VITERBO |
CASE |
Casa Poscia.
E’ un tipico esempio di abitazione viterbese del ‘300, dall'architettura estremamente gradevole con un bel profferlo, non sorretto da pilastri, terminante in una balconata a cui si accede attraverso un portale. Un bel prospetto si può avere da via Cavour, dove l'edificio è visibile preceduto da un'ampia scalinata: l'insieme crea uno scorcio di grande suggestione.
Casa di S. Rosa.
Si
affaccia sulla via omonima, e una modesta abitazione che rivela le umili origini
della Santa, ben conservata grazie ai numerosi restauri; una statua bronzea
dello scultore contemporaneo Joppolo è posta presso l’ingresso.
CHIESE |
Chiesa di S. Angelo.
Fu
eretta alla fine dell'anno 1000 in stile romanico-lombardo ed in seguito
completamente ricostruita; l'interno, ad una sola navata, è stato ristrutturato
alla fine del '700 in stile tardo barocco. Vi si conservano pregevoli dipinti
del XV-XVII sec. ed un crocefisso in legno che, si narra, sia stato asportato
dalla distrutta città di Ferento. Sulla parte destra della facciata è stato da
poco rimosso per restauri, un sarcofago romano riccamente decorato che secondo
la leggenda, smentita dalla recente apertura del sacello, doveva racchiudere il
corpo della "Bella Galliana": una fanciulla sedicenne, dell'anno
Mille, di cui si era invaghito un signorotto romano, il quale, essendo stato
respinto dall'amata, fece cingere d'assedio Viterbo.Per desistere dai suoi
propositi e lasciare libera la città, il patrizio, chiese di vedere per
l'ultima volta Galliana che venne fatta affacciare da una torre. Non sopportando
l'idea di perderla, il nobile la fece trafiggere a morte da una freccia.
Chiesa del Gesù o di S. Silvestro.
E’
probabilmente dell'inizio dell'XI sec., la semplice facciata è sormontata da un
campanile a vela ai lati del quale sono posti due antichi leoni. La chiesa è
stata di recente restaurata e riaperta al culto.
È
stata citata nell’ ”Inferno" dantesco in quanto nel 1271 Simone e Guido
di Manforte vi uccisero, per vendetta, Enrico di Cornovaglia, nipote del Re
d'Inghilterra.
Chiesa di S. Giacinto.
Fu
completamente distrutta dai bombardamenti della II guerra mondiale e ricostruita
con architettura moderna in netto contrasto con lo stile delle costruzioni che
la circondano. Affianca la chiesa, il monastero delle Clarisse in cui visse S.
Giacinta Marescotti, nata a Vignanello nel 1585.
Chiesa di S. Lorenzo o Duomo.
Edificata
nel XII sec. in stile romanico, ha subito rimaneggiamenti soprattutto nella
seconda metà del 1500 per volere del Card. Gambara che ne modificò
radicalmente la facciata. L'interno conserva le sue linee originali grazie ai
restauri compiuti ne dopoguerra: ha i tetto a capriate ed e diviso in tre navate
da due file di possenti colonne monolitiche. L'abside e stata ricostruita dopo
il 1945 cercando di salvare il seicentesco affresco del Passeri, eseguito sulla
volta ed ispirato alle Virtù Cardinali; sull'altare troviamo una bella pala del
XVII sec. opera del Romanelli raffigurante S. Lorenzo Martire; nella navata
centrale pavimento cosmatesco del XII sec.. Nella navata di destra
troviamo un fonte battesimale marmoreo del XV sec. di F. d'Ancona, una Cappella
con affreschi raffiguranti i "Matrimonio di S. Caterina" e
"Madonna in trono col Bambino", il busto in marmo di Letizia Bonaparte
opera del Duprè, pregevoli dipinti del XVI-XVII sec. raffiguranti la
"Decollazione del Battista" e la "Sacra Famiglia"; nella
Cappella dei SS. llario e Valentino troviamo una tela seicentesca del Morandi
raffigurante i due martiri e il SS. Sacramento, due dipinti del 1724 opera del
Mazzanti in cui è rappresentato il "Martirio dei Santi" ed un
"S. Bartolomeo" e un "S. Lorenzo che dà la comunione",
opere settecentesche dello Stringelli e del Benefial. Nell'abside
della navata di destra una tavola del '400 con "S. Stefano e S.
Lorenzo".
Nell'abside della navata di sinistra troviamo la "Madonna della
Carbonara" del XII sec., resti di affreschi del XV sec., tabernacolo
rinascimentale in marmo e una tela che raffigura "S. Lorenzo che guarisce
gli ammalati", opera del Benefial. Sempre nella navata di sinistra si nota
la "Cappella di S. Lucia", effigiata in un grande dipinto del 1 720,
opera del Mazzanti; un Crocefisso in legno del ‘600; un busto del Cardinale
Gallo, opera del Canova; una pregevole tavola del 1472 raffigurante "Il
Redentore benedicente tra Santi"; un "S. Lorenzo e poveri",
dipinto del Maratta; resti di affreschi del XIII, XIV e XV sec. ed una tela di
autore ignoto del '600 con "S. Girolamo". Nella Sagrestia sono
collocati pregevoli armadi intagliati del XVIII sec.; nelle Sale Capitolari si
conservano alcuni paramenti sacri del VI sec. e nella fornita Biblioteca si
trovano codici membranacei, pergamene, documenti e manoscritti datati dal XII al
XVI sec.. Nella Cattedrale sono sepolti alcuni vescovi e Papa Giovanni XXI,
unico Papa Portoghese. All'esterno, su lato sinistro del Duomo, si innalza il
campanile in stile gotico con influssi di scuola toscana, per il caratteristico
uso alternato di peperino e travertino: ha quattro ordini di doppie bifore, la
cuspide e a piramide ottagonale.
Chiesa di S. Maria Nuova.
