La carriera:  

Il nome di Peter Townshend è indissolubilmente legato agli Who, mitica band londinese attiva a partire dalla metà degli anni 60 e principale portavoce del movimento "mod", che imperversava in quegli anni in Inghilterra. I compagni di avventura erano il cantante Roger Daltrey (il bullo, il teppista, il figo); il bassista John Entwistle (eleganza e cervello) ed il batterista Keith Mood (incontenibile e  folle). Su tutti, Pete Townshend si ergeva come il vero leader del gruppo, il raffinato compositore della gran parte delle canzoni del gruppo. Sin dalle prime prove, gli Who diedero voce alle tensioni ed insoddisfazioni della gioventù del tempo, con l'inno "My Generation", e con  selvagge esibizioni live, all'insegna di un'energia sfrenata che spesso culminava nella distruzione finale degli strumenti. Nel 1978 Keith Moon mori' prematuramente; la band continuò comunque per alcuni anni sciogliendosi definitivamente nel 1983. Pete continuò con una discreta carriera solista, intervallata da qualche reunion degli Who superstiti.

Lo Stile:

Difficilmente troveremo citato Pete Townshend sulle riviste e sui forum di chitarra. L'immaginario collettivo è sicuramente attratto da altri funamboli delle sei corde, mentre il nostro non si può certamente definire un virtuoso. Ritengo però riduttivo definire  Townshend un mero "chitarrista ritmico". Il nostro infatti è uno splendido  architetto di intrecci  chitarristici, dove ritmiche solide e granitiche sono alternate ad arpeggi raffinati, a riffs di rara efficacia ed a ficcanti interventi solisti, esaltando così la funzione orchestrale della chitarra nel cd. "power-trio", in ciò favorito da una base  di prim'ordine, con un massiccio Keith Moon indiscutibile trascinatore ed un preciso John Entwistle,  che peraltro non disdegnava frequenti divagazioni dal semplice accompagnamento sulle toniche, anticipando grandi maestri (Jaco su tutti) che avrebbero nobilitato il basso al di là della pura funzione ritmica.

 

Il Suono:

L'iconografia del nostro eroe è principalmente legata all'uso di due strumenti: la Rickenbecker semiacustica dei primi tempi, e la Gibson Sg degli anni successivi (la Gibson ha peraltro dedicato negli ultimi anni un modello di Sg "Signature" al nostro). Ma frequenti erano anche incursioni su Strato e Tele o altre semiacustiche tipo 335 etc.  Vale la pena sottolineare che pur essendo la musica degli Who caratterizzata da un elevato impatto energetico, il timbro della chitarra non vedeva assolutamente distorsioni esagerate, lasciando il compito di rendere la predetta "energia" al tocco ed al "manico" del chitarrista. Significativo al riguardo il fatto che "lo scheletro"ritmico di numerosi brani era assicurato da vigorosi strumming sull'acustica (riascoltiamoci al riguardo la fantastica "Pinball Wizard" da Tommy). Quindi cari amici, non dico che dovete gettare i vostri pedalini overdrive o fuzz, ma curiamo di gestire bene il carico  in ingresso, riscoprendo magari il potenziometro del volume della nostra chitarra. Un sapiente "dosaggio" della forza della pennata (la cosiddetta dinamica) farà il resto....

 

Discografia consigliata:

I miei preferiti sono sicuramente "Tommy", per la sua complessità (in senso buono) e per la presenza di vere pietre miliari quali la già citata Pinball, e  l'inno "We're not gonna take it", il cui ritornello, se non esistesse, bisognerebbe inventarlo. Poi l'eccellente "Who's Next" (da non perdere anche i brani extra della riedizione su CD) e l'adrenalinico "Live at Leeds", da molta critica ritenuto, forse a ragione, uno dei migliori dischi dal vivo di ogni tempo.

 

Per ulteriori informazioni:

http://www.thewho.net/

http://www.thewhoitalia.it

Indietro