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Cara Rottamazione [a cura dell'Avucat]
C.R. si svegliò, come sempre, quando i primi barbagli di luce attraversarono le liste delle tapparelle, disegnando la loro geometria sulla parete. Scese dal letto, curioso di vedere le condizioni del tempo; faceva di tutto per non ascoltare o leggere le previsioni, per non essere privato del piacere della mattutina scoperta. La giornata di fine inverno si presentava grigia e nuvolosa, ma questo non gli dispiaceva, essendo tutta destinata ad attività “intra moenia”. Dal tempo del pensionamento e, soprattutto, dacchè l’ostinato rifiuto a farsi operare alle anche ne limitavano gli spostamenti esterni, aveva scoperto una quantità di interessi “indoor”: scendere nell’appartamento del piano di sotto, risalire in quello del piano di sopra, avendo dimenticato le cose da trasportarvi, scendere, risalire e ridiscendere ancora per aver lasciato di sotto gli oggetti da portare al piano di sopra… Comunque, la giornata doveva svolgersi all’insegna della massima libertà di movimento, ed esente da critiche, essendo assente il resto della famiglia. Il primo impegno, ricorrente a cadenza mensile, consisteva nel mettere in moto la vecchia autovettura e compiere il giro dell’isolato, per mantenerne…l’efficienza. Bevuta quindi la scodella di caffè liofilizzato (com’è complicata la moka!) e indossata una comoda giacca a vento trapuntata sulla tuta felpata, C.R., in testa l’immancabile cappellino, scese nel box, ritornò in casa a prendere le chiavi dell’auto, scambiate con quelle del motorino, apri’ la portiera, che emise un lamento, spostò la cassa dei Kiwi deposta sul sedile e fece il primo avviamento. Il motorino produsse un gemito, C.R. insistette con ripetute rotazioni, azionando anche le leve dei fari (per svegliare la batteria) finchè la vettura iniziò una sequela di sussulti che culminarono in un boato, accompagnato da una densa nube di fumo bianco che saturò subito il locale. C.R. rimase stordito, ma ebbe la prontezza, prima mentale e poi fisica, di allontanarsi da quel vano denso di vapore lattiginoso ed asfissiante. Cribbio!, esclamò (chi ha studiato dai Salesiani impreca cosi’), questa volta “la vecchia” ha tirato le cuoia. In fondo aveva resistito oltre vent’anni, tuttavia, pensò che, avendo fatto pochi chilometri, valesse la pena di fare ancora un tentativo per rianimarla. Cosi’ come si trovava, usci’ dal cancello per andare a cercare subito il vicino meccanico che, sicuramente, solo vedendolo, avrebbe esclamato: “ Ca lu campa via stu rutam!” Appena uscito sul marciapiedi C.R. avvertì subito uno strano senso di disorientamento, un diffuso disagio, che tuttavia attribuì alla respirazione dei fumi tossici dell’auto, ignari di ogni direttiva comunitaria.Egli non percepì, quindi, l’atmosfera insolitamente calma della via, e non prestò attenzione allo scarso numero ed alla tipologia delle auto in sosta. Lungo il percorso verso l’officina di riparazioni incontrò l’edicola e C.R. ne approfittò per acquistare il giornale; e anche qui guardò distrattamente la prima pagina pizzicata sulla corda con una molletta da bucato, che riportava in evidenza la fotografia di Craxi e quella di Pertini, con l’immancabile pipa. C.R. pensò alle solite rievocazioni, in concomitanza con qualche ricorrenza storic a, nulla rilevando invece sulla fotografia di Andreotti, stante le caratteristiche del personaggio, uomo fuori del tempo. Gettò un euro sul piattino, ripiegando sotto il braccio la copia de “La Stampa”, che gli parve, comunque, di formato più grande del solito. Fece appena in tempo a voltarsi che l’edicolante, uno nuovo, dalle spesse e lunghe basette, lo apostrofò: “Ca scusa, cosa l'é’èta muneda?” “Perché, non va bene ?” replicò C.R. “Perché non l’ho mai vista” incalzò l’edicolante, già un po’ alterato. “Il giornale costa 300 lire, se ce l’ha lo prende, se no lo posa!” C.R. non riuscì a replicare e cominciò a sentirsi in balia di una crescente agitazione, perché, intanto, lo sguardo gli era caduto su un titolo di spalla : “Enzo Bearzot lascia la Nazionale?” Posato il giornale, invertì il cammino verso casa e la situazione precipitò. (Pubblicità) Da quell’istante C.R. cominciò a guardarsi intorno con crescente attenzione, rilevando subito che tutte le targhe delle auto iniziavano con TO, molte erano quadrate, con le cifre in bianco su sfondo nero, e anche i modelli non erano recenti. Giunto all’angolo della via, dove avrebbe dovuto esserci un grande condominio, rivide, invece, il vecchio basso