La sua costruzione, in stile romanico, risale al 1080 circa e per lungo tempo fu adibita ad archivio comunale; un attento restauro l’ha riportata al suo aspetto originario dopo che nel corso dei secoli aveva subito notevoli rimaneggiamenti. Ha semplice facciata con il portale sormontato da una testa marmorea di Giove e sull'angolo sinistro troviamo il famoso pulpito da cui, nel 1266, predico S. Tommaso d'Aquino. Possenti colonne monolitiche sormontate da capitelli dividono l'interno in tre navate ed il soffitto a capriate presenta decorazioni del '400. Nella chiesa si conservano opere di scuola viterbese di ingente valore, datate dal XIV al XVI sec.. Nella navata destra troviamo, fra gli altri, "Cristo in croce fra Angeli e Santi", del XV sec., uno degli affreschi migliori del Balletta; un affresco attribuito alla scuola del Cimabue, raffigurante "Cristo in Croce fra Maria e Santi" del 1293; nell'abside, tabernacolo del 1100 e sull'altare, un Crocefisso in legno del XVII sec.. Nella navata sinistra: un trittico su cuoio del XIII sec. raffigurante, da una parte, "II Salvatore benedicente tra la Madonna e S. Giovanni" e dall'altra, alcuni Santi; un pregevole affresco del Balletta con "La Madonna in trono con Bambino, Giovanni Battista e Cristo risorto"; un "Cristo crocefisso tra Madonna e Santi" affresco del XIV secolo di Matteo Giovannetti; un affresco del '500 attribuito al Pastura con "S. Giovanni, S. Girolamo, S. Lorenzo e il committente".
Chiesa del Gonfalone.
Costruita
tra il 1665 e i 1726, come sede dell'omonima confraternita, e un bell'esempio di
barocco viterbese. Vi si conserva lo stendardo della Confraternita dipinto su
entrambe le facciate dal Romanelli con, da una parte, il "Battesimo di
Cristo" e dall'altra, "Madonna della Misericordia". La volta e
decorata con "L'Empireo", un grande affresco attribuito allo
Stringelli ed al Corvi; sull'altare maggiore, la lunetta presenta un
"Giovanni Battista alla presenza di Erode" del Falaschi e sulla
lunetta sopra l'organo "Decollazione del Battista" di Domenico Corvi;
gli altari presentano due pale, opere del Carelli, l'una raffigurante la
"Madonna della Misericordia", l'altra "S. Bonaventura".
Chiesa di S. Pellegrino.
Ha
origini romaniche ma ha subito notevoli rimaneggiarnenti nel corso dei secoli e
soprattutto nell'immediato dopoguerra. Pur essendo priva di opere di rilevante
interesse artistico, è un elemento essenziale per il completamento della
architettura duecentesca della splendida Piazza S. Pellegrino.
Chiesa di S. Andrea.
Fu
eretta intorno alla metà del XII sec. ed ha subito notevoli opere di restauro
che hanno, prima, riportato alla luce la Cripta e, in seguito, risanato i gravi
danni subiti durante l’ultimo conflitto.
La
facciata e preceduta da un portico con tre archi a tutto sesto e sovrastata da
un campanile a vela. L'interno, con soffitto a capriate, ha un'unica grande
navata con il presbiterio rialzato completato da tre absidi. E’ molto
interessante la Cripta in stile gotico, a quattro navate, che conserva parti di
affreschi del XIV sec..
Chiesa di S. Pietro.
La
sua costruzione fu voluta, alla metà del XIII sec., dal Card. R. Capocci è,
passata nel corso dei secoli a vari ordini religiosi, e oggi affidata ai Padri
Giuseppini che vi hanno creato, accanto, uno Studentato Internazionale di
Teologia. Ha subito notevoli trasformazioni che ne hanno mutato radicalmente
l'aspetto originario.
La
facciata, a intonaco interrotto da lesene in pietra, e a due ordini preceduta da
una scalinata che ha, ai lati, due parapetti decorati con grandi sfere di
pietra. L'interno ha forma di croce latino, e sormontato da una cupola e vi si
conservano dipinti ed affreschi che vanno dal XVI al XX sec..
Chiesa di S. Sisto.
Si
affaccia sulla omonima piazza ed e adiacente a Porta Romana. Fu edificata
intorno all'XI sec., probabilmente sui resti di un tempio pagano, è in stile
romanico, presenta una facciata molto semplice e, al termine della navata
destra, un piccolo campanile longobardo a due ordini di finestre, di cui il
superiore a trifore divise da colonnine rastremate; inserito nelle mura
cittadine troviamo un secondo campanile di costruzione posteriore.
L'interno
e diviso in tre navate da colonne e i tetto e a capriate; il presbiterio fu
rialzato nel XIII sec. per costruire la cripta ed e diviso da pilastri in tre
absidi, la maggiore delle quali sporge dalle mura urbane in cui e inserita.
Nella
chiesa si conservano: un'ara romana scolpita con bassorilievi, un tabernacolo
del XV sec., due pulpiti romanici ed una pregevole tavola quattrocentesca di
Neri di Bicci raffigurante "La Madonna con Bambino tra Angeli e alcuni
Santi".
Chiesa di S. Maria della Salute.
Elegante
cappella del XIV sec. a pianta quadrilobata che ospita le spoglie del
committente; la facciata, sormontata da un campaniletto a vela, è costruita in
pietra in due varianti di colore: la parte inferiore è scura, la parte
intermedia e costituita da blocchetti chiari e scuri posti a scacchiera e,
separata da una fascia di pietra bianca, la parte superiore, sempre a due
colori, ha i riquadri posti diagonalmente; il portale, probabilmente della
scuola di Lorenzo Maitani, artisticamente decorate, testimonia l'influenza
umbro-toscana sull'arte viterbese.
Chiesa di S. Giovanni Battista.
Detta anche S. Giovanni degli Almadiani, fu edificata nel XVI sec. Per volere di Giovan Battista Almadiani, i cui familiari furono sepolti all'interno di essa. Un antico convento attiguo alla chiesa fu demolito nel corso delle opere di ristrutturazione urbana eseguite agli inizi degli anni quaranta, contemporaneamente il campanile del XIII sec. venne "smontato", ricostruito e inserito sul fondo della navata sinistra, nelle linee originarie che sono giunte fino a noi: in stile gotico toscano, a due ordini di bifore e terminante con una cuspide. La facciata, su via Cesare Dobici, presenta una statua in marmo di S. Giovanni Battista, statue di Evangelisti poste in due nicchie ed una finestra circolare, sopra il portale si trovava una terracotta di Andrea della Robbia che ora e custodita presso il Museo Civico; l'interno è a tre navate diviso da poderose colonne.
Chiesa di S. Maria della Peste.
