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Antologia uscita nel 1972,
che rappresenta un convincente riassunto dei primi anni di attività del
gruppo inglese, che è ricordato dagli appassionati come uno dei più
importanti alfieri del movimento “progressive”, al fianco di King
Crimson, Yes, Genesis . Forse qualcuno si domanderà perché scrivo in una pubblicazione dedicata ai chitarristi una recensione sui Van Der Graaf, che di chitarra, in verità, n’avevano pochina… Queste
righe sono, infatti, indirizzate a tutti gli amanti della musica di qualità,
a prescindere dagli strumenti impiegati, che in questo disco potranno
trovare stupende canzoni piene di passione ed emozione. |
Leader
della band era il cantante e compositore Peter Hammil, a mio avviso una
dei migliori vocalist in assoluto, coadiuvato da Hugh Banton (Hammond,
piano e bass pedals), Guy Evans (batteria) e David Jackson (fiati). La
proposta musicale dei VDGG prevedeva l’alternarsi d’atmosfere cupe,
sottolineate da acidi fraseggi dei sax di David Jackson (Boat of Millions
of L’abilità
di mescolare tinte chiare e scure trova l’apice nei due brani che
chiudevano le facciate del vecchio vinile, Lost e Killer, mentre il
lirismo di Hammil è splendidamente rappresentato nel vero capolavoro del
gruppo, la dolcissima Refugees, brano che anche dopo tutti questi anni mi
strappa un brivido ad ogni ascolto. Se
volete musica adatta ad intrattenervi mentre guidate in macchina, o mentre
bevete una birra con gli amici, cercate tranquillamente altrove. Ma se vi
interessa una colonna sonora per i vostri momenti di intima riflessione,
quanto tutto sembra andare storto e l’unica compagnia non può che
essere data dai vostri pensieri e dai vostri sentimenti, allora troverete
nella voce di Hammil un valido
approdo dove attendere che passi qualsiasi tempesta. |