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C.R. e LA BALILLA VERDE
[a cura dell'Avucat]
Uscendo dal portone di legno scolpito, C.R. ricevette l’alito caldo dello scirocco, che annunciava il sopraggiungere dell’estate, ma, anziché rallegrarsi per l’arrivo della bella stagione, dopo un maggio ancora troppo fresco per indossare la sahariana e i pantaloncini caki, mormorò: “vento d’Africa,…vento di guerra”. Anche il tema della riunione della Corporazione dei Farmacisti conteneva un triste presagio per i tempi che erano attesi: “Le scorte farmaceutiche in caso di conflitto”. La brezza tiepida che percorreva il centro di Torino avrebbe meritato altri pensieri e disposizioni d’animo. Salutati i colleghi, senza allegria, C.R. si diresse verso la Balilla, gradito dono di laurea, parcheggiata sulla piazza detta dell’Obelisco, eretto in memoria della Legge Siccardi, alla cui base, si riporta, che siano stati interrati una copia della Gazzetta del Popolo, una bottiglia di barbera e una confezioni di grissini, quali simboli dela città. Appena seduto in vettura, nel vano del finestrino si inquadrò il volto pallido e leggiadro di una giovane donna che, con voce affannata, gli disse d’un fiato: “Signore, per carità, aiutatemi…e scusate l’impudenza, ma ho bisogno di un passaggio…è vicino, però c’è il coprifuoco, ma voi, certo, potete circolare. Non ho più notizie da giorni di mia nonna…io sono a servizio e non posso assentarmi di giorno. Se mi portate, poi torno all’alba per riprendere il lavoro. Vi prego, sono molto attaccata alla nonna…è lei che mi ha allevato”. La giovane non dovette insistere oltre; non solo l’indole di C.R. era naturalmente disposta verso il prossimo, ma il viso angelico e i biondi, ricci capelli trafissero i sentimenti dell’altrettanto giovane farmacista. Egli scese e aprì, educatamente, lo sportello della Balilla per far accomodare la ragazza. “Dove vi porto?” “In Via Po, vi dirò dove fermare..fate presto, sono tanto in pensiero, la nonna vive sola…ha 85 anni…i vicini sono sfollati, sapete, sembra che arriverà la guerra”. C.R. allungò la mano… per tirare l’aria e la giovane si ritrasse istintivamente, senza motivo e strinse in grembo una borsettina lisa, dicendo, “sapete, ho…preso di nascosto, qualche biscotto dalla casa dei padroni…sono molto ricchi, ma tanto avari…a mia nonna faranno molto piacere, lei non può certo permetterseli”. La Balilla si mise in moto e imboccò un tratto di Via della Consolata, poi svoltò in Via Garibaldi. Qui venne fermata da una pattuglia della Milizia e a C.R. gli toccò esibire il “lasciapassare”, in dotazione ai farmacisti, di cui il milite annotò diligentemente il numero su un taccuino. “Andate pure, dottore”. Un altro controllo fu effettuato in Piazza Castello, dove annotarono pure la targa. “Prego, potete andare.” La Balilla verde imboccò, rombando, Via Po. “E’ qui, è qui”, gridò la ragazza, “grazie, grazie” e scese frettolosamente con la borsetta stretta tra le mani nervose, si girò, comunque, per lanciare, con la punta delle dita, un casto bacio in direzione del trepidante autista e si infilò nel civico numero 25, aprendo con la chiave il pesante portone. C.R. rimase a fissare, inebetito, il grande battente di legno che aveva inghiottito l’esile figura che l’aveva incantato e distratto per breve tempo dai cupi pensieri di una guerra e di una inevitabile chiamata per essere arruolato nei Servizi di Sanità, chissà, poi, con quale destinazione… Nel pomeriggio di due giorni dopo, C.R. stava rasando i bottiglioni dell’olio di ricino che, poi, l’addetto della Sezione Speciale sarebbe passato a ritirare, quando entrarono in farmacia due uomini che si qualificarono per agenti della Questura e gli domandarono se era il Dott. C.R. e possedeva una Balilla verde. “Sì, sì, sono io e la vettura è nel cortile”. “Ci spiace, ma dobbiamo ritirarla per dei controlli”. A C.R. si fermò il sangue: la sua Balilla, l’automobile tanto desiderata che i genitori, con grande sacrificio, avevano acquistato facendogli trovare le chiavi sotto il tovagliolo durante la festa di laurea. E ora, dopo pochi mesi di felice possesso, glie la stavano portanto via, chissà perché e per quanto tempo? Dovette comunque rassegnarsi all’ordine di polizia, senza potere ottenere spiegazioni dai funzionari. Nei giorni che seguirono, C.R. passò molto tempo col Delegato di Polizia, che lo interrogò a lungo sull’incontro notturno con la bella signorina bionda. Questa, in breve, la storia: quella notte, una coppia di anziani borghesi, residenti in