Fu
eretta alla fine del XV sec. per invocare l'aiuto divino affinché fosse evitata
alla città una grave pestilenza. Ha pianta ottagonale, sovrastata da una
cupola, tanto da ricordare lo stile del Bramante. Si conservano all'interno: un
S. Sebastiano, affresco della scuola del Pastura, una "Madonna"
contenuta in una edicola ed un ciborio. II tempio e ora dedicato alla memoria
dei caduti. Sempre sulla piazza sorge i monumento al "Paracadutista
d'Italia" opera moderna realizzata in peperino che, con le due grandi ali
spezzate, e di notevole suggestione. Adiacente troviamo piazza Martiri
d'Ungheria, completamente ristrutturata nel 1984, e attrezzata a moderno ed
ampio parcheggio.
Chiesa di S. Marco.
Di
notevole interesse storico ed artistico, fu consacrata da Papa Innocenzo III nel
1 198. La facciata e molto semplice, preceduta da alcuni gradini; l'interno ad
una navata, conserva pregevoli opere tra cui: una pala d'altare e un affresco,
situato nel catino dell'abside, dipinti nel XVI sec. dal d'Avanzarano detto il
"Fantastico"; un dipinto del Balletta del XV sec.; un affresco
attribuito al Pastura del XVI sec..
Chiesa di S. Rosa.
Fu
costruita, su progetto di Vincenzo Federici, alla metà del XIX sec., sul colle
dove sorgeva la piccolo chiesa duecentesca di S. Maria delle Rose, attigua al
convento delle Clarisse di S. Damiano; la cupola, progettata dal Foschini, venne
edificata nel 1917. L'esigenza di costruire il nuovo santuario nacque dalla
necessita di dare un luogo di culto adeguato alla moltitudine di fedeli che,
spinti dalla devozione crescente verso la Santa, sempre più numerosi vi si
recavano in pellegrinaggio. Un'ampia scalinata precede la semplice facciata
neo-classica, l’interno e a tre navate e conserva soltanto alcune opere di un
certo valore artistico, come: il polittico del Balletta del XV sec. che ha come
soggetto la "Madonna in trono con Bambino tra S. Rosa e S. Caterina
d'Alessandria"; la pala dell'Altare Maggiore, opera del Podesti del XIX
sec., raffigurante la "Gloria di S. Rosa"; di autori contemporanei: la
"Via Crucis" in bronzo di Roberta Joppolo e "S. Rosa patrona dei
fiorai" di Publio Muratore. Nella navata destra, dietro un'artistica
cancellata, custodito all'interno di una preziosa urna metallica, voluta nel
1863 dal Card. Sacchetti, Vescovo di Viterbo, si venera il corpo di S. Rosa,
incorrotto anche se annerito da un incendio che nel XIV sec. distrusse l’urna
lignea che lo conteneva. Tutta la breve vita di S. Rosa e avvolta nella
leggenda, per questo la ricostruzione delle sue date salienti si basa su
supposizioni che fanno ritenere l’anno di nascita il 1233 e, probabilmente, la
data di morte il 6 marzo 1251. Fin dall'infanzia le furono attribuiti vari
eventi miracolosi, come quello della brocca risanata e del pane tramutato in
rose, che fecero nascere la sua fama di santità. Si sa, quasi per certo, che S.
Rosa entrò nelle cronache della vita cittadina intorno al 1250, quando,
percorrendo le strade viterbesi, predicava l’amore e la fratellanza secondo il
più puro spirito francescano, in netto contrasto con i clima di violenza e di
odio che divideva la cittadinanza: fu per questo che venne esiliata, in pieno
inverno, a Soriano nel Cimino dove rimase per breve tempo; nel viaggio di
ritorno si fermò a Vitorchiano dove compi altri miracoli e rientrata nella sua
città, vi mori pochi mesi dopo.
II
suo corpo venne sepolto nella chiesa di S. Maria del Poggio da dove fu
trasportato, con un solenne corteo, il 4 settembre 1 258, nella chiesetta di S.
Maria delle Rose; da questa processione ha avuto origine la tradizione del
trasporto della "Macchina di S. Rosa" che si svolge, ogni anno, la
sera del 3 settembre. Immediatamente dopo la sua morte, il popolo viterbese la
riconobbe Santa, tanto che già nel 1252 venne avviato un "processo"
di canonizzazione per volere di Papa Alessandro IV, ma fu tanto il fervore
popolare che Rosa non fu mai canonizzata e, evento eccezionale nella storia
ecclesiastica, la Chiesa si limitò a consacrare in atti ufficiali la sua santità
che traspariva dalle sue virtù e dai miracoli compiuti.
Chiesa di S. Maria del Poggio.
Detta
anche della "Crocetta", vi fu sepolta S. Rosa per alcuni anni. La
facciata molto semplice, ad un portale, e preceduta da una doppia gradinata in
peperino del ‘600. E’ stata gravemente danneggiata durante l’ultimo
conflitto tanto che l’interno è stato completamente ricostruito e delle
numerose opere che vi si conservavano, sono rimaste alcune copie e, unico
originale, "L'Annunciazione", scultura marmorea del '500 di scuola romana.
Nella piazzetta antistante si trova una antica fontana a fuso, famosa per essere
stata teatro del miracolo della brocca risanata, compiuto da Santa Rosa bambina,
scena scolpita sulla cuspide della fontana.
Chiesa di S. Giovanni in Zoccoli.
Della prima metà dell'XI sec., la chiesa ha subito nel secolo scorso rimaneggiamenti e restauri che ne hanno modificato l’aspetto originario. La facciata, molto semplice, è ornata da un gradevole portale con decorazioni a stella, sormontato da un quadrato con i simboli degli evangelisti agli angoli e con due aquile ai lati, al suo interno è posto un elegante rosone di scuola cosmatesca. Anche l'interno ha linee essenziali, diviso da colonne in tre navate. Vi si conserva una parte di affresco quattrocentesco con l’immagine della Madonna, una sedia vescovile in pietra ed un polittico del Balletta del XV sec. che raffigura la "Madonna in trono con Bambino" e, ai lati, sui pilastri laterali, sui tondini e sulla predella, figure di santi e scene della vita e dei miracoli di S. Giovanni. Poco distante, caratterizzata dalla duecentesca fontana di S. Giovanni, dalla tipica forma a fuso viterbese, si apre piazza Dante, dove si affaccia Palazzo Pagliacci.
Chiesa di S. Maria del Suffragio.