fabbricato, che era stato demolito all’inizio degli anni ottanta! Ormai precipitato nell’angoscia, il povero C.R. raggiunse il cancello di casa, ma qui il vecchio (o giovane?) cane Unesh, non riconoscendolo, iniziò ad abbaiare ed a muoversi furiosamente, impedendogli di accostarsi ulteriormente, mentre i passanti osservavano minacciosi. C.R. si sentì perduto e in un lampo realizzò quello che era accaduto: la sua vecchia Fiat, per una misteriosa serie di contatti creati dai tentativi di metterla in moto, si era trasformata in una “macchina del tempo”, trasferendo il nostro protagonista indietro nella storia, all’epoca della sua immatricolazione. Intanto le ore trascorrevano e C.R. continuava a girare intorno alla sua casa, da cui si teneva a rispettosa distanza, nell’impossibilità a trovarvi rifugio e conforto per riflettere sulla incredibile, drammatica situazione. (Pubblicità) A C.R. venne in mente un ardito e temerario piano. Si ricordò che l’allora amico cane, quello del tempo passato, era goloso dei fondi di prosciutto, il cui odore lo distraeva totalmente, rendendolo docile; ma, come procurarseli, non avendo nelle tasche denaro spendibile? Ah, se non avessero abolito le lire!! Era sempre stato contrario all’euro! Il nostro eroe seppe sfruttare le circostanze e, dal momento che ormai era certo che non sarebbe stato riconosciuto, si levò il cappellino e cominciò a tenderlo ai passanti. “Va via, plandrun!” gli gridò la portinaia del civico 12, alzando la scopa, ma le più caritatevoli massaie del borgo, a colpi di “ca ten-a povr’om” gli riempirono in beve tempo il cappellino di monetine da cinquanta ed anche da cento lire. Quando valutò di averne abbastanza, C.R. si precipitò, compatibilmente alle sue condizioni, che la macchina del tempo aveva invece lasciato inalterate, dal salumiere, che a quell’epoca ancora esisteva, e si fece dare qualche fondo di prosciutto, che, poi, lanciò al cane. Ottenuto lo scopo voluto, C.R. riuscì a rientrare a casa senza farsi notare ma, anziché risalire le scale, si diresse trepidante verso il garage, con l’intenzione di ripetere, a qualunque costo, l’esperimento. (Pubblicità) In preda a una violenta tensione, C.R. considerò solo due possibilità: o tutto sarebbe rimasto tale e quale e allora sarebbe stato disastroso, oppure, si sarebbe ripristinata la situazione antecedente il fenomeno, e sarebbe stata la salvezza. Si rifiutò, invece, di considerare la terza eventualità: un ulteriore tuffo all’indietro o un balzo eccessivamente in avanti. Però il ragionamento aveva una sua logica, secondo la legge della fisica di Einstein (o di qualche suo allievo meno noto): ogni evento prodotto può riprodursi nel suo esatto contrario. Dominando il tumulto che si sentiva addosso, C.R. si sedette al volante, rifece le manipolazioni del primo mattino e azionò il motorino di avviamento. (Pubblicità) Tutta la vettura cominciò a vibrare e una nuova nube biancastra invase il garage mentre riesplodeva un botto fragoroso. C.R. sentì una forza che lo spingeva, come se la macchina stesse correndo a una velocità mai raggiunta, sollevandosi da terra. Durò pochi secondi, poi tutto si fermò. C.R., stordito, ruotò gli occhi e vide subito la cavagna dei Kiwi e provò un’intensa emozione. Uscì, barcollando, dall’abitacolo e vide venirgli incontro il cane, quello attuale che al prosciutto preferisce il Kebab; si precipitò (si fa sempre per dire) al cancello e contemplò con emozione la rassicurante facciata del condominio all’angolo della via. L’esperimento era perfettamente riuscito: egli era ritornato nel suo tempo! Però, contemporaneamente, passò una madamin che, vedendolo fuori dal cancello, gli disse: “Ca fasa tensiun, ca je ‘na ligera ca gira per ‘l burg, ciamanda la limosna, ma c’as ferma sempre a guardé la sua ca!”. “Grazie”, sussurrò C.R. sentendosi nuovamente gelare il sangue. Guardò nuovamente intorno con apprensione, ma, subito, vide anche lui la ligera e, d’istinto, la chiamò regalandogli, in un impeto di fratellanza, una banconota da venti lire, pardon, da venti euro. Alla sera, la famiglia si era ricomposta e C.R., sentendosi chiedere, durante la cena, il resoconto della giornata, rispose: “al solito, tutto nella normalità, ma… mi è venuta voglia di cambiare la macchina, adesso che c’è la rottamazione!” ******** P.S. Questa storia avrebbe richiesto ancora un po’ di maturazione, ma il mio dispotico editore mi ha di fatto imposto la sua prematura pubblicazione, pur di incrementare subito i contatti al sito.
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