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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

 


PREGHIERE COSMICHE
di Voidhanger

 

In principio erano gli Sleep, la più grande stoner-doom band dello scorso decennio, autrice di capolavori imprescindibili come “Holy Mountain” e “Dopesmoker”. Poi la diaspora: il chitarrista Matt Pike sarebbe finito nei prodigiosi High On Fire, Chris Hakius avrebbe militato per qualche tempo nei The Sabians di Justin Marler (anch’egli nella primissima line-up degli Sleep), mentre di Al Cisneros si sarebbero perse completamente le tracce. Dapprima sembrava che avesse rinunciato per sempre alla musica; poi la notizia del ritorno negli OM, duo psych-doom per soli basso e batteria di cui Hakius è l’altra metà. Una sfida non da poco per musicisti passati alla storia proprio per la debordante elettricità sabbathiana sprigionata dalle loro chitarre. Dopo due full-length e svariati 7” di rodaggio, il nuovo “Pilgrimage” fuga ogni dubbio circa la riuscita dell’operazione. Se in passato i brani risultavano troppo poveri di arrangiamenti e melodie per tenere alta l’attenzione fino in fondo, oggi sono più concisi, coesi e articolati, basati su riff tonitruanti e azzecati volteggi ritmici a cui le magistrali registrazioni di Steve Albini conferiscono grande carattere. Gli OM perseguono l’estasi dello spirito attraverso la pesantezza del doom e meditazioni psichedeliche pinkfloydiane. Al Cisneros ci racconta tale unione mistica con la maturità distaccata di chi ha trovato il proprio centro di gravità permanente.

“Pilgrimage” è il vostro terzo album, quello che solitamente consacra una band. Si è trattato di un disco difficile da realizzare?
Nient'affatto. Tutti i nostri album nascono allo stesso modo, seguendo il medesimo processo. Non ci facciamo certo condizionare dalle aspettative di chi ci segue. Però, se messo a paragone con i precedenti, direi che ‘Pilgrimage’ è un ulteriore passo in avanti verso l'equilibrio a cui miriamo. Ci ha sicuramente rafforzato come band, e ha rinsaldato la nostra amicizia.

Lo riteniamo il vostro album più a fuoco. Pensi che sarà difficile muoversi ancora in avanti?
Assolutamente no. Preoccuparsi di cose come quelle toglierebbe naturalezza alla scrittura, ci farebbe smarrire la strada che porta ai riff che abbiamo in mente.

Steve Albini ha fatto un ottimo lavoro dietro alla consolle. Ha catturato il suono degli OM come nessuno vi era riuscito prima d'ora. Raccontaci dell'esperienza in studio e dei suoi metodi di registrazione...
Ci siamo recati nei suoi studi, a Chicago, dove abbiamo trascorso complessivamente una settimana, durante la quale abbiamo registrato e missato il disco. Steve e lo staff degli Electrical Studios sono stati davvero amichevoli e ci hanno dato tutto il supporto di cui avevamo bisogno. Non sono un ingegnere del suono, dunque non saprei descrivere il modo in cui Steve ottiene quei suoni. Quei toni che ottiene non li puoi soltanto udire, ma sentire dentro, e questo è stato di enorme aiuto nel creare l'atmosfera giusta per dare corpo alla musica che volevano registrare. Chris e io siamo stati molti felici quando abbiamo sentito il risultato finale.

Dopo un paio di album per la Holy Mountain, avete firmato per la rinomata Southern Lord. Com'è accaduto?
Greg Anderson ci ha scritto spesso e volentieri sin dai tempi del nostro debutto, ed è venuto parecchie volte a vederci suonare dal vivo. Dopo avere pubblicato 'Conference Of The Birds', ci siamo messi alla ricerca di una label che godesse di una distribuzione migliore, e la Southern Lord è stata tra le prime etichette a cui abbiamo pensato. Ci siamo messi a discutere circa la pubblicazione di un nuovo album degli OM, per vedere come andava. Al momento siamo tutti contenti, sia noi che la label. Greg capisce perfettamente quel che intendiamo realizzare e pertanto sa come supportarci al meglio.