E
così chiamata perché nel ‘600 fu sede della Confraternita del Suffragio che
aveva come scopo la celebrazione di Messe per le anime del Purgatorio. Del XIII
sec., e stata oggetto di notevoli rifacimenti che ne hanno alterato le linee
primitive. La facciata, rimaneggiata nel XVII sec., e divisa in due ordini da
una trabeazione, ha il portale sormontato da una nicchia affrescata e ornata da
teste di cherubini in pietra; completano il prospetto alcune nicchie che
probabilmente avrebbero dovuto contenere statue in pietra. L'interno, dopo la
costruzione del presbiterio nel XVIII sec., e stato restaurato e rimaneggiato
anche agli inizi di questo secolo. Le opere più antiche che si conservavano
nella chiesa sono state razziate dai Lanzichenecchi nel 1527, per questo quelle
che oggi possiamo ammirare appartengono al periodo che va dal XVII al XVIII
sec..
Troviamo, tra gli altri, un imponente dipinto di anonimo del ‘700, collocato sul soffitto, che rappresenta "La Gloria di Dio Padre tra Cristo, la Vergine e le anime del Purgatorio"; sulla volta del Presbiterio, un dipinto dell'architetto Vanvitelli che ha per soggetto "Daniele tra i leoni" del XVIII sec.; di notevole interesse storico e culturale e l’organo del coro costruito alla fine del XVIII sec. da Raffaele e Domenico Fedeli.
Chiesa di S. Egidio.
Ha
la facciata del '500 e all'interno presenta un'abside di stile gotico a pianta
poligonale con finestre ad archi acuti. E’ stata notevolmente danneggiata
durante l’ultimo conflitto mondiale ed oggi, sconsacrata, è sede di mostre ed
esposizioni.
Chiesa di S. Francesco.
Fu
edificata nel XIII sec. in stile romanico-gotico, su un'area concessa da Papa
Gregorio IX ai francescani; subì notevoli rimaneggiamenti all'inizio del '600
e, completamente distrutta durante il secondo conflitto mondiale, fu ricostruita
nel 1953, ripristinando, in gran parte, l’originario aspetto medioevale e
ricollocando nella sua primitiva sede l’antico por tale del XIV sec., decorato
a colonnine tortili. La facciata molto semplice e ornata, oltre che dal bel
portale, dal pulpito di S. Bernardino da Siena. L'interno a pianta a croce
latino, ha un'unica grande navata che termina con un'abside arricchita da una
splendida quadrifora gotica ornata da un'opera moderna dipinta sui vetri
raffigurante "L'albero francescano ed i suoi frutti spirituali". II
tetto a capriate, e sorretto da semicolonne su cui poggiano grandi arcate a
sesto acuto che rappresentano, nella purezza della forma gotica, un elemento di
grande interesse architettonico. All'interno si conservano soprattutto monumenti
sepolcrali di alti prelati e di alcuni pontefici tra i quali citiamo: il
prezioso sepolcro di Papa Clemente IV, morto a Viterbo nel XIII sec., realizzato
da Pietro di Oderisio e costituito da un sarcofago romano decorato a
bassorilievi; il Mausoleo di Papa Adriano V, citato nell'Inferno dantesco e
morto a Viterbo alla fine del XIII sec., in stile gotico, decorato con mosaici
cosmateschi, probabilmente opera di Arnolfo da Cambio.
Chiesa di SS. Faustina e Giovita.
Fu
edificata nel XIII sec. in stile romanico ma nel '700 subì restauri così
radicali, con l’aggiunta di stucchi ed intonaci, che ne hanno alterato il
primitivo aspetto. La facciata intonacata e molto semplice, presenta tre
portali, ai lati dei quali, a causa dello stato di degrado dell'intonaco, sono
apparsi resti di affreschi, caratteristica unica nelle chiese viterbesi
dell'epoca; sui lato posteriore sorge il campanile del XVI sec.. Dal 1523
al 1527, essendosi rifugiati nella vicina Rocca Albornoz, i cavalieri di Malta
elessero la chiesa di S. Faustina come sede dei loro uffici religiosi e al
momento di lasciare Viterbo donarono alla cittadinanza, insieme ad altre
reliquie, la sacra icona della "Madonna di Costantinopoli o del Filermo"
che è tuttora esposta nella cappella a sinistra dell'altare maggiore;
l’immagine della Vergine, incoronata dal Capitolo Vaticano alla fine del XVII
sec., è stata solennemente reincoronata il 10 maggio 1964. All'interno
della chiesa, inoltre, si conservano altre opere di pregio come la "Madonna
della luce", affresco del XV sec.; "L'Immacolata con Santi" del
Pucciati; "Madonna sui sepolcro" del XVIII sec. di Ludovico Mazzanti;
"Decollazione del Battista", opera settecentesca del Bonifazi e
"La strage degli innocenti" dello Stringelli, tutte paste nella navata
di destra.
Sull'altare maggiore si trova una pala di Vincenzo Stringelli del XVIII sec.
raffigurante i "Santi Faustina e Giovita" ed ai lati due tele
seicentesche di anonimo con lo stesso soggetto. Nella navata sinistra si possono
ammirare "S. Giovanni a Patmos", dipinto di Urbano Romanelli, uno tela
con "L'Assunzione della Vergine tra Santi" del XVII sec. del Caparozzi,
dietro il fonte battesimale un "Battesimo di Gesù", affresco del '600
e presso l’ingresso, un affresco raffigurante la "Pietà" del XVI
sec..
Chiesa di S. Maria della Verità.
Fu
edificata nel XII sec. ad opera dei monaci francesi premonstratensi; alla metà
del XIII sec. fu assegnata ai Serviti di Monte Senario che vi rimasero fino alla
fine del XIX sec. e che, nel XV sec., operarono modifiche pur mantenendo intatti
alcuni aspetti dell'architettura originaria. La chiesa ha pianta a croce latino
con l’unica navata coperta a tetto ed il transetto, con tre volte a crociera,
e preceduto da un arco a sesto acuto sostenuto da quattro esili colonne pensili.
Sul lato destro della navata possiamo ammirare la quattrocentesca "Cappella
Mazzatosta" mirabilmente affrescata da Lorenzo da Viterbo con la
rappresentazione di alcune scene della vita della Vergine; nello
"Sposalizio di Maria", distrutto dai bombardamenti e minuziosamente
ricomposto, appaiono ritratti il committente, l’autore ed alcuni personaggi
dell'epoca. La volta della cappella e affrescata con figure di Evangelisti e
Santi e a terra resti di pavimento a maioliche. Nel transetto, a destra, si apre
la quattrocentesca "Cappella Spreca", ora seminascosta da un imponente
organo inaugurate nel 1986; a sinistra troviamo resti di affreschi del XIV sec.
di scuola viterbese. Nella parte sinistra della navata troviamo, nella prima
Cappella, una "Pietà", in terracotta, del contemporaneo Mario Vinci,
nella terza Cappella, un moderno fonte battesimale e sovrastato da un affresco
seicentesco raffigurante la "Madonna in trono con Bambino tra Santi"
che ha la particolarità di avere un riquadro con scene campestri, dipinto sotto
il trono della Vergine.