uno degli storici palazzi di piazza Savoia, si era adormentata molto pesantemente e risvegliata solo a mezzogiorno del giorno seguente, scoprendo che i gioielli di casa erano spariti, insieme con la giovane cameriera, assunta da poco, grazie alle referenze del parroco. C.R., inconsapevolmente -almeno, così, infine, si era persuaso il Delegato- aveva agevolato la fuga della probabile ladra, le cui generalità erano risultate fasulle, per risalire alla quale si dovevano quindi rilevare le impronte digitali sulla Balilla. Naturalmente, fu facile risalire a C.R., grazie ai verbali notturni della pattuglie. Ma gli eventi prcipitarono. E non solo per C.R. Pochi giorni dopo i fatti, a Roma, il 10 giugno 1940, dal balcone di piazza Venezia, la Mascella proclamò che l’ora delle scelte irrevocabili era scattata e…il resto è notorio. Va invece raccontato che C.R. passò ancora diverso tempo in Questura tra verbali e ripetute richieste di dissequestro dell’amata Balilla, nel frattempo trasferita altrove per le analisi e poi, stante le necessità belliche, “temporaneamente” assegnata a un alto funzionario di Regime, per ragioni di servizio. Come non bastasse, C.R. ricevette l’ordine di partire per il corso della Sanità Militare, alla fine del quale venne destinato all’A.O. Reparto A.O (leggasi Africa Orientale, Reparto Applicazioni Ortopediche). Come Dio e gli Alleati vollero, la guerrà finì, ma non contestualmente per C.R., il quale rimase disperso nel deserto, dopo aver vagato nei dintorni dell’Oasi Rotonda di Hiv-Rea (traduzione: dove il sole confonde la mente). Venne restituito alla Croce Rossa dai beduini, stanchi di dovergli pagare un canone mensile di 25 caschi di banane per improbaili lezioni di tecnica nel colpire coi piedi le noci di cocco, facendosi pure male. C.R. tornò, infine, in patria e il suo primo pensiero fu la ricerca della Balilla verde. Rinviato da un ufficio all’altro, non ne venne a capo. Dalle raccolte dei giornali cittadini del tempo, apprese,invece, che della bionda ladruncola si trovarono labili tracce, partendo da Via Po 25, del cui portone possedeva in qualche modo la chiave. In effetti, una giovane donna, corrispondente alla descrizione, aveva prestato servizio per breve periodo in quell’edificio, presso un’anziana nobildonna, fino al suo decesso, anche questo posto ottenuto per intervento del parroco. Quindi, si desunse che di tale accesso la giovane cameriera avesse conservato la chiave, ma si scoprì pure che il fabbricato aveva due cortili comunicanti, il secondo dei quali sbucava nella retrostante Via Verdi e di lì…la giovane leggiadra s’era involata, nonostante il coprifuoco. Certamente era attesa da un complice, in grado di fronteggiare la situazione. E la Balilla verde? La competenza passò all’Ufficio Liquidazione Danni di Guerra, poiché la vettura venne requisita durante il conflitto e utilizzata dal Comando Militare. Quale stupore, quindi, per C.R., ricevere, recentemente, una comunicazione spedita all’inizio degli anni sessanta, smarritasi nelle “rotonde” delle Poste e recapitata con inescusabile ritardo. Il testo, dattiloscritto con macchina Olivetti recava: “Si invita la S.V. a presentarsi, nel più breve tempo possibile, presso quest’Ufficio per il ritiro dell’autovettura Fiat Balilla di colore verde telaio N..…..targa…..., munito di documento di identità….” Incredibile, ma vero! La Balilla aveva superato indenne la guerra ed era stata affidata a un custode (di nome Angelo) che l’aveva conservata in un capannone, dove, dopo inenarrabili peripezie burocratiche, potè essere recuperata da un C.R. strafelice. Dopo l’inevitabile restauro della vettura, la prima notte, C.R. volle passarla disteso sul sedile posteriore, dove, forse, avrebbe voluto trascorrere, anche solo poche ore, con l’angelo biondo di quel tempo remoto. Rigirandosi nell’inquieto e scomodo sonno, si sentì pungere e, incastrato sul fondo del sedile, rinvenne un piccolissimo orecchino d’oro, minima parte di una refurtiva di circa settant’anni prima e testimonianza di un fugace, emozionante incontro. Ora C.R., ogni tanto, mette in moto la Balilla verde, intona “Giovinezza, giovinezza” e percorre, tra gli sguardi dei curiosi, tutta la via Po.
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P.S. So bene che nel racconto ho dovuto barare sull’età di C.R., ma, a parte le sue caratteristiche di personaggio fuori del tempo, capirete che la “location” era strettamente funzionale per ricollegarsi al presente.
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