto che esprimiamo durante i nostri concerti, suonando con indosso tuniche e cappucci, totalmente avvolti dai fumogeni. La gente deve perdere la cognizione del reale, di ciò che sta accadendo sul palco, tanto da non potere distinguere tra me e Greg. Non importa chi stia suonando o quale strumento stia suonando; quel che importa è la musica nella sua essenza, una musica che non deve avere volti riconoscibili o identificabili, ma che deve essere puro suono.

Potremmo dire che per voi e per il vostro pubblico si tratta di un’esperienza mistica?
Certamente. Più che dei live show, i nostri sono dei rituali collettivi. La musica è un veicolo, il potere che scaturisce dal suono, da un unico enorme suono, è immensamente evocativo. I Sunn O))) materializzano dei paesaggi sonori, inducendo alla trance e all’introspezione. Anche se può sembrare pretenzioso, direi che c’è una forte componente religiosa in tutto ciò, e che le nostre assomigliano a delle liturgie elettriche. È il nostro modo di rapportarci al divino, ad energie che esistono oltre la normale sfera percettiva sensoriale.

Un modo per evadere dalla realtà? Sembra sia la prerogativa di quasi tutto il post metal attuale che si serve di suoni espansi: Neurosis, Isis, Pelican, Jesu, Nadja, Boris…
Questa è una domanda estremamente personale, quindi posso rispondere solo per me stesso: non credo proprio che la nostra possa essere definita come una fuga dalla realtà. E poi non si può evadere da una realtà senza entrare in un’altra. Semmai, noi creiamo una super-realtà, un nostro piano d’esistenza. L’approccio dei Sunn O))) è quello di una sperimentazione continua, soprattutto durante i concerti. Resto sempre affascinato da quello che succede durante i nostri live: la manipolazione dei suoni e dei volumi, l’uso di determinate frequenze e note, la giustapposizione di armonie, riverberi, distorsioni e tonalità particolari sono in grado di operare una traslazione, di manifestare energie nascoste che attraversano l'etere, di modificare la realtà circostante, di sollecitarla, di piegare e deformare lo spazio e il tempo. D'altronde lo fanno già gli amplificatori al massimo della potenza quando letteralmente spingono in avanti l'aria. I nostri concerti sono quasi degli esperimenti di Fisica...

In questo senso crediamo che la vostra possa essere definita come musica psichedelica, non credi? Nella sua accezione etimologica, il termine “psichedelia” vuol dire “svelare l’anima, mostrare la coscienza”...
Assolutamente vero, la musica dei Sunn O))) è prima di tutto psichedelica! L’errore di molti è quello di pensare alla psichedelia come ad un genere musicale codificato, ad uno stile con proprie regole, quando in realtà si tratta di uno stato mentale, di un’alterazione delle percezioni del reale. Qualsiasi musica visionaria può ben definirsi psichedelica, a maggior ragione quella dei Sunn O))).

Pensi sia corretto parlare di “black psichedelia”, nel senso di un’inversione apocalittica di quella sognante dei ’60 e dei ’70, diventata oggi più cupa e violenta? Questo spiegherebbe la collaborazione con Xasthur e Leviathan, che in seno al black metal stanno operando in modo simile al vostro…
Proprio così. Per me Xasthur suona una musica tra le più psichedeliche in circolazione, e non c’è dubbio che questa sia la ragione per la quale sono rimasto tanto attratto dai suoi dischi. È riuscito a creare un suono unico, così evocativo da mettere l’ascoltatore in comunicazione con un’altra realtà. Ha un modo particolare di creare le armonie stratificandole e cavando incredibili suoni ipnotici dalla sua chitarra. Ero presente quando ha registrato le parti di chitarra per alcuni brani di “Black One”, e mi sono reso conto che il suo modo di suonare è molto simile al mio.

È stato difficile convincerlo ad esibirsi dal vivo insieme a voi, com’è accaduto di recente?
Sai, non è mai facile convincere un musicista a partecipare ad un progetto che non gli appartiene, ma Malefic è una persona dalla mentalità aperta, molto versatile e disponibile. Sono rimasto impressionato dal suo contributo vocale ai nostri concerti, soprattutto per via dell’incredibile capacità di improvvisare su una musica in continuo divenire come la nostra, adattandosi e seguendola con naturalezza. Quando ho sentito le linee di keyboards composte per ‘Cry for the Weeper’ sono rimasto stupefatto, è riuscito a dargli un’impronta melodica che non mi aspettavo. Anche il contributo di Leviathan è stato fondamentale: è un artista completo sotto tutti i punti di vista, con un background musicale molto vasto. Come nel caso di Xasthur, è un artista che usa il black metal come strumento espressivo, senza rimanerne prigioniero. Non gode della giusta popolarità in quegli ambienti perché non si attiene ai canoni stilistici del genere e per certi ascoltatori dalla mentalità gretta diventa impossibile entrare in sintonia con la sua musica. Anche lui ha un approccio psichedelico alla materia, addirittura in alcuni frangenti il suo black metal non è poi così diverso dal rock shoegazer dei My Bloody Valentine, ad esempio.

