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I, VOIDHANGER MAGAZINE - INTERVISTA

GOTICO ITALIANO: GUIDA AL DARK SOUND E ALLA CULTURA GOTICA IN ITALIA


ABIOGENESI
Vampire Blues
di Voidhanger 

Ci sono due modi per suonare classico rock anni ’70: ricalcare pedissequamente i più famosi modelli dell’epoca, oppure ispirarsi anche alle icone più piccole e alle band di culto del periodo, creando una propria visione di ciò che fu. Ossia infondendogli nuova linfa vitale, nuove emozioni.
È esattamente quello che sono riusciti a fare gli Abiogenesi di Tony D’Urso nei quattro album a loro nome. L’ultimo, “Io Sono Il Vampiro”, porta ancora una volta il marchio della genovese Black Widow Records ed è un disco dal cuore grande, l’ennesima dimostrazione di bravura di un combo fuori dal tempo, incurante delle mode, concentrato esclusivamente sulla sua poetica. Nella musica degli Abiogenesi ci sono le atmosfere brumose e l’eleganza “dark” di Black Widow, Atomic Rooster, High Tide e Uriah Heep; l’impetuosa creatività prog di EL&P e Camel, e le malinconie psichedeliche dei Pink Floyd.
Un suono, quello degli Abiogenesi, che non è soltanto la somma delle parti, ma la prova provata dell’esistenza nel nostro Paese di una scuola sotterranea, che ha vampirizzato (è proprio il caso di dirlo) quel rock d’antan sin dai ’70 e che oggi lo rilegge alla luce di una sensibilità tipicamente italica. Esemplificative sono le riletture di classici di Uriah Heep, Black Widow e Camel interpretate con testi italiani scritti da D’Urso per l’occasione.
Come scoprirete nell’intervista che segue, in cui annuncia a sorpresa lo scioglimento (temporaneo?) della band, D’Urso è personaggio tanto sincero quanto pronto a schivare la luce dei riflettori, a dispetto di una maestria tecnica pari a quella di Paul Chain e Mario “The Black” Di Donato.
La cosa ci fa interrogare sul senso stesso del rock: quello vero, non edulcorato, portatore di valori importanti e che ti gonfia ogni volta di nuove energie, oggi sta lontano dai riflettori. Oggi ha il profilo basso e l’anima luminosa degli Abiogenesi.

Tony, presenta gli Abiogenesi ai lettori, ripercorrendone le tappe fino a “Io Sono Il Vampiro”.
Abiogenesi non è nato certamente a tavolino. Io, Sandro Immacolato e Roberto Piccolo ci siamo incontrati anni fa dopo svariate esperienze in altri gruppi, alcuni importanti, altri di breve durata. Abbiamo suonato per anni come Tony D’Urso Group perché io avevo già un seguito e quindi non c’era l’esigenza di farsi conoscere. All’inizio facevamo cover. Ma ci tengo a precisare che erano cover, e non imitazioni. Poi ecco che comincia a nascere un gruppo: tre persone con la voglia di fare, di provare, indipendentemente dal fatto di potere suonare nei locali o da quello che ne sarebbe potuto venire fuori. Quindi, solo passione ed un grande piacere che trascende qualsiasi altra storia. La nostra formazione musicale proviene dagli anni ’70 e la mia, anche se ero molto giovane, addirittura dai ’60; quelli più psichedelici, per intenderci.

Parte di “Io Sono Il Vampiro” è la colonna sonora del film “I Am A Vampire”, firmato Max Ferro. Siete soddisfatti di come è stata usata la vostra musica nella pellicola? L’avete composta per l’occasione o era già stata scritta?
Per il film di Max Ferro sono state scritte le prime due canzoni del disco (“Io Sono Il Vampiro” e “Leandro” - nda). Il resto del materiale che è possibile ascoltare nella pellicola, per chi ha avuto la fortuna di vederla, era già stato composto. A Max Ferro ho detto immediatamente sì, è assolutamente entusiasta di ciò che fa, e questo per me è molto contagioso.

