Perchè sognare ad occhi aperti ci aiuta a vivere meglio

di Stefano Zecchi, Il Giornale, 2 luglio 2000

Gazebo, I like Chopin, 1983
Copertina del disco "I like Chopin", Gazebo, 1983, Baby Records

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Abbiamo bisogno di eroi e di miti. Eroi di celluloide, dal volto bello e solare che con il trascorrere del tempo si solca di rughe e si adombra. Come è stato quello di Gassman, che sembra riflettere sulla sua immagine le stagioni della nostra Italia, quella giovane e sognante del dopoguerra, quella matura e pensierosa dei nostri giorni. Un volto, una storia, un amico in cui si identificano generazioni di ragazzi, di adulti, di anziani. Eroi dello sport, dal fisico potente, dallo scatto felino, come il portiere della nostra nazionale di calcio, Toldo, capace di bloccare un pallone che arriva veloce come un proiettile, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. Eroi semplici e straordinari, i cui orizzonti di gloria ci fanno sognare, ci esaltano, ci stupiscono, e anche se la loro forza e bellezza pare immensa rispetto alla nostra normalità non ci allontanano dalle loro mitiche imprese, ma, al contrario, ci coinvolgono e, da quelle, ci sentiamo rappresentati. La loro avventura, realmente vissuta, diventa nostra, anche se è soltanto osservata.

È povero e sciagurato quel popolo che non ha eroi, che non sa riconoscerli, che non li desidera, perché pensa siano esempi di grandezza pericolosa, perché crede sia più giusta una democrazia che livella verso il basso. E purtroppo questo potrebbe essere il destino della società di Internet e della globalizzazione: il mito vacilla e gli eroi scompaiono. I Gassman e i Sordi saranno sempre più rari; Coppi e Bartali, Rivera e Mazzola sono eroi lontani quasi come quelli di Omero. Ma finché nel profondo del cuore riusciremo a riconoscerne almeno uno, la nostra umanità sopravviverà a qualunque potenza tecnologica.

Talvolta è una morte a ricordarci la bellezza di un eroe moderno che si veste con la giacca e la cravatta e va al bar a bere il caffè come noi. Talvolta è un rigore parato in più, che ci esalta e ci coinvolge, liberandoci dalla nostra mediocrità, lasciandoci finalmente sognare.

Perché sognare ci aiuta a rimanere giovani e a vivere. I nostri eroi non ci ispirano sogni notturni, quelli che facciamo durante il sonno, convulsi e incomprensibili, pane quotidiano per le elucubrazioni degli psicanalisti. Ma sogni a occhi aperti, in piena veglia, cioè quelli che parlano dei nostri desideri e delle nostre passioni, quelli che ci aiutano a credere in un mondo che è un po' più affascinante della nostra quotidianità. Allora, ci identifichiarno nell'eroe che squarcia il velo di una vita modesta, e per qualche istante ci lascia scorgere la possibilità di essere protagonisti in una realtà più bella, più giusta, più vera rispetto a quella che conosciamo.

E' sempre stato così in tutti i tempi della nostra storia. Gli eroi cambiano nome, volto e abbigliamento, ma noi, gente comune, continuiamo a vedere nella loro azione il gesto che infrange le regole, che ci stupisce e ci lascia sognare in un mondo diverso da quello che la normalità dell'esistenza ci ha imposto di programmare con monotona regolarità.

Un popolo è davvero povero se non possiede l'innocente semplicità di celebrare e di amare i suoi eroi nati dalla celluloide, da un campo di calcio o da mille altre normalissime situazioni. Sono loro a darci gioia, spensieratezza e fiducia nelle imprevedibili possibilità della vita.

 

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