C’è un altro artista black contemporaneo che apprezzi molto. Si tratta di Sin Nanna, alias Striborg, one-man band australiana con un modo “ambient” di pensare il metallo nero…
Striborg non compone con mentalità ambient, ma con mentalità del tutto ‘free’! Anche il suo è black metal psichedelico. Me lo ha fatto conoscere il chitarrista Oren Ambarchi, australiano anche lui e autore di ‘Sin Nanna’, il brano che apre “Black One”. Immagino che oltre ad essere ispirata alla divinità mesopotamica sia anche un omaggio a questo artista. Mi piacerebbe collaborare con Striborg, ma al momento non siamo in contatto.

Raccontaci dell’esperienza nel registrare le vocals di Xasthur per il brano “Bàthory Erzsébet”. A quanto pare ha cantato chiuso in una bara di legno…
Sarò sincero: al momento sono pentito di avere avuto quest’idea, perché nella maggior parte delle interviste la gente mi chiede principalmente di quella fottuta bara! L’idea era di catturare uno stato d’animo ben preciso, di trasmettere all’ascoltatore lo stesso senso di claustrofobia provato da Xasthur. La posizione assunta e le difficoltà di respirazione hanno inciso sulle sue vocals, che suonano infatti più soffocate. Alla fine è uscito fuori dalla bara fisicamente molto provato.

E cosa ci dici della cover degli Immortal, “Cursed Realms (Of The Winterdemons)”? Proporrete altre cover black in futuro?
Beh, le nostre non sono mai delle vere e proprie cover, e questo vale anche per “Cursed Realms”, che è un pezzo totalmente nostro a cui abbiamo dato lo stesso titolo del brano degli Immortal. È un omaggio alla band norvegese, abbiamo cercato di replicare il senso di gelo nordico e quel suono tempestoso tipico del black metal. Con Greg si era parlato di una possibile cover dei Beherit, ma ancora l’idea non si è concretizzata. Come sempre adotteremo un approccio molto libero, sarà un espediente per catturare un certo mood e farlo nostro, più che una cover in senso classico.

Dopo sei album e numerose sperimentazioni a fianco degli ospiti più svariati, credi che per la musica dei Sunn O))) si possa ancora parlare di doom? Avrai notato come molti giornalisti glissano sul termine, preferendo oggi parlare di musica drone...
Personalmente trovo ridicolo che si parli di drone music come se si trattasse di un genere. Il concetto di drone è legato all’estensione temporale di un riff o di una nota, è un tempo ritmico più o meno dilatato applicato alle note. Parlare di drone music è stupido come sarebbe stupido parlare di "tempo music". Invece non c’è dubbio che i Sunn O))) restino concettualmente un gruppo doom, sia per me che per Greg.

Non siamo i soli ad avere notato anche una certa affinità col free jazz di Ornette Coleman, col tardo John Coltrane di “A Love Supreme” o “Ascension”, e il Miles Davis da “Kind Of Blue” in poi. Avete mai pensato a realizzare una cover jazz?
No, per il semplice fatto che è come se suonassimo continuamente un tributo al jazz! Quei dischi sono capolavori immortali, sarebbe impossibile suonare la nostra musica senza conoscerli. In particolare ho una passione viscerale per Miles Davis e per le sue sperimentazioni modali. Credo che vi sia una forza incredibile dentro la sua musica, una potenza che lui è riuscito a controllare e che non è data dal volume, ma dalla densità delle note. Vera musica heavy...

