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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

 

PAUL ROLAND
TENEBROSE PRESENZE
di Voidhanger

Paul Roland è tornato, ed è qui per restare. La notizia ancora più bella è che la sua vena artistica non si è affatto esaurita. Dopo avere attraverso gli anni ’80 pubblicando alcuni magnifici album di prog-psych folk barocco e calato nelle atmosfere plumbee della migliore letteratura gotica, il Nostro ha appena pubblicato per i tipi della Black Widow un concept-album dedicato a Lovecraft: suona più rock che in passato, ma non trascura la grande cura per i dettagli e le sfumature melodiche per cui Roland è diventato famoso.

Il tuo precedente album, “Pavane”, è uscito nel 2004, dopo anni dall’ultimo “Gargoyles”. Per “Re-Animator” sono bastati tre anni d’attesa. Significa che Paul Roland è qui per restare?
Sì, Paul Roland è definitivamente tornato, ma è bene chiarire che ‘Re-Animator’ è stato registrato appena un anno dopo ‘Pavane’, e che io stesso ne posticipai l’uscita di 6 mesi per registrare 3 nuovi brani. Poi la label l’ha tenuto nel cassetto per quasi 2 anni! Per me è stato molto frustrante, ma non mi sono lasciato abbattere. Ho continuato a comporre e per l’estate 2006 avevo già pronto un nuovo disco che conto di pubblicare entro la fine dell’anno. Mi piace essere sotto pressione, così non rischio di impigrirmi!

“Re-Animator” è stato presentato come un concept album dedicato alle creazioni di Lovecraft, ma è stato bello trovare riferimenti anche a personaggi di Edgar Allan Poe. Li immagini forse co-esistenti in una stessa dimensione? E hai mai fantasticato di realizzare una storia in grado di amalgamare in un universo coerente i personaggi di questi due maestri?
Si tratta di due mondi fantastici molto differenti, leggendone ne ricavo piaceri diversi. Le loro scelte di linguaggio sono agli antipodi: quello di Poe è un orrore mentale, un senso di minaccia strisciante unito alla paura di impazzire, mentre gli abomini senza nome di Lovecraft assomigliano più a luridi personaggi di fumetti che immagino disegnati da un grande artista come Bernie Wrightson (il creatore grafico di Swamp Thing – nda). Se trovare il tempo per scrivere un racconto, certamente mi piacerebbe combinare quegli stili per creare un’Inghilterra popolata da occultisti e demoni, magari aggiungendo anche un tocco di Michael Moorcock (creatore della saga di Elric e scrittore fantasy che tanto ha influenzato gli Hawkwind - nda). Mi immagino un detective gentiluomo dotato di poteri psichici in lotta contro un culto simile a quello di Cthullu, o chiamato ad investigare su una società segreta di assassini. Sarebbe bello scrivere un album su qualcosa del genere, come su molti altri temi che mi affollano la mente, ma so che posso pubblicare solo un disco ogni 2 anni, perché non c’è grande interesse intorno alla mia musica. Sono in cerca di pubblico! Non scrivo per mio piacere personale, come fanno molti artisti; scrivo per dare piacere agli altri, e per trasformare in realtà i loro sogni ad occhi aperti e i loro incubi.

Qual è seconda te la più grande eredità lasciataci da Lovecraft e Poe? E chi ne ha preso il posto oggi?
Penso che il loro contributo più importante alla letteratura fantasy consista nell’avere introdotto il concetto che ciò che non si vede è più spaventoso di una qualsiasi creatura mostruosa descritta nei minimi particolari. Non credo che al giorno d’oggi vi sia qualcuno in grado di eguagliare Lovecraft e Poe. Per trovare quei loro mondi bisogna rivolgersi al mondo del fumetto. Nessun film horror è riuscito a catturarne le atmosfere fuori dal mondo e il senso di inquietudine, anche se la serie di adattamenti di Poe ad opera di Roger Corman sono molto belli, soprattutto per via della presenza di un attore come Vincent Price.

Raccontaci della collaborazione con Jim Leverton e Geoffrey Richardson dei Caravan…
Li ho conosciuti attraverso la mia vecchia band. Dopo ‘Pavane’ volevo realizzare un disco rock, ma venni a sapere che il mio bassista aveva smesso con la musica, perciò chiesi al chitarrista e al batterista se conoscevano qualcuno in gamba, e loro racconadaromo Jim, che ha suonato con Steve Marriot, Steve Hillage e Jimi Hendrix, tra i tanti nomi leggendari. Jim ha portato alla band suoni più duri e un senso del ritmo più intenso. Appreso che avevo bisogno di un musicista capace di suonare più strumenti, tra cui violino, violoncello e flauto, fu lui a propormi di lavorare con Geoffrey. Tutto ha funzionato a perfezionato, tanto che considero il nuovo album come il più potente e completo che abbia mai realizzato. Non ne cambierei una nota.