Dopo tre album, gli OM sono ancora un duo. Quando vi è venuto in mente l'idea di una band senza chitarre, strumento simbolo del rock?
C'è venuto in mente sin dalla prima volta che io e Chris ci siamo ritrovati a suonare insieme, nel 2002, dopo gli anni trascorsi negli Sleep. Quella volta eravamo solo io e lui, con una batteria, un basso e la mia voce. Non sentimmo - né lo sentiamo tuttora - alcun bisogno di aggiungere altri strumenti. Questo perché, come musicisti, focalizziamo sempre la nostra attenzione sui ritmi innanzitutto, e solo in un secondo momento sulla melodia, che solitamente scaturisce da poliritmi, vocals e linee di basso riempitive. Credo che si sia trattato in qualche modo di una scelta naturale: se dovevamo tornare a suonare insieme dopo tanto tempo, sentivamo che sarebbe stato giusto concentrarci su ciò che ritenevamo più importante, evitando di ripetere soluzioni già esplorate in passato. Tornare in posti dove eravamo già stati non ci interessava affatto.

Secondo alcuni, alla lunga la vostra formula potrebbe rivelarsi limitante, sopratutto dal punto di vista espressivo e creativo. Credi che gli OM corrano un pericolo del genere?
Secondo noi, meno è meglio. Lavorare con una strumentazione essenziale ci permette di avvicinarci più facilmente e velocemente al cuore della musica. Preferiamo esplorare e scoprire gli svariati aspetti di un solo suono, piuttosto che le innumerevoli sfaccettature di innumerevoli suoni. Per me e Chris è così che il processo creativo deve funzionare. Un po' come nella calligrafia, l'arte dello scrivere: pochi elementi di base, poi arricchiti da sfumature e tocchi artistici.  Altri preferiscono confrontarsi con più elementi musicali, ma è tutta un'altra cosa, e per noi non funzionerebbe.

Come nasce una composizione degli OM?
Fondamentalmente, si tratta di un lavoro di rifinitura operato su partiture musicali che già esistono. Nel senso che non sono io che le compongo, ma sono loro a farsi scoprire, a rivelarsi. La parte della scrittura vera e propria ha luogo quando io e Chris proviamo differenti sequenze di tali partiture, o quando le rifiniamo con le vocals e gli arrangiamenti di basso e batteria.

Quali sono le differenze principali tra "Pilgrimage" e i precedenti lavori? Ad occhio e croce, sembra che questa volta abbiate optato per brani dal minutaggio più contenuto...
Non proprio. Le versioni non editate dei brani del disco potrebbero andare avanti all'infinito. Le abbiamo dovute sfumare esclusivamente perché andava fatto, perché c'era da realizzare un disco senza farlo risultare dispersivo. Ma dal vivo... chissà? Potremmo suonarle nella loro versione originale, o persino raccogliere i tre brani in un'unica composizione che duri il doppio...

Tutte le vostre release sono circondate da un'aura mistica e spirituale. Un approccio, il vostro, che anche musicalmente rimanda a gente come John Coltrane o Albert Ayler. Le loro meditazioni di natura catartica e ascetica erano spesso sottolineate da suoni "duri" e poco jazz. Penso ad un batterista come Elvin Jones, visto al fianco di Coltrane...
So che Chris è in effetti un grande fan di Elvin Jones. E, beh, Coltrane è Coltrane…

Uno dei suoi capolavori free jazz riconosciti è “A Love Supreme”, che quasi suonava come un preghiera. Ci sembra un buon modo di descrivere anche le vostre canzoni. Sei d'accordo? State scrivendo le vostre preghiere cosmiche a Dio?
Per me, l'intera vita è una preghiera. Non c'è separazione tra le azioni e la preghiera, e tenuto conto che la musica è parte della mia vita e di quella di Chris, essa è parte della preghiera. Quindi sì, sono d'accordo.

Molta della vostra spiritualità scaturisce dalle tue liriche visionarie. Vuoi parlarcene?
Per noi i testi sono particolarmente importanti, per questo ci teniamo a renderli noti, pubblicandoli nel booklet. Ma allo stesso tempo non vogliamo forzare l'immaginazione dell'ascoltatore imponendogli la nostra interpretazione delle liriche. Preferiamo lasciare che ognuno trovi un proprio significato a ciò che ascolta. All’inizio volevamo persino fare a meno di un nome, proprio per dare meno riferimenti possibili alla gente, perché immaginasse da sola il nostro mondo. È anche per questo che alla fine abbiamo scelto OM, che più che un nome è un suono, semplice e primordiale.

