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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA


VINCERE IL DESTINO
di Voidhanger

 

Come per le doom band più note (Pentagram, Saint Vitus, The Obsessed), anche quella dei francesi Northwinds è stata una lotta contro il destino avverso. Formatisi oltre dieci anni fa, hanno patito talmente tanti cambi di line-up da togliere entusiasmo a chiunque. Non a loro, che invece hanno tenuto duro grazie all’amicizia tra il batterista-cantante Sylvain Auvè e il chitarrista-cantante Vincent Niclas. “Chimères” è il terzo album, ancora una volta incentrato su testi fantasy e musiche che mischiano Black Sabbath, dark sound anni ’70 e prog-folk. Per festeggiare l’importante traguardo, la Black Widow ha pensato bene di accompagnare l’uscita con un DVD contenente un video e due esibizioni dal vivo che in mezz’ora raccontano la storia di un gruppo indomito.

Sylvain, con “Chimères” festeggi il decimo anniversario dei Northwinds, ma anche la lunga amicizia che ti lega a Vincent sin dal 1990. Cosa provate?
Siamo molto orgogliosi! Una tale intesa musicale che dura nonostante tutti i problemi incontrati è qualcosa di davvero prezioso, e Vince e io lo sappiamo bene. Dopotutto, i cambi di line-up sono serviti a rinsaldare il nostro rapporto, ogni volta abbiamo dovuto re-inventarlo, abbiamo dovuto andare oltre. Ma la pubblicazione di “Chimères” è per noi un evento speciale soprattutto perché, nonostante vi abbiano lavorato due formazioni, gli ultimi ritocchi alla musica e tutto il lavoro sulla grafica e sul video sono stati possibili grazie ad una certa stabilità che dura dal 2002! Incredibile! Non era ci era mai successo di spingerci così avanti nella realizzazione di un nostro prodotto. Perciò siamo molto orgogliosi di questo terzo disco, ed anche se festeggiamo un anniversario, non ci fa venire voglia di guardare al passato, di calcolare quanta strada abbiamo fatto finora. Piuttosto è un passo verso il nostro futuro, perché adesso siamo voglioso di realizzare un quarto album per rivelare pienamente le potenzialità di questa nuova line-up.

Esattamente dieci anni dopo “Great God Pan”, il demo che via ha fruttato il contratto con la Black Widow Records, siete ancora fedeli al vostro stile, mentre il rock ha attraversato parecchi trend. La vostra è solo una passione per i generi che suonate, o anche un i conscio bisogno di rendersi liberi dalle imposizioni del music business?
L’attitudine che dimostri nel creare musica è il riflesso del modo in cui affronti la vita: la musica è come uno specchio. Quindi, trend o non trend, tutto dipende dai tuoi bisogni, da ciò che sei. È come la penso, anche se potrebbe sembrare un po’ restrittivo vederla in un modo così semplice. Può dipendere anche dall’età: quando si è più vecchi si ha una certa stabilità e si è più sicuri delle proprie scelte, delle proprie mosse… Comunque il music business non ci interessa, e stiamo alla larga da ciò che vorrebbe imporre. La nostra è solo passione, puro piacere. È la nostra chance di far parte di un sistema underground in cui l’atto creativo conta ancora qualcosa e si è liberi di esprimersi al di là di qualunque altra considerazione. Ed essere liberi per noi non vuol dire non avere regole, vuol dire avere dei principi…

La vostra carriera  stata caratterizzata da frequenti cambi di formazione. Cosa avete imparato da essi? E c’è mai stato un momento in cui avete pensato di mollare tutto?
I continui cambi di line-up ci hanno insegnato una cosa molto importante: mai scegliere i musicisti in base alle loro influenze, ma sempre in rapporto alla loro voglia di condividere un’avventura. La musica è un’avventura per l’uomo, perciò se i membri della band sono pronti a offrire tanto e sono di larghe vedute, riuscirai a creare musica che va ben oltre il limite che osavi raggiungere.
Un momento molto difficile è stato quando rimanemmo praticamente i due soli membri della band. Sebastien, il chitarrista originale, dovette lasciare per ragioni di lavoro. Io e Vincent continuammo e tenemmo insieme i Northwinds con l’aiuto di Marco e il supporto della label. Ci dettero l’opportunità di registrare 3 canzoni durante questo periodo: “The Mask Of Satan” per il grandioso progetto “…E Tu Vivrai Nel Terrore” (un tributo al cinema horror e alle sue colonne sonore - nda), “The Night Of The Witch” per il tributo ai Death SS e “Over The Mountain”, poi finita sull’album “Masters Of Magic”. Ma la fortuna era dalla nostra e ci fece incontrare David Marcos, che aveva per caso sentito una nostra conversazione sul fatto che non trovavamo un chitarrista adeguato. A un certo punto sbucò dal buio e disse: ‘Sono il vostro uomo.’ Ed era vero! Peccato che durò solo il tempo di registrare tre brani, tra cui la cover di “Way To Power” per il tribute ai Black Widow, perché David decise di cambiare completamente vita. Eravamo vittime del destino, ma anche allora non pensammo di scioglierci. Il supporto della nostra label è stato il segreto che ci ha tenuti su durante tempi tanto difficili.

