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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

GOTICO ITALIANO: GUIDA AL DARK SOUND E ALLA CULTURA GOTICA IN ITALIA



...e morta Morte più non accadrà morire
di Voidhanger

 

Venuti fuori dal nulla, ma con parecchi anni di gavetta e un invidiabile bagaglio culturale in fatto di rock oscuro ed esoterico, gli emissari dell'Impero delle Ombre si sono presentati a noi con un disco omonimo bellissimo e avvincente, che emula le gesta di Black Widow, Coven, Dr.Z, Atomic Rooster e i migliori esponenti del dark sound di marca Seventies.

Per di più, lo hanno fatto usando la lingua italiana, rinsaldando così il legame coi grandi maestri prog del Belpaese, oltre che con gli imprescindibili Paul Chain, coi primi Death SS e coi maestri del doom anni '80.

Il loro debutto per gli specialisti di Black Widow Records è quasi un concept sull'aldilà, che si materializza davanti ai nostri occhi grazie alle atmosfere sepolcrali create dai ricchi intarsi di tastiere, dagli assolo fumiganti di Andrea Cardellino e dai testi decadenti del fratello Giovanni, che ha risposto alle nostre domande accompagnandoci nei giardini dell'Impero.

 

Quest'intervista ha luogo all'indomani di uno show al fianco dei Death SS. Raccontaci com'è andata...
A posteriori, è stata un’esperienza positiva. Ci si è fatti conoscere un po’. Ma è l’Italia, e siamo sempre alle solite per i gruppi spalla esordienti! Casse spia quasi inesistenti, nessun soundcheck, organizzazione inesistente con conseguente incazzatura e uno stato d’animo pessimo per entrare spiritualmente nei brani.

A proposito della vostra dimensione live, riuscite a ricreare quell'atmosfera fortemente teatrale che caratterizza la vostra musica? E c'è spazio anche per i ricchi arrangiamenti di tastiere presenti sull'abum?
Quella di Roma era la prima uscita, ma comunque ti posso dire dalle prove della band (che sono solitamente dei mini live per gli amici!). Ne viene fuori una maggior vena atmosferica con interessanti improvvisazioni molto tastieristiche. Dal vivo io sono molto teatrale e uso un linguaggio del corpo assai spontaneo.

Raccontaci la storia dell'Impero delle Ombre. Sappiamo che il gruppo parte da molto lontano e che per qualche tempo è rimasto in un limbo…  
Gli esordi del progetto risalgono a 10 anni fa, quando in me la voglia di dark sound/doom era pressante. Ero e sono letteralmente rapito da quelle correnti musicali e quei gruppi a sfondo esoterico e spiritualmente ‘anarchici’. Fondai la band con numerose incarnazioni, realizzammo alcuni shows molto interessanti. Si nacque come cover-band di Death SS, Paul Chain, Black Widow; e quando si doveva fare sul serio, tutti i componenti sparirono nel vuoto, lasciandomi con l’amaro in bocca, ma l’idea fissa di questo progetto nel cuore. Frustrato e solo, ho vagato alla ricerca di compagni d’avventura, passando un lustro fuori dal mio Salento, tra l’Emilia Romagna e la Toscana. A Firenze ho finalmente trovato Dario ed Enrico Caroli, batteria e basso degli storici Sabotage, due amici e formidabili musicisti che hanno una visione ‘passionale’ della musica esattamente come la mia. Poi, la chiamata alla chitarra di Andrea (mio fratello), la composizione e la registrazione del debut-album, e il ritorno a finibus terrae, a casa nostra!

In che modo il fatto di comporre e suonare al fianco di tuo fratello è di aiuto, se lo è? Immagino condividiate una stessa visione…
Lo è di sicuro! Intanto, quando mi viene un riff o un arrangiamento buono in testa, corro da lui e lo ‘martorizzo’ per riprodurmelo per bene allo strumento. E poi è il mio alter ego. Apprezzo molto le sue idee, e adoro il suo modo così acerbo, sincero e spontaneo di suonare la chitarra, da novello Hendrix/Gilmour. Sì, abbiamo gusti praticamente identici, viviamo la musica allo stesso modo.