Dopo l’esperimento sulla ristampa di “The GrimmRobe demos”, anche per il booklet di “Black One” siete ricorsi ad un testo visionario di Seldon Hunt per raccontare la vostra musica. Sembra che vogliate riportare in auge la pratica di accludere delle note di presentazione al disco, come si usava 40 o 50 anni fa…
Esatto. Ormai non si usa più, ma trovo che fosse una bella cosa quella di avere delle note di accompagnamento al disco. I testi di Seldon Hunt assolvono alla medesima funzione, ma da una prospettiva diversa, dato che vogliono trasmettere una visione oscuramente poetica da associare alla nostra musica, una traccia da seguire nell’ascolto. Hunt è un artista multimediale: è un giornalista, realizza lavori di grafica (ha collaborato anche con Neurosis, Isis Troum - nda) e persino documentari, l'ultimo dei quali per gli Isis. Lo porteremo con noi durante il tour europeo proprio per filmare alcune riprese dei concerti e dei luoghi che visiteremo. Pensiamo appunto di trarne un documentario.

A proposito, sicuramente ti sarà stato chiesto se vi piacerebbe realizzare la colonna sonora per un film. Ma non sarebbe meglio il contrario, ossia realizzare un film per la musica dei Sunn O)))?
Beh, è un’idea che coltivo da lungo tempo, al momento sto proprio cercando le persone giuste con cui realizzarlo. Negli anni la nostra musica ha assunto una grande qualità cinematografica, sempre più evidente di album in album, ma credo che con “Black One” abbiamo raggiunto un punto cruciale. D’ora in avanti mi sarà difficile immaginare la musica dei Sunn O))) senza l’accompagnamento di immagini. Senza dubbio si tratta di un’evoluzione naturale, il completamento di un’idea, qualcosa a cui col passare del tempo tendiamo spontaneamente sempre di più. Già in “White2” l’impronta cinematografica era ben presente, ma guardo a quel disco come a tre piccoli film, uno per ciascuno dei brani che contiene. ‘Black One’, invece, per la sua omogeneità lo immagino come un unico, lungo film.

LIVE

SUNN 0))) + EARTH
24/02/2006 JAIL, LEGNANO (MI)

Per la loro prima volta in Italia, i Sunn 0))) si presentano in compagnia degli Earth e con line-up ampliata: insieme a Greg Anderson e Steve O’Malley ci sono infatti l’ex-Melvins Mark Deutrom al basso e soprattutto Malefic, genio del black metal americano attivo sotto le insegne di Xasthur. Il Jail non è esattamente un locale metal. Specchi alle pareti, sedili zebrati e sculture dorate lo fanno sembrare un ritrovo per nostalgici degli anni ’80. Entro e sono subito proiettato in un road movie di Wim Wenders: gli Earth stanno già suonando. Il loro è l’elogio della lentezza; insistono sullo stesso accordo, che sviluppano in tante direzioni e decorano con un trombone, spesso sovrapposto alla chitarra country-drone di Dylan Carlson. Intorno c'è gente seduta, con la birra in mano e gli occhi chiusi, a godersi l'esperienza. Quando è il turno dei Sunn 0))), però, il pubblico si stringe intorno al palco. Sulle note di “Sin Nanna”, quattro figure incappucciate e immerse nei fumogeni si manifestano come ectoplasmi. Sollecitati da frequenze che più basse non si può, su un tavolo vicino alcuni bicchieri ballano e sbattono l'uno contro l'altro come fossero in preda ad epilessia. Tanta gente infila tappi di carta nelle orecchie o si allontana di corsa, ma il muro di suono dei Sunn 0))) non è così impenetrabile, almeno in questa occasione. O'Malley sta nelle retrovie, mentre Mark Deutrom, in stato di trance, porta la mano al petto assumendo un'espressione ieratica. Greg Anderson invece è il più scatenato: finisce per terra, fa dondolare un microfono contro le casse, alza le braccia al cielo e da novello Hendrix si produce in una sorta di adorazione verso la chitarra. In parte è scena, in parte è sincera estasi. I Sunn 0))) suonano senza pause, molto abili nel cambiare registro al momento opportuno, passando dal drone-doom al noise free-form. Xasthur si unisce a loro in un secondo tempo: formidabile presenza scenica e screaming che sembra evocare i defunti. Se ne va sbattendo per terra il microfono, e tutto è pronto per il rituale finale. I Sunn 0))) poggiano gli strumenti sugli amplificatori, scatenando una tempesta elettrica di immani proporzioni di fronte alla quale si resta ipnotizzati. Poi spengono di colpo le apparecchiature, creando un effetto di vuoto pazzesco, un silenzio assordante che riporta alla realtà. I sacerdoti del rumore, ormai senza cappucci e a mani giunte, salutano il pubblico estasiato con un inchino e si eclissano dietro un’ultima cortina di fumo.