Chiesa di S. Paolo ai Cappuccini.
La chiesa ha dato il nome al vasto quartiere che si e sviluppato intorno ad essa a partire dall'immediato dopoguerra. E stata consacrata nel 1615 e l’attiguo convento, destinato nel corso dei secoli a vari usi, oggi ospita lo Studentato Teologico Interprovinciale dei Frati Minori Cappuccini. La chiesa, che ha subito notevoli trasformazioni ne 1972, conserva alcune opere che vanno da XVI sec. ai giorni nostri e in essa sono custodite le spoglie mortali di S. Crispino da Viterbo. II Santo nacque a Viterbo nel 1668, entro nell'ordine dei frati Cappuccini e, dopo il noviziato presso i convento della Palanzana, svolse la sua opera con umiltà e amore, soprattutto nell'orvietano, prodigandosi verso i malati, i poveri e gli emarginati; mori a Roma nel 1750 ed e stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 20 giugno 1982.
Chiesa di S. Maria del Paradiso.
Fu
edificata, con l’annesso convento, nel XIII sec. ma, nel corso degli anni, ha
subito radicali trasformazioni nella facciata e soprattutto all'interno, dove ha
assunto un aspetto neoclassico, conservando le linee originali solo nell'abside
poligonale, ora usato come sagrestia. La chiesa e affidata alla cure dei Frati
Minori.
CHIOSTRI |
Chiostro (Chiesa di S. Maria Nuova).
Forse
longobardo, presenta sul lato lungo, archi in mattoni poggianti su colonne
rastremate, sul lato corto, tre arcate romaniche sostenute da pilastri in
muratura.
Chiostro (Santuario della Madonna Liberatrice a della Trinità).
Del
XVI sec., fu costruito utilizzando 36 colonne monolitiche, originariamente
destinate all'ampliamento della chiesa che pero fu effettuato circa due secoli
dopo; il lato antistante il Santuario e sormontato da un bel loggiato; il
chiostro e affrescato con scene della vita di S. Agostino, opera di Marzio di
Colantonio e le lunette sono del viterbese Cordelli; al centro, incastonata nel
pavimento di peperino, si trova una piccola fontana.
Chiostro (Chiesa di S. Maria del Paradiso).
In stile romanico-gotico, ha conservato integre le linee originali che ricordano il disegno della Loggia del Palazzo dei Papi, con gli archi a tutto sesto che, intersecandosi, formano archi a sesto acuto trilobati, sorretti da esili colonnine; nelle lunette troviamo resti di affreschi del XVII sec. del viterbese Angela Pucciati che hanno per soggetto alcune scene della vita di S. Antonio da Padova.
FONTANE |
Fontana di Pianoscarano.
E
situata al centro della piazza Fontana di Piano ed ha la caratteristica forma
"a fuso" delle fontane viterbesi. Nel 1367 fu al centro di un episodio
di intolleranza dei Viterbesi, nei confronti di Papa Urbano V, originato dal
fatto che alcuni servi del seguito papale furono sorpresi a lavare un cane
nell'acqua della fontana destinata ad usi potabili dalla popolazione, ne scaturì
una vera e propria sommossa a cui il Papa rispose con violenza, facendo
distruggere la fontana ed alcune altre costruzioni. La fontana, subito
ricostruita, è formata da una grande vasca dalla quale emerge una colonna con
capitello sormontato da un blocco a sei lati su ognuno dei quali e scolpito un
archetto da cui si protende il leone di Viterbo; il fuso termina con una cuspide
decorata con foglie, culminante in una pigna. Una nota curiosa: ogni anno,
durante il "Palio delle botti", tradizionale festa del quartiere,
dalla fontana, viene fatto sgorgare del buon vino.
La fontana del leoni.
Fu
realizzata nel XVII sec. su progetto di Filippo Caparozzi e restaurata nel XIX
sec. con la sostituzione di nuovi leoni in marmo scolpiti dall'artista viterbese
Pio Fedi. E’ costituita da una grande vasca da cui si innalza il fusto che
allargandosi forma quattro piedistalli su cui poggiano i leoni, sormontati da
altre due piccole vasche. Questa fontana e considerata dai viterbesi uno
strumento per segnalare l'arrivo del gelo perché, con il freddo, i leoni
mettono la "barba", cioè si ghiaccia l'acqua che sgorga dalla loro
bocca, conferendo all'insieme un aspetto caratteristico e singolare.
Fontana Grande.
E’ la più grande e bella di Viterbo, iniziata nel 1206 da
Bertoldo e Pietro di Giovanni e portata a termine nel 1279. In essa si fondono
armonicamente lo stile romanico ed il gotico: la vasca è a croce greca con
disegni a cassettoni ed è posta su un basamento rialzato da cinque gradini. Lo
stelo ha quattro cannelle alla base, è sormontato da due vasche quadrilobate e
termina con una deliziosa guglia. Recentemente le Poste Italiane hanno emesso un
francobollo su cui è riprodotta l’immagine della fontana e un'altra curiosità:
possiamo trovare la sua copia esatta, seppure in dimensioni minori, nel porto
dell'isola di Rodi.
Fontana della Rocca.
La
prima costruzione, del 1566, fu fatta su disegno del Vignola, ma la fontana
cedette a causa dell'eccessivo peso e, demolita, venne fatta riedificare nel
1576, dal Card. Alessandro Farnese, il cui stemma si trova sulla vasca della
fontana. Venne nuovamente ricostruita, secondo il disegno originario, dopo la
seconda guerra mondiale, in seguito ai notevolissimi danni subiti durante i
bombardamenti. La fontana ha pianta ottagonale, con una vasca centrale rialzata,
dalla quale partono quattro gruppi di vasche a due ordini degradanti che,
separate da fontanelle a caduta poste su mensoloni, si alternano a quattro
gradinate. II fusto centrale della fontana, che termina in una cuspide, fa da
sostegno alle due tazze di diverse diametro.
MUSEI |
Museo Civico.