Ma cos'è quel "Godhead" a cui vi riferite in uno dei vostri titoli?
Si tratta della migliore descrizione di Dio, espressa ad un livello personale. È un simbolo, è un concetto… perché spingendosi oltre la dimensione finita in cui viviamo, ogni cosa è idea, è concetto. È lì che esiste il ‘Godhead’ di cui parliamo.

Abbiamo recentemente intervistato gli High On Fire, nati anch'essi da una costola degli Sleep. Matt Pike ha elogiato gli OM, adesso è il momento di rendergli il favore...
Che dire? Continuano ad evolversi di album in album, e l'ultimo è davvero un ottimo disco. Siamo tutti grandi amici. Massimo rispetto.

 

 

 

DISCOGRAFIA 

“Variations On A Theme” (Holy Mountain, 2005)
Il debutto del 2005 coglie tutti di sorpresa. Avviene per il tramite della Holy Mountain, oggi label simbolo di moderna musica psichedelica (La Otracina, Blues Control, Lesbian, Wooden Shjips, Zodiac, Mammatus) e allora trampolino di lancio per il folk lisergico di Ben Chasny e dei suoi Six Organs Of Admittance. Come suggerisce il titolo, l’album è un libero studio su pesanti riff di basso e il modo di concatenarli ad una batteria torrenziale in modo sempre stimolante, per sopperire all’assenza delle chitarre. In tre brani gli OM gettano le basi del loro inconfondibile sound, ma guardando ancora agli Sleep.

“Conference Of The Birds” (Holy Mountain, 2006)
Il secondo OM contiene un brano in meno rispetto al debutto, ma in compenso c’è più carne al fuoco. Se “Flight Of The Eagle” segue il canovaccio delle composizioni precedenti, nell’iniziale “At Giza” Al Cisneros canta come il Roger Waters dei primi Pink Floyd, quelli arcani e spaziali di “Saucerful Of Secrets”. La musica alterna le consuete progressioni doom a momenti di vuoto cosmico che Cisneros riempie di liriche visionarie e spirituali. Un deciso passo in avanti rispetto a "Variations...", sebbene il tutto non sia ancora a fuoco.

“Inerrant Rays Of Infallible Sun (Blackship Shrinebuilder)” - Split (Neurot, 2006)
I sette minuti di “Rays Of The Sun/To The Shrinebuilder” sono uno dei momenti più alti nella discografia degli OM. Per la prima volta la band accorcia sensibilmente la durata delle sue composizioni, rendendo la musica più agile e meno dispersiva. Li accompagnano i Current 93 di David Tibet con l’altrettanto bella “Inerrant Infallible (Black Ships At Nineveh And Edom)”. Connubio strano, ma vincente. Da notare che il nome Shrinebuilder, che qui compare per la prima volta, è stato scelto come moniker di una nuova band che vede coinvolti i due OM, Scott Kelly dei Neurosis e Wino.

“OM/Six Organs Of Admittance” - 7” split (Holy Mountain, 2006)
“Bedouin’s Vigil” dura solo 4 minuti, e al momento è il brano più conciso della band. Qui gli OM dividono lo spazio di un 45 giri coi Six Organs Of Admittance, gruppo-simbolo della Holy Mountain. Non è il primo incontro con la formazione di Ben Chasny. Infatti, pochi mesi prima Cisneros aveva prestato il suo basso alla traccia conclusiva del bellissimo “The Sun Awakens” (Holy Mountain, 2006). Dopo lo split coi Current 93, Al Cisneros e Chris Hakius confermano il loro interessamento per la scena psych-folk.

“Pilgrimage” (Southern Lord, 2007)
Il disco in cui gli OM fanno tesoro dell’esperienza maturata fino a questo momento. Come il debutto contiene tre tracce, ma la durata è addirittura inferiore a quella di “Conference Of The Birds”. Produce Steve Albini, un maestro nel catturare su nastro le basse frequenze e la pesantezza dei Nostri. Il giusto equilibrio tra esplosiva fisicità e psichedelia cerebrale in un album che suona come un incrocio finalmente coerente tra i Pink Foyd di "Saucerful Of Secrets" e gli Sleep. Esce per la Southern Lord di Greg Anderson e Steve O'Malley, vale a dire i Sunn O))).

 

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