In effetti il matrimonio con la Black Widow dura da tempo, forse incontrarla è stata la cosa migliore che vi potesse capitare…
Senza dubbio è stato l’evento più importante nella storia dei Northwids, inutile aggiungere altro! Eda un punto di vista musicale è un’etichetta discografica incredibile, tengono invita lo spirito dei 70, ma nel farlo sono anche molto progressisti. Una sorta di Vertigo dei nostri giorni… La cosa importante è che, condividendo le stesse passioni, loro sono in grado di darci consigli e di capire appieno le nostre scelte. Inoltre, sono orgogliosi di pubblicare ottimi dischi anche da un punto di vista estetico, perché tutti noi amiamo il vinile, e loro sanno confezionare delle edizione molto belle. Tra le band del roster Black Widow amo Abiogenesi, Malombra, Jacula, Standarte, Runaway Totem, Architectural Metaphor, The Black... ma ancora molto ho da scoprire grazie a loro.

I vostri brani sono sempre stati caratterizzati da atmosfere dark e sentimenti di dispiacere, nostalgia e tristezza. Stilemi tipici del doom in cui i Northwinds si rispecchiano pienamente. Avete una natura pessimista? E quanto è difficile venire a patti col mondo moderno per chi è sensibile come voi?
Pessimismo? Forse, ma preferisco dire che non siamo ciechi di fronte al dolore che la vita ci porta. Ci permette di guardare alle cose nel modo giusto e ci aiuta ad apprezzarne le cose belle. Come nel blues, cantare delle tue pene di permette di distanziartene e condividerle con qualcun altro ne allevia il peso.

Il tema fantasy ricorre spesso nei vostri testi. Sia “Le Cercle Ded Fées” che “Nevernverland” parlano di luoghi antichi e magici, abitati da creature fantastiche. Si tratta di una visione pagana della natura dell’uomo, ma sembra anche sottendere una critica all’uomo moderno, ormai incapace di sognare…
Sì, è un tema molto evidente nella musica e nelle liriche dei Northwinds, per via dell’influenza esercitata su di noi da gente come Lovecraft, Machen, Blackwood, etc.. Amiamo usare questi temi fantasy perché da un lato sono un chiaro invito a sognare, ma anche perché ci permette di affrontare argomenti importanti, problemi personali e concreti senza fare la parte dei noiosi moralisti. La gente che ascolta la nostra musica ha la possibilità, se vuole, di partire dai testi per costruire un proprio significato intorno al brano. Per esempio, “Neverneverland” parla di gente lontana dalla propria terra natale e che vive sognando costantemente di ritornarvi, negando così la realtà in cui vive. Ma sono ricordi distorti dal dolore e dal troppo tempo passato. Quando finalmente realizzano il loro sogno di tornare a casa, ogni cosa è cambiata, e loro sono degli stranieri. La conclusione è che andrebbero biasimati, perché hanno costruito la loro vita su una bugia.

