CAROLE
KING – TAPESTRY
In
questi ultimi giorni mi capita di assistere involontariamente, in
pratica ogni sera, ad una “soap opera” che appassiona in modo
particolare mia figlia undicenne. Si tratta di “Una madre per
amica”, uno spettacolo che non si discosta da altri programmi di quel
tipo, che forniscono un intrattenimento leggero a innumerevoli famiglie
mentre si prepara la cena. In questo caso però c’è un aspetto che ha immediatamente attirato la mia attenzione di amante delle dodici note: la sigla di apertura è la stupenda “Where You Lead” di Carole King, tratta da quel capolavoro che fu “Tapestry”. Inutile sottolineare quale impatto evocativo ha scatenato in me il fatto di riascoltare questa canzone! Il mio “motore di ricerca” si è subito sintonizzato in immagini di giornate di primavera e di un ragazzo con un giubbetto jeans Levi’s scolorito in modo assoluto ben prima della moda “stone-washed”, che accantonava i libri per provare e riprovare gli accordi di “You’ve Got a Friend” o della stessa “Where You Lead” provvidenzialmente messi a disposizione da qualche amico più navigato… |
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Certo
che “ai nostri tempi” avevamo a tiro una infinita biblioteca di
belle canzoni con cui iniziare le nostre avventure sulle sei corde:
Simon & Garfunkel, Neil Young, Bob
Dylan, Fabrizio De’ Andrè, Battisti…. I ragazzi d’oggi
invece? Eminem? Mah! Tralasciamo
questa divagazione e riascoltiamoci invece quest’ album, che secondo
me è sicuramente un “must have”, una “pietra miliare”. Cari
amici, qui non troveremo virtuosismi strumentali, cascate di
trentaduesimi o sweep-alternate-fuck picking…. E magari in
circolazione potremmo trovare altre cantanti più dotate o performanti
della nostra Carole. Ma
questa raccolta ci avvolge con una serie di bellissime canzoni, proposte
con trasporto e passione dalla nostra protagonista e suonate con la
consueta professionalità delle produzioni Usa del tempo. Godiamoci
ancora una volta pertanto, oltre ai brani predetti, gemme come “So far
away”, “Will you love me tomorrow”, “(You make me feel) like a
natural woman” o le blue notes di “Way over yonder”. Una simile
esperienza è la testimonianza che, in ultima analisi, esistono solo due
generi musicali: la “buona” musica, quella che rimane inossidabile
nel tempo, e quella “meno buona”, che dopo il soffio di una stagione
nessuno ricorda più….
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