Musicalmente, “Re-Animator” è un disco meno orchestrato che in passato, più diretto ed essenziale…
Volevo prendermi un break dall’esperienze passate, ricominciare daccapo, perciò ho scelto di non lavorare col mio vecchio arrangiatore. Invece ho scovato un tastierista che possedeva un mellotron e altri autentici suoni a cavallo tra i tardi ‘60 e i primi ’70 che avrei sempre voluto produrre, senza averne mai avuto l’occasione. Inoltre, ho preso la decisione di registrare in studio dal vivo e senza la minima sovraincisione, per preservare il carattere spontaneo della musica.

Tra i miei brani preferiti c’è sicuramente “Arkham”, una ballata country folk di frontiera e dalle tinte psych, che in meno di 3 minuti racconta una meravigliosa storia oscura…
Si tratta di uno degli ultimi brani che ho registrato quando l’album era quasi pronto. Improvvisamente mi resi conto che mancava un pezzo acustico, perciò misi mano ad un brano che avevo accantonato per il disco successivo. Ricordo di avere scritto i testi in un’ora e mezza, seduto nel giardino di casa, e di essere stato contento del modo naturale in cui sono venuti fuori, rinforzando il concept lovecraftiano. Non è direttamente ispirato da un suo racconto, ma ha quel tipo di atmosfera. Ho voluto arrangiarla in modo essenziale per creare contrasto con le tracce più rock, e per adattarla alla semplicità dei testi. Non sempre si ha bisogno di complessità per risultare efficaci.

Di quali altri brani di “Re-Animator” ti senti particolarmente orgoglioso?
Solitamente non sto a crogiolarmi pensando ai miei dischi, ma stavolta devo ammettere di essere particolarmente orgoglioso del disco, riesco ad ascoltarlo come se fosse stato realizzato da qualcun altro. Mi piace la title-track, l’umorismo di sottile di ‘Chain Gang’, il passaggio dalla psichedelica acustica al rock in ‘Assassins’ e la grandeur della conclusiva ‘Cthullu’. Ma provo grande piacere anche in alcuni piccoli dettagli, come il violino in ‘Taliesin’ o il flauto in ‘Pan’, e alcune liriche mostrano una nuova maturità. Sento che con ‘Pavane’ e ‘Re-Animator’ ho ricominciato da capo. Sto ignorando completamente il mio passato, che reputo a tratti interessate, ma che era pur sempre il lavoro di un ventenne che voleva diventare famoso. Adesso sono un artista maturo e adulto che ha finalmente trovato la sua voce e il suo stile.

Sei stato paragonato a Julian Cope, Syd Barret e Robyn Hitchcock, anche se la tua influenza più grossa è probabilmente Marc Bolan, un artista al giorno d’oggi tristemente dimenticato…
Non sono d’accordo che sia dimenticato. Ha un seguito di culto di tutto rispetto, ed oggi è considerato come un artista influente, cosa che all’epoca non gli fu riconosciuta. Credo che molti lo vedessero come un idolo per teenager, ma adesso viene visto come una figura unica e un’icona di stile. Il fatto è che tutto accadeva troppo velocemente attorno a lui, e che lui stesso non si fosse reso conto delle sue doti particolari. Se avesse avuto più tempo per sedersi e pensare alla musica prima di pubblicare, forse avrebbe fatto qualche scelta migliore. La maggior parte dei suoi lavori più belli all’epoca non furono pubblicati. Basta ascoltare le versione estese e le alternate takes contenute nelle ristampe per capire che meno cocaina e brandy gli avrebbero permesso di fare album migliori.

A certi tuoi dischi si potrebbe quasi riconoscere una qualche valenza letteraria, per via dello spirito romantico che li caratterizza, sia musicalmente che dal punto di vista lirico. Preferisci essere considerato un musicista rock, oppure un autore?
Non mi sono mai considerato un musicista, non ho mai imparato a suonare uno strumento e non so leggere la musica. Il mio è un talento intuitivo, ma questo è anche un limite, e mi tocca di cercare altra gente con cui lavorare. Alcuni artisti non ammettono di avere bisogno dell’aiuto di qualcun altro, ma a me piace condividere idee con altra gente e usare le loro abilità strumentali per realizzare il miglior disco possibile. Guardo a me stesso come ad un songwriter e produttore, mentre l’autore viene fuori solo al momento di concentrarsi sui testi. Fare musica è per me una lavoro d’amore, perché scrivo canzoni che parlano di me, del mio mondo e del mio modo di essere. Ma capisco che non tutti possono essere interessati ad un mondo fantastico, e che alcuni preferiscano la realtà…

Sbaglio, o in un certo senso ti senti fuori luogo e fuori dal tempo? Si tratta di una bella sensazione?
È una sensazione dolce e amara al contempo. Ma non ha senso vivere nel passato. Lo faccio solo attraverso le canzoni, che sono la mia via di fuga dalla dura realtà e dalla crudeltà di questo mondo.

 

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