L’uso abbondante del flauto e delle tastiere ricorda il dark prog anni ’70 di band come Black Widow, Dr.Z, High Tide, etc. In questo modo sembrate confermare come il doom abbia preso le mosse anche da questa corrente. Parlateci dei vostri gusti musicali…
Quando eravamo giovani, andavamo in cerca di band che suonassero come i Sabs. Gruppi come Bugie, ad esempio, erano ancora in attività, e non fu difficile trovare i loro dischi precedenti.
Band come Angel Witch, Witchfynde, Quartz, Witchfinder General, Paul Chain, etc. avevano radici nei Seventies. Uriah Heep, Deep Purple, Black Widow, Atomic Rooster era anch’essi una parte importante della nostra collezione di dischi. Trouble, Saint Vitus, Nemesis, Candlemass, Mercy, etc. ci hanno invece mostrato la via. Ma non abbiamo mai dimenticato le nostre radici hard rock e prog.
Penso che chi all’epoca amava i Black Sabbath ha avuto la possibilità di accaparrarsi altri tesori simili dei ’70:  Bang, Budgie, il primo LP dei Judas Priest, Buffalo, High Tide, etc.
E da lì il passo verso altri gruppi grandiosi è stato breve: T2, Groundhogs, Raw Material e molte delle band  kraut rock. Molti doomsters infatti hanno incluso elementi “groovy” e “prog” tipicamente anni ’70 nella loro proposta.

In 10 anni di attività sarete stati paragonati a molte di queste band. Ce n’è però qualcuna che vi ha influenzato e che nessuno ha mai citato?
Un volta, durante un’intervista, qualcuno ci disse che sentiva influenze sinfoniche nella nostra musica, derivanti dagli Emerson, Lake & Palmer. All’epoca non ero d’accodo, ma oggi penso che avesse ragione, era un’annotazione intelligente. Invece, un gruppo che nessuno ha mai citato e che è stato un’influenza importante sono i Pink Foyd.

Volendo indicare i 5 dischi che più ti hanno stregato, quali sceglieresti?
Solo cinque? Siete crudeli. Comunque sceglierei “Friends of Hell” dei Witchfinder General, “Vol. 4” dei Black Sabbath, “Great Wall Of China” dei Mormos, l’omonimo dei Tractor “same” e il primo dei Jade Warrior.

I Northwinds sono riusciti a ricreare lo spirito di quell’epoca d’oro per il rock. Negli ultimi anni ci hanno provato in molti, soprattutto gli esponenti dello stoner rock e della psichedelia heavy. Secondo te sono riusciti nell’intento?
Tra le band che ce l’hanno fatta di sicuro, ci sono i Cathedral. A loro dobbiamo il ripescaggio dei Seventies in seno al movimento stoner e alla scena doom, anche per quel che riguarda l’impatto grafico e quello estetico. A loro dobbiamo enorme rispetto e ammirazione. Abbiamo provato molte volte a contattarli, perché sappiamo di condividere con loro la stessa passione e la nostalgia dei ’70, ma finora è stato tutto vano. Speriamo in futuro.

A proposito di doom, sia i gruppi sabbathiani della NWOBHM che i primi gruppi doom veri e propri non hanno mai raggiunto un grande successo, e il genere è sempre stato considerato come una pagina minore nella storia del rock. Perché, secondo te?
Non so, forse a causa delle implicazioni di questo tipo di musica e di testi. Dolore, depressione, occulto, religione, anima e mente non sono argomenti adatti ai comuni ascoltatori, a coloro che vedono nella musica solo un’occasione di svago.
Il doom si basa inoltre su ritmi lenti, riff ripetitivi e vocals monocordi; roba che non potrà mai incontrare il favore di chi vuole intrattenimento e eccitazione. Ma i gruppi doom degli albori non hanno agito invano, perché hanno influenzato molte formazioni di oggi, e questo è il riconoscimento più importante, in quanto costringe i critici a rivedere le loro opinioni.

Su “Chimères” avete rifatto “Friends Of Hell” dei Witchfinder General. Avete in mente altre cover, per il futuro?
Nel 2001 abbiamo lavorato intorno ad una version di “The Gorgon” degli Angel Witch, perciò chi lo sa?

Considerato che “Chimeres” è stato scritto anni fa, scommetto che avete pronto del nuovo materiale. Cosa potete anticiparci al riguardo?
Sì, abbiamo pronte un sacco di nuove canzoni che steam registrando sotto forma di demo. Una di esse si intitola “Chimères”, ma non sarà cantata in Francese. Il capolavoro dell’album durerà 20 minuti e s’intitolerà “Winter”. Al momento stiamo invece lavorando al demo di “Land Of The Dead”, e per la prima volta utilizzeremo i testi scritti da un amico e ispirati dalla musica che ha ascoltato per tanto tempo durante le prove dei Northwinds. Speriamo solo che non ci vogliano altri 4 anni per completare il disco!

 

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