Quando e come è stato concepito "L'Impero delle Ombre"? Contiene materiale di vecchia data oppure tutto è frutto della seconda incarnazione della band?
L’Impero delle Ombre” è frutto della seconda incarnazione della band, tra gennaio 2003 e gennaio 2004. I brani sono nati da me e Andrea, spesso di notte, jammando un po’ e sfruttando una forte ispirazione interiore. Una chitarra, le percussioni, una bottiglia di Chianti, un camino acceso e la campagna fiorentina intorno...

Un parte rilevante delle orchestrazioni del disco è affidata all'organo, al piano e ai suoni arcani dell'harpsichord. Sono da considerare una parte stabile del vostro sound oppure solo una scelta effettuata in quest'occasione?
Sono da  considerare elementi indispensabili per l’economia della band, che vuole dipingere determinati stati d’animo o colori. Ora se ne occupa Luca Nicolì, un  artista a tutto tondo, polistrumentista, poeta performativo, scrittore… e ci appassiona condividere con lui l’amore per i tasti d’avorio e per il loro operato nei ’70.

Nelle note del disco ringraziate apertamente i gruppi del dark sound anni ‘70: Black Widow, Dr.Z, Coven, Atomic Rooster, High Tide, Monument, etc. Cosa vi lega a quelle band?
In primo luogo adoriamo queste bands per i capolavori di culto che hanno prodotto, piene di feeling, passione,  gusto, cultura, misticismo. Poi mi viene una considerazione da fare, e cioè che quegli artisti non si sentissero star come Black Sabbath, Deep Purple o Led Zeppelin, pur avendone le stesse capacità. Erano artigiani del suono, snobbati da stampa e massa, e amati invece solo da pochi fortunati ‘eletti’.

Si avverte anche una buona dose di malinconia nella vostra musica. Come uno stato d'animo di perenne tristezza e rassegnazione. In questo siete molto simili a gruppi doom anni '80 come Saint Vitus e Candlemass...
Grazie del paragone, li adoro! Quello che tu sostieni è un sentimento fondamentale nel nostro sound, ed è tristezza e malinconia vera! Noi non facciamo parte della tipologia dei darkettoni, dei gotici ‘avvampirati’ e bla bla bla. La sofferenza che senti, purtroppo, dal canto mio deriva dalla perdita di due carissimi amici, qualche anno fa. E più genericamente è il mio carattere, sensibile al corrente declino degli equilibri spirituali, umani, sociali ed ecologici.

Ovviamente si avverte anche una vostra certa venerazione per la grande stagione prog italiana. E' sulla scorta dei risultati raggiunti da quelle strepitose band che avete optato per un cantato in italiano?
Non necessariamente. Avremmo potuto usare pure il fonetico, ma usiamo l’Italiano perché siamo italiani. È difficile ed è una scommessa, ma può dare dei risultati tremendamente suggestivi. Ovviamente veneriamo Biglietto per L’Inferno, Rovescio della Medaglia, New Trolls, Orme, Balletto di Bronzo, Metamorfosi, Era di Acquario, Banco del Mutuo Soccorso, Flea e tanti altri che ci hanno largamente influenzati.

Death SS, Paul Chain, The Black, Il Segno del Comando, Malombra, i Zess resuscitati dalla vostra label... sono tutte formazioni del Belpaese che dimostrano passioni comuni. Si tratta solo del fatto che tutte attingono da uno stesso immaginario musicale e lettarario, oppure esiste una via italiana al rock oscuro e impregnato di occultismo?
Ci aggiungerei Jacula e Black Hole. Confermando la seconda ipotesi, mi preme sottolineare che ognuna di queste seminali bands (che seguiamo e conosciamo bene da anni) ha una sua direzione esoterica/ideologica. Non di tutta l’erba un fascio, insomma! Ad esempio, noi facciamo ‘cemetery rock’ perché in ambito occulto ci interessa lo spiritismo, ma in noi trovi pure metafore sociali e proletarie, pur essendo atei e apolitici.

L'Impero delle Ombre è un moniker molto affascinante e misterioso. Dato il tenore dei tuoi testi, è evidente il tuo interessamento per il mondo dell'aldilà, per l'oltretomba. Cos'è che ti affascina, in particolare?
Difficile rispondere. È un percorso artistico-musicale e personale-culturale che è l’esternazione della mia coscienza spirituale oscura, maturata negli anni e partorita da alcune esperienze spiritiche e da una continua ricerca tacita di conoscenza cercando di instaurare un equilibrio interiore nel rapporto tra il bene e il male, la vita e la morte, il senso dell’esistere. Ho letto molti testi occulti, ho studiato Crowley; ma per sovvertire l’oppressione degli archetipi che gravano sulla coscienza nei millenni non ho trovato di meglio che venerare la natura e gli elementi.

C’è dunque una vera e propria ricerca spirituale dietro certi temi affrontati nelle liriche. Parlacene più approfonditamente...
In effetti le liriche hanno una dimensione spirituale e una più terrena. ‘Condanna’ è la summa dello sconforto e del sentimento di rivalsa contro un destino avverso. ‘Rituale’ è l’uomo che si spoglia degli archetipi per abbracciare la libertà. ‘Tormento ed Estasi” è il percorso tortuoso di scelte esoteriche sbagliate. “Il Giardino dei Morti” è la mia filosofia di vita, il cimitero come catalizzatore di emozioni e forze occulte.”Ghost” è una ghost-story e ne approfondisce gli aspetti. ‘Corpus, Animae et Spiritus’ è l’epopea del trapasso umano.

Il culto dei morti è particolarmente importante nel nostro Paese. Insieme al sopravvivere di credenze e superstizioni, è vivo soprattutto lì dove il progresso che citi in "Rituale" non è penetrato in maniera devastante. Il mondo consumistico di oggi sta uccidendo le tradizioni e un certo immaginario arcaico e arcano che lega l'uomo al soprannaturale...
Sì, purtroppo. E pensa che stanno cercando di confezionare e vendere sotto forma di megaproduzioni cinematografiche pure certi argomenti. Soffro nel vedere questi demenziali filmetti horror all’americana. Questo per dire che il consumismo uccide tutto, sacrificando sull’altare del dio denaro quelle sottili ombre che vagano nel nostro animo, nell’immaginario. Noi veniamo dal Salento, dall’estremo Sud d’Italia, rurale e un po’ meno contaminato.

Nel testo di “Rituale” parli di riti dove il corpo - spogliato letteralmente e metaforicamente da ogni orpello - trova simbiosi con la Natura. Si tratta di esperienze che hai o avete provato sulla vostra pelle? La vostra è una concezione pagana dell'uomo?
E’ una nostra concezione pagana; d’altronde dalle nostre parti, fino a non molto tempo fa, si venerava ancora la Grande Madre.

Mi sembra di cogliere una critica nelle parole di "Tormento ed Estasi", dove metti in discussione il modo di fare di chi - per sfuggire alle convenzioni della nostra società - abbraccia credi oscuri e indossa maschere demoniache che in fin dei conti sono altre prigioni. Abbiamo capito bene?
Hai capito perfettamente, non abbiamo molta simpatia né per i cattolici né per i satanisti, che sarebbero le due facce di una stessa monoteistica medaglia. Essere liberi non significa contrapporsi in modo speculare, ma usare il cervello individualmente.

Le immagini del booklet vi ritraggono con croci appese al collo. E' solo un simbolo cristiano o gli attribuite qualche altro significato?
No, è solo un simbolo. E per quel che mi riguarda, rappresenta la sofferenza di chi non si è piegato al sistema, diventando il primo di una serie di rivoluzionari storici, morendo in croce per i suoi ideali. Carpendone il messaggio storico laico, non quello religioso: era un ribelle, se la faceva coi disgraziati, era un capellone… Gesù: il primo rocker!

Puoi dirci di più riguardo al finale di "Ghost"? Le tue liriche sussurrate sono tanto affascinanti quanto criptiche. Chi è quel "lui" di cui nel testo confermi l'esistenza, e perché "la notte è per sempre"?
Quel ‘lui’ è uno spettro che subisce l’infestazione da parte di un vivente della sua vecchia dimora, e ‘la notte è per sempre’ è l’angoscia che pervade sia l’infestante che l’infestato, l’uno per le paranoiche suggestioni, l’altro ostacolato nel raggiungimento della luce o pace eterna.

La seconda metà del disco è quasi un concept sull'aldilà, a partire da "Nel Giardino" sino allo strumentale "Corpus, Animae et Spiritus". Data la vostra propensione per certi temi, avete mai pensato di realizzare un concept con un unico filo letterario-narrativo?
Si, credo che verso il terzo lavoro ci saranno tali sviluppi. Sto mentalmente pianificando un’idea... (la band annuncerà poi di stare preparando un concept album intitolato "I Compagni di Baal" e ispirato all'omonimo serial TV dei '60 - n.d.a.)

Sappiamo che al posto dei fratelli Caroli avete adesso una nuova sezione ritmica. Avete già iniziato a comporre qualcosa di nuovo? Continuerete a muovervi lungo le medesime coordinate stilistiche?
Al posto dei fratelli Caroli sono subentrati Ilario Suppressa al basso, un caro amico che ha militato nei Terremoto ed ora pure con Hopesend e Terra Pi Ciciri; e Simone Carlà alla batteria, presente in numerose band underground metal della zona. E poi il già citato Luca Nicolì, che ha suonato tra l’altro coi Ghost of the Medicine Train, ottima band psico-hard rock. Ci sono già diversi brani che ora cominceremo ad arrangiare e registrare per il secondo disco, che si muoverà lungo le medesime coordinate, filtrate dalla personalità dei nuovi elementi.

 

L'IMPERO DELLE OMBRE
"L'Impero delle Ombre"
(Black Widow, 2004)

Incredibile come il debutto omonimo de L’Impero delle Ombre riesca a suonare le corde dell’anima con la passione e l’ardore propri dei gruppi dei primi Seventies, quando il rock duro convogliava dentro di sé le inquietudini di chi aveva visto svanire i sogni di qualche tempo prima e si preparava ad anni meno spensierati.
Negli album dell’epoca tutto ciò si trasformava in oscurità, orrore, attrazione per il demoniaco e gusto per il macabro; perni attorno a cui giravano le note non solo dei Black Sabbath, ma soprattutto di Black Widow, High Tide, Atomic Rooster, Dr.Z, Coven, Monument, Necromandus ed altri alfieri del cosiddetto “dark sound”.
L’Impero delle Ombre, governato dai fratelli Giovanni (voce potente e interpretazione teatrale) e Andrea Cardellino (chitarre), vi ha gettato sopra le fondamenta, aggiungendo una passione viscerale per il prog italiano dei ’70 e il doom anni ’80 di Saint Vitus, Candlemass, primi DeathSS e Paul Chain.
Oltrepassata la soglia pianistica de “Il Canto Del Cigno”, è un tripudio di sinfonie rock tenebrose, in cui organo e harpsichord duellano con chitarre che spesso omaggiano Hendrix e i Pink Floyd. Così, “Condanna” è doom metal dalle forti tinte prog, mentre “Il Giardino Dei Morti” macina riff sabbathiani dal sapore cimiteriale stemperati in un intenso finale che abbina le liriche accorate di Giovanni (“In quella fossa la mia anima non c’è/ma questo cimitero è lo specchio dei perché”) ad una melodia che sa di malinconia e abbandono. Invece, il groove dirompente di “Rituale” è il rovescio della medaglia di “Corpus, Animae Et Spiritus”, strumentale dai colori cangianti che descrive in note il momento del trapasso: dalla schiavitù terrena del corpo, alla leggerezza beata di uno spirito finalmente libero dalle catene.
I punti più alti di questa ricerca spirituale fatta musica sono però in due suite monumentali: “Ghost”, storia in cui vivi e morti sono uniti nella sofferenza, e soprattutto “Tormento Ed Estasi”, invettiva contro le lusinghe delle Arti Nere a cui in tanti si avvicinano con superficialità. Qui si sfiora il capolavoro, tra riff ultra-heavy, assolo che spiccano il volo, una sezione ritmica rocciosa e cascate di keyboards a tessere oscure melodie.
“E morta morte più non accadrà morire”, recita un personaggio del film “Mortacci” di Sergio Citti in un frammento usato nel disco: citazione decisamente azzeccata per chi – come L’Impero delle Ombre – strappa il rock che fu dalle grinfie della Grande Mietitrice. Per seppellirlo c’è ancora tempo.

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