DISCOGRAFIA MAGGIORE

THE GRIMMROBE DEMOS
(Hydrahead, 1999/Southern Lord, 2005)
Pubblicato nel ’99 dalla HydraHead in sole 500 copie (in formato slipcase racchiuso in una bustina di plastica nera), viene ristampato da Southern Lord Recordings nel 2005 con l’aggiunta di una bonus-track e di un testo visionario firmato dall’artista multimediale Seldon Hunt. Nei tre brani originali i Sunn O))) realizzano il sogno di emulare i propri idoli, gli Earth. Non ancora perfettamente sviluppato, il loro drone-doom è già prodigo di buone vibrazioni e piace per il suo estremismo sonoro, per il suo essere totalmente ripiegato su stesso.

00 VOID
(Hydrahead/Rise Above, 2000)
In Europa è pubblicato col marchio della Rise Above di Lee Dorrian, che di lì a poco si sarebbe unito ad O’Malley e Anderson nel progetto Teeth Of Lions Rule The Divine. L'album contiene tre brani scritti in solitudine da ciascuno dei membri (è ancora della partita il bassista Stuart G. Dahlquist, ex-Burning Witch), più un medley di riff dei Melvins completamente trasfigurati.
Produce l'ex-Kyuss Scott Reeder, anche guest-musician insieme a Pete Stahl (Goatsnake, earthlings?, Desert Sessions) e ad altri musicisti.

3: FLIGHT OF THE BEHEMOTH
(Southern Lord, 2002)
Il terzo disco dei Sunn O))) è quello della maturità, il primo, vero capolavoro. Senza più Dahlquist in formazione, il duo O’Malley/Anderson torna a scrivere insieme, curando maggiormente i suoni e realizzando un album molto più strutturato, vario e ricco di sfumature. Fondamentale, nell'evoluzione dell'aspetto ritualistico della musica, è la collaborazione col giapponese Masami Akita, alias Merzbow, che in "O))) Bow 1" e "2" aggiunge il suo espressivo tocco rumorista allo stile della band.

WHITE1
(Southern Lord, 2003)
E’ l’album che inaugura un periodo di intense sperimentazioni che conducono la band a scaricare il proprio suono, rendendolo più algido ed essenziale, persino più elegante. La collaborazione con Julian Cope (Teardrop Explodes, Brain Donor) e con Rex Ritter (Jessamine) può dirsi riuscita, soprattutto nell’apocalittica “My Wall”, un’ode ambient drone di 25 minuti che per bellezza e intensità oscura tutto il resto. Interessante l’inedito pulsare ritmico impresso a “The Gates Of Ballard”.

WHITE2
(Southern Lord, 2004)
Meno brillante del suo predecessore, il disco suona come una summa delle fasi attraversate dalla band. “Hell-O)))-ween” rappresenta il sound impenetrabile e doomy degli esordi; “bassAliens” riprende le trame ambientali di "White1", mentre il conclusivo tour de force di “Decay2 (Nihils’ Maw)” vede la partecipazione vocale di Attila “Mayhem” Csihar e chiude il cerchio iniziato con la “My Wall” di Julian Cope. Un banco di prova per raffinare uno stile che con "Black One" tornerà ad essere cupo e nichilista.

BLACK ONE
(Southern Lord, 2005)
I Sunn O))) mettono un piede nel passato e uno nel futuro, ed è di nuovo capolavoro. Concepito per essere un tributo al black metal, "Black One" recupera i climi asfittici degli esordi, ma contemporaneamente apre alla band nuovi orizzonti sonori, complice l'uso di melodie più accentuate, di una maggiore presenza di parti vocali e di un minutaggio dei brani complessivamente più contenuto. Prezioso il contributo di Malefic/Xasthur e Wrest/Leviathan, vale a dire l'avanguardia black metal americana.

ALTAR (SUNN O))) and BORIS)
(Southern Lord, 2006)
L'ultimo parto della band nasce dalla collaborazione coi Boris, una band attratta tanto dal noise-drone, quanto dalle forme classiche dell'heavy psichedelia. Il risultato non riesce però a mediare tra la cifra stilistica oscura e minimale dei Sunn 0))) e quella degli amici giapponesi, dando vita ad un disco bello solo a tratti. Della partita sono anche, oltre al solito Joe Preston (Earth, Thrones, Melvins, High On Fire), anche il redivivo Kim Thayil (Soundgarden). Dylan Carlson degli Earth, invece, partecipa ai 28 minuti della bonus track "Her Lips Were Wet With Venom".

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