Attraverso gente come i Goblin, Frizzi, Gaslini, Morricone e tanti altri, l’Italia ha sfornato grandi colonne sonore per grandi film horror. Avete subito la loro influenza? Vi sentite musicalmente in debito con quegli artisti?
No, sarei bugiardo se ti dicessi di sì, mi sono sempre ispirato a tutto ciò che ho sentito e assorbito in questi anni di passione cominciata prestissimo.

Ma sicuramente avete molto amato certi sceneggiati TV, dato che nel nuovo album avete incluso la cover di “Belfagor”, già presente sulla raccolta “…E Tu Vivrai Nel Terrore”. Voi li avete visti andare in onda tra i ’60 e i ’70: cosa hanno significato per voi e per un’Italia che attraverso il tubo catodico mai si era confrontata con certe tematiche occulte prima d’allora?
Beh, quella televisione in bianco e nero, non invadente, fatta da grandi attori ed intrattenitori, come può non essere rimasta nel cuore di chi la ha vista di persona? Belfagor, Il Segno del Comando, L’Ispettore Maigret, e così via. L’occulto ogni tanto affiora, ma non è un rito da consumarsi settimanalmente. È quella parte di me e di noi, se vuoi, che ci fa pensare che non c’è solo la vita, o la morte dopo di essa. Ci sono i dubbi, le incertezze, altre dimensioni… fin dove ti spinge la fantasia. L’importante per me è non avere alcuna certezza, ma cercare di immaginare sempre qualche nuova dimensione di vita, di piacere. Tutto ciò con l’imperativo di non nuocere ad altri.

C’è un  film che ti ha segnato in particolare?
Ad oggi, il mio film preferito è “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders.

Il tema del vampiro è uno dei più cari alla letteratura e al cinema del terrore. Anche voi siete affascinati da questa figura? Ed è vero che ogni artista è un po’ vampiro?
Sì, io mi sento un vampiro, nel senso che mi piacerebbe bere sempre di più alla fontana della vita, per raggiungere quello stato che si chiama felicità, e basta.

Tra i momenti salienti di “Io Sono Il Vampiro” ci sono ovviamente le cover di “Lady In Black” di Uriah Heep, “Never Let Go” dei Camel e “Mary Clark” dei Black Widow. Qual è stato il vostro approccio? Sono brani che hanno un significato speciale per te, o la scelta è caduta su canzoni che sentivate vicine alla vostra poetica musicale?
Tutto per me ha un significato in ciò che faccio, anche le certezze hanno il puro significato del piacere. ‘Never Let Go’ è un pezzo che amo profondamente, soprattutto da quando è diventato anche mio, da quando cioè ho scritto per esso un testo in Italiano dedicato ad un grandissimo amico perso a 28 anni. Il testo lo ho buttato giù vent’anni dopo la sua morte e, credetemi, per me è stata un’esperienza molto terapeutica. ‘Mary Clark’ è il pezzo dei Black Widow che amo di più, mentre ‘Lady In Black’ è nata così, da un’idea di Massimo Gasperini (di Black Widow Records – nda). Per me è stato un regalo che ho fatto a lui, ed il testo che ho scritto mi sembra molto centrato, senza presunzione.

Gli Abiogenesi sono spesso indicati tra i gruppi del “dark sound italiano”. Il riferimento è ovviamente al hard prog oscuro dei ’70 e a gruppi come Dr.Z, Black Widow, High Tide, Monument, Zior, etc. Che spiegazione dai al fatto che le loro atmosfere oscure abbiano attecchito così bene nel nostro Paese?
Grazie per l’accostamento a quelle band, e aggiungi pure i Pink Floyd tra le mie fonti d’ispirazione. Direi che il motivo principale sta nel fatto che qui al Nord siamo vicini a quelle atmosfere, che man mano che scendiamo a Sud si fanno invece più mediterranee.