Ha
sede nell'ex convento di S. Maria della Verità ma ora e chiuso, prevedibilmente
per lungo tempo, perché sottoposto ad una complessa e radicale opera di
restauro che ci impedisce di descrivere in modo precise e dettagliato le opere
esposte e la loro ubicazione. All'interno e racchiuso un gradevole Chiostro, a
pianta quadrata, del XIII sec., impreziosito da eleganti polifore e da un bel
loggiato al piano superiore; al centro e posto un pozzo del XVI sec.. II museo
era composto da due parti, la sezione archeologica e la pinacoteca. La sezione
archeologica era allestita nelle sale a pianoterra e conteneva oggetti di uso
comune, gioielli e sarcofagi del periodo che va dall’VIII al II sec. a.C.,
provenienti da scavi negli insediamenti etruschi della zona; alcune lastre e
sarcofagi in pietra erano esposti ai lati del chiostro. Nella ricca pinacoteca,
allestita in una sola del piano superiore, si potevano ammirare dipinti datati
dal XV al XVIII sec.; nelle sale attigue erano esposte terracotte, busti
marmorei, stampe sulla storia della Macchina di S. Rosa, opere che vanno dal
XIII al XX sec.. Lungo il loggiato che sovrasta il chiostro, sono visibili
alcuni affreschi del XIII-XV sec., un sarcofago del XIII sec., un graffito del
XVIII sec. ed un tabernacolo marmoreo del XV sec..
PALAZZI |
Palazzo dei Priori.
Fu
eretto a partire dal 1460 per unire le due costruzioni che sorgevano ai lati,
doveva diventare sede del Governatore ma fu destinato a residenza dei Priori. La
facciata rinascimentale ha un portico di tipo medioevale costituito da nove
arcate a tutto sesto sorrette da colonne con capitelli finemente decorati, al di
sopra due ordini di finestre tra i quali troviamo lo stemma di Sisto IV Della
Rovere. Nel giardino interno, che si affaccia sulla sottostante valle di Faul,
troviamo una bella fontana a tazze sovrapposte, sormontata da due leoni con la
palma, del viterbese Filippo Caparozzi. Al piano superiore, a cui si accede
attraverso un'ampia scalinata, troviamo: la "Cappella" con pregevoli
stucchi ed affreschi, un vestibolo detto "Sala della Madonna" in
quanto gran parte degli affreschi sono dedicati alla Madonna della Quercia e la
"Sala Regia" o "Erculea" riccamente affrescata da Baldassare
Croce con scene mitologiche e storiche sull'origine della città e, sui
cassettoni del soffitto ligneo, dipinti raffiguranti i possedimenti di Viterbo.
Tra le altre sale citiamo la "Sala del Consiglio" con scanni ed
affreschi del XVI sec., nella quale, ancora oggi, si svolgono le riunioni del
Consiglio Comunale.
Palazzo del Podestà.
Sorge
a destra del Palazzo dei Priori a cui è unito. Fu edificato nel XIII sec., ha
subito notevoli rimaneggiamenti posteriori e l'aggiunta di un bei balcone del
settecento. Sull'angolo esterno si trova una colonna di peperino sormontata dal
leone con palma, simbolo della città e a di sopra gli stemmi del Card. d'Este e
del vescovo Ardinghelli.
Affianca
l'edificio la quadrangolare "Torre dell'Orologio", alta 44 m.
sovrastata da una campana.
Palazzo del Governatore.
E’
posto a sinistra del Palazzo dei Priori, fu completamente rimaneggiato alla fine
del '700; oggi ospita gli uffici della Prefettura. Sull'angolo sinistro
dell'edificio è posta una colonna sormontata dal "Leone di Viterbo".
Palazzo Chigi.
Si
affaccia sull'omonima via e fu edificato dalla famiglia Caetani ne XV sec. e
successivamente è entrato in possesso dei Chigi; arrivato a noi senza subire
manipolazioni è un bell'esempio di architettura rinascimentale. Il palazzo è
affiancato da una possente torre e la facciata ha due ordini di finestre a tutto
sesto sorrette da mensole, sul portone notiamo lo stemma dei Chigi. All'interno
si trova un portico con loggiato e nel cortile un affresco attribuito al Pastura
raffigurante la "Madonna con Bambino". Molto ben conservata è anche
la Cappella.
Palazzo di S. Tommaso.
E’
del 1200 ed ha una caratteristica loggia con possenti pilastri sormontati da
archi. Ospita il "Museo delle Confraternite" in cui sono raccolte
testimonianze della intensa attività svolta, nei secoli, dalle associazioni
religiose di Viterbo e Provincia.
Palazzo Farnese.
E’
dell'inizio del XV sec., vi abitò e, probabilmente, vi nacque Alessandro
Farnese divenuto poi Papa Paolo III. Il palazzo fu restaurato ne 1930; dal
cortile interno, attraverso una scalinata, si accede ai piani superiori, al
ballatoio ed al balcone. Sulla facciata laterale, visibile dal ponte, due ordini
di bifore: quelle del primo hanno archi a sesto acuto e quelle del secondo,
archi a tutto sesto. Ospita, oggi, parte dell'Ospedale Grande degli Infermi.
Palazzo di Valentino della Pagnotta.
Edificato
nel XIII sec. ha assunto il nome del proprietario più celebre, che fu Priore di
Viterbo nella seconda metà del '400. È un bell'esempio di costruzione privata
dell'epoca: una elegante colonna sorregge i due archi a tutto sesto del portico
e due grandi bifore, uguali a quelle del Palazzo dei Papi, abbelliscono la
facciata.
Palazzo Papale.
Il
Palazzo Papale e il capolavoro dell'architettura civile gotica ed e
l’espressione del momento di maggior fortuna della storia della città.
L'edificio fu iniziato nel 1255 per volontà della potente famiglia Gatti, a
dimostrazione del periodo di grande splendore raggiunto dalla città e per
sottrarre a Roma la sede Pontificia. Già dal 1266, anno in cui il palazzo fu
ultimato, fu sede papale; dal 1269 al 1272 vi si svolse il più tumultuoso e
lungo conclave della storia della chiesa e fu dimora di circa 40 Papi. Una
grande scalinata di 22 gradini, fiancheggiata sulla sommità da due colonne, e
seguita da un ampio pianerottolo che immette nel palazzo. La facciata,
sormontata da merli, si presenta con due ordini di finestre, il primo a bifore
trilobate ed i secondo a feritoia, che illuminano la Sala del Conclave
all'interno. Completa l'architettura del palazzo la famosa e leggiadra
"Loggia dei Papi" che sorge su una arcata sorretta da un possente
pilastro ottagonale, in stile gotico e presenta sette archi a tutto sesto che,
intersecandosi fra loro, formano altrettanti archi a sesto acuto sostenuti da
coppie di snelle colonnine. Al di sopra dell'architrave troviamo un ricco fregio
a metope in cui si alterna il leone di Viterbo e lo stemma della famiglia Gatti;
più in alto si possono vedere lo stemma Pontificio e l'Aquila Imperiale.
