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Cile - Nord del Cile (pt 1/5)
Martedì 16 gennaio - verso il Cile

clicca qui per vedere questa immagine ingrandita Due voli aerei, Venezia-Madrid e Madrid-Santiago, in tutto 19 ore di viaggio comprese tre ore di stop nella capitale spagnola. La prima volta che stacco in modo così netto i piedi da terra: dovevo proprio scegliere un volo così lungo ?
Sono a Madrid, seduto di fronte la porta A10, ed aspetto d'imbarcarmi sul volo per Santiago. Fuori è buio ed una pioggia leggera sporca le vetrate alle mie spalle. Sto sicuramente meglio di quando sono partito: gli ultimi giorni sono stati un piccolo tormento, ansiosi e stressanti.
Mi accorgo ora che mi sto rilassando ed il mio sguardo comincia ad aprirsi verso l'esterno, mosso da quella curiosità che mi porto appresso fin da bambino.
Momenti come questo vorrei viverli in ogni istante, ma purtroppo la mia vista è troppo spesso inquinata ed offuscata da pensieri nervosi, sfasati, irregolari; troppo chiuso in me stesso per ricevere e troppo ansioso per godere. Questo viaggio dovrà servire anche a questo, a farmi ritrovare il piacere di un bacio focoso del Sole, di una carezza disinteressata del vento, o dell'armonico ticchettare della pioggia su un vetro.

Mercoledì 17 gennaio - Santiago de Chile

Come un illimitato manto nevoso, le nuvole mi coprono la visuale sul Sud America. Qualche fugace sprazzo di terre verdi percorse da enormi fiumi azzurri appare ai miei occhi, ma sono solo brevi attimi impalpabili. Il mio orologio segna le 10,20 ora italiana e scopro, grazie ai monitor dell'aereo, di aver appena superato Brasilia, di viaggiare a 11.900 metri di quota ad una velocità di 850 km/h, e che la temperatura esterna è di meno 57 gradi. In qualche modo sono riuscito a dormire, inventandomi posizioni da contorsionista per adeguarmi alla scomodità degli angusti sedili: per fortuna l'aereo era mezzo vuoto ed ho potuto occupare due posti.
Manca un'ora e mezza all'arrivo ed ho appena finito la colazione. "Ho mangiato troppoooooo!!!!"
Fuori ancora nuvole, una distesa compatta ed impenetrabile alla vista. Secondo il monitor stiamo sorvolando l'Argentina. Da quando sono partito non ho spiaccicato una parola, se si esclude un "Yo no ablo en espagnol (non si scrive come si pronuncia??)" sussurrato ad una minuta e carina ragazza cilena che cercava impaurita il primo volo per Santiago. Chissà come farò arrivato a destinazione... forse è meglio che continui a studiare il mio bel dizionarietto tascabile.
Mio Dio, che spettacolo. Le nubi hanno deciso di darsi appuntamento lontano da me proprio al momento giusto... le Ande.
Prima dell'arrivo all'aeroporto mi hanno fatto compilare un breve questionario, indagando perlopiù sul motivo della visita in Cile e sui gusti alimentari, nel senso che se hai con te qualcosa da mangiare, soprattutto frutta o verdura, fanno si di sequestrartela subito alla dogana. Attualmente l'economia cilena poggia molto sul settore primario, ed in particolar modo sulla frutticoltura: non possono permettersi di introdurre accidentalmente qualche parassita con la frutta che ti porti dietro dall'Europa. Per fortuna mi ero già mangiato tutto.
Senza problemi ho recuperato il bagaglio (uno zaino) ed ho seguito la massa per uscire dall'aeroporto. Lungo il corridoio due ali di tassisti e operatori turistici ci hanno accolti a forza di urla ed inviti più o meno ammiccanti. Non mi aspettavo un simile "attacco commerciale frontale" ed ho cominciato a dire "no" a tutti, alle volte senza capire nulla di quello che mi chiedevano... dovevo uscire subito da quella bolgia. Magicamente all'aria aperta i tassisti si sono dissolti (erano dei vampiri) e mi sono ritrovato solo (essendo piccolo, moro e di carnagione scura, è facile confondermi con un cileno) ad osservare i primi scorci di Cile.
clicca qui per vedere questa immagine ingrandita Di fronte a me, proprio vicino l'uscita dell'aeroporto, se ne stava comodo l'autobus che cercavo, poco più di due euro per portarmi dritto dritto in centro a Santiago (è proprio inutile affidarsi ad un taxi). Lungo il percorso ho continuato ad alternare visioni di bambini che giocano a pallone in strade di periferia in terra battuta alle preziose indicazioni della mia guida EDT, facciate di case coloratissime unite da migliaia di cavi elettrici sospesi a pochi metri da terra alle preziose indicazioni della mia guida EDT, insegne luminose luccicanti anche di
giorno alle preziose indicazioni della mia guida EDT. Dovevo pur decidere dove dormire.
Primo colpo, subito a segno. Residence Alemana, circa 16 euro per una doppia (non avevano altro) con prima colazione (chissà se mi faranno mangiare due volte).
Ho tentato qualche parola di spagnolo (penoso), ho lanciato lo zaino dentro la camera e sono partito verso il centro della Capitale. Data la mia avversità verso qualsiasi mezzo di trasporto che non siano i miei piedi, ho deciso di sgambettare un poco. La metrò di Santiago non è comunque malaccio: tre linee (un po' pochine ma, visto le non grandissime dimensioni del centro, più che sufficienti) ordinate, pulite ed efficienti.
Mi sono avviato lungo l'Alameda, una via a doppia carreggiata eletta a pista di lancio per i numerosissimi autobus pubblici: a flotte di cinque o sei, sgangherati e puzzolenti, colorati di giallo e bianco sporco, sfrecciano ad altissima velocità da un semaforo all'altro: pallottole impazzite di ferro da rottamare con ignari incolpevoli a bordo.
L'Alameda è la vera arteria della città, o dell'insieme di città (Santiago è composta da oltre trenta comuni autonomi), e sotto di essa corre la linea principale della metrò. Il centro vero e proprio è un'isola pedonale a nord dello stradone.
Lì ho trovato migliaia di persone che si dimenavano più o meno allegramente: enormi insegne luminose, centinaia di sosia di Jennifer Lopez, squarcianti urla di venditori ambulanti (trovi qualsiasi cosa tu voglia), vecchi lucidascarpe che aspettano il prossimo cliente fischiettando, poveri ed invalidi che chiedono l'elemosina ad ogni angolo, giovani manager impellicciati nel loro benessere. Un bel campionario di umanità occidentalizzata.
Il sole batteva troppo forte per sopportarlo, l'ho spento.
Per mangiare mi sono diretto al Mercado Central dove, secondo la guida, avrei potuto "mangiare a poco prezzo in un ambiente particolare". Appena ho messo piede nel Mercado sono stato preso di mira da tutti i camerieri dei vari ristoranti presenti in loco.
"Vuole gustare un buon pranzo", (libera traduzione dall'inglese), seguito da: "English? German? French? Russian?..." "No, no, italiano" "Ah, italiano".
Con l'ultimo che mi si è rivolto, era anche il più insistente, ho iniziato una lunga discussione sul Cile, sul calcio (siamo uomini) e sulle lingue latine. Era un cileno purosangue, di origini Mapuche (popolo indigeno del centro-sud Cile...come Salas). Lui parlava spagnolo, io italiano, e ci siamo capiti pressoché su tutto.
  (pt 2/5)
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