Vi sentite parte di una scena italiana che sembra coagularsi attorno alla Black Widow Records? E quali altre band italiane vi piacciono?
Amo chi si mette in gioco senza idea di cosa può succedere. Quindi amo tutti i suoni non prefabbricati, e direi che la Black Widow Records ha un bel campionario di pazzi. Ultimamente ho apprezzato molto L’Impero delle Ombre, mentre i Malombra di Mercy restano un mio punto di riferimento.

Che valore va attribuito al “lato oscuro” delle cose che tanto vi attrae? È una semplice fascinazione per l’invisibile, per ciò che sta “oltre”? Oppure una voglia di conoscenza più profonda?
Il lato oscuro delle cose è voglia di conoscenza, di spiritualità, d’amore, di morte, di sesso, di vita a 360°, ma sempre nel rispetto degli altri. Se sei sadico, trovati un masochista, altrimenti ritenta con AMORE per tutto ciò che fai e per coloro con cui hai a che fare.

Quali sono i chitarristi che più ti hanno influenzato? E i dischi che reputi essenziali in una collezione rock che si rispetti?
Ah, una domanda leggera! Se dovessi fare una classifica dei miei 5 chitarristi preferiti, sceglierei i seguenti: 1) George Harrison, 2) David Gilmour, 3) Andy Latimer, 4) Rory Gallagher, 5) Jeff Beck e Jimmy Page a pari merito. Questi invece i 5 dischi per me essenziali: 1) “Revolver” dei Beatles, 2) “White Album” dei Beatles, 3) “Pawn Hearts” dei Van Der Graaf Generator, 4) “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd, 5) “Nursery Crime” dei Genesis. E poi migliaia di altri classici capolavori.

A parte la bellissima copertina del nuovo disco, sono rimasto colpito dal collage di foto nel booklet, che ritraggono le vostre famiglie, la gente che vi sta intorno. Quanto è importante questa dimensione familiare per gli Abiogenesi?
Quella per il collage è una passione che coltivo da tantissimo tempo. Mi è sempre piaciuto ritagliare foto e poi contaminarle con disegni, un po’ in stile pop art. Abiogenesi in questo momento è una famiglia che per un po’, o per sempre, si è separata. Forse si ricomporrà con nuovi elementi, non so. In futuro vorrei fare ancora qualcosa, se la Black Widow vorrà. Comunque ciò che per ora rimane è frutto di una sincera e spontanea ispirazione.

IL DISCO

 

ABIOGENESI
"Io Sono il Vampiro"

(Black Widow, 2006)


"Io Sono il Vampiro", nuovo album degli Abiogenesi, ha il merito di confermare la band di Tony D'Urso a livelli di eccellenza, e di tornare a puntare i riflettori sul dark sound nostrano, che da quello dei Settanta ha preso l'abbrivio. Il disco rinsalda anche il legame esistente col cinema horror, considerato che in parte è stato realizzato come colonna sonora del fim underground "I Am A Vampire" di Max Ferro e che un pezzo come "Belfagor" è un ovvio al sinistro serial TV dei '60. Le notturne "Vampire Blues" e "Sabba Vampire", entrambe aperte da un flauto dal suono misterioso, portano alla mente i Black Widow, di cui viene proposto in lingua italiana uno degli episodi migliori del dopo "Sacrifice", la splendida "Mary Clark". Ma c'è anche spazio per gli Uriah Heep e la loro "Lady In Black - Di Nero Vestita". Tra gli episodi autografi, invece, segnaliamo almeno la title-track e "Lontano", brani in cui D'Urso evoca gli spiriti affini di High Tide e Pink Floyd attraverso una chitarra solista che ha del prodigioso, costantemente avvinghiata ai caldi suoni di un organo, come in un abbraccio sensuale. "Io Sono il Vampiro" è uno di quei dischi che, lungi dall'essere capolavori, sono dotati di un fascino irresistibile: quello delle cose genuine, frutto di sincera passione.

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