Analoga architettura aveva la parte posteriore della Loggia che pero e crollata
nel XIV sec.. Al centro della Loggia si trova una elegante fontana formata con
elementi di varie epoche.
Palazzo degli Alessandri.
La
costruzione fu edificata in epoche successive a partire dalla prima meta del
1200 e si articola su due lati della piazza. E’ arrivata a noi grazie alla
intercessione di Papa Innocenzo IV che volle mantenere integro il complesso
nonostante la sconfitta della guelfa famiglia Alessandri, che nel 1251 fu
costretta a lasciare la città. II corpo principale e costituito da un
palazzetto di.due piani sulla cui facciata si apre una bella loggia sormontata
da un'arcata ornata, come il parapetto, con una elegante decorazione. Un arco
rampante, che scavalca la via sottostante, unisce l'edificio primario con quello
aggiunto successivamente, ad un piano, la cui facciata e costituita da un
gradevole portico con due archi a tutto sesto poggianti su colonne e nella parte
superiore, tre finestre ad arco che sovrastano una sottile cornice.
Palazzo Pamphilj.
E’
composto di due parti costruite rispettivamente nel XIII e XIX sec.. L'edificio
più antico fu costruito, come una vera e propria fortezza a ridosso della cinta
muraria, dai monaci Cistercensi di S. Martino al Cimino ed adibito a rifugio
dell'Abate in caso di pericolo. Nel 1564 il Papa Innocenzo X dono i palazzo ed
il paese di S. Martino al Cimino alla cognata Donna Olimpia Pamphilj.
Palazzo Sacchi.
Detto anche palazzo Mazzatosta, è caratterizzato da un bel profferlo di grandi dimensioni con un primo arco a sesto acuto sostenuto da un grosso pilastro e due piccoli archi a tutto sesto sorretti da una colonnina, a formare un delizioso portichetto. E’ sede dell’”Accademia di Belle Arti "Lorenzo da Viterbo".
Palazzo de’ Gentili.
E’
stato ricostruito nel dopoguerra dopo essere stato distrutto dai bombardamenti;
non è rimasto nulla dell'originario edificio tranne alcuni fregi che ornano la
facciata. Attualmente è sede dell'Amministrazione Provinciale.
Palazzo Santoro.
Edificato
nel XV secolo per volere del Card. Fortiguerra, divenne in seguito proprietà
del Card. Santoro ed e giunto fino a noi dopo aver subito numerosi
rimaneggiamenti e danni ingenti, come il crollo della torre avvenuto negli anni
quaranta.
La
facciata ha, da una parte, una gradevole loggia che sovrasta un portico
costituito da un unico arco chiuso da una cancellata e dall'altra, un elegante
porticato delimitato da archi a tutto sesto poggianti su colonne.
II palazzo ospita, su un'ala, l'Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo e
sull'altra, la Biblioteca Comunale degli Ardenti, fornita di un grandissimo
numero di rare e pregevoli opere.
Palazzo Pagliacci.
E’
oggi la sede centrale della Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo.
Edificato nel ‘700 e stato recentemente restaurato e vi sono raccolte numerose
opere d'arte che vanno dal XIV al XVIII sec., visibili su richiesta.
PIAZZE |
Piazza del Plebiscito.
E’
l'antica Piazza S. Angelo ed è il centro della vita cittadina dove si svolge
gran parte della attività amministrativa.
Piazza del Gesù.
Fu
fino alla metà del '200 il centro della vita amministrativa e teatro di
importanti eventi della storia della città, oggi è sede di un pittoresco
mercatino di frutta e verdura. Al centro sorge una bella fontana a tazze del
XVII sec., lì posta e restaurata agli inizi del secolo attuale, proveniente
dall'interno del distrutto Convento di S. Domenico; di fronte troviamo la
medioevale Torre del Borgognone.
Piazza della Morte.
Deve
il suo cupo nome alla Confraternita della Buona Morte, formata da volenterosi
che davano degna sepoltura alle vittime di calamità ed epidemie nei chiostri
dei conventi. Al centro troviamo una tipica fontana del XIII sec. con fuso
decorato a foglie, terminante con un fiore sulla cuspide e con teste di leoni da
cui sgorga l'acqua.
Piazza S. Pellegrino.
E’
il cuore del rione e, con II Palazzo Papale, costituisce "l'immagine"
con la quale viene identificata Viterbo. Questa è contornata alcune semplici
abitazioni private ed alcune torri che ben armonizzano con l'insieme.
Piazza delle Erbe.
Centralissima
piazza che insieme al Corso Italia rappresenta il "salotto" di
Viterbo, il punto di incontro di gruppi di giovani e meno giovani che dopo la
tradizionale "passeggiata" vi sostano per discutere e conversare.
Piazza S. Faustina.
E’
una caratteristica piazza viterbese con al centro una tipica fontana a fuso del
XIII sec., vi si svolge quotidianamente un pittoresco e colorato mercato di
pollame, pesce e ortofrutticoli.
Piazza Crispi.
Questa
piazza non ha particolare valore artistico o architettonico ma ha la
caratteristica di essere stata scelta, come luogo di riunione, dalle ultime
generazioni di giovani viterbesi, che la affollano alla chiusura delle scuole e
nelle ore del tardo pomeriggio fino alla sera, in qualsiasi stagione dell'anno.
In "piazza" si discute di studio, lavoro e sport e all'interno dei
vari gruppi di amici si organizza i tempo libero con gite, puntate in discoteca
e al teatro; questo luogo ha visto nascere grandi e durature amicizie ed amori,
in molti casi sfociati in matrimoni e fa parte, ormai, della tradizione e del
costume viterbese.
PORTE |
Porta Fiorentina.
Forse
la più importante, situata a nord della città, è l'antica Porta S. Lucia
costruita nel XIII sec.; l'attuale aspetto è dovuto ai rimaneggiamenti del
1768, degli inizi del '900 e l'ultimo del 1988.
Porta Romana.
