Tali testi sono stati raccolti dallo storico Giuseppe Gangale.

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Konkytarea e Viinesy

E err, e llagkur, mbrooma

mb’uudhys Viines, shii;       

ure kyrkonja Maren

ty konkytaren breshe.

 

Mb’uudhy njy pillake.           

“Miir se ty gjeta, ndrí!          

E ddi te ku Marlulla

Rri, konkytarea e breshe?”

 

“Miir s’erdhe, ti udhytaar,

se jee ka gjaku joon,           

ti pieste, u ty pyrgjegjynja:  

stupì e Mares o’ atì.”

 

Njy speel ty zhbirtur pee,

zhiarri te vatra ddiegkjc

kamnisic kamnoi.    

 

Mbronda kamnoit peeva    

njy gkrua, adhé e reevo,

te njy door njy ddiall,            

njy llugk e maath te jetra;    

ndy kusii gjo pyrzhiec.        

 

Llesh-zhezha si nata,          

fakja ddíali-e-ddiegkur,

zhiarri u skrepicy mb’aany e          

bbiljes t’speelit gkuriçç.      

 

“Moi, ççy my pyrzhien                     

ndy kusiit e zheezhy?          

Pyrzhien llongkun bbaric    

I miir pyr sii-kukjit                 

e pyr simurma maalic?”     

 

Ddual Marlulla e vroory,      

e vroory me bbirin ngkrah,

skyndillat asacy siivet                     

rraan mbi fakjes tiim.          

 

“Ti kee ti jeçç i lavur,           

sa strombury ti folle!

Ikk, se im shokj u mbijdhet 

kriet ççy kee ty prett.”                                             

                                       

 “Ti ningky my prizhee,

mank idhi shokj my vret,

se viershytaar u’jaamy:       

adhé me kriet ty preer        

njy vierhytaar ningk ddees!

Kindó,pyr kitá erdha.”         

      

   

“Jee vyrtet i ddejytur!           

Ççy skova ure, e skreeta!

Ndy sheitrat ungk my ndihnjyn

te praku ullu e gjegjc!”        

huu fiil asture Mara

konken e Kostandinit,

kjy jesh tre ddita i dhondur

e nondy vieçç nd’ushtyríit e

Zhotit ty maath Stambollit   

njer ççy te nusa u nteu.       

Ftoi gjithy te darsema,        

veçç mua, se nyngk kisha lleer.

              

Buia, bagnata, la sera

nelle strade di Vena, pioggia;

Io cerco a Maria

la Rapsoda degli arbereschi.

 

Nella strada una vecchia.

 “Bentrovata, comare!

Lo sai dove abita Maria Fiore,

La rapsoda arberesca?”

 

Benvenuto, tu viandante,

perchè sei del nostro sangue,

alla tua domanda ti rispondo

che la casa di Mara è lì.”

 

Una casupola aperta io vidi,

un fuoco nel focolare ardeva,

emetteva fumo il camino.

 

Dentro il fumo io vidi

una donna, ancor giovane,

con in un braccio un bambino,

un grande mestolo nell’altro;

mescolava qualcosa nella caldaia.

 

Capelli neri come la notte,

faccia  dal sole bruciata,

il fuoco crepitava tutt’intorno

alla figliuola nella casupola di pietra.

 

 “Ohimè, che mi mescoli

nella nera caldaia?

Mescoli un infuso di erbe

adatto contro il malocchio

e e per gli ammalati d’ amore?”

 

Uscì Maria Fiore severa,

e severa col figlio in braccia,

le scintille dei suoi occhi

si riversarono sul mio viso.

 

 “Tu devi essere matto,

Per quanto ingiustamente hai detto!

Scappa, chè mio marito sta per rientrare 

la testa che hai ti taglia"

 

"Tu non mi mandi via

nemmeno tuo marito mi uccide

che ...........      io sono:

anche  con la testa tagliata

un ........     non muore!

canta,  per questo sono venuto."

 

 

".................

che cosa ho passato io,  ............!

....................

................

................

..............

sono stata tre giorni  ............

e se vieni  .............

il Signore ...........

una volta che dalla moglie (fidanzata) è tornato

...........

...........

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