OBSCURE METAL UNDERGROUND & VULTURE CULTURE
I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

 


MODERN MIDDLE-AGE OF TERROR

di Voidhanger

 

Nonostante le recensioni entusiastiche sparse in giro per il web, degli Absentia Lunae si parla ancora troppo poco, soprattutto qui in Italia. La cosa non dispiace di certo alla band, fiera di perseguire i propri obiettivi senza circondarsi di inutile clamore e operando scelte di principio che lasciano di stucco. Infatti, dopo un primo album di rodaggio (per quanto interessante e promettente), la logica avrebbe voluto che i quattro pubblicassero il nuovo lavoro per la Aeternitas Tenebrarum Music Foundation del cantante Ildanach, label già avviata verso un radioso futuro grazie alle belle uscite intestate a Celestia, Locus Mortis, Urna e Melencolia Estatica. Invece, "In Umbrarum Imperii Gloria" ha visto la luce su formato LP per la piccola Serpens Caput, mentre l'imminente stampa in CD sarà curata dalla neonata Sol Invictus. Evidentemente, agli Absentia Lunae non piace percorrere strade facili, e la ricerca sonora che caratterizza "In Umbrarum..." conferma pienamente l'impressione. La loro superiorità intellettuale è esplicitata tanto nei diversi livelli di lettura a cui si prestano i testi, ricercati e poetici, quanto nella complessità delle trame musicali, che sposano tradizione e spinte avanguardiste. Gli Absentia Lunae sono degli aristocratici con uno sviluppato senso della modernità, nelle cui mani il black metal - da anni spogliato di ogni significato per via di troppi impostori - diventa il veicolo per ideali che affondano le radici nel passato e a cui viene così assicurata continuità nel futuro. Intervista a Ildanach.

Cominciamo dal passato remoto. Sei stato per qualche tempo il cantante degli Aisling: come giudichi quell’esperienza, e che ricordi hai?
Preferirei glissare, ma colgo la sfida. Diciamo che è stata la mia prima esperienza ed ingresso nell’ambiente, da allora sono maturato parecchio, fondamentale perché è stata una graduale assunzione d’identità e di distanza da ciò che non desideravo essere o rappresentare. La mia uscita è stata come una rinascita su nuove basi ed ho potuto finalmente dedicarmi a ciò che più adoravo, il lato più oscuro della nera arte.
L’involuzione attitudinale degli Aisling mi sembra oggi evidente, mi sembrano attualmente più inclini ad una sagra celtica che ad un contesto estremo, almeno per come lo intende il sottoscritto. Al tempo ero talmente estraneo alla comunicazione con il pubblico dall’essere poco incline all’attività live e in talune interviste risultavo essere quasi sopra le righe. Credo insomma che sia stata una separazione benefica per entrambi… parliamo ormai fortunatamente di parecchi anni fa, la cosa più evidente fu come cambiarono le persone accanto a me, dei componenti originari restava fino a pochi mesi fa solo Paolo V. (oggi con la suo fuoriuscita sono una realtà completamente avulsa dal passato), gli altri ascoltavano anche altri generi ma erano grossomodo infatuati dal Black Metal Norvegese, una volta che questi si inabissò ebbero una sorta di crisi d’identità, il giocattolo si ruppe. Vedo gente pavoneggiarsi in maniera grottesca dietro a questo nome, persone che non hanno scritto una virgola della storia di questo gruppo e che cavalcano ancora canzoni composte dal nucleo originario nel secondo album, ma si sa che la storia spesso la fanno gli arrampicatori sociali.

Rispetto al precedente “Marching Upon Forgotten Ashes”, il nuovo “In Umbrarum Imperii Gloria” è più compatto e meno dispersivo, ma altrettanto originale nel modo di porsi. In questa occasione avete limato parecchio, mentre il debut scaturiva forse dall’esigenza di esprimere tutto quanto avevate dentro…
Sì, hai centrato la differenze, il primo album era una scarica istintiva di feelings prevalentemente comuni, ma comunque particolari, la cui fusione è riuscita decentemente considerando che si suonava ancora da poco insieme, nonostante i molti anni di militanza in altre realtà. Potrei citarti soprattutto i VORAGO, una tra le avant-garde black metal band più rivoluzionarie della scena Italiana e sfortunatamente anche tra le più sconosciute, nella quale suonavano la nostra chitarrista e il nostro precedente batterista. Non dico una bestialità asserendo che in se ti facessi sentire alcuni riffs di allora potrebbero venir accostati agli odierni Deathspell Omega.
Credo che invece nel nostro debut ci fosse la rabbia per le nostre esperienze personali e i personaggi perdenti che le avevano macchiate, c’era molta foga, molto istinto, ma anche molte intuizioni vincenti. L’album divise la critica: chi lo definì un intruglio mal registrato causa alcuni problemi di mixaggio alle chitarre, e chi invece nella maggioranza dei casi ci vide una ventata innovativa che, riprendendo il Black Metal e alcune influenze Thrash, osava. E’ stata da questa base che con maggiore tranquillità ed equilibrio abbiamo gradualmente evoluto le canzoni che sono andate a comporre questo contorto ma feroce nuovo capitolo. Molti hanno detto che siamo meno avantgarde del debutto ma credo che invece lo siamo in maniera molto più matura, come mi hanno confermato persone vicine e stimate che seguono la band dai primi passi. Siamo sempre più personali e intimi nel tessere la nostra contorta tela, per scatenare poi la violenta liberazione in tutta la sua drammaticità.  

Abbiamo letto che il chitarrista Aase non fa più parte della band. Credi che questo cambierà gli equilibri al suo interno?
Aase è stato innanzitutto un nostro carissimo amico, ha dato alcuni spunti per il nostro album ma il lavoro principale a livello di chitarre è stato sempre prodotto da Climaxia, giorno dopo giorno sembrano tornare i tempi dei VORAGO con riffs sempre più complessi ma nel momento intricati e capaci di evocare sinistre visioni. Il suono è già in evoluzione e le nuove songs proseguiranno la vena più intimista del nuovo capitolo, non posso fare ancora precise anticipazioni ma incorporeremo nuove idee e elementi di ampio respiro, fondendo il nostro Black Metal contorto e tipicamente disarmonico con elevate aspirazioni e visioni, sarà una sfida eccitante nel tentativo di creare qualcosa di ancora più unico e personale.

Gli Absentia Lunae vengono spesso definiti come un gruppo d’avanguardia, sebbene parte del vostro concept e della vostra estetica sembri riferirsi ad imperi vetusti e gloriosi del passato, piuttosto che a soggetti più futuristici. Un titolo come “Modern Cathedral” sottolinea ulteriormente questa dicotomia. Come vivete il presente, e come vi rapportate al passato?
Domanda molto interessante. Sì,  Absentia Lunae è un concept che adora giocare sui contrasti e rimanere talvolta criptica. "Modern Cathedral" è un anatema al disfacimento sociale, alla meccanizzazione moderna come chiave di subordinazione e schiavizzazione delle masse plebee che noi supportiamo come qualsiasi forma di selezione dettata dalla distinzione tra forze attive e passive. "Modern Cathedral" è un titolo che mi venne ispirato dalla visione di una delle più potenti centrali energetiche posta in una zona verde nelle vicinanze di Trieste, la nostra città. La vidi quale una trasfigurazione della cattedrale tradizionale, alla quale giungevano metaforicamente le preghiere delle pecore moderne consumatrici di miraggi, che irradiava la sua schiavitù agli inconsapevoli inferiori, niente più Dio se non nella materia. Credo proseguiamo il messaggio misantropico ed elitario delle origini calandolo in ciò che percepiamo intorno a noi, non solo regredendo allo stato naturalistico come si voleva far credere ai primordi della scena norvegese ma elevandoci nello spregio per la modernità quale sclerosi fintamente dinamica, senza per questo però regredire al romantico primitivismo. Il termine crudeltà può divenire forma d’arte se esercitata da menti visionarie. Noi abbiamo un profondo rispetto per alcuni aspetti gloriosi eroici e tragici della storia ma non consideriamo che sia necessario contrastare processi universali dettati da volontà e fatalismi superiori alle microcellule umane.

E’ corretto affermare che anche nei momenti più veloci e violenti della vostra musica alberghi in essa una senso di perdita, di tristezza e malinconia che è parte integrante della vostra poetica? E a cosa è dovuto?
Perdita direi sicuramente di si, il lato più drammatico e lacerante del Black metal è parte integrante della nostra proposta musicale, la malinconia lo è anch’essa ma credo in una chiave molto poco diretta. Mi fa piacere in una proposta comunque molto estrema e contorta tu abbia colto questi sentimenti, che non sono assolutamente predominanti.
Sono sentimenti con i quali siamo ormai abituati a convivere e credo che vada sfata la loro visione in senso puramente pessimistico, sono figli della consapevolezza e nel caso nostro coincidono con il non arrendersi ad una certa secolarizzazione delle cose ma percependo la flebile persistenza di riferimenti altri.
La violenza musicale non è sicuramente tutto, nei suoi ventricoli si annidano sentimenti molto meno inclini ad una interpretazione diretta e univoca. La monumentalità che conserva la maestosa perseveranza di drammatici destini e l’aurea di negatività orgogliosa che permea tali mausolei oggi declinati dall’interesse collettivo sono un’immagine emblematica del nostro messaggio.
Rifuggiamo i centri di energia morta per ricercare l’energia seppur flebile ma potenzialmente distruttiva nel regno delle ombre, di ciò che fu, che travolse i destini, che annichilì le coscienze… che disumanizzò.  

Rispetto alla maggior parte dei gruppi black metal, gli Absentia Lunae non utilizzano i tipici canovacci del genere, optando invece per strutture aperte e in continuo divenire. È un modo di assecondare una sorta flusso di coscienza, o una scelta consapevole in opposizione agli standard black?
Mi riempi di orgoglio con queste parole, non sai quanto mi compiaccia della maniera così profonda e matura con la quale stai interpretando la musica del Absentia Lunae. Sì, vi è una linea continuativa che travalica le solite rigide direttrici e seppure all’interno della forma canzone vi è un flusso potentissimo che lega inscindibilmente il feeling di canzone in canzone, è stato questo il passo che abbiamo più o meno consapevolmente intrapreso in questo nuovo album. Basta abbassare il proprio sguardo sotto la sottile crosta dell’apparire per vedervi il filo conduttore concettuale e la guisa musicale. Lo standard black metal, fatta eccezione per alcune bands questo va detto, è inversamente conservatrice e questo è dovuto all’ormai pesante eredità del passato che costringe molte giovani leve all’emulazione a-critica dei loro miti, finendo con il costruirsi dei limiti nell’evolvere poi tale proposta, sentendosi come detto quasi debitori verso il passato. Noi pur rimanendo eternamente legati al Black Metal abbiamo superato questa fase da tempo, per ovvie ragione legate anche all’età artistica direi, suoniamo infatti ormai da anni e tendiamo a vedere la realtà con passione ma trascendendo i limiti della forma per rivitalizzarne la sostanza.

Nel miglior black metal ogni elemento sonoro aveva connotati quasi simbolici. Anche i suoni degli Absentia Lunae sembrano concepiti e registrati in modo descrittivo. Il vostro drumming, ad esempio, è freddo è inumano, sempre molto preciso e presente, quasi vogliate imporre ai brani un andamento marziale e guerresco…  
Il termine marziale mi sembra assolutamente appropriato e questo potrebbe essere uno dei futuri sviluppi e accentuazioni delle nostre future composizioni. Noi leghiamo questa anima funesta con un approccio molto più concettuale rispetto a qualsivoglia War Black metal, questo genere infatti finisce con l’essere spesso profondamente monotono e monocorde. Preferiamo invece proporre una ritmica marziale ma nel contempo cinica, cervellotica e d’avanguardia, questa permette di sviluppare canzoni in maniera molto più interessante e imprevedibile, con una logica quasi futurista. Il termine freddo è forse più associabile ai suoni ma credo che rispetto al primo album siano molto più ampi ed adeguati, inumano forse considerando la sua complessità, ma dietro vi è un’individualità in carne ed ossa, unica ed indispensabile a rendere il tutto imprevedibile. Queste sono tutte scelte che come accennavi non sono affatto casuali ma riconducibili a precisi significati fortemente voluti e vissuti.

Le vocals alternano invece parti in screaming e parti declamate: una scelta dovuta alla necessità di sottolineare determinati testi? Spiegaci come decidi di alternarle…
Cuore, ma soprattutto istinto, lo scream è da sempre il cavallo trainante di questa musica, capace di dare la giusta spinta nelle parti più travolgenti. Le parti declamatorie sorgono quasi come delle visioni e non riuscirei a razionalizzarle, anzi direi quasi che sono naturali deliri di onnipotenza in preda ad uno stato sovra-musicale, talvolta invece possono divenire tormentate e strangolate regressioni, intercalari, ma come sempre niente di tutto ciò è predefinito, tutto ricade nel regno occulto dell’istinto.

A proposito, come nascono le liriche degli Absentia Lunae? Sembrano avere un carattere erratico e visionario, in bilico tra introspezione e disperazione, e il tema dello scorrere del tempo e dell’eternità sembrano essere centrali…
L’eternità è il simbolo della fredda pietra monumentale, questa è stata  come ti dicevo elemento centrale nella concettualizzazione di questo secondo capitolo, basti vedere l’artwork accuratamente adeguato a tale scenario. Lo scorrere del tempo è simboleggiato dal leone, metafora di nobiltà ma nel contempo aggressivo orgoglio sotterrato, in attesa che la ruota riprenda il suo corso, è il vento che soffia sulle ferite del nostro tempo che affligge e acceca i più.
Noi, invece, ben consci di questa condizione con una invocazione interiore quasi negromantica risolleviamo dalle ceneri questi fantasmi, piaghe dei popoli ma il cui destino e scritto nelle stessa eternità, gesta che si ricompieranno quando vi sarà nuovo humus,  l’oscuro e simbolico mietitore ripartirà con rinnovato furore per la sua “wild hunt”… ma i tempi non sono ancora maturi, il destino è come un flusso. Siamo quindi paragonabili a dei sacerdoti che rievocano la flebile fiamma e che si nutrono della perseveranza in forme quasi apparentemente inconciliabili con le dinamiche figlie del fallimento delle in(certezze) della modernità. L’eternità sta nel dominio delle ombre e il positivismo con le sua menzogne auto-referenziali non trionferanno mai se non in apparenza, vi è sempre un lato d’ombra nell’essere e solo in una dimensione diluita è possibile percepire questa persistente linea continuativa. Credere è come creare, ma soprattutto perseverare…il futuro sarà la giusta sentenza. Spero di aver aperto un canale di lettura di questo concept…

Due passaggi nelle liriche mi hanno colpito particolarmente: in “Subliminal Aeternitate” canti “This is our sad destiny to watch the eternity of time by our own distorted perspective…”, e in “Manipulated Statues Of Flesh” esordisci dicendo “Those statues of flesh I manipulate are turning sings of confusion, are by themselves a carrier of pain…”. Ti va di approfondire i concetti?
Si, la nostra è una prospettiva distorta perché proprio nel ruolo di perseverazione di tale regno e destino viviamo inevitabilmente in un’epoca di profondo prevaricazione delle coscienze, l’ascesa alla forma pura di percezione ed istinto è ormai pratica complessa e di sempre più difficile realizzazione. L’individuo è sempre più raggelato, incatenato ai propri artificiali “doveri”, al senso di pietà. Quando Parlo di “our” definisco tale difficoltà, non ci sentiamo certamente parte di questo ventre molle dell’umanità socializzata, ma essere simbolicamente “sacerdoti” non significa necessariamente praticanti quali furono i nostri insigni predecessori ai quali arrisero le differenti condizioni in essere. Siamo quindi tutti , seppure a livelli differenti, figli del nostro tempo, seppure in alcuni vi sono potenzialità ancora manifestabili. Il secondo testo è relativo al potere e alla pratica della manipolazione, si riferisce a personali esperienze, che in se svelano come in questa in se affascinante pratica possano emergere derive inaspettate e talvolta incontrollabili. Sono da parecchi anni in questo ambiente e credo che non vi si annidino solo ed esclusivamente personalità dominanti, il problema a dover gestire i complessi fili psicologici del controllo psicologico ed intellettivo su un piano di supremazia culturale o semplicemente magnetica sono cosa tutt’altro che semplice. Preferisco non addentrarmi ulteriormente in materie tanto delicate…

La vostra chitarrista, Climaxia, suona anche nei Melencolia Estatica, che insieme a Locus Mortis, Urna e Celestia fanno parte del roster della tua label, la Aeternitas Tenebrarum Music Foundation. In tutti i casi si tratta di gruppi black dalla spiccata personalità, tanto che ATMF sembra voglia darsi un’impronta e una direzione ben precise…  
Si, avevamo fatto il possibile per conservare confidenziale tale informazione ma sembra che nella piccola Italia il gossip sia pratica collettiva. Il significato di mantenere le distanze dai suoi progetti sono la loro unicità ed evidente peculiarità. Gli Absentia Lunae se per molti aspetti incarnano profondamente i significati del libello concettuale rilasciato da ATMF non ne fanno parte, almeno formalmente. Locus Mortis, Urna, Celestia, Melencolia Estatica sono tutte bands con una loro precisa personalità e scenario musicale da proseguire, parlavo proprio ieri con Noktu e li dicevo che le bands scandinave continueranno a predominare sino alla fine dei nostri giorni sulle band italiane, francesi sino a quando queste si ridurranno ad imitarne lo stile e non produrranno una loro via. Una band italiana troppo debitrice alla scena scandinava sarà sempre peggio di una band per quanto mediocre proveniente da quelle terre, è un discorso per certi versi frustrante ma è la realtà dei fatti. Noi stiamo lavorando per dare finalmente alla scena italiana e ad altre band originali limitrofe e con le quali abbiamo profonde interrelazioni e stima personale, una label con una sua specifica personalità che permetta finalmente di portare queste realtà fuori dai soliti recinti. L’Italia ha un profondo patrimonio, storico-artistico e culturale e non deve invidiare nulla sotto questo aspetto alla scandinava, possiamo rielaborare il black metal pur senza ripudiarlo ma inserendovi profonde contaminazioni mutuate dal nostro personale patrimonio. Non dimentichiamoci poi come le nostre tradizioni esoterica ed occultista siano potentissime, in passato promosse da una band fondamentale quale i Mortuary Drape, questi hanno segnato una possibile evoluzione (oggi seguita con personalità, e spiccate doti artistiche da Urna e Locus Mortis pure in maniera diametralmente differente tra loro ), come credo che un legame tra arte noir, una nuovo e rinnovato esistenzialismo volta ad una drammatica consapevolezza  (vedi Celestia/Melencolia Estatica) sia un’altra soluzione, senza perdere per questo l’alone maligno ed oscuro inconfondibile del Black Metal primigenio.
Parlando dell’Italia non dimentichiamoci una band di cui andare fieri, quali i Tronus Abyss, che all’estero ci invidiano e che sono stati i veri e propri precursori di una musica capace di travalicare i limiti della forma per esprimere con visionaria potenzialità la sostanza, onore a loro!

La scelta di pubblicare così massicciamente gruppi italiani è anch’essa una scelta specifica? E quali altre entità black del nostro paese ammiri e/o ti piacerebbe rilasciare tramite ATMF?
Credo la risposta sopra abbia parzialmente chiarito, vogliamo identificare una specificità territoriale ed una maniera di intendere la musica, molto viscerale, matura. Mi farebbe molto più comodo ti assicuro produrre l’ennesimo gruppo svedese che ti garantisce una gettito di vendite immediate ma non è ciò che cerco, la soddisfazione come ti ho detto è un’altra, qualcosa sta comunque gradualmente cambiando, già la cosa si sta palesando fuori dai confini nazionali con Melencolia Estatica e Urna. Altri gruppi italiani? Ve ne sono per esempio alcuni che ammiro come Tenebrae in Perpetuum e Beatrik, Spite Estreme Wing (capaci di introdurre tematiche colte ed elitarie in una scena stantia e dalle derive religious-giudaiche). I Beatrik però sono finiti nelle fauci della “multinazionale” Avantgarde, quindi vedo il tutto poco praticabile e gli SEW li vedo già orientati verso quello che potrebbe essere l’ultimo capitolo della loro storia sotto l’egida Behemoth.
Vi sono anche altre band italiane di sicura considerazione ma noi cerchiamo quella forma di profondità occulta che può fare nuovamente vibrare la nera fiamma, raggelando il sangue, non l’ennesimo Cold and Frosty Black Metal che pur onorevole non supererà mai i maestri. E’ per questo che al momento non stiamo svolgendo alcuna attività di scouting desiderando di concentrarsi a pieno regime su questi gruppi con i quali abbiamo un legame pluriennale e molto profondo, ci sono alcuni movimenti, alcuni veramente importanti, la stampa di Forgotten Woods “Race of Cain” e la possibile firma di 2 band italiane che stimo in maniera profonda, ma tempo al tempo…  

Quali invece i gruppi stranieri che stimate maggiormente, e perché?
Parlo a titolo prettamente personale e ti dico (in ordine sparso): LEVIATHAN (USA), progetto sinistro, macabro e deviato nel proporre la loro sinistra svolta elettronica; DEATHSPELL OMEGA, per come sono stati capaci di rielaborare in maniera disarmonica il black metal non certo per le loro derive bibliche; gli EMPEROR,  soprattutto sino ad “Anthems…”, sophisticated black metal, dei geni, una delle poche bands che hanno resistito al passare implacabile del tempo nella mia personale graduatoria; i CLANDESTINE BLAZE, del freddo “Fist of the Northern Destroyer”; SECRETS OF THE MOON, una band capace di rielaborare il loro estremismo, mi aspetto grandi cose da loro; CELESTIA e MORTIFERA per ragioni simili. Non sai nemmeno che noia invece suscitano in me gli ultimi album degli arcinoti Darkthrone, Satyricon e compagnia cantante… In ambito pagan, poi, riesco a sopportare soprattutto gli ultimi NEGURA BUNGET proprio per la loro ricercatezza ed intelligenza nel trattare queste tematiche, e gli ENSLAVED, capaci dopo così tanti anni di dare un senso alla loro esistenza. Aborro invece l’epica fine a se stessa. Nel campo molto estensivamente definito Dark-Ambient: scelgo, anche se con forti influenze industrial, il maestro IN SLAUGHTER NATIVES; RAISON D’ETRE, i primi ORDO EQUILIBRIO (oscurissimi), i mitici DEUTSCH NEPAL, ma anche e soprattutto i nostri GOTHICA, qui però entriamo in settori folk e allora non posso dimenticare i commoventi ATARAXIA. Ritorniamo su terreni più cupi: come non citare ARDITI, TRIARII e BLOOD AXIS in ambito marziale… i primissimi PUISSANCE e i DEATH IN JUNE, gli OSTARA prima che divenissero patetici (primi 2 album). Come vedi, prevalentemente black metal ma non solo, seppure ricollegato dalla sfera noir, chi non percepisce le vie di passaggio è miope. Credo comunque che dopo tanti anni il mio genere di riferimento è stato e resterà il black metal.

So che la collaborazione con Noktu Geiistmortt per il testo di “Pale Lune” è frutto di un’amicizia di lunga data, che lo stesso Noktu ha raccontato in una recente intervista. Ora è il tuo turno: spiegaci cosa ti attrae di questo personaggio, e cosa condividi con lui ed i suoi progetti...
Noktu è una persona assolutamente autentica, i Celestia e i Mortifera sono profondamente correlati alla sua vita, lo conobbi quando ebbi l’occasione di intervistarlo per ATMF che allora era web-zine e cercai come sempre facevo di coinvolgerlo in discorsi che non fossero le solite retrospettive musicali ma parlassero del significato più profondo dei Celestia. Ho allora capito che dietro vi albergavano convinzioni ed esperienze personali forti ed autentiche che nel breve periodo nel quale abbiamo avuto la possibilità di incontrarci per la stipula del contratto abbiamo ulteriormente approfondito. La foto esterna dell’artwork del nuovi digibook è stata infatti scattata in una delle tante zone d’Ombra che regalano il nostro territorio. E’ nata così una profonda stima e collaborazione sul piano sia artistico che di etichette Black metal (già in piedi ma ulteriormente rafforzato), un legame che va oltre la mera utilità materiale. A differenza di molte week-end o hobby bands l’immaginario dei Celestia è profondamente connaturato con le convinzioni esistenziali di Noktu; al di là di questo ho sempre avuto profondo rispetto per le produzioni della Drakkar, soprattutto nella sua fase “storica”, oggi produce ancora bands dall’indiscutibile valore artistico (Vrolok, Slavia, GBK).

Il black metal è stato ormai da tempo codificato in un genere musicale come tanti, e anche nelle sue forme più underground ha perso i connotati estremi iniziali. Credete che possa ancora oggi svolgere un ruolo di seria opposizione e di antagonismo, o si è irrimediabilmente trasformato nel giocattolo “cult” di pochi appassionati?
Seria opposizione ed antagonismo? Non so se lo sia mai stato, quantomeno nel significato più puro di questo termine. Credo che risenta anch’esso del logorio dei nostri tempi ed è più che altro ridotto a patrimonio degli individui, l’unica via di fuga dopo il fallimento stesso di coloro che ne accesero i tizzoni. Parlando in giro più di qualcuno mi ripete che “ci vorrebbe qualcosa di grande”, che il Black metal sta diventando qualcosa di meramente musicale e se il discorso mi può trovare concorde sono convinto che sul lungo periodo potrebbe inficiare ancora più profondamente sulle coscienze, tieni però presente che quella fase di confronto diretto fu anche la fine di quel movimento, lo scontro con le istituzioni norvegese fu allora fallimentare, il fenomeno emerse e venne immediatamente represso per divenire oggi meta turistica e merce d’esportazione. I concetti e le intuizioni artistiche/spirituali restano però immortali.
Noi crediamo in una strategia che parta dall’autoanalisi, non siamo necessariamente convinti che il Black metal debba ridursi ai soliti “fortunati amici”, senza per questo modificare nella sostanza i capisaldi del suo messaggio.

Il disco si chiude con un sample estratto da un celebre film di Ingmar Bergman, “Il Settimo Sigillo”. Si tratta di un frammento sul dilaniante dubbio circa l’esistenza di Dio che suona come una vostra confessione. È così?
Credo sia un significato ed una riflessione comune, una constatazione dell’esistente, che la nostra percezione di tale significato sia ben lontana dal comune sentire, più che una confessione è il monumento al fallimento della religiosità intesa in senso popolare, ero certo che avrebbe destato interpretazioni molto contrastanti. Io preferisco parlare di simboli ed energie in queste circostanza, ma sono discorsi molto personali...

 

 

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