Sorge
nella parte sud della città, sostituì l'angusta Porta S. Sisto e venne eretta
nel 1653, in occasione della visita di Papa Innocenzo X. È dominata dalla
statua di S. Rosa.
Porta Faul.
Del
XVI sec., voluta dal Card. Farnese con il bel portale del Vignola, sorge ad
ovest di Viterbo e collega la città con la zona delle Terme.
Porta S. Pietro.
Edificata
agli inizi del XII sec. a sud della città, deve il suo nome alla vicino Chiesa
di S. Pietro del Castagno. Nel XIII sec. vi fu affiancato il cistercense Palazzo
dell'Abate che nel XVI sec. divenne residenza di Donna Olimpia Pamphilj.
Porta della Verità.
Si
apre sulla parte orientale della cinta muraria, vi campeggia, tra gli altri, lo
stemma di Benedetto XIII, in onore del quale la porta fu ampliata nel XVIII
sec..
QUARTIERI |
Quartiere S. Pellegrino.
E’
il più medioevale dei quartieri storici ed e rimasto inalterato nel corso dei
secoli, conservando intatta l'atmosfera del periodo di maggiore splendore della
città. Il rione non è sorto sulla base di un progetto prestabilito ma è il
risultato della iniziativa dei singoli cittadini e si è quindi sviluppato
casualmente ma con straordinaria e incredibile armonia.
II quartiere è tuttora vivo, abitato da circa un migliaio di persone, per il
suo fascino particolare e stato scelto come sede di alcuni studi artistici e
costituisce la cornice ideale per i numerosi negozi di antiquariato che vi si
affacciano. E’ caratterizzato dalla grigia pietra locale, il
"peperino", conserva suggestivi scorci con volte e torri, particolari
giochi di luce, fontane a fuso e vicoli stretti in cui le case sembrano
toccarsi. I palazzi sono ingentiliti dai "profferli", elementi
architettonici presenti esclusivamente nelle costruzioni viterbesi, costituiti
da scale esterne sorrette da un'arcata, con ballatoio chiuso da un parapetto
decorato.
Quartiere Pianoscarano.
Conserva,
nonostante i gravi danni subiti durante la II guerra mondiale, le stesse
caratteristiche medioevali del quartiere S. Pellegrino dal quale è separato
dalla Valle di Paradosso. Fu abitato fin dal IX sec. ma la sua nascita ufficiale
è datata 1148, anno in cui il Comune acquistò dai monaci di Farfa l'intera
zona.
ROCCHE |
Rocca Albornoz.
Fu
edificata nel XIV sec. per volere del Card. Egidio Albornoz con funzioni di
difesa e di residenza pontificia. La fortezza, dalle linee essenziali e dure,
che si presenta ai nostri occhi e molto diversa dal disegno originario avendo
subito, nel corso dei secoli e per volontà dei papi che vi hanno soggiornato,
numerose modifiche. Intorno alla meta del XVI sec., durante il pontificato di
Paolo III, fu aperta la loggia sulla facciata e nel 1475, su commissione di Papa
Sisto IV, venne realizzato l’elegante cortile. Nella prima meta del XVI sec.
la Rocca fu offerta da Papa Clemente VII, come rifugio, ai Cavalieri di Rodi, in
fuga dall'isola devastata dai Turchi; dopo il feroce saccheggio del 1 527,
perpetrate dai Lanzichenecchi ai danni della città, i Cavalieri di Rodi
abbandonarono l’edificio e si insediarono, prima a Nizza e poi a Malta. Alla
meta del XVIII sec. la Rocca venne adattata a brefotrofio dello Stato
Pontificio; dalla meta del XIX sec. fu adibita a caserma, prima per le truppe
pontificie e poi per quelle dello Stato Italiano che vi rimasero fino alla
seconda guerra mondiale. Oggi la Rocca e sede della Soprintendenza Archeologia
che vi ha allestito il proprio museo.
SANTUARI |
Santuario della Madonna Liberatrice a della Trinità.
Il
Santuario sorge sui luogo dove era edificata la chiesetta nella quale, agli
inizi del XIV sec., nacque il culto della Madonna Liberatrice, così chiamata
perché, grazie al suo intervento, la città era stato miracolosamente liberata
da gravi calamita. Agli inizi del '700 la chiesa subì notevoli ampliamenti e
rimaneggiamenti che le hanno conferito l’attuale aspetto in cui si fondono
elementi archi tettonici barocchi e neoclassici. La facciata a tre portali,
presenta quattro nicchie nelle quali sono poste statue di Santi, in peperino,
del XVIII sec.. L'imponente inferno e diviso in tre navate e vi si conservano
numerose opere d'arte che vanno del XIV al XVIII sec. ed alcuni lavori moderni.
Nella navata destra troviamo, insieme ad altre opere, un "S. Tommaso da
Villanova che distribuisce elemosine", pala settecentesca di Domenico
Corvi; un affresco raffigurante la "Madonna Liberatrice" del XIV sec.
degli aretini, Gregorio e Donato. Un capitello trecentesco costituisce
l’altare maggiore che e sovrastato da una pala seicentesca del Chiari
raffigurante "La SS. Trinità e Santi"; l’ambone e costituto da un
timpano marmoreo del XV sec. raffigurante il Cristo benedicente. Troviamo, nella
navata sinistra, tra le varie opere, una "Deposizione di Cristo" tela
fiamminga del XVI sec.; una pala del XVI secolo di Ippolito Romano, raffigurante
"Gesù che consegna le chiavi ai SS. Pietro e Paolo"; un
"Martirio di S. Agata", dipinto del XVIII sec. dello Stringelli.
Presso la sagrestia, dove sono conservati alcuni arredi del XVIII sec. ed un
gruppo ligneo raffigurante "L'angelo custode" del XVII sec., è posta
una. cinquecentesca statua in marmo del Card. Perrault e una "Madonna nera
di Chestokowa", dono di Papa Giovanni Paolo II.
TEATRI |
Teatro dell'Unione.
La
sua costruzione fu iniziata a meta del XIX secolo, su progetto dell'Arch.
Vespignani, per volere di una "unione" di cittadini viterbesi, dalla
quale il Teatro prese il nome. L'inaugurazione avvenne il 4 agosto 1 855 con la
rappresentazione del "Rigoletto" di Verdi. In seguito fu adibito a
cinema e subì notevoli danneggiamenti nel periodo bellico; nel 1978 e stato
completamente restaurato, ha quattro ordini di palchi e una